IL DISAGIO VERSO IL DIRITTO
DALL'AUTONOMIA PRIVATA ALLA « AUTONOMIA AMMINISTRATA»
« Già da anni mi servo del mio naso per odorare, ma è pro-prio dimostrato che vi abbia diritto? ».
Cosl si chiede con ironia Schiller. Il giurista che risponde si trova in imbarazzo, a meno che non voglia eludere il problema con vane chiacchiere. È naturale che ho il diritto di odorare ed è altrettanto naturale che posso protestare contro chiunque mi chiudesse il naso. Ma al di là di queste banalità finiscono le cose
«naturali». Chiunque mi contagiasse col suo raffreddore viole-rebbe un diritto? Quale diritto? Il mio diritto al naso o il diritto del naso, il diritto alla salute o la salute come diritto, il diritto al corpo o il corpo come diritto, il diritto alla perso-nalità o il diritto della personalità? Con ciò è violato il mio diritto o il diritto in generale? Quali sono i concetti esatti di entrambi? O sono violato soltanto io? Ed è il diritto o sono io, ad essere . veramente violato? Il raffreddore rappresenta una violazione~ccorre che l'altro abbia voluto il mio raffreddore (atto dololo), o basta per condannarlo il fatto che egli avrebbe potuto e dovuto evitare che io mi raffreddassi (atto colposo)?
Dunque, chi ha un raffreddore ha l'obbligo di restare a casa per non diventare responsabile del raffreddore altrui? In quel caso riceverà ancora il pieno salario? - Io compro una camicia.
Arrivato a casa mi accorgo che ha due maniche sinistre. Una manica è stata cucita al rovescio. Desidero un'altra camicia, forse voglio anche indietro il mio denaro, perché magari nel frattempo ho visto da qualche altra parte la stessa camicia a un prezzo inferiore. Il commesso non accetta né l'una né l'altra cosa. Egli vuole rispedire la camicia al produttore. Quale « volontà » pre-varrà? Quel che conta è la volontà - e perché? Ho il diritto di
« cambiare», di « sostituire», o solo di « far aggiustare »?
Tutti questi interrogativi riguardano i problemi centrali del
diritto (civile) patrimoniale: come è giuridicamente organizzato il « sistema dei bisogni» (Hegel) che consente l'approvvigiona-mento dell'uomo inserito in una comunità? Il modello-base è:
individualistico.
Il nostro sistema giuridico si basa - come modello - sullo sviluppo di tutti gli individui - e soltanto degli individui. I due concetti chiave, strettamente connessi, del diritto (civile) patri-moniale sono perciò: personalità e autonomia privata, cioè auto-determinazione giuridica. Essa si fonda, dal punto di vista tecnico-giuridico, sul cosiddetto diritto soggettivo e sul cosiddetto ne-gozio giuridico. Per spiegare le loro funzioni devo fare una digressione.
Nei primi articoli della Legge fondamentale di Bonn si tro-vano formulazioni notevolmente divergenti. « La dignità dell'uomo è intoccabile» (art. 1 primo comma). « Ognuno ha diritto al libero sviluppo della sua personalità» (art. 2 primo comma).
« Ognuno ha diritto alla vita e all'incolumità fisica» (art. 2 secondo comma fr. 1). « La libertà della persona è inviolabile»
(art. 2 secondo comma fr. 2). « La cura e l'educazione dei figli sono un diritto naturale dei genitori e un precipuo dovere che loro incombe. La comunità statale sorveglia la loro attività » (art. 6 secondo comma}. « Ogni madre ha diritto [Anspruch]
alla protezione e all'assistenza da parte deIIa comunità» (art. 6 quarto comma). « Tutti i tedeschi hanno diritto a scegliere libe-ramente la professione, il luogo di lavoro e le sedi di prepara-zione e di perfezionamento professionale» (art. 12 primo com-ma fr. 1). « La proprietà e il diritto ereditario sono garantiti [ ... ] La proprietà impone obblighi. Il suo uso deve servire nello stesso tempo al bene della collettività» (art. 14 primo comma fr. 1 e secondo comma).
Perché la Legge fondamentale non parla di un diritto alla dignità umana e di un diritto allo sviluppo della personalità?
Perché non è intoccabile l'uomo invece della dignità? La perso-nalità è qualcosa che io ho o qualcosa che sono? Giuridicamente l'espressione « mio padre » è forse diversa da « mia moglie »?
Che cosa significa qui « mio »? «Tutti» ha un significato di-verso da « ogni uomo» o da «ognuno» (quest'ultima espres-sione è usata ad esempio negli artt. 9 terzo comma e 17 GG)?
