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BASAMENTI, CANTONALI E AMMORSAMENTI Nelle murature dell’altipiano, e in generale per quanto riguarda le

scatole murarie in pietra, è difficile incontrare una fondazione vera e propria. L’assenza è compensata dalla presenza di banchi di roccia affio- rante (o poco al di sotto del piano di campagna) o da strati di terre com- patte. Semplicemente, la muratura viene prolungata fino ad incontrare tale strato, talvolta leggermente spianato per rendere più regolare il piano d’appoggio, sul quale la scatola muraria trasmette i propri carichi senza elementi di mediazione.

Altre volte, quando lo strato roccioso si trova ad una profondità eccessiva, viene realizzata una muratura a sacco spianata sulla superficie per l’appoggio della muratura.

Come già evidenziato la solidità della cellula muraria si fonda sulla solidarietà e sulla collaborazione fra le murature a due a due ortogonali che la compongono. La necessità di un sistema costruttivo costituito da elementi discreti di garantire un buon ammorsamento fra muri mutua-

mente ortogonali rende l’incrocio, e in particolare la soluzione d’angolo, uno dei nodi strutturali più importanti dell’intera costruzione in pietra.

La tecnica ricorrente nell’intero territorio regionale consisteva nel conformare l’incrocio con l’impiego di cantoni di grosse dimensioni, ben squadrati, avendo cura di sovrapporli alternativamente nel senso della lunghezza oppure in chiave, ottenendo in tal modo la compenetrazione fra i corpi murari e l’opportuno sfalsamento dei giunti.

Questa tecnica, che nelle opere in conci sbozzati era logica conse- guenza dell’apparecchio murario, costituiva invece una condizione indi- spensabile per la statica delle murature irregolari in bozze.

Il problema del raccordo fra due o più muri, veniva risolto durante la fase costruttiva, in quanto i muri erano realizzati contestualmente. Il problema più rilevante si poneva, invece, in occasione della giustapposi- zione di nuove cellule edilizie a quelle preesistenti. Nelle murature a blocchi sbozzati, e tanto più nelle murature in bozze, era improponibile praticare la scucitura del cantonale esistente per l’innesto della nuova muratura.

Per ovviare a ciò, già durante la costruzione delle cellule originarie, quando si prevedeva un successivo ampliamento, o se ne voleva riservare la possibilità, si disponevano dei conci sporgenti rispetto al filo esterno della muratura (morse d’attesa), utili successivamente per l’ammorsamen- to della muratura della nuova cellula.

In mancanza di questa opera preventiva, riconoscendo nella se- zione di attacco un punto di ridotta capacità di collaborazione fra due strutture, si preferiva talvolta renderle strutturalmente indipendenti.

7.4 LE APERTURE:

PORTE, FINESTRE E PORTALI.

7.4.1 Porte e finestre

La costruzione del muro in pietra è strettamente associata all’ap- parecchio della bucatura, come elemento costitutivo della relazione con l’ambiente esterno, come elemento di discontinuità strutturale e come dettaglio in cui la cultura costruttiva della pietra si esprime ai livelli più

alti. Nel Carso la scatola muraria ha mantenuto una forte economia delle aperture, basata su ragioni insieme climatiche e costruttive.

La dimensione dei fori, infatti, risulta generalmente ridotta in fun- zione dell’esigenza di limitare lo scambio termico tra l’esterno e l’interno della casa nonché di riparare dai forti venti; allo stesso tempo, soprattutto il muro costruito con elementi lapidei irregolari per lo più erratici non può essere indebolito da bucature di eccessiva ampiezza. Il ripristino e il rafforzamento della continuità del muro, non sufficientemente garantita dallo scarso ingranamento tra le pietre irregolari che lo costituiscono, è

demandata alla regolarità degli stipiti e del traverso della finestra o della porta.

Per quanto riguarda la tipologia delle forature la casistica è ridotta a pochi tipi che si riscontrano in maniera omogenea nel territorio.

L’apertura più arcaica per caratteri costruttivi può essere conside- rata quella elementare rappresentata da una piccola luce realizzata sul muro di pietra sormontata da un architrave in pietra o in legno, priva di particolare trattamento delle spallette. Tale tipologia raramente riscontra- bile nei centri se non nei rustici accessori spesso staccati dall’abitazione principale, trova maggiore applicazione nelle casite e nelle costruzioni monocellulari a pseudocupola utilizzate dai pastori nei pascoli isolati. La bucatura, spesso quadrata, mantiene dimensioni piuttosto ridotte che non superano quasi mai il metro di larghezza.

