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b Sardine

Nel documento Etichettatura dei prodotti ittici (pagine 45-75)

6.2 Prodotti trasformati

6.2.1. b Sardine

La commercializzazione delle conserve di sardine e di prodotti affini è disciplinata dal Regolamento n. 2136/1989 del 21 giugno 1989 67 il quale definisce le conserve di sardine come quei prodotti sterilizzati con un trattamento idoneo, preparati con pesci della specie Sardina pilchardus Walbaum e compresi nei codici di nomenclatura combinata (NC) 1604 13 11, 1604 13 19 ed ex 1604 20 50.

Le sardine devono essere preconfezionate con un mezzo di copertura adeguato68, in recipienti ermeticamente chiusi, devono essere di dimensioni ragionevolmente uniformi e alloggiate regolarmente nel recipiente, facilmente separabili l’una dall’altra e con la carne di colore chiaro o rosato, prive di perforazioni rilevanti della parete addominale o di lacerazioni della carne, avere una carne di consistenza normale e priva di ingiallimento dei tessuti salvo lievi tracce.

La denominazione di vendita è stabilita sulla base del rapporto esistente tra il peso delle sardine contenute nel recipiente dopo la sterilizzazione e il peso netto espressi in grammi, nello specifico:

- 70% per i prodotti confezionati con olio d’oliva, oli vegetali raffinati, succo naturale o marinati;

- 65% se confezionate con salsa di pomodoro; - 50% per qualsiasi altro mezzo di copertura;

se questi valori sono rispettati la denominazione di vendita potrà essere quella stabilita dall’articolo 4 del succitato Regolamento, ovvero:

1) Sardine se adeguatamente private della testa, mediante un taglio perpendicolare alla colonna vertebrale in prossimità delle branchie, delle branchie, della pinna caudale e dei visceri;

67

Modificato dal Reg. n.1181/2003 e dal Reg. n.1345/2008.

68

L’articolo 5 del Reg. n. 2136/89 distingue i seguenti mezzi di copertura: olio d’oliva; oli vegetali raffinati; salsa di pomodoro; succo naturale derivato dal liquido trasudato dal pesce al momento della cottura, soluzione salina o acqua; marinate con o senza vino; qualsiasi altro mezzo di copertura a condizione che sia chiaramente distinto dai succitati mezzi di copertura.

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2) Sardine spinate se, oltre al rispetto del punto 1, sono private anche della colonna vertebrale;

3) Sardine spinate e spellate se, oltre al rispetto del punto 2, sono private anche della pelle;

4) Filetti di sardina qualora il prodotto sia ottenuto da masse muscolari prelevate parallelamente alla colonna vertebrale, sull’intera lunghezza del pesce o su parte di essa, previa asportazione della colonna vertebrale, delle pinne e del bordo della parete addominale, con o senza pelle;

5) Trance di sardine se ottenute da porzioni di pesce contigue alla testa, lunghe almeno 3 centimetri, ottenute dal prodotto di base di cui al punto 1, mediante tagli perpendicolari alla colonna vertebrale;

in questi casi la designazione del mezzo di copertura impiegato costituirà parte integrante della denominazione di vendita.

Inoltre, per i prodotti confezionati con olio come mezzo di copertura, dovranno costituire parte integrante della denominazione di vendita una delle seguenti diciture:

- “all’olio di oliva”;

- “all’olio vegetale” quando sono utilizzati gli altri oli vegetali raffinati, compresi l’olio di sansa di oliva o miscele degli stessi oppure

- “all’olio di” seguita dalla designazione della sua natura specifica. Potranno essere utilizzate anche delle forme diverse di presentazione rispetto a quanto indicato dai punti da 1 a 5 a patto che siano chiaramente distinte dalle altre presentazioni e che il rapporto esistente tra il peso delle sardine contenuto nel recipiente dopo la sterilizzazione e il peso netto sia perlomeno pari al 35%. Per le preparazioni culinarie la denominazione di vendita dovrà indicare le caratteristiche della preparazione culinaria.

