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Avanguardie storiche, avanguardie attuali: un confronto aperto tra ricerche parallele

4. Fine dell’avanguardia o fine della critica?

4.1.1 Avanguardie storiche, avanguardie attuali: un confronto aperto tra ricerche parallele

MINIMAL PRIMARIO CONCETTUALE

I temi che Marisa Volpi incontra nella seconda metà degli anni Sessanta sembrano confluire significativamente nelle scelte, nelle ricerche e nelle pubblicazioni gravitanti attorno al 1970557. Si tratta di un’annata di consuntivi che ha come premessa importante l’incarico per l’insegnamento di Storia dell’Arte Medievale e Moderna presso l’Università di Cagliari per l’anno accademico 1969-1970, che si sarebbe rivelato occasione di approfondimento di nuove tematiche distanti dall’attualità558.

Intorno a questa data, mentre il volume di Carla Lonzi, Autoritratto, usciva nelle librerie559, è possibile collocare la stampa del libro Arte dopo il 1945. U.S.A., seppure la stesura, come ipotizzato, sia da ricondurre in prossimità del suo soggiorno negli Stati Uniti560. Nello stesso anno, inoltre, un’antologia, da lei curata insieme a Claudio Cintoli e rimasta in stato di bozze, doveva essere pubblicata dalla casa editrice Lerici, con il titolo Minimal Primario

Concettuale561. Si tratta di una raccolta di “scritti degli artisti americani definiti minimals”562, presentata da un introduzione di Volpi, datata dicembre 1968, e da un “antinota” di Claudio

Il 1970, nell’attività critica e di studiosa di Marisa Volpi, è stato affrontato da Maria Grazia 557

Messina, nel suo intervento Marisa minimalista da Malevic a Paolini, presentato il 28 aprile 2017 nelle Giornate per Marisa Volpi cit., di cui è possibile consultarne l’abstract all’indirizzo http:// www.marisavolpi.it/site/notizie-dallo-studio-28-aprile-2017/ (2 maggio 2017).

Cfr. Volpi, Annotazioni in margine alle tendenze classiciste nella cultura artistica romana tra 1607 558

e 1672, in “Annali delle Facoltà di Lettere e Filosofia e Magistero dell’Università di Cagliari”, vol. XXXIV, 1971, pp. 69-96.

Lonzi, Autoritratto cit. 559

Si rimanda al paragrafo 3.2.3 I risultati di una ricerca: la serie radiofonica Arte in America e la 560

stesura del volume Arte dopo il 1945. U.S.A, nel quale è precisato come il volume risulti stampato nel 1969 ma probabilmente diffuso in anni seguenti.

Volpi e Cintoli (a cura di), Minimal Primario Concettuale cit. 561

Ivi, p. 7. 562

Cintoli, quest’ultimo autore anche della traduzione dei testi; l’antologia era inoltre arricchita da un’aggiornata selezione fotografica e bibliografica.

Il progetto si dimostrava coerente con un metodo di lavoro sul quale Volpi aveva impostato il volume sull’arte americana, corredato, come evidenziato, anche dalle fonti scritte degli artisti, e dichiarava, in questa sede, la sua valenza proprio per riuscire a mettere in luce quel “doppio terreno” sul quale si collocava l’atteggiamento artistico americano, che si esprimeva sia nell’atto pratico sia nell’autonoma riflessione critica563.

È importante ricordare come nel 1967 sia Volpi che Cintoli avevano scritto sul quarto numero di “QUI arte contemporanea” affrontando il tema delle ricerche minimaliste, grazie a una comune esperienza americana. Il saggio di Volpi dedicato alla mostra Primary Structures, nel quale come ha segnalato Gallo, si era evidenziato l’impegno degli artisti americani nel “sbarrare la strada a qualsiasi interpretazione”564, era preceduto da una testimonianza di Claudio Cintoli che raccontava il suo “terzo incontro con il lavoro di Tony Smith, uno dei più famosi artisti «sconosciuti» d’America”, avvenuto un mese prima a New York, precisamente a Bryant Park565.

Il 1970 si dimostra quindi, per l’antologia, il punto di arrivo di un percorso apertosi con ogni probabilità conseguentemente al soggiorno statunitense compiuto da entrambi, ma aggiornatosi negli anni con una selezione di scritti datati dal 1965 al 1968.