Uno schema tecnicamente più evoluto è rappresentato dall’apertu- ra con struttura trilitica omogenea e regolare, con il traverso realizzato a partire da un monolite di pietra sommariamente squadrato, talvolta deri- vante dallo spoglio di fabbriche più antiche e importanti, posato su stipiti realizzati sempre in pietra grossolanamente lavorata; lo schema costrutti- vo trova spesso completamento con un quarto monolite utilizzato come davanzale. Anche in questo caso, data la scarsa attitudine degli elementi lapidei a lavorare a flessione, l’ampiezza del vano è solitamente limitata e non di rado l’altezza dell’architrave supera i 20 cm. Si documentano casi in cui all’architrave in pietra si associa un traverso superiore in legno di larghezza superiore che assiste il primo elemento nella distribuzione omogenea del carico e nella ripartizione laterale delle tensioni. Frequenti sono invece gli accoppiamenti allo stesso livello degli architravi in pietra e in legno, ove il primo viene posto a vista esternamente e il secondo (o i secondi nel caso di più travetti) vanno a colmare lo spessore restante in- terno del muro, protetti dalla pioggia e nascosti alla vista dall’esterno.

Per quanto riguarda la formazione degli stipiti in pietra delle fo- rometrie, specialmente quelle con maggiore sviluppo in altezza (porte e portali), si assiste di frequente all’unione di più blocchi lapidei, dai due ai tre conci parallelepipedi, il più delle volte intervallati da elementi orizzon- tali che favoriscono l’ammorsamento laterale con la muratura e impedi- scono l’instabilità o lo spanciamento verso il foro.

Uno sviluppo successivo e particolarmente importante deriva da un miglior grado di lavorazione e da un’interpretazione più evoluta dello schema costruttivo che prevede l’architrave lapideo trapezoidale o penta- gonale, con la restante parte dell’apertura apparecchiata come nel caso precedente. Questa casistica permette la realizzazione di luci superiori.

L’introduzione del triangolo di scarico corrisponde ad una cautela co- struttiva che innova la concezione lineare del muro in pietra ed introduce una visione più approfondita dell’andamento delle spinte e delle linee di resistenza.

Più complesso, e riferibile soprattutto ad un’edilizia di tono alto e più recente, è il caso del vano costituito da architrave di conci lapidei con chiave centrale, raramente riscontrabile nel territorio indagato. Assente, se non in taluni portali o in qualche portico passante gli edifici4, è la tipo- logia ad arco per piccole aperture. La lavorazione maggiore dei conci e la tradizione architravata hanno escluso questo tipo in accordo anche con l’assenza dell’utilizzo di volte per le coperture piane.

L’uso dell’arco nelle grandi aperture dell’edilizia carsica è quasi sempre caratterizzato dalla presenza di più conci squadrati, raramente si incontrano sistemi a due o quattro elementi monolitici con chiave sopra- stante. In molti casi si tratta di una disposizione non complanare, in quanto la ghiera dell’arco e i conci delle spallette vengono fatti sporgere rispetto al filo del muro.

Caratteristico nell’edilizia carsica è la presenza di elementi agget- tanti in pietra sopra l’architrave della finestra a protezione del foro so- prattutto per gli edifici con sporti di linda ridotti. Si tratta di pensiline di ridotta dimensione realizzate con elementi monolitici di ridotto spessore profondi 30-40 cm che si sviluppavano per l’intera larghezza della fine- stra. Oggi si possono rinvenire analoghe soluzioni anche in edifici più recenti ma soprattutto in maldestri recuperi che hanno fatto uso di mate- riali distanti dalla tradizione, cemento, vetroresina, metallo.

Le porte esterne costituiscono un carattere essenziale dell’edilizia della casa a cellule a uno o due piani. Soprattutto in quest’ultima, che rappresenta la tipologia urbana carsica per eccellenza, il collegamento tra gli ambienti regolato dalla distribuzione esterna attraverso il ballatoio trova necessario compimento nella formazione di una porta esterna per ogni vano. La casistica delle porte d’ingresso su strada è piuttosto rara poiché l’assetto a corte individua l’accesso al fabbricato dallo scoperto privato. Le porte dei diversi vani trovano sono quindi largamente ricon- ducibili alle tipologie ed alle logiche costruttive delle finestre. Nei pochi casi di porte su strada ci si può imbattere in sistemi costruttivi costituiti da conci squadrati in materiali lapidei di differente consistenza e fattura.

4 Nell’esempio riportato di portico passante a Comeno-Komen si può comunque osser-

vare come all’arco ricavato nel paramento murario corrisponda un solaio piano in legno; ulteriore testimonianza dell’assenza della volta nell’edilizia carsica.