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di Battista Gardoncini

DARIO LARUFFA, ANTONIO LEONE, Sabato senza scuola, Eri

Edizioni Rai, Torino 1986, pp. 128, Lit. 15.000.

Nel settembre del 1984 gli ascolta-tori del Giornale Radio 1 della Rai furono chiamati a partecipare a un referendum telefonico sulla settima-na corta a scuola. L'iniziativa fu pre-ceduta e accompagnata da tutta una serie di interventi giornalistici sul te-ma, che in quei giorni era al centro dell'attenzione generale e di lì a poco sarebbe anche stato oggetto di una proposta di legge di iniziativa parla-mentare. Questa proposta prevede-va tra l'altro che il tempo scolastico perso nella mattinata di sabato fosse recuperato nell'arco della settimana, e che contemporaneamente la durata dell'ora di lezione fosse ridotta a cin-quanta minuti effettivi.

Per due giorni, il 18 e il 19 settem-bre, gli ascoltatori ebbero a disposi-zione dalle ore 8 del mattino alle 8 di sera cinque linee telefoniche della Rai per dire sì o no al sabato senza scuola. Risposero in 3500, e sulle lo-ro risposte i giornalisti del Gr 1 Da-rio Laruffa e Antonio Leone hanno costruito questo agile volumetto, in-teressante non soltanto per l'argo-mento, tornato un po' nell'ombra dopo le accanite discussioni di quei giorni, ma anche per quello che rive-la sul mezzo radiofonico e sulle sue grandi e troppo spesso non utilizzate potenzialità.

Ma andiamo con ordine. Delle 3500 telefonate, ben 2.937,1*84% del totale, risultarono a favore del saba-to senza scuola per studenti ed inse-gnanti. Il referendum, però, non si fermava qui. Poiché a chi telefonava venivano richiesti anche dati anagra-fici, occupazione e motivi della scel-ta, fu possibile costruire una serie di tabelle che prendevano in considera-zione tutti questi elementi, ricavan-do una sorta di identikit dei parteci-panti. Senza entrare nei dettagli — che invece il libro fornisce con lode-vole chiarezza espositiva — si può dire con gli autori che si trattava in maggioranza di donne, impiegate, romane, giovani ma non giovanissi-me, sposate con figli in età scolare e con il marito impiegato, desiderose di avere il sabato libero perché i tem-pi delle famiglie ne avrebbero tratto giovamento. Tra i contrari al sabato libero, invece, la motivazione più comune non riguardava gli impegni di lavoro dei genitori, con le conse-guenti difficoltà di gestione dei figli, ma le preoccupazioni sulla serietà degli studi, compromessi da una contrazione dell'orario malamente mascherata dalle ore ridotte a 50 mi-nuti.

Dei limiti scientifici dell'iniziativa del Gr 1 Laruffa e Leone son ben consci. Per dirne una, la partecipa-zione al referendum era volontaria e costosa, almeno per chi chiamava in teleselezione, e quindi escludeva a priori la grande e variegata categoria degli indifferenti. Molto opportuna-mente, dunque, il libro propone un confronto tra i risultati del referen-dum e una indagine condotta con criteri statistici corretti dalla Demo-skopea su un campione di 2000 per-sone in 146 comuni italiani. I punti di contatto non mancano. Ma la per-centuale dei favorevoli all'innova-zione cala al 50.4%, contro un 35,1% di contrari e un 14,4% di indifferen-ti, mentre relazioni importanti ipo-tizzate dagli organizzatori del refe-rendum, ma non provate dalle

tele-fonate raccolte, risultano messe in luce con grande evidenza. E il caso, ad esempio, della relazione positiva tra la condizione socioeconomica e l'assenso al sabato senza scuola. Vo-gliono i figli a casa — secondo De-moskopea — soprattutto gli abitanti del nord con un livello di reddito

nuto ])er così dire esplicito del libro. Ma c'e anche, e non è meno interes-sante, un contenuto implicito, che nasce dal suo essere un puntuale re-soconto di una iniziativa giornalisti-ca radiofonigiornalisti-ca di successo. Ora, è no-to a tutti che negli attuali assetti del-la radiotelevisione pubblica italiana

diretta, ma il principio era lo stesso, e proprio il coinvolgimento dell'a-scoltatore con mezzi semplici ed im-mediati è stato alla base del successo, testimoniato dalle 3500 telefonate raccolte in due giorni.

Tutto bello e tutto facile, dunque? Non proprio. Ci sono anche i rischi,

E D I Z I O N I L A V O R O

tale da rendere credibile l'ipotesi di un week-end di due giorni.

E su questa ricca base di dati, piut-tosto insolita per un testo che si oc-cupa del mondo della scuola, che si dipanano le successive argomenta-zioni di Laruffa e Leone. La seconda sezione del volume è infatti dedicata al più generale ripensamento in atto sui tempi della scuola, di cui il dibat-tito sulla settimana corta è stato par-te non piccola. La par-terza, l'Italia degli

esperti, recupera le interviste

radio-foniche che accompagnarono nel 1984 il lancio del referendum, par-tendo dal deputato democristiano Clemente Mastella, primo firmata-rio della proposta di legge per il saba-to senza scuola, per arrivare ai sinda-cati degli insegnanti. La quarta,

Tem-pi di scuola, confronta i temTem-pi della

scuola italiana con quelle estere. La quinta, un'appendice, raccoglie

pro-poste, norme e disegni di legge sul-'argomento, lasciando per altro fuo-ri — ed è un peccato — le novità di calendario decise all'inizio dell'anno scolastico in corso. Fin qui il

conte-f:

il giornalismo radiofonico è un pa-rente povero, sacrificato in uomini e mezzi a vantaggio della onnipresen-te Tv. Davanti ai giornali radio della fascia mattutina, ultimi bastioni di un mezzo prima senza concorrenti, stanno profilandosi proprio in que-sti giorni le armate della televisione del mattino, avida di spettatori e di pubblicità.

Tuttavia, l'esito dello scontro può non essere segnato. La sopravviven-za della radio come strumento infor-mativo autonomo è possibile, a pat-to che essa sappia sfruttare le sue ca-ratteristiche essenziali, che sono l'a-gilità, la tempestività, la capacità di mettere in collegamento più persone contemporaneamente e su un piano di perfetta parità. Per fare una diret-ta radiofonica basdiret-ta un qualsiasi tele-fono, e centinaia di ascoltatori ogni giorno approfittano di questa possi-bilità conversando senza problemi con i conduttori delle trasmissioni sui più svariati argomenti. Nel caso del referendum sul sabato senza scuola il dialogo non è avvenuto in

primo tra tutti quello di una autoli-mitazione nella scelta degli argo-menti che a volte può essere necessa-ria per non cadere nella più bieca demagogia, ma spesso nasce da un non confessato timore di disturbare i manovratori. Il sabato senza scuola era nel settembre del 1984 un tema molto sentito, e il Gr 1 lo ha indub-biamente affrontato con competen-za e professionalità. Ma su tanti altri problemi importanti dell'Italia di questi anni non c'è stato nessun refe-rendum, né del Gr 1 né di altre testa-te del settore pubblico, mentre le passerelle dei segretari di partito e dei loro portaborse non ci sono mai mancate.

Bruno Racine

Il governatore

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