Se si prende in esame la premessa ma soprattutto l’introduzione firmata da Marisa Volpi, oggetto di molteplici revisioni testimoniate dalle sue correzioni a penna sulle bozze, emergono esplicitamente i punti nodali attorno ai quali aveva sviluppato le sue ricerche nel corso degli ultimi anni Sessanta566.

Nelle finalità della raccolta si evidenziava fin da subito l’esigenza, ugualmente dichiarata nella presentazione di Anno’60 alla Stein567, di fornire ai lettori le informazioni necessarie per

Ibid. 563

Gallo, “QUI arte contemporanea”: il presente nel solco della modernità cit., p. 61; cfr. Volpi, 564

Strutture primarie e Minimal Art cit., p. 30.

Cintoli, La geometria di Tony Smith cit., pp. 27-28. 565

Seppure l’antologia rimase in stato di bozze, il testo introduttivo firmato da Volpi venne da lei 566

pubblicato alcuni anni dopo, con minime variazioni, nel volume La retina e l’inconscio, con il titolo Minimal, primario, concettuale; cfr. Volpi, La retina e l’inconscio. Note di arte contemporanea cit., pp. 122-134. Per il volume del 1973 Volpi aveva, infatti, rielaborato e raccolto “studi in parte noti, in parte mai pubblicati, in parte stesi e messi a punto per l’occasione” (Ivi, p. 8).

Volpi, Anno’60 - Angeli - Festa - Lo Savio - Schifano - Uncini cit., pp. 136-139. 567

un’interpretazione autonomamente critica delle ricerche artistiche, ormai soggiogate dagli “slogans” del mercato americano:

La raccolta nasce inoltre dalla considerazione che, se per ragioni di forza economica l’America impone i suoi slogans culturali-mercantili, è bene almeno che prima di equivocarli e introdurli nell’accademia dei discorsi teorici, se ne conoscano i significati e i limiti nelle precise intenzioni degli artisti (spesso assai critiche rispetto a quegli slogans)568.

Nell’introduzione Volpi, infatti, sceglieva di soffermarsi su un argomento “solo apparentemente marginale”569 come quello delle logiche di mercato negli Stati Uniti, capaci di diffondere i “fenomeni artistici con metodi di analisi della loro propagabilità, non differenti da quelli usati per altri prodotti”570, mettendo in luce le conseguenze negative che queste comportavano.

Lo sguardo è ancora una volta rivolto alla falsata percezione dell’arte europea, il cui apporto si dimostrava essere “sempre meno recepito”:

Smagliature d’informazione come quella sugli italiani Lo Savio e Manzoni precursori nel 1961-62 di atteggiamenti comunemente adottati dai giovani americani del 1966 e del 1968, mancata valutazione dell’apporto di Yves Klein, oltre di Tinguely, di Burri, e di Fontana, non sarebbero avvenute per situazioni parallele nel clima d’élite della New York del 1948571.

Si palesa così quella traccia di lavoro che, come dimostrato, si era dichiarata portante nelle ricerche di Marisa Volpi, sempre protese a mettere in risalto le dirette parole degli artisti ma a partire da una lettura introduttiva, capace di valorizzare il ruolo della cultura europea e delle avanguardie storiche che, nel caso particolare degli artisti minimal, “dal dada, all’architettura moderna, dalle istanze sociali alle avanguardie russe, allo scientificismo della Bauhaus”572, si dichiaravano precorritrici.

Volpi e Cintoli (a cura di), Minimal Primario Concettuale cit., p. 7. 568 Ivi, p. 26. 569 Ivi, p. 27. 570 Ivi, p. 28. 571 Ivi, p. 7. 572

A tal proposito appare significativo come la selezione di scritti dedicata a Robert Morris veniva anticipata da una citazione di Kasimir Malevic, così come, allo stesso modo, quella dedicata a Tony Smith era introdotta da una citazione di Vladimir Tatlin.

