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È dunque vero che l’infuocato dibattito in corso sulla modernizzazione del diritto penale, che è anche un importante momento di riflessione collet- tiva sulla necessità e sui limiti del principio di intervención minima, si svolge alla presenza della Scuola di Francoforte come “convitato di pietra” 119

: per ciò solo identificabile come presenza culturale unitaria, nonostante i dubbi che in proposito continuano a manifestarsi al suo interno 120

. Depositaria dell’impegno necessario ad arginare il funzionalismo della politica-crimina- le e, più radicalmente, per superare una «concezione sacrificale» del diritto penale 121

. Idea difesa contro marosi spinti da venti ostinati e contrari, in un lungo viaggio organizzato all’insegna dell’idea che «gli strumenti penali debbono essere maneggiati sul piano politico con estrema prudenza» nel rispetto essenziale di principi «come quello dell’impegno del diritto penale solo come “ultima ratio” […] e della necessaria costruzione di altri ido- nei strumenti di tutela dei beni giuridici accanto alla giustizia penale» 122

. Programma che per voce di uno dei suoi più autorevoli protagonisti trova un’essenziale risorsa argomentativa nella «inclusione nel diritto penale [nel- la sfera] delle scienze contigue» (storia, scienze sociali ed empiriche), secon- do una intuizione originaria costantemente praticata nel confronto interno ed esterno alla Scuola 123

.

Tesi e metodi che rappresentano la “croce” e la “delizia” di molte pa- gine della scienza penalistica spagnola (e non solo!) 124

. In particolare, di quanti sono impegnati ad indagare se la categoria dei c.d. beni giuridici super-individuali quale oggetto di tutela penale possa superare una verifica razionale di legittimità.

119 L. GRACIA MARTIN, Concepto, cit., pp. 8-15.

120 W. HASSEMER, Introduzione, in L. STORTONI, L. FOFFANI (a cura di), Critica e giustifi- cazione del diritto penale, cit., p. 3 ss.

121 L. EUSEBI, Senza politica criminale non può darsi diritto penale. L’essere e il dover essere della risposta ai reati nel pensiero di Massimo Pavarini, in Criminalia, 2015, p. 467 ss.;

spec. p. 482 ss.

122 W. HASSEMER, Introduzione, cit., p. 4 s.

123 W. HASSEMER, Introduzione, cit., p. 4. C.E. PALIERO, La funzione delle scienze sociali

cit., spec. p. 256 ss.

124 «Le dottrine ultraliberali della scuola di Francoforte sono penetrate a fondo nella

scienza penalistica spagnola», osserva con evidente intento critico L. GRACIA MARTIN, Con-

Questione di rilievo per la messa a fuoco dei contenuti del principio di ultima ratio e per i destini della sua effettività 125

: nonostante l’autono- mia dogmatica e politico-criminale di cui gode il canone dell’intervención

mínima rispetto al principio di tutela dei beni giuridici 126

. Snodo al quale è qui confinata la ricostruzione di alcuni aspetti dei burrascosi rapporti tra i due “fiumi culturali” che scorrono attorno all’isola di quella «società plu- ralistica del rischio» i cui “abitanti” sperimentano ogni giorno la necessità di comportarsi rischiosamente (anche in senso morale) per far fronte alla complessità sociale 127

e, dunque, la realtà di operare in contesti di rischio non vietato ma neppure specificamente autorizzato 128

.

Quello appena evocato è un concetto che nella prospettiva dell’ordi- namento giuridico – soprattutto agli occhi del legislatore penale – sotten- de anche la necessità di riconoscere spazi non banali d’immunità a favore dell’autonomia individuale 129

: intesa quale scaturigine dei diritti di libertà e

125 G. DEMURO, Ultima ratio, cit., p. 1675.

126 G. QUINTERO OLIVARES, Introducción al Derecho penal. Parte General, Barcanova,

Barcelona, IV ed., 1988, p. 48 s. Osservazione in linea con quanto in auge anche nella dottri- na italiana. Per tutti. A. PAGLIARO, Principi, cit., p. 229.

127 Arth. KAUFMANN, Grundprobleme der Rechtsphilosophie, Beck, München, 1994 p.

232 s. Concetto richiamato, come un Giano bi-fronte, da J.M. SILVA SANCHEZ, L’espansione

cit., p. 7; p. 102 ed utilizzato per dare ragione dei fattori espansivi dell’intervento penalistico e dei criteri di limitazione degli stessi. Non è dunque per un caso che Winfried Hassemer consegni agli scritti in onore del suo maestro la sua riflessione dedicata a delineare i fon- damenti di una teoria personale del bene giuridico. Nucleo a partire dalla quale diviene possibile la critica del moderno diritto penale della prevenzione. W. HASSEMER, Grundlinien

einer personale Rechtsgutlehre, in Aa.Vv. Jenseit des Funktionalismus, Müller, Heildelberg,

1989, p. 85 ss.