Nel caso che cosl fosse, una società per azioni avrebbe diritto allo sviluppo della sua personalità? Che cosa distingue la per-sonalità - oltre che soprattutto dall'uomo - dalla persona
( tutte espressioni dell'art. 2)? Il « diritto naturale » ( art. 6) è più o meno del « diritto » tout court? La « loro attività » del-l'art. 6 si riferisce all'educazione o al diritto e dovere dell'edu-cazione (v'è una differenza)? Perché le madri hanno Anspruche (pretese) e non Rechte (diritti)? « Diritto » significa che posso materialmente pretendere qualcosa, o che posso pretenderla nel senso che « mi è consentita»? « Diritto » significa che qualcosa verrà fatto per me o semplicemente che non mi si deve fare nulla? Il diritto alla vita è dunque positivo, nel senso che mi si fa vivere, che mi si garantisce la vita, o è negativo, nel senso che mi si lascia vivere, cioè che non mi si uccide? Forse solo la proprietà (art. 14) è garantita in questa forma positiva, ma non la vita e la salute (art. 2)? O viceversa anche la proprietà è
« soltanto » un diritto alla proprietà? Che cos'è la proprietà?
Il mio diritto [Anspruch] al salario, la mia forza-lavoro? E che cosa vuol dire che « la -proprietà impone degli obblighi»? Tale espressione non può essere di certo considerata alla stregua del-l'assicurazione obbligatoria di un'automobile. Forse neanche come dovere del proprietario dell'automobile, perché altrimenti la for-mulazione sarebbe diversa (simile a quella dell'art. 6 GG). « Il suo uso» (art. 14) ci chiarirà più facilmente le idee: si può trattare soltanto di una proprietà intesa come « diritto » che nello stesso tempo impone un obbligo al proprietario. Nei con-fronti di chi? E che cosa significa che il « suo uso deve nello stesso tempo servire etc. »? Deve o può servire (cioè in senso categorico o ipotetico)?
Pongo fine a questi interrogativi che possono creare con-fusione. Essi hanno tuttavia un grande rilievo nella prassi giu-ridica e aiutano a comprenderla meglio.
Una concezione giuridica che parte da un'unità razionale e pre-data di « diritto » e « morale » conosce una sola unità, altrettanto inscindibile, di « diritti» e « doveri », quella cioè delle norme del dover essere che mirano alla realizzazione di valori generalmente vincolanti. In simili sistemi l'ordinamento giuridico è orientato soprattutto verso i « doveri » e costituisce un insieme di imperativi e divieti. I supremi imperativi di Ulpiano erano: honeste vivere, neminem laedere, suum cuique tribuere. « L'uomo nel diritto » non è qui il soggetto di diritto autorizzato ad avanzare pretese globali, ma l'uomo che vive in ordinamenti sociali specifici in cui il « diritto » interviene in modo estremamente vario. Egli è uomo all'interno degli stati e
delle classi, uomo con (e in uno) status (in termini classici:
status libertatis, status familiae, status civitatis). Ed è a seconda del suo status che il diritto gli attribuisce « il suo ».
Questa concezione giuridica muta completamente con l'av-vento del diritto naturale e del diritto razionale, in particolare nel diciassettesimo e diciottesimo secolo. La nuova concezione del mondo, profondamente individualistica, pone l'uomo in quanto tale al centro dell'ordinamento giuridico - al di sopra dei gruppi e quindi anche dello stesso diritto - , ma muove in un primo momento esclusivamente dai « doveri naturali »: doveri nei con-fronti di Dio, doveri nei concon-fronti di se stesso, doveri nei confronti degli altri ( cosi in Pufendorf). Questi sistemi giuridici naturali e razionali danno luogo ad amplissimi cataloghi di do-veri; il diritto viene suddiviso in diritto « innato » e diritto
« acquisito » e in altrettanti obblighi ad essi corrispondenti. Per diritto innato si intende tutto ciò che distingue l'uomo, fin dalla nascita e del tutto indipendentemente dalla volontà degli altri uomini, dal mondo animale e dalla natura inanimata, mentre il diritto acquisito viene fondato sui contatti con il prossimo, cioè sulla socialità (in proposito cfr. per tutti Ch. Thomasius). L'arte della costruzione sistematica raggiunge il suo punto culminante in Christian Wolff. Egli trae le conseguenze dalla distinzione di Thomasius tra doveri e diritti, più precisamente: tra dovere
« esterno »=diritto . e dovere « interno »=moralità, sistematiz-zando l'ordinamento giuridico sulla base di diritti anziché di doveri, ai quali corrispondono volta a volta doveri giuridici esterni. Wolff individua un numero incredibile di diritti « natu-rali», in parte estremamente bizzarri (diritti dell'uomo in senso apolitico), come ad esempio il diritto alla felicità. È del resto contro queste costruzioni giuridiche, che oggi ci appaiono strane, che si rivolge l'ironia di Schiller.