AVANGUARDIE RUSSE

Nella seconda metà degli anni Sessanta, come anticipato, Marisa Volpi aveva parallelamente approfondito con particolare interesse il tema delle avanguardie russe, portando in luce alcuni argomenti che sarebbero confluiti nelle pubblicazioni del 1970. In particolare, nel 1968 aveva dato alle stampe, con la casa editrice Lerici, il volume Kandinsky, dall’art nouveau alla

psicologia della forma573, nel quale un capitolo era dedicato esclusivamente ai rapporti tra l’artista e le avanguardie russe574.

D’altro canto, in quello stesso anno, con un articolo sulla rivista “metro” dal titolo Attualità

delle avanguardie russe575, si inseriva all’interno di un riesame generalizzato dell’arte russa, testimoniato da pubblicazioni quali il volume Constructivism: origins and evolution, dello scultore americano George Richey e dalle mostre come Plus by Minus: Today’s Half-century, presentata nel marzo del 1968 all’Albright-Knox Art Gallery di Buffalo576.

Nel contributo Volpi affrontava l’origine delle proposte attuali, evidenziando, oltre a Duchamp, Magritte e De Chirico, quelle ricerche delle avanguardie russe alle quali l’arte contemporanea sembrava naturalmente rifarsi:

La situazione artistica post-informale sembra riporre a fuoco da circa quindici anni, insieme al settore Duchamp, Magritte, De Chirico, alcuni temi del Suprematismo e del Costruttivismo.

Volpi, Kandinsky, dall’art nouveau alla psicologia della forma cit. Conseguentemente al centenario 573

della nascita di Kandinsky, nell’ottobre del 1966, vennero riproposti in Italia alcuni dei suoi scritti, in particolare Il Cavaliere Azzurro e Lo spirituale nell’arte pubblicati da De Donato nel 1967 e Punto Linea e Superficie stampato da Adelphi nel 1968.

Si veda Trucchi, Il “Kandinsky” di Marisa Volpi Orlandini, in "QUI arte contemporanea", n. 5, 574

marzo 1969, p. 57. Nell’articolo la critica d’arte segnalava l’importanza del capitolo sulle avanguardie russe perché “ricco di una messe eccezionale di dati e di ricerche di prima mano” e auspicava una futura ricerca di Volpi sull’“ancora misteriosa” figura di Malevic.

Volpi, Attualità delle avanguardie russe cit., pp. 25-33. 575

George Richey, Constructivism: origins and evolution, G. Braziller, New York/London, Studio 576

Vista, 1967; Plus by Minus: Today’s Half-century, catalogo della mostra (New York, Albright-Knox Art Gallery Buffalo, 3 marzo-14 aprile 1968), Albright-Knox Art Gallery, New York 1968.

Mi riferisco in particolare alla ‘minimal art’, da Flavin a Morris, da Judd a Di Suvero, ma, precedentemente, in Europa, a Dorazio, a Sato, a Colla, a Tinguely, all’arte cinetica da Schöffer a Le Parc577.

Volpi rimarcava come quella tendenza generalizzata nel contemporaneo di “preferire l’essenziale”, fosse un punto di raccordo proprio con l’avanguardia russa, mostrando le origini di un’arte che si era privata di “contenuti, tecniche, motivi” catalizzatori dello sguardo, incentrando, diversamente, l’attenzione sulle potenzialità di quel “‘poco’ che poteva rivelarsi il ‘massimo’”578.

In questo schema di rimandi precisava, però, come l’arte russa dimostrasse la sua estrema originalità sviluppatasi nella “fucina di idee” della Russia tra il 1910 e il 1930, partecipando a una trasformazione del linguaggio che stava coinvolgendo letteratura, cinema e teatro. La necessità di “spingersi all’estremo limite del linguaggio, di capire i meccanismi, di romperne le convenzioni già consumate”, secondo Volpi, si collocava all’interno di un sentire comune proteso a un cambiamento radicale, oltre che culturale anche politico e sociale:

Gli artisti lavorarono del resto negli anni immediatamente precedenti e seguenti la rivoluzione in stretto rapporto con poeti e registi teatrali.

L’idea fondamentale era di trasformare la vita: la rivolta individuale, per una serie di convergenze storiche, coincideva con la rivolta sociale, gli artisti sentivano dunque la loro attività caricata, come mai prima (e mai più dopo), di significati rivoluzionari validi oltre l’ambito puramente estetico, secondo la costante aspirazione ad essere più veri del vero, ad eliminare la duplicità del piano su cui sono spinti ad operare e di quello, staccato, in cui anch’essi, come tutti, vivono579.