Per “conserve di prodotti affini alle sardine” si intendono, invece, quei prodotti commercializzati e presentati nello stesso modo delle conserve di sardine ma preparati con i pesci appartenenti alle seguenti specie:

a)

Sarinops melanosticus, S. brasiliensis, S. Neopilchardus, S. Ocellatus, S. Sagax, S. Caeryleus;

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b)

Sardinella aurita, S. brasiliensis, S. maderensis, S. longiceps, S. gibbosa;

c)

Clupea harengus;

d)

Sprattus sprattus;

e)

Hyperlophus vittatus;

f)

Nematalosa vlaminghi;

g)

Etrumeus teres;

h)

Ethmidium maculatum;

i)

Engraulis anchoita, E. mordax, E. Ringens;

j)

Opisthonema oglinum;

k)

Strangomera Bentincki.

Tali prodotti possono essere commercializzati nella Comunità con una denominazione di vendita nella quale figuri il termine sardine insieme al nome scientifico della specie, incluso del nome latino del genere e della specie, e alla zona geografica in cui la specie è stata catturata.69

6.2.1.c Stoccafisso e baccalà

La definizione di baccalà ha subito un’evoluzione nel corso degli anni: con il D.M. 25/07/2005 con il termine baccalà si poteva indicare solo il Gadus morhua e/o il Gadus macrocephalus salato e con il termine stoccafisso si poteva indicare solo il Gadus morhua e/o il Gadus macrocephalus essiccato; in seguito, con l’emanazione del D.M. 31/01/2008 la denominazione dello stoccafisso resta la stessa mentre si segnala il cambiamento del significato di baccalà che potrà essere commercializzato come tale solo se “salato e stagionato”.

Con questa modifica si è voluto tutelare il vero baccalà dalle contraffazioni di produttori poco onesti i quali ponevano in commercio con la denominazione di baccalà anche dei filetti di merluzzo nordico salati ad iniezione prima del congelamento.

Per lo stoccafisso, come per il baccalà, l’indicazione dello stato fisico non è necessaria perché è il nome stesso ad indicare il trattamento subito. Sarà invece

69

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necessario indicare in etichetta le informazioni obbligatorie ai sensi dell’articolo 68 del reg. 404 n. 2011 in quanto prodotti inclusi nel capitolo 3 della nomenclatura combinata.70

Figura 7.

Spesso lo stoccafisso è accompagnato dall’indicazione della qualità (es. Ragno).

Il marchio di identificazione dello stabilimento, così come previsto dall’allegato II, sez. I, del Reg. n. 853/2004, deve indicare: il nome del Paese in cui è situato lo stabilimento indicato per esteso (es. REPUBBLICA ITALIANA) o mediante un codice a due lettere (es. IT), il numero di riconoscimento dello stabilimento e, se apposto in uno stabilimento all’interno della Comunità deve essere di forma ovale e recare l’abbreviazione CE (erroneamente riportata in questa etichetta come C.E.E.).

Pur non essendo diciture da riportare obbligatoriamente in etichetta, è molto frequente incontrale (Fig. 7), per questo motivo si riporta di seguito (Tab. 3) la classificazione dello stoccafisso delle Isole Lofoten che avviene secondo una classificazione standard del prodotto (NBS 30-01).71

70

Codice NC 0305: Pesci secchi, salati o in salamoia […]. Cfr. Reg. n. 2658/1987.

71

Classificazione tratta da Norvegian Industry Standard for fish, Standard Classification of stockfish, version 2, Bergen, 1998.

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Tabella 3. Classificazione dello stoccafisso delle Isole Lofoten.

PRIMA SCELTA

QUALITA’ CARATTERISTICHE

Ragno Lo stoccafisso deve essere del tipo più magro, senza difetti e

lungo più di 60 cm. Deve avere un colore brillante.

Westre magro-WM

(Tynn Westre)

Tipo sottile e magro senza la minima polposità. Deve avere un colore brillante. Si trova in tre diverse dimensioni: 60/80 cm, 50/60 cm e 40/50 cm

Westre Demi Magro- WDM

Deve avere gli stessi requisiti qualitativi del tipo WM, ma può essere un po’ più polposo sui lati del dorso. Si trova in due diverse dimensioni: 60/80 cm e 50/60 cm

Gran Premier-GP

Un tipo particolare di stoccafisso che deve avere un colore brillante e che si può definire come un tipo di Bremese meno polposo. Deve essere lungo più di 60 cm

Lub Può avere piccoli difetti.

