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Apparato sperimentale

5.3 Capacità refrigerante

5.3.2 Azoto gassoso

Anche in questo caso il contributo entalpico della laminazione può essere trascurato e non esiste più il contributo del passaggio di fase, mentre l’entropia assorbita dal gas durante il riscaldamento si calcola nello stesso modo utilizzato per l’azoto liquido ma considerando le diverse temperature di partenza (quindi un diverso cp medio, 𝑐𝑝). La stima della portata di massa, non essendo un liquido incomprimibile, non si può ricavare tramite la legge di Bernulli, perciò per il calcolo è stata utilizzata l’equazione semi-empirica (6) che descrive l’efflusso di un gas che fuoriesce da un tubo.

𝑚̇̇ = 𝐴 ∗ 𝐶 ∗ 𝑝0∗ √𝑃𝑀∗𝛶 𝑇0∗𝑅 ( 2

𝛶+1)(𝛶+1)(𝛶−1) (6)

Dove A corrisponde all’area dell’ugello, C è una costante corrispondente a 0,8 per il deflusso critico [39], 𝑝0 e 𝑇0 sono pressione e temperatura iniziali all’interno della conduzione, cioè quelle impostate nel sistema Cryofluid, PM è il peso molecolare dell’azoto gassoso (N2), R la costante universale dei gas e infine 𝛶 è una costante correlata alla struttura molecolare del gas, nel caso di un gas bi-atomico come l’N2 vale 1,4.

La potenza termica 𝑄̇̇ in questo caso vale (7)

𝑄̇̇ = (𝑐𝑝∗ ∆𝑇) ∗ 𝑚̇̇ (7)

I dati di entropia ottenuti sono stati confermati ricavandoli utilizzando il sito del NIST [40]. I risultati ottenuti sono riportati in Tabella 5.8.

70 Capitolo 5

Tabella 5.8 Potenze termiche refrigeranti N2 gassoso e LN2

Refrigerante ΔH* (kJ/kg) 𝒎̇ (kg/s) 𝑸̇ (kW) LN2 (-196°C) 425,61 0,058 24,7 N2 (-150°C) 176,53 0,0134 2,36 N2 (-125°C) 150,24 0,0122 1,83 N2 (-100°C) 124,06 0,0112 1,39 N2 (-75°C) 97,95 0,0105 1,03 N2 (-50°C) 71,88 0,0099 0,71 N2 (-25°C) 45,83 0,0094 0,43 N2 (0°C) 19,79 0,0089 0,18

Grafico 5.15 Potenze termiche refrigeranti: N2 gas e LN2

24,7 2,36 1,83 1,39 1,03 0,71 0,43 0,18 0 5 10 15 20 25 30 Potenza termica (KW)

Risultati 71

Si possono confrontare questi dati con la potenza necessaria per il taglio la quale fornisce l’energia necessaria a creare le nuove superficie ma che per la quasi totalità viene dissipata sotto forma di calore.

La potenza P (KW) è calcolabile come il prodotto del “material removal rate” MRR (8) (m3/s) moltiplicata per l’energia specifica di taglio per questo tipo utensile e materiale

𝑢𝑡 (KJ/m3

) [18], come mostrato nell’equazione (9).

𝑀𝑅𝑅 = 𝑓 ∗ 𝑑 ∗ 𝑣𝑐 (8)

Dove f è l’avanzamento (m), d la profondità di passata (m) e 𝑣𝑐 la velocità di taglio (m/s), questi dati sono riportati nella Tabella 4.2.

𝑃 = 𝑀𝑅𝑅 ∗ 𝑢𝑡 (9)

Per le lavorazioni effettuate in questo studio la potenza necessaria risulta di 200W, quindi maggiore della potenza termica massima assorbibile dalla condizione di refrigerazione dell’azoto gassoso a 0°C. In realtà le potenze refrigeranti calcolate non sono totalmente spendibili nel raffreddamento dell’utensile, infatti solo una piccola parte del flusso va effettivamente ad incidere sulla zona di taglio e inoltre non vi rimane il tempo effettivamente necessario per portarsi a temperatura ambiente (come da ipotesi). Il dato reale quindi sarà minore di quello calcolato e basandosi sui risultati delle prove, nelle quali si è notato un viraggio degli effetti fra i -75 e i -100 °C, probabilmente è proprio con queste condizioni di refrigerazione che si riesce a raggiungere l’asportazione circa totale del calore generato.