Come vediamo, in questo modo « naturale », completamente privo di ogni vincolatività giuridica, si può ricavare qualsiasi diritto dalla « razionalità » individualistica e dalle speculazioni circa la « natura umana ». Si tratta in fondo solo di considera-zioni sull'uomo. Ed è a questa tradizione di costruconsidera-zioni specula-tive non vincolanti che si possono attribuire le concezioni, tuttora vive, di un diritto alla patria, all'educazione, all'assistenza, etc.
Questa origine del diritto naturale e razionale è l'origine di molti dei nostri attuali « diritti fondamentali ». Si tratta di diritti del-l'uomo dovuti a un riconoscimento, originariamente del tutto
apolitico, di una natura umana sempre uguale e perciò attribuiti a tutti quelli che hanno « sembianze umane». È, dunque, la concezione giuridica dell'illuminismo del diciassettesimo e diciot-tesimo secolo che determina lo spirito della Legge fondamentale, non il diritto dell'uomo secondo il cristianesimo (la società cri-stiana ammetteva infatti « padroni » e « schiavi » ).
Quei diritti dell'uomo inalienabili e irrinunciabili non erano affatto diritti nel senso dell'ordinamento giuridico «positivo», dunque civile. Il nocciolo degli ordinamenti giuridici e statali
« illuministici » sta proprio nella netta distinzione tra gli status
« asociali », naturali e razionali e gli status politici e sociali in virtù appunto del contratto sociale; sta cioè nella duplice condi-zione di uomo e cittadino; non ha alcun rilievo che tali ordina-menti appartengano a una monarchia assoluta o rappresentino la prima fase evolutiva di una democrazia assoluta a sovranità popolare. Malgrado tutti i suoi diritti « naturali » l'uomo come cittadino può essere in larga misura privo di diritti civili. Quale essere umano egli è libero appunto come ogni altro essere umano, ma ciò non è diritto positivo; quale cittadino, può essere non-libero, in quanto inserito nella gerarchia corporativa della so-cietà, contro la quale i suoi diritti naturali non lo difendono.
L'equazione diritti dell'uomo
=
diritti del cittadino, una volta abbozzata, anche se in un primo momento solo nella teoria politica(J.-J.
Rousseau), diviene ben presto «realtà» nella Rivo-luzione francese, nelle costituzioni della Francia e degli Stati Uniti d'America. In essi i diritti naturali e i diritti politici ven-gono in larga misura identificati, non nel senso di « pretese da far valere nei confronti di chi ci deve qualcosa», ma nel senso della partecipazione alla vita complessiva della società politica.Questa seconda corrente tradizionale è sfociata nella Legge fon-damentale di Bonn. I nostri diritti fondamentali sono quindi diritti dell'uomo e diritti del cittadino, diritti di partecipazione alla vita della comunità politica, a disposizione di tutti gli uomini che si « costituiscono » in tale società. Se una simile concezione dei diritti fondamentali incontra oggi notevoli difficoltà e ostilità, ciò dipende dallo sviluppo del diritto e dello Stato nel dicianno-vesimo secolo. Infatti in Germania, diversamente da quanto era accaduto nelle rivoluzioni francese e americana, le posizioni del-l'uomo non sono state identificate con quelle del cittadino.
La separazione tra stato naturale (status naturalis) senza un diritto positivo vincolante e stato sociale (status moralis) senza
un diritto naturale ha raggiunto il suo punto culminante nel
« Diritto generale degli Stati prussiani » del 1794 (Allgemeines Landrecht fur die preussischen Staaten [ALR] ). Questo diritto consisteva in un'ampia codificazione per lo Stato corporativo assoluto, basata sui diritti naturali generali. Con ciò in Prussia l'uomo spiritualmente, moralmente e religiosamente libero, di-viene nello stesso tempo un suddito non libero, apolitico. Egli ha il diritto di pensare tutto ciò che vuole, ma deve obbedire (in tal senso Suarez, richiamandosi a Kant). In virtù dell'ALR, nell'assolutismo illuminato prussiano l'uomo vive in modo di-verso come uomo, abitante, membro dello Stato, suddito, per-sona e cittadino dello Stato.