Quantità: 30-45 pesci per 50 kg

Bremese-BR Tipo polposo.

Quantità: 45-55 pesci per 50 kg

Olandese-HO

(Vanlig Hollender)

Tipo polposo.

Quantità: 58-63 pesci per 50 kg

Westre Corrente-WC

(Vanlig Westre)

Polposo, robusto e di colore brillante. Quantità: 70-80 pesci per 50 kg

Westre Ancona-WA

Stoccafisso con le stesse caratteristiche e la stessa qualità del tipo Westre Corrente e Westre Demi Magro ma più polposo. Quantità: 70-78 pesci per 50 kg

Westre Piccolo

(Liten Westre)

Deve essere di colore brillante. Quantità: 100-120 pesci per 50 kg

Lo stoccafisso del tipo più piccolo dei tipi Westre Piccolo e Westre Magro 40/50 è venduto sia come Westre Piccolo Piccolo 8con un numero di pesci prestabilito) oppure come Lofoten 100/200 (100-200 grammi per ciascun stoccafisso)

SECONDA SCELTA

QUALITA’ CARATTERISTICHE

Italiano Grande-IG (Stor

Italiener)

Quantità: 55-60 pesci per 50 kg. E’ la seconda scelta dei tipi BR/GP e WM 60/80

Italiano Grande Magro- IGM

(Stor Tynn Italiener)

Un tipo più magro della stessa grandezza e classificazione del tipo IG

Italiano medio-IM

(Middels Italiener)

Come il tipo IG ma più piccolo. E’ la seconda scelta del tipo WA/WC.

Quantità: 70-80 pesci per 50 kg

Italiano Medio Magro- IMM

(Middels Tynn Italiener)

Un tipo più sottile di IM oppure la seconda scelta del tipo WM 50/60

Italiano Piccolo-IP

(Liten Italianer)

E’ la seconda scelta del tipo WP. Quantità: 100-120 pesci per 50 kg

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6.2.1.d Salmone affumicato

Essendo il salmone affumicato un prodotto venduto preconfezionato dovrà sottostare a tutte le disposizioni riguardanti l’etichettatura di tali prodotti.

La denominazione dell’alimento dovrà essere accompagnata dallo specifico trattamento che il prodotto ha subito ovvero “affumicato”, nel caso in cui l’omissione di tale informazione potrebbe indurre in errore l’acquirente.72

In particolare, se il prodotto è ottenuto dal solo salmone affumicato con fumo di legna basterà la denominazione “salmone affumicato”, mentre se sono stati utilizzati aromatizzanti di affumicatura73, consentiti dal Regolamento n. 2065/2003, questi andranno dichiarati tra gli ingredienti come “aromi” ovvero con una delle più specifiche indicazioni previste dal Regolamento n. 1334/2008.74

Se il prodotto è stato scongelato prima di essere stato sottoposto ad affumicatura il termine “scongelato” può non figurare.75

Qualora venga utilizzato salmone dell’Atlantico o del Pacifico e il prodotto sia ottenuto mediante un trattamento di affumicatura a freddo (durante il quale la temperatura all’interno del prodotto non superi i 60°C), onde evitare la sopravvivenza di eventuali parassiti nematodi presenti, dovrà essere congelato ad una temperatura non superiore a -20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore; il trattamento può essere eseguito sul prodotto crudo o sul prodotto finito e, analogamente a quanto detto per il sushi, dovrà essere accompagnato, durante l’immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento al quale è stato sottoposto ma l’etichetta potrà non riportare il termine “scongelato” così come previsto dall’articolo 68, comma 4 del Regolamento n. 404/2011.

72

La menzione del trattamento subito dall’alimento, affiancata alla denominazione di vendita, era già prevista nell’articolo 4, punto 3 del Decreto Legislativo n. 109/1992 ed è stata ripresa dell’Allegato VI, Parte A, punto 1, Reg. n. 1169/2011.

