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Vulgata e Bibliae Parisienses: un “caso” Trentino

Le bibbie manoscritte1 eseguite tra la fine dell’età antica e l’avvio di quella moderna (soglia pressoché coincidente con la diffusione dei ritmi proto-industriali della stampa) rappresentano sempre – ad ogni livello relativo – dei prodotti a- picali. In essi (se si eccettuano casi, per lo più rari e tardi, di copie personali ed informali) nulla è progettualmente lasciato al caso. Struttura del li- bro, impaginazione, scrittura e apparato decorati- vo nei manoscritti biblici si fusero in un unicum pittorico che, sempre diverso secondo che mutas- se lo Zeigeist, ebbe lo scopo esplicito di blandire l’occhio prima ancora (e forse al fine) di preparare alla lettura2.

1 Si presenta qui, con minimi aggiustamenti formali, il testo letto col ti- tolo La «Bibliotheca» e i suoi libri. ‘Questioni’ di testi e di Testo, nel corso della giornata di studio Le Bibbie parigine nelle biblioteche della provincia di Trento organizzata dal Servizio Beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento (Trento 15 maggio 2003). Desidero ringraziare almeno la dott.ssa Adriana Paolini, organizzatrice della mostra e dell’incontro che hanno ori- ginato queste pagine, per avermi permesso di stamparle in questa sede.

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Così per Armando Petrucci («quando la tradizione di un testo sacro è affidata ad uno strumento scrittura-libro capace di esprimere i valori ideo- logici del testo oltre che ‘in maniera analitico-discorsiva’, cioè verbale, an- che ‘in maniera sintetico figurale’, ciò porta alla elaborazione di particolari tipi di scrittura e di libro, in cui gli elementi monumentali ed ornamentali acquistano particolare importanza e spiccato rilievo estetico: A. PETRUCCI, Scrittura e libro nell’Italia altomedievale, II, La concezione cristiana del libro fra VI e VII secolo, in «Studi medievali», III ser., XIV (1973), pp. 964-965).

Al di là del valore estetico, tali diversi insiemi iconici a visibilità globale, detengono, poi, per lo storico uno speciale valore testimoniale. Essi, in- fatti, riverberano con una rispondenza singolar- mente precisa la storia che li ha prodotti e di cui essi sarebbero divenuti, a loro volta, producenti. I manoscritti biblici, per dirlo diversamente, in quanto riconosciuti dai rispettivi contemporanei quali sontuosi monumenti «storici», si sono gravati con insistite regolarità e consapevolezza, in forza di tradizioni progressivamente autoalimentate, di significati «altri» e «secondi» (per lo più di marca ideologica), rispetto alla loro funzione principe. Più che paradigmatico, in questo senso, è il caso delle Bibbie turonensi eseguite su progetto di Al- cuino. In esse è il significato secondo ed ulteriore dell’insieme costituito dal formato del libro, dal- l’impaginazione, dai tipi grafici impiegati, a parla- re interamente e silenziosamente del «program- ma» politico di Carlo Magno: un Impero al tempo stesso «Sacro» e «Romano»3. Programma del quale anche le Bibbie di Alcuino sarebbero state uno strumento, e certamente non il meno efficace. Se, in definitiva, il libro manoscritto medievale è una

3

Nelle parole di Guglielmo Cavallo tale evidenza è così bene sintetiz- zata: «Così pure, in àmbito imperiale carolingio, ove al messaggio spirituale viene a intrecciarsi l’altro di indole ideologico-politica, il libro sacro d’apparato – sulla linea di ascendenze tardo-antiche, ma anche insulari per quanto concerne la trasformazione di singole lettere o parti di lettere in una sorta di scrittura-spettacolo – si propone come oggetto simbolico figu- rale in cui imponenza del formato e architettura della pagina, gerarchie gra- fiche e crisografia, varietà e gamme cromatiche, illustrazioni e ornato si fondono in una sintesi sfarzosa» (G. CAVALLO, Testo e immagine: una frontie- ra ambigua, in Testo e immagine nell’alto medioevo, Spoleto 1994 (Settimane di Studio del CISAM XLI), pp. 31-62: 56.

«macchina dal funzionamento complesso»4 (e tan- to più il libro della Bibbia, che è, in qualche modo, un libro al cubo) è anche per questo suo saper suggerire silenziosamente sensi e significati nuovi ed inattesi.

La qualità delle Bibbie «parigine» (Bibliae pari-

sienses, più propriamente, secondo la paludata de-

finizione storiografica che qui utilizzeremo per- ché conserva una interessante ambiguità di fondo, sulla quale ha senso insistere)5 è tale da ricavare per loro uno spazio speciale e assai significativo lungo la storia della tradizione manoscritta della Bibbia latina6. Perfettamente omogenee nella loro accidentale – ma assoluta – diffomità ed «ambigui- tà», è opportuno dedicare attenzione ad alcuni ca- si specifici e rimontare poi a considerazioni di or- dine generale sulla «famiglia» (sia detto anche in senso testuale).

Il fortunato caso trentino offre la possibilità di studiare tre Bibbie (Rovereto, Biblioteca Civica, ms. 1; Trento, Biblioteca San Bernardino, ms. 311; Trento, Castello del Buonconsiglio, 1597), tradi-

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Cfr. C. BOZZOLO, D. COQ, D. MUZERELLE, E. ORNATO, Une machine au fonctionnement complexe: le livre médiéval, in La face cachée du livre médiéval. L’histoire du livre vue par E. Ornato, ses amis et ses collègues, Roma 1997 (I libri di Viella, 10), pp. 87-95 [= in Le texte et son inscription, ed. R. LAUFER, Paris 1989, pp. 69-78].