I paragrafi 82-85 della prefazione all'ALR possono darci un'idea della gerarchia delle fonti del diritto:
§ 82: « I diritti dell'uomo derivano dalla sua nascita, dal suo stato e dalle azioni e dagli accadimenti, ai quali le leggi hanno collegato determinati effetti ».
§ 83: « I diritti generali dell'uomo si fondano sulla libertà naturale di perseguire il proprio bene, senza violare i diritti altrui ».
§ 84: « I particolari diritti e doveri dei membri dello Stato dipendono dai rapporti personali in cui ciascuno si trova con gli altri e con lo Stato ».
§ 85: « I diritti e doveri che scaturiscono dalle azioni e dagli accadimenti saranno prescritti per tutti dalle leggi ».
Le norme successive ci informano sulle corrispondenze tra i diritti e i doveri.
§ 88: « Il titolare di un diritto è autorizzato ad esercitarlo nei limiti stabiliti dalla legge ».
§ 89: « Quando le leggi attribuiscono un diritto, apprestano anche i mezzi senza i quali quest'ultimo non potrebbe essere esercitato ».
§ 90: « Chi ha un diritto è autorizzato a procurarsi tutti i vantaggi che può ottenere esercitandolo nei limiti della legge».
§ 92: « Dal diritto dell'uno consegue il dovere dell'altro di prestare o di tollerare ciò che l'esercizio del diritto richiede ».
L' ALR prussiano era un codice nato dallo spirito del diritto razionale e, in larga misura, dal sistema kantiano, soprattutto per quanto riguarda la corrispondenza tra diritti e doveri, come fondamento rigorosamente individualistico dei rapporti umani negli ordinamenti giuridici delle relative corporazioni. La somma
delle comunità parziali e delle corporazioni è la « società civile ».
Il primo paragrafo del primo titolo della parte prima dell' ALR ci informa sulla posizione dell'uomo all'interno di questa « so-cietà civile »: « L'uomo viene chiamato persona, in quanto gode di determinati diritti nella società civile».
Nell'ALR viene usato per la prima volta in Germania, in senso giuridicamente corretto, il termine ' persona ', cioè nel senso della capacità giuridica. Qui l'uomo non viene più consi-derato in virtù dei suoi doveri, del suo status, ma come « tito-lare » di diritti e doveri. Certo, questa non è una capacità giuri-dica totale - essa sarà raggiunta solo dopo il 1807, in seguito alle riforme prussiane, - ma l'uomo è divenuto soggetto giu-ridico, solo dopo essere diventato un essere moralmente indipen-dente. Una persona, intesa come soggetto di diritto, è dunque, secondo l'ALR prussiano, l'uomo moralmente libero, dotato di ragione. L'introduzione di tale capacità giuridica dell'uomo è stata in effetti un grandissimo successo. Per noi la capacità giu-ridica di tutti gli uomini è oggi cosa tanto ovvia, che il nostro codice civile si limita a indicare quando essa incomincia ( cioè, secondo il § 1, « immediatamente dopo la nascita»; in diritto penale l'esistenza giuridica dell'uomo inizia ancor prima, cioè
« al momento della nascita», § 217 StGB). Il concetto di 'per-sona ' è rimasto fino ad oggi etimologicamente oscuro. La vecchia ipotesi secondo la quale esso deriverebbe da personare (riferito a persona come maschera degli attori attraverso la quale s'in-tende la voce) è certamente inesatta. La teologia scolastica medievale ha usato il termine ' persona ' per indicare la partico-lare natura della trinità divina come padre, figlio e spirito santo.
« Persona » riferendosi a persona nel senso di « maschera » adombra dunque un determinato ruolo e una determinata fun-zione dell'uomo, ad esempio nel diritto. Prima dell' ALR il ter-mine ' persona ' è stato impiegato in un senso giuridico non specifico in diritto canonico e in quello naturale (persona mora/.is come entità « capace di volere» poteva essere anche un'associa-zione, una fondaun'associa-zione, etc., che oggi chiamiamo persona giu-ridica, per differenziarla dalla persona «fisica», benché cor-rettamente proprio quest'ultima, come persona giuridicamente rilevante, sia una « persona giuridica », mentre la cosiddetta
« persona giuridica » è in realtà esclusivamente una persona fit-tizia; nella terminologia giuridica francese la persona giuridica viene chiamata ancora personne morale). Persona nel senso di
« uomo nel diritto » è la formulazione moderna dello zoon politi-kon aristotelico, dell'essere che solo nella comunità-polis diviene veramente «uomo».