73

Gli aromatizzanti di affumicatura sono definiti all’art. 3, comma 2, lettera f del Reg. n. 1334/2008.

74

Cfr. Allegato VII, parte D, punto 1 del Reg. n. 1169/2011.

75

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Figura 8. Esempio di corretta modalità di etichettatura del salmone affumicato con fumo di legna. Il produttore ha indicato che il prodotto è stato decongelato e che quindi non deve essere ricongelato dopo l’acquisto.

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6.2.1.e Caviale

Il Decreto Ministeriale del 6 maggio 2008 definisce il caviale come le “uova lavorate di specie appartenenti all’ordine Acipenseriformes (storione e pesci spatola)” quindi, le uova di altre specie di pesce o i prodotti artificiali ottenuti con altre sostanze di origine biologica, non sono caviale ma succedanei o imitazioni.

Le strutture presenti sul territorio italiano che producono caviale ai fini del commercio devono essere in possesso di un’autorizzazione rilasciata dalla Direzione per la protezione della natura del Ministero per l’ambiente e della tutela del territorio e del mare in seguito alla quale otterranno un codice identificativo.

I barattoli, lattine o altri contenitori in diretto contatto con il caviale devono essere etichettati singolarmente per mezzo di etichette non removibili che sigillano il contenitore tra il coperchio e il contenitore stesso e l’etichetta deve obbligatoriamente riportare:76

 Un codice standard identificativo della specie (es. STU per l’Acipenser

sturio);

 Il codice della fonte relativo all’origine degli esemplari da cui proviene

il caviale (es. W per gli esemplari prelevati dall’ambiente naturale, R per gli esemplari di allevamento, C per gli animali allevati in cattività)77;

 Un codice unico identificativo della spedizione comprendente:

a) Codice ISO identificativo del Paese di origine (ad es. IT se Italia);

b) Anno di produzione e raccolta (ad es. 2012);

c) Numero di controllo veterinario (XYZ) assegnato allo stabilimento di produzione sulla base del Regolamento n. 853/2004;

76

Cfr. Art. 3, comma 2, Decreto Ministeriale 6 maggio 2008.

77

50

d) Numero di lotto del caviale corrispondente al singolo esemplare marcato (yyyyyy);

Secondo quanto detto un esempio di corretta etichetta potrebbe essere la seguente:

STU/W/IT/2012/XYZ/yyyyyy.

Qualora il caviale sia prodotto in uno Stato estero l’etichetta dovrà altresì riportare il numero della licenza di importazione italiana o comunitaria, emessa sulla base di un permesso CITES di esportazione, ad esempio per del caviale proveniente dagli Stati Uniti e confezionato in Italia un modello corretto di etichetta potrebbe essere:

STU/W/US/00001/IT/2012/XYZ/yyyyyy.

Nel caso in cui il caviale sia messo in vendita da strutture di riconfezionamento l’etichetta dovrà inoltre riportare l’anno di riconfezionamento che incorpori il codice ISO del Paese di trattamento e riconfezionamento, se differente dal Paese di origine, e l’eventuale numero del lotto corrispondente, ad esempio, per del

Figura 9. Il caviale Almas, venduto in una prestigiosa confezione di oro massiccio 24 carati, detiene il primato del caviale più costoso al mondo.

caviale proveniente dall’Iran e riconfezionato in Italia un esempio di corretta etichetta potrebbe essere:

51

6.2.2 Prodotti di gastronomia

Per i prodotti di gastronomia in vendita nei supermercati vige l’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 109/1992 e s.m.i. ovvero, “i prodotti alimentari non preconfezionati o generalmente venduti previo frazionamento, anche se originariamente preconfezionati, i prodotti confezionati sui luoghi di vendita a richiesta dell’acquirente ed i prodotti preconfezionati ai fini della vendita immediata, devono essere muniti di apposito cartello, applicato ai recipienti che li contengono oppure applicato nei comparti in cui sono esposti. Sul cartello devono essere riportate: denominazione di vendita del prodotto, elenco degli ingredienti e modalità di conservazione per gli alimenti molto deperibili […]”. Per i prodotti della gastronomia l’elenco degli ingredienti può essere riportato su un unico ed apposito cartello tenuto bene in vista oppure, per singoli prodotti su di un apposito registro o altro sistema equivalente, da tenere bene in vista e a disposizione dell’acquirente, in prossimità dei banchi di esposizione dei prodotti stessi (Fig. 10).