La seconda considerazione che scaturisce dall’osservazione del Grafico 5.15 è che anche se la differenza di temperatura tra la condizione dell’azoto liquido (-196°C) e la refrigerazione ad azoto gassoso (-150°C) è di soli 46°C la differenza di potenza termica è di circa 22 KW, vale a dire 22 volte maggiore della differenza che intercorre fra la refrigerazione ad azoto gassoso a -150°C e a -100°C. Questa enorme differenza con l’LN2 giustifica le differenze di effetti riscontrate e deriva principalmente da due fattori: la portata di massa che è circa 5 volte superiore a quella gassosa, e dall’entalpia di evaporazione che da sola fornisce circa 8 KW di potenza termica.

Conclusioni

Tale lavoro si prefigge l’obiettivo di migliorare la lavorabilità della lega Ti6Al4V mediante l’utilizzo di tecniche di lubrificazione e refrigerazione non convenzionali. Le strategie prese in esame sono state scelte in base alle loro caratteristiche di eco-sostenibilità che le rendono interessanti sia dal punto di vista economico (riduzione dei costi smaltimento dei fluidi da taglio esausti) che per la possibilità di ottenere superfici pulite esenti da inquinanti e contaminanti, caratteristica quest’ultima essenziale per i componenti destinati al settore biomedicale.

Le strategie di lubrificazione e refrigerazione sono state applicate in operazioni di semi-finitura in tornitura cilindrica, mantenendo costanti i parametri di taglio e i tempi di lavorazione. La valutazione della lavorabilità è stata effettuata analizzando sia l’usura dell’utensile che l’integrità superficiale del pezzo lavorato (strato deformato, rugosità e topografia superficiale, difetti superficiali).

Il lavoro svolto ha evidenziato come i principali meccanismi responsabili dell’usura dell’utensile siano l’adesione e la diffusione, responsabili della formazione del cratere sul petto e l’abrasione del fianco.

Le prove hanno dimostrato come l’utilizzo dei refrigeranti criogenici, (per l’azoto gassoso solamente per i casi aventi temperatura inferiore ai -50°C) portano ad una notevole riduzione delle dimensioni del cratere, con il miglior risultato riscontrato per il caso della CO2, dove non si è rilevato alcun cratere. Tali osservazioni confermano la natura termicamente attivata di tale meccanismo, i refrigeranti utilizzati garantiscono un a corretta asportazione del calore generato inibendo o riducendo la diffusione e l’adesione tra il materiale costituente l’utensile e pezzo in lavorazione. L’usura residua riscontrata è da attribuirsi all’azione abrasiva legata allo scorrimento del truciolo sul petto dell’utensile.

Per quanto riguarda l’usura del fianco l’abrasione è stata ridotta abbassando il coefficiente di attrito tramite l’uso di opportuni lubrificanti, i migliori risultati sono stati riscontrati utilizzando le strategie MQL e MQC implementata mediante l’aggiunta di grafite.

Anche in questo caso l’usura è sensibile alle temperature, valori troppo bassi, come nel caso dell’azoto liquido, determinano un indurimento del materiale con risultati di poco inferiori rispetto alla condizione di lavorazione a secco dove invece le alte temperature prodotte

74 Conclusioni

innescano fenomeni di adesione che si ripercuotono negativamente innalzando il coefficiente d’attrito. Il giusto compromesso è stato riscontrato utilizzando l’azoto gassoso, alla temperatura di -100°C, condizione per la quale si è riusciti ad inibire il calore prodotto senza però indurire eccessivamente il materiale. A conferma di ciò, la misura dello strato deformato al di sotto della superficie lavorata ha mostrato un andamento simile, i peggiori risultati sono stati riscontrati per la condizione a secco, l’MQL e per quella adoperante l’azoto liquido, i migliori risultati invece per i casi refrigerati sia con l’azoto gassoso che con l’MQC additivato.

L’indice di rugosità superficiale Ra non mostra grandi variazioni fra le diverse tecniche adottate attestandosi attorno al valore di 1,2 μm, solamente per il caso a secco e LN2 sono state riscontrate delle sostanziali differenze, nel primo caso un aumento di Ra legato alla perdita dimensionale del tagliente in seguito all’elevata usura del fianco mentre per la refrigerazione criogenica un leggero calo molto probabilmente causato dalla contrazione termica del materiale che riduce il valore reale di profondità di passata.

Tuttavia l’analisi topografica della superficie lavorata evidenzia per quest’ultima condizione, come le basse temperature portano alla formazione di difetti come i doppi feed-mark, irregolarità nei segni di tornitura, mancanza di planarità e altre difettosità conseguenti (wrinkles) alla mancata plasticizzazione del materiale.