La fusione, filosoficamente univoca, tra persona, diritto e libertà che domina il diritto moderno, è dovuta ancora una volta a Kant. I suoi principi logici della legislazione - libertà dell'uomo, uguaglianza del suddito, autonomia del cittadino -sono stati già menzionati in un altro capitolo. La libertà della volontà è per Kant l'autonomia morale, cioè « la qualità della volontà di essere legge per se stessa». « Agisci in modo da usare l'umanità, sia nella tua persona che nella persona di ogni altro, in ogni momento come fine, mai solo come mezzo». « Ma ciò che costituisce la condizione per cui soltanto qualcosa può essere un fine in se stesso, ha non solo un valore relativo, cioè un prezzo, ma anche un valore intrinseco, cioè una dignità. Ora la moralità è l'unica condizione in cui un essere dotato di ragione può essere fine a se stesso; poiché solo essa gli consente di essere un legislatore nel regno dei fini. Perciò la moralità e l'umanità, nei limiti in cui ne sono capaci, sono le uniche cose ad avere una dignità [ ... ] Ma la stessa legislazione, che da sola determina i valori, deve avere una dignità, cioè un valore incondizionato e incomparabile, per il quale solo la parola ' rispetto ' può espri-mere il sentimento che gli compete e che ogni essere dotato di ragione deve nutrire nei suoi confronti. L'autonomia è dunque la causa della dignità della natura umana e di ogni natura dotata di ragione ».
La libertà ( come « mio e tuo interno ») è per Kant « l'unico diritto originario che spetta ad ogni uomo in virtù della sua natura umana ». Tutti gli altri diritti ( come « mio e tuo esterno ») sono basati su « atti giuridici» - a meno che non siano già compresi nel principio di libertà, come ad esempio l'uguaglianza.
In proposito tutti i diritti devono essere intesi come « capacità morale di vincolare gli altri». « Tutti i doveri sono o doveri giuridici, cioè doveri per i quali è possibile una legislazione esteriore, o doveri della virtù, per i quali essa non è possibile » (in quanto si riferiscono a un fine che è nello stesso tempo do-vere!). Kant risponde cosl all'interrogativo perché tutta la morale sia fondata sui doveri, non sui diritti corrispondenti: « Cono-sciamo la nostra propria libertà ( dalla quale derivano tutte le leggi morali, e quindi anche tutti i diritti e doveri) solo attraverso l'imperativo morale che è un principio che stabilisce i doveri e
dal quale può essere sviluppata a posteriori la capacità di vin-colare gli altri, cioè il concetto del diritto ».
Il diritto privato viene suddiviso da Kant come segue:
« diritto naturale » (
=
teoria giuridica sistematica ricavata da princlpi a priori) e « diritto positivo » (statutario;=
la volontà di un legislatore); il diritto naturale, che viene poi trattato a parte da Kant, viene a sua volta suddiviso in « diritto natu-rale » vero e proprio ( diritto privato, nel quale è possibile solo un diritto provvisorio) e in « diritto civile » ( « diritto pub-blico», che, con le leggi, assicura il « mio e tuo»; solo in esso è possibile un diritto definitivo):1. Il « mio » giuridico esterno, è tutto ciò il cui uso (me-diante l'esercizio dell'arbitrio, inteso come «potere», potentia) da parte di altri sarebbe violazione arbitraria; la condizione soggettiva di ciò è il possesso.
2. Gli oggetti esterni di tale potere (possesso) possono essere soltanto:
a) « una cosa (materiale) al di fuori di me»; in tal caso l'uomo possiede l'oggetto stesso: diritto reale (
=
« diritto su una cosa » ), che si riferisce ai rapporti tra persone, non tra persone e cose ( quest'ultima espressione è ammissibile solo in senso :figurato!); un possesso « secondo la sostanza » ( = tutti i diritti su una determinata cosa) è la proprietà; il proprietario ne può disporre a suo piacere; « ma ne consegue automaticamente che un simile oggetto può essere solo una cosa materiale (nei confronti della quale non si ha nessun impegno), ragione per cui un uomo può essere padrone di sé (sui iuris), ma non pro-prietario di sé (sui dominus) (cioè, non può disporre a piacere di se stesso), e tanto meno di altri uomini, poiché, della sua persona, è responsabile di fronte a tutta l'umanità»;b) « la volontà di un altro nei confronti di una determinata azione »; in tal caso l'uomo possiede la promessa contrattuale
b) « la volontà di un altro nei confronti di una determinata azione »; in tal caso l'uomo possiede la promessa contrattuale