Con il nuovo Regolamento n. 1169/2011 il legislatore europeo ha delegato agli Stati membri la facoltà di decidere quali informazioni debbano accompagnare la vendita di tali alimenti, fatto salvo l’obbligo inderogabile dell’indicazione degli allergeni.78

Dal dicembre 2014, data di entrata in applicazione del nuovo Regolamento n. 1169/2011, i prodotti della pesca che appaiono come una fetta o porzione ottenuta da un unico pezzo, ma che in realtà sono composti da diversi pezzi di pesce uniti tra di loro tramite altri ingredienti quali ad esempio enzimi o additivi dovranno recare la specifica indicazione “pesce ricomposto”.79

Come già stabilito del Decreto Legislativo n.109/199280 anche il Regolamento n. 1169/2011 specifica che possono essere designati con la denominazione generica “pesce/i” qualsiasi specie di pesce quando questo costituisce un ingrediente di un

78

Cfr. Art. 44, comma 1, lettere a, b, ibidem.

79

Cfr. Allegato VI, parte A, punto 5, ibidem.

80

52

altro alimento, purché la denominazione e la presentazione non facciano riferimento ad una specifica specie di pesce.81

Figura 10.

La Direttiva allergeni è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 114 dell’8 febbraio 2006, erroneamente indicato nel cartello come Decreto Legge. Con il D.Lgs. n. 114/2006 il Governo ha voluto porre rimedio alla questione degli alimenti allergenici, approvando una legge, a tutela dei consumatori, che ha apportato modifiche al D.Lgs. n. 109/1992 relativo all’etichettatura degli alimenti. In base a questa norma, ogni sostanza appartenente alla lista dei potenziali allergeni, qualora impiegata nella preparazione dei prodotti alimentari e residua nel prodotto finito anche se in forma modificata, deve essere indicata in modo chiaro in etichetta e, nel caso di prodotti sfusi, sul cartello esposto a disposizione dei consumatori. Evidentemente con questo cartello volevano indicare la presenza dell’apposito registro contenete l’elenco degli ingredienti in vendita nel reparto gastronomia, indicando che tale elenco degli ingredienti riporta, così come previsto dal Decreto Legislativo n.114/2006 e s.m.i. l’indicazione dell’ingrediente, degli ingredienti o dei derivati degli allergeni alimentari indicati nell’Allegato II, sezione III del D.Lgs. n. 109/1992 e ss.mm.ii., preceduta dal termine “contiene” se detti ingredienti non figurano nella denominazione di vendita o nell’elenco degli ingredienti.

81

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6.3 Congelati e surgelati

Nella Circolare del 10 novembre 2003, n.168 relativa all’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari al punto D si legge: “da qualche tempo si osserva che, in alcune superfici della grande distribuzione, nei banchi di vendita dei prodotti surgelati sono immessi anche prodotti congelati non confezionati, esposti con gli estremi dell'azienda produttrice, che spesso incorpora nel proprio nome la parola "surgelati", anche se poi sulle singole etichette o nei dépliant a disposizione del pubblico compare l'indicazione che si tratta di prodotti congelati. Questo modo di operare, oltre ad essere ingannevole per il consumatore, rappresenta anche una forma di slealtà commerciale”.

Difatti i termini congelato e surgelato, spesso utilizzati in modo improprio perché considerati sinonimi, in realtà indicano due processi di conservazione degli alimenti che hanno delle differenze sostanziali:

 Per surgelato s’intende un alimento sottoposto ad un processo speciale di congelamento, detto surgelazione, che permette di superare con la rapidità necessaria, in funzione della natura del prodotto, la zona di cristallizzazione massima e di mantenere la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti, dopo la stabilizzazione termica, ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18°C e commercializzati come tali.82 Visto che molti processi enzimatici sono solo rallentati dal freddo è consuetudine interrompere l’attività enzimatica con additivi ma mai con conservanti (proibiti per legge); 83 I surgelati sono normati dal Decreto Legislativo n. 110/1992;

 Il congelamento è un’operazione di raffreddamento di un prodotto con mezzi agenti dall’esterno; il risultato è la modifica, da liquido a solido, dello stato dell’acqua in esso contenuta.