L’importanza di chiarire le dinamiche sociali emerge chiaramente nel settembre del 1969, quando Volpi cura per il Terzo Programma una trasmissione radiofonica dedicata alle

Avanguardie artistiche e potere politico in Russia che, suddivisa in tre puntate, ricostruiva un

Ivi, p. 25. Nella seguente citazione si è mantenuto il refuso del nome dell’artista Soto, qui 577

erroneamente scritto “Sato”. Ibid.

578

Ivi, p. 26. 579

dialogo tra artisti e intellettuali russi, capace di restituire le maglie di un contesto culturale nel quale si era sviluppata l’avanguardia580.

A partire da queste solide basi di riflessione Volpi, nel 1970, oltre a pubblicare per la collana “Mensili d’Arte” di Fabbri Editore, un numero dedicato a Kandinsky e il Blaue Reiter, presenta sugli “Annali delle Facoltà di Lettere e Filosofia e Magistero dell’Università di Cagliari” il contributo Note sull’avanguardia russa e Kasimir Malevic581, un saggio assolutamente aggiornato dal punto di vista bibliografico, in grado di ricostruire i rapporti tra arte e società e, ancora una volta, proteso a rintracciare il confronto con la contemporaneità582.

GIULIO PAOLINI. VEDO

In questo quadro di ricerche, frutto di un lavoro formatosi negli anni, è possibile collocare il suo intervento nella programmazione della sede della rivista “QUI arte contemporanea”, la cui pubblicazione, nel frattempo, era stata nuovamente sospesa.

Nel gennaio del ‘70, infatti, in quell’ottica di scambio culturale tra Roma e Torino, Marisa Volpi presentava negli spazi di Via del Corso la personale di Giulio Paolini Vedo che, a

Le tre puntate, trasmesse per il Terzo Programma durante il mese di settembre, affrontavano tre 580

diversi momenti storici dell’avanguardia in Russia: Avanguardie artistiche e potere politico in Russia dal 1917 al 1920 (7 settembre 1969); Avanguardie artistiche e potere politico in Russia dal 1920 al 1930 (14 settembre 1969); Avanguardie artistiche e potere politico in Russia dal 1930 al 1963 (21 settembre 1969). Le registrazioni, con la trascrizione del parlato, sono oggi conservate presso la Nastroteca Centrale della Rai (Teche Rai).

Volpi, Kandinsky e il Blaue Reiter, in “Mensili d’Arte”, n. 31, Fabbri, Milano 1970; Ead., Note 581

sull’avanguardia russa e Kasimir Malevic, in “Annali delle Facoltà di Lettere e Filosofia e Magistero dell’Università di Cagliari”, vol. XXXIII, parte I, 1970, pp. 289-316, ora in Ead., Artisti contemporanei. Saggi cit., pp. 70-93. Come già ricordato, nel 1969, De Donato aveva appena pubblicato gli scritti di Malevic nel volume Suprematismo: il mondo della non-oggettività cit.

Si veda Volpi, Note sull’avanguardia russa e Kasimir Malevic cit., p. 291 / 86-87, nota 4. In nota 582

viene riportata la premessa che apriva l’intervento da lei pubblicato nel ‘69 su “metro”; cfr. Attualità delle avanguardie russe cit., p. 25.

distanza di un mese, sarebbe passata quasi nella sua interezza alla galleria torinese di Luciano Pistoi583.

La mostra rispecchiava un confronto sempre più vivo tra Volpi e Paolini che, sin dalla collettiva Fabro, Paolini, Kounellis584, si era dimostrato anche nel coinvolgimento dell’artista torinese sulle pagine di “QUI arte contemporanea”, non soltanto con la recensione del libro

Happening di Michael Kirby585 ma anche con un intervento sul sesto numero della rivista, a presentazione della sua collaborazione con il Teatro Stabile di Torino per la scenografia e i costumi del Bruto Secondo586.