Nell’ottica di implementare la lavorabilità si è proceduto alla creazione di tecniche ibride combinando le tecniche di pura refrigerazione (LN2) con quelle di pura lubrificazione (MQL), inizialmente ci si è adoperati per individuare la miglior disposizione degli ugelli nell’ottica di massimizzare i vantaggi delle rispettive tecniche, solo successivamente i diversi refrigeranti sono stati testati in sostituzione all’azoto liquido

Il miglior risultato si è riscontrato refrigerando il petto dell’utensile e lubrificando il fianco così come era prevedibile dai risultati precedenti. La combinazione del lubrificante con LN2 e CO2 ha prodotto sensibili miglioramenti riducendo il labbro d’usura e lo spessore dello strato incrudito mentre l’utilizzo dell’azoto gassoso non ha portato migliorie rispetto al caso iniziale basato sulla pura refrigerazione.

Per giustificare i risultati ottenuti si è ritenuto opportuno effettuare un calcolo analitico della capacità di asportazione del calore dell’azoto liquido e di quello gassoso, la definizione di un unico parametro legato alla pressione, temperatura e portata del fluido considerato, ha permesso di confrontare le diverse tecniche e i diversi effetti si sull’usura che sulla surface integrity.

Conclusioni 75

I risultati mostrano come l’azoto ha un potere refrigerante di un ordine di grandezza più grande rispetto al caso gassoso, l’elevato sotto-raffreddamento giustifica la presenza dei difetti legati al calo di duttilità tipici del caso LN2 che invece non sono stati riscontrati utilizzando l’azoto gassoso anche alla temperatura di -.150°C

In particolare il range di temperatura fra -75°C e -100°C ha mostrato i migliori risultati complessivi, sia in termini di usura dell’utensile che di integrità superficiale, la sua capacità refrigerante dimostra di essere sufficiente ad eliminare tutti i problemi derivanti dal calore generato in lavorazione ma non sufficiente a indurire il materiale e quindi causare problemi come l’innalzamento delle forze di taglio e tutto ciò che ne comporta, purtroppo la sua combinazione con l’MQL non ha prodotto ulteriori miglioramenti, rivelandosi inefficacie o addirittura peggiorativo.

La lubrificazione solida tramite l’aggiunta di grafite alla tecnica MQC ha prodotto dei risultati molto promettenti, soprattutto considerato il suo costo minimo. I dati evidenziano che questa tecnica rappresenta un buon compromesso fra refrigerazione e lubrificazione, mantiene bassa l’usura dell’utensile e produce una superficie con pochi difetti e un piccolo strato deformato. In conclusione non si può dire che sia stata trovata una tecnica, singola o combinata, nettamente migliore delle altre, la scelta del lubro-refrigerante dipende dalle caratteristiche che deve avere il pezzo lavorato in funzione della sua futura applicazione, ad esempio con l’azoto liquido si ottiene una bassa rugosità e un alto strato incrudito, fattori che portano ad un’elevata resistenza a fatica rendendo questa tecnica un ottimo candidato per il settore biomedicale. Un compromesso più economico per la stessa applicazione è rappresentato dall’azoto gassoso refrigerato, che, oltre a rimanere un metodo che non necessita di pulizia del prodotto, incrementa la vita dell’utensile non alterando eccessivamente il materiale in lavorazione. In applicazioni dove invece si vuole massimizzare la produzione le tecniche CO2 + MQL e MQC + grafite rappresentano l’ottimo dati i loro ottimi risultati in termini di riduzione dell’usura dell’utensile.

Studi futuri andranno nella direzione della definizione di una combinazione della lubrificazione solida con MQL, sia con la proiezione da ugelli separati direttamente sull’utensile sia miscelando direttamente la grafite e il lubrificante dell’MQL nel serbatoio. L’azoto gassoso ha portato ottimi risultati ma nulla fa pensare che, in prossimi studi, gli stessi non si possano ottenere refrigerando aria al posto dell’azoto utilizzando le stesse apparecchiature ma riducendo nettamente i costi.

In generale gli studi effettuati in questa tesi hanno fornito un’ampia panoramica delle potenzialità dei moderni metodi di lubro-refrigerazione, ma molto lavoro si può ancora fare

76 Conclusioni

per ognuna delle tecniche viste, per esempio completando lo studio con la misurazione delle forze di taglio o delle tensioni residue indotte nel materiale lavorato. Anche da un punto di vista analitico si può completare la panoramica della capacità refrigerante delle tecniche partendo dall’indagine fatta in questo studio per azoto liquido e gassoso.

Infine, si può ampliare l’applicabilità dei risultati variando altri parametri come quelli di taglio, geometria e rivestimento dell’utensile e i tempi di lavorazione per esempio portando a fine vita l’utensile e confermando che i meccanismi determinanti siano quelli analizzati in questo studio.

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