Dal punto di vista commerciale, la differenza fondamentale consiste nelle modalità di vendita. Infatti, la vendita dell’alimento surgelato destinato al consumatore deve avvenire in confezioni originali chiuse dal fabbricante o dal

82

Cfr. Art. 2 del Decreto Legislativo n. 110/1992.

83

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confezionatore preparate con materiale idoneo a proteggere il prodotto dalle contaminazioni microbiche o di altro genere e dalla disidratazione84, mentre il prodotto semplicemente congelato può essere venduto anche allo stato sfuso e questo aspetto comporta delle differenze sostanziali nelle corrette modalità di etichettatura.

Gli alimenti surgelati dovranno riportare in etichetta:85 a) L’elenco degli ingredienti;

b) La denominazione di vendita, accompagnata dal termine "surgelato" (es. “Insalata di mare surgelata”);

c) Il termine minimo di conservazione completato dall’indicazione del periodo in cui il prodotto può essere conservato presso il consumatore (es. “Da consumarsi preferibilmente entro 02/12/2013 Secondo le modalità di conservazione riportate sulla confezione”);

d) Le istruzioni relative alla conservazione del prodotto dopo l’acquisto completate dall’indicazione della temperatura di conservazione (vedi Fig. 9);

e) L’avvertenza che il prodotto, una volta scongelato, non deve essere ricongelato e le eventuali istruzioni per l’uso (es. “Una volta scongelato il prodotto non deve essere ricongelato”. “Deve essere conservato in frigorifero e consumato entro 24 ore”);

f) L’indicazione del lotto preceduto dalla lettera L; g) Il marchio di identificazione dello stabilimento.

La temperatura degli alimenti surgelati deve essere mantenuta in tutti i punti del prodotto ad un valore pari o inferiore a -18°C, sono tuttavia tollerate durante la distribuzione locale, negli armadi e nei banchi frigoriferi per la vendita al consumatore, fluttuazioni verso l’alto della temperatura del prodotto non superiori a 3°C.86 84 Cfr. Art 7, ibidem. 85 Cfr. Art. 8, ibidem. 86

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Per i prodotti della pesca operazioni manuali o meccaniche quali la decapitazione, la depinnazione, la decaudazione, l’eviscerazione e il dissanguamento possono essere anche effettuate a bordo delle navi purché seguite da immediata surgelazione e da idoneo confezionamento temporaneo; le successive operazioni di lavorazione o di confezionamento devono essere effettuate negli stabilimenti autorizzati.87

Per una corretta etichettatura bisogna ricordare che, la glassatura dei prodotti della pesca, eseguita allo scopo di proteggere il prodotto da contaminazioni e disidratazione, è considerata tara e come tale andrà detratta dal peso al momento della vendita al dettaglio del prodotto;88 occorrerà quindi indicare la dicitura del peso al netto della glassatura (es. “250 g al netto della glassatura”).

Figura 11. Istruzioni relative alla conservazione del prodotto dopo l’acquisto.

I prodotti ittici congelati venduti sfusi devono essere muniti di apposito cartello,

applicato ai recipienti che li contengono oppure applicato nei comparti in cui sono esposti.89

Sul cartello devono essere riportate:

a) Denominazione commerciale e nome scientifico della specie;90 b) Zona di cattura;91

87

Cfr. Art. 6, ibidem.

88

Cfr. Allegato IX del Regolamento CE n. 1169/2011 e art. 16, comma 2, lettera f del D.L.vo 109/1992.

89

Cfr. Art. 16, comma 1 del D.L.vo n. 109/1992 e s.m.i.

90

Cfr. Art. 68 del Reg. n. 404/2011.

91

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c) Metodo di produzione;92

d) Le modalità di conservazione;93

e) La percentuale di glassatura, considerata tara, per i prodotti congelati

Nel documento Etichettatura dei prodotti ittici (pagine 45-75)

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