Il catalogo di Vedo mostrava, appunto, quel dialogo tra artista e critico che Marisa Volpi aveva sostenuto e coordinato su “QUI arte contemporanea”. Privato delle immagini, diversamente dalle precedenti mostre nella sede di Via del Corso, il pieghevole riportava su una pagina una breve introduzione di Paolini con l’elenco delle opere in mostra e relativa nota esplicativa, sull’altra la presentazione di Volpi. Nella versione per la Galleria Notizie (fig. 38), invece, il corsivo di Paolini, utilizzato per i titoli delle singole opere in mostra, riconduce a una lettera

Giulio Paolini. Vedo, catalogo della mostra, Centro d’Arte Editalia-QUI arte contemporanea, n. 13, 583

Roma 20 gennaio-7 febbraio 1970; Giulio Paolini. Vedo, catalogo della mostra, Galleria Notizie, Torino 18 febbraio-20 marzo 1970. Come segnalato negli elenchi dei due cataloghi l’opera “...ora, se tu mi dici…” (1969) venne esposta soltanto in occasione della mostra romana nella sede di “QUI arte contemporanea” mentre “La gloria di Dio è di celare le cose, la gloria dei re è di investigarle” (1969) venne esposta soltanto presso la Galleria Notizie di Torino. Maria Grazia Messina, nel suo intervento Marisa minimalista da Malevic a Paolini cit., ha collocato la mostra Vedo e le ricerche di Paolini in dialogo con quell’ottica di riduzionismo propria degli artisti minimal e delle avanguardie russe, rintracciando un preciso filo conduttore nelle ricerche di Marisa Volpi che convergono nel 1970.

Volpi, Fabro, Paolini, Kounellis cit. 584

Paolini, Michael Kirby - «Happening» - De Donato Editore, Bari 1968, pp. 370. L. 3.800. cit., p. 585

55.

Paolini, Note per le scene e i costumi, in “QUI arte contemporanea”, n. 6, settembre 1969, pp. 586

38-39. Il rapporto che in quegli anni intercorreva tra Marisa Volpi e Giulio Paolini è testimoniato anche da un quadro, datato 1970 e dipinto dal pittore-scenografo Franco Angeletti su incarico di Paolini. Il quadro intitolato Palazzo in via Panama 124 (F.A.) è la rappresentazione del palazzo nel quale si trovava l’abitazione di Marisa Volpi e dove Giulio Paolini venne da lei ospitato durante la lavorazione per le scene e i costumi della produzione televisiva del 1970, Alessandro nelle Indie. Tali informazioni mi sono state gentilmente fornite da Ilaria Bernardi grazie alle ricerche da lei compiute in occasione della sua testi di dottorato dal titolo Giulio Paolini: opere su carta 1960-1980, tesi di dottorato in Storia delle Arti (Ca’ Foscari - IUAV - Università di Verona), tutor Francesca Castellani, co-tutor Flavio Fergonzi, Maria Grazia Messina, ciclo XXVII, a.a. 2014-2015. Si vedano anche le dichiarazioni di Lorenza Trucchi nell’intervista presentata in tesi, Roma 26 maggio 2016 cit. Per i riferimenti bibliografici relativi a questa specifica opera rimando a Disch (a cura di), Giulio Paolini. Catalogo ragionato, tomo secondo 1983-1999 cit., p. 923. L’opera è stata inoltre recentemente esposta in occasione della mostra a cura di Antonella Sbrilli, Michela Santoro e Stella Bottai, Lo studio di Marisa Volpi. Arte, critica, scrittura cit.

inviata dall’artista proprio a Volpi il 22 settembre 1969, con “qualche chiarimento sulle opere in catalogo, tutte nuovissime”587.

Tra le opere esposte, volte a indagare il “fenomeno, antico, di vedere”588, Vedo (la

decifrazione del mio campo visivo) era stata presentata qualche mese prima alla Sixième Biennale de Paris, su fogli di carta, ma per la prima volta realizzata su parete proprio negli

spazi di “QUI arte contemporanea”589. Il procedimento è stato ricordato in seguito così dall’autore:

Venti gennaio 1970, ore 19. Quarantadue anni, o poco più: è questa la distanza di tempo che mi separa da una data, da un istante che mi riappare nitido e presenta come allora.