128 M. DONINI, voce Imputazione oggettiva dell’evento, in Enc.dir., Annali, vol. III, p.

646. Precisazione che consente il “trattamento” dogmatico della riferita osservazione filoso- fica attraverso quella categoria tecnica dell’imputazione obbiettiva dell’evento che dà fon- damento sistemico-razionale alla necessità di preservare l’autonomia di spazi individuali di libertà. Così J.M. SILVA SANCHEZ, Informe sobre las discusiones, in Aa.Vv. Sobre el estado de la

teoría del delitto, Madrid, 2000, p. 103. Precisazione che consente di azzardare qui un’ipotesi

(con riserva di tutti gli ulteriori e certamente necessari approfondimenti): che l’imputazione obbiettiva dell’evento può essere interpretata anche come categoria dogmatica dell’extrema

ratio, con un guadagno netto, per entrambe, in termini di legittimazione e funzionalità. 129 S. CANESTRARI, Principi di biodiritto penale, Il Mulino, Bologna, 2015, p. 14; p. 25; p.

32 ss. (ove si legge anche il doveroso invito a non relativizzare eccessivamente i termini del discorso: la realtà della società pluralistica del rischio non può infatti occultare l’esistenza di un livello minimo di condizioni di giustizia e sicurezza la cui effettività, non potendo es- sere attribuita al libero gioco delle forze in campo, necessita dell’intervento del diritto; non escluso il ricorso alla coercizione penalistica). Volendo si veda anche quanto già osservato in G. MARRA, Prevenzione mediante organizzazione e diritto penale, Giappichelli, Torino 2009.

scopo della loro tutela, oltre che condizione funzionale a soddisfare esigen- ze propriamente sociali. È infatti dal libero confronto tra le diverse sfere di autonomia e dall’apprendimento a ciascuno consentito dall’osservazione dei propri ed altrui fallimenti, occorsi nelle sperimentazioni di vita di ognu- no, che la società nella sua interezza può fare progressi nel ridurre il livello di complessità – anche assiologica – che la pervade 130

. Realtà che verrebbe desertificata se la riduzione dell’incertezza coincidesse con l’effettività di ricette tratte ab mente Dei, con la messa in opera di algide soluzioni dettate da qualche zelante programmatore tecnico-politico del divenire sociale o giustificate con il pathos deontologico e moralistico evocato da qualche al- tro elitario custode del dover-essere scuola. Ipotesi non di scuola, volendo osservare quanto ad esempio accaduto nel campo bioetico della procrea- zione medicalmente assistita – all’insegna del macro-bene della naturalezza dell’atto procreativo 131

– o quanto sta ancora avvenendo nel settore della tutela penale del fine vita, dove il super-interesse connesso all’indisponibili- tà assoluta della vita lascia sussistere intatto l’originario impianto del codice Rocco 132

. Per non dire, infine, delle perplessità che suscita il riferimento al paternalistico diritto alla salute “collettiva” quale criterio di giustificazione della repressione connessa all’uso personale di sostanze stupefacenti 133

. Niente a che vedere, però, con una invocazione alla più assoluta ed in- condizionata neutralità penalistico-statuale rispetto alle vicende individuali. La controversa formula kaufmaniana dello «spazio libero dal diritto», pen- sata e discussa in relazione a momenti qualificanti della società del rischio, va infatti intesa come un “invito” rivolto alla scienza giuridica ad elabora- re criteri analitici in grado di de-legittimare gli estremi e, al contempo, di validare le coordinate attorno alle quali può essere fissato un ragionevole punto di equilibrio tra la doverosa salvaguardia dell’autonomia individuale e l’altrettanto necessaria garanzia della sicurezza della vita sociale e dei suoi beni giuridici. 134

130 «Da quando è moderno, l’uomo […] ha abbandonato il concetto di natura umana

per concepirsi come libertà». Oggi «l’uomo non è [più] colui il cui agire deriva dall’essere, ma colui il cui essere deriva dall’agire [e] non dall’uniformarsi ad un modello determinato o a una autorità normativa». A. FINKELKRAUT, Noi, i moderni, Einaudi, Torino, 2006, p. 12.

131 S. CANESTRARI, Principi, cit., p. 41 ss.

132 L. CORNACCHIA, Euthanasia. Il diritto penale di fronte alle scelte di fine vita, in Teoria del diritto e dello Stato, 2002, p. 391 ss.

133 A. CAVALIERE, Il controllo del traffico di stupefacenti tra politica criminale e dogmatica,

in Diritto Penale e processo, 2014, p. 1591 ss.

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