Sto cioè tracciando, ora come allora, una moltitudine di punti a matita sulla parete a formare quell’area vagamente ellittica corrispondente alla superficie del mio campo visivo.

La parete era (o è) situata al primo piano dell’edificio di Via del Corso 525, dove aveva sede la direzione della rivista e lo spazio espositivo di ‘Qui arte contemporanea’. Fu lì, proprio lì che “vidi” per la prima volta Vedo, il mio stesso sguardo tracciato e ‘disegnato’ nell’area vuota della parete di fronte a me.

Se mi trovavo a quell’indirizzo, fu per merito di Marisa Volpi, conosciuta in occasione della mia prima personale, avvenuta pochi anni prima e a pochi passi da lì, alla galleria La Salita.

Quel giorno ormai lontano lo ritrovo nella memoria simmetrica di oggi e segna un momento preciso e significativo, almeno per me e per la mia attività che non sarebbe stata la stessa senza quell’esperienza in quel luogo e in quella data590.

È proprio in occasione di Vedo, nella sede di “QUI arte contemporanea”, che venne per la prima volta presentata al pubblico Elegia, un calco in gesso frammento “dell’occhio con il sopracciglio del David di Michelangelo, con superficie specchiante al posto dell’iride”591,

(25.) Lettera manoscritta di Giulio Paolini a Marisa Volpi, Torino 22 settembre 1969; Carte Marisa 587

Volpi, Roma. Documento esposto in occasione della mostra a cura di Antonella Sbrilli, Michela Santoro e Stella Bottai, ibid.

Disch (a cura di), Giulio Paolini. Catalogo ragionato, tomo secondo 1983-1999 cit., p. 1034. 588

Cfr. Ivi, p. 916. Sixième Biennale de Paris, catalogo della mostra (Parigi, Musée D’Art Moderne de 589

la Ville de Paris, 2 ottobre-2 novembre 1969), Biennale de Paris, Parigi 1969.

Testimonianza di Giulio Paolini nel contributo video realizzato da Editalia per la mostra a cura di 590

Mariastella Margozzi e Raffaella Bozzini, QUI arte contemporanea 1966-1977 cit.

Daniela Lancioni, Roma in mostra 1970-1979: materiali per la documentazione di mostre azioni 591

performance dibattiti, catalogo della mostra a cura di Daniela Lancioni e Cinzia Salvi (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 13 settembre-2 ottobre 1995), Edizioni Joyce & Co., Roma 1995, p. 30.

opera per la quale sarebbe stata riservata un’intera stanza alla trentacinquesima Biennale veneziana di quello stesso anno (fig. 36)592.

Elegia viene affrontata da Volpi in catalogo come significativo esempio per collocare il lavoro

di Paolini in un percorso di rimandi storici capace di dialogare con le ricerche affrontate dai cubisti nei primi del Novecento, “quando scindevano nozione visiva, colore, spazio, disegno, esibendoli nella loro specificità”, e in seguito da Magritte, quando “dipingeva una pipa illusionisticamente perfetta e scriveva sul quadro ‘Ceci n’est pas une pipe’”:

L’occhio di specchio che ci guarda in ‘Elegia’ di Paolini appartiene allo stesso genere di pensieri: nel gioco tra calco dell’occhio (tipo negozio di belle arti) e riflessione perfetta della pupilla di specchio, è contenuto una specie di epigramma sull’illusione dell’arte-specchio del mondo593.

Cfr. Disch (a cura di), Giulio Paolini. Catalogo ragionato, tomo secondo 1983-1999 cit., p. 920; 592

cfr. XXXV Esposizione Biennale Internazionale d’Arte. Venezia, catalogo della mostra (Venezia, Giardini di Castello, 24 giugno-25 ottobre 1970), La Biennale di Venezia, Venezia 1970.

Volpi, Giulio Paolini. Vedo, catalogo della mostra, Centro d’Arte Editalia-QUI arte contemporanea, 593

4.1.2 Riflessioni critiche

UNA TAVOLA ROTONDA CON HAROLD ROSENBERG

L’inaugurazione della personale di Paolini, negli spazi di Via del Corso, venne preceduta, soltanto di alcuni giorni, da un altro importante appuntamento per la sede di “QUI arte

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