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R. BRANNER, Manuscript painting in Paris during the Reign of Saint Louis. A Study of Styles, Berkeley-Los Angeles 1977 (California Studies in the Hi- story of Art 18), pp. 201-239) conta circa un centinaio di esemplari apparte- nenti a questa speciale tipologia biblica, prodotti tra 1230 e 1250.

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Al particolare tipo di insieme «libro-scrittura-testo» imposto alla Bib- bia dalla cultura universitaria oxoniense e parigina è stata dedicata una quande quantità di studi ormai classici e celebri. Tra gli altri occorrerà se- gnalare almeno J.-P.-P. MARTIN, La Vulgate latine au XIIIe

siècle d’après Roger Bacon, in «Le Muséon», VII (1888), pp. 88-107, 169-196, 278-291, 381-393, ID., Le texte parisien de la Vulgate latine, in «Le Muséon», VIII (1889), p. 445; IX (1890), pp. 56-57

zionalmente considerate “parigine” dagli studi moderni, ma precocemente giunte entro i limiti della loro attuale area di conservazione. Fatto che impone (o consiglia) almeno l’obbligo di una cauta attenzione nei loro riguardi.

Di primo acchito, l’aspetto esterno che esse mostrano pare consentire la definizione di parigi- ne (con riserva per la Bibbia del Castello del Buon- consiglio). Ma il mondo parigino, lo sfondo cultu- rale che si agita al fondo del caleidoscopio che es- se rappresentano, non è il medesimo. È qui che occorre raffinare l’osservazione.

Considerazioni di tipo tanto paleografico quan- to archeologico, infatti, svelano le bibbie di S. Bernardino e di Rovereto come Parisienses secon- do la più liquida delle attribuzioni: con grandi probabilità, cioè, esse furono materialmente rea- lizzate a Parigi o in altro centro limitrofo conqui- stato ai modi librari della capitale. Qui conviene in primo luogo descriverle.

Rovereto, Biblioteca civica, ms. 1 (sec. XIII2, tav. XVIII)7

1. ff. 1ra-4ra: Hieronymus, Epistula ad Paulinum, inc.

Frater Ambrosius michi tua munuscula perferens (cfr. CSEL, LIV, 442)

2. ff. 4ra-601va: Biblia sacra 7

Notizie del manoscritto sono in J.H. HERMANN, Die illuminierten Handschriften in Tirol, Leipzig 1905, pp. 230-231 nr. 226; E. BENVENUTI, I manoscritti della Biblioteca civica di Rovereto. Parte I (300, 400, 500, 600), Rove- reto 1908: I, pp. 4-6; G. BALDI, La biblioteca civica “Girolamo Tartarotti” di Rovereto. Contributo per una storia, in Atti dell’Accademia Roveretana degli Agia- ti, ser. VII, CCXLIV (1994), p. 112; I manoscritti datati della provincia di Tren- to, a cura di M.A. CASAGRANDE MAZZOLI, L. DAL POZ, D. FRIOLI, S. GROFF, M. HAUSBERGHER, M. PALMA, C. SCALON, S. ZAMPONI, Firenze 1996 (Manoscritti datati d’Italia, 1), p. 28.

3. ff. 602ra-654va: Interpretationes vocabulorum hebreorum

per ordinem alphabeti, inc. Aaz apprehendens vel appre- hensio

Membr.; ff. IV, 654, IV’; 148 x 104 = 4 / 3 / 7 [97] 37 x 12 [32 (5) 32] 23; rr. 44 / ll. 43. Iniziali figurate; iniziali ornate con elementi vegetali e zoomorfi; iniziali fili- granate, iniziali semplici, alcuni segni di paragrafo in azzurro e rosso alternati; titoli correnti in azzurro e rosso; titoli in rosso; maiuscole toccate in rosso (ff. 1r- 49v); sottolineature in rosso e azzurro. Legatura antica in velluto su assi; tagli dorati.

Poss.: Jacob Freinadimetz

124, 226, 3-1324, 1426, 15-1624, 1722, 18-2724, 284; inizio fasci- colo lato carne; tracce di segnatura a registro; rigatura a secco.

Ai ff. II’vA-III’rA indice dei libri della Bibbia di mano del sec. XIV.

Ai ff. III’r e III’v prove di penna e note solo parzial- mente leggibili con lampada di Wood.

Il codice è stato donato nel 1860 alla Biblioteca ci- vica di Rovereto da monsignor Jacob Freinadimetz di Rovereto, canonico e vicario generale del vescovo di Trento (1794-1860; v. nota biografica di mano recente sulla controguardia anteriore e ritratto del donatore sulla controguardia posteriore; cfr. POMAROLLI, Croni-

storia ecclesiastica, I, 47, 60, 77 e STENICO, Sacerdoti del-

la diocesi di Trento, 168).

Il volume contiene, nell’ordine: Gen, Ex, Lev, Num, Deut, Ios, Iud, Ruth, 1.2.3.4 Reg, 1.2 Paralip, 1.2 Esd, Apo- cripha, Tob, Jdt, Est, Iob, Ps, Prov, Eccl, Cant, Sap, Eccle- siasticus, Is, Ier, Bar, Ez, Dan, Os, Ioel, Am, Abd, Ion, Mich, Nah, Hab, Soph, Agg, Zach, Mal, 1.2 mac, Mt, Mc, Lc, Ioh, Ep ad Rom, 1.2 Ep ad Cor, Ep ad Gal, Ep ad Eph, Ep ad Philipp, Ep ad Col, Ep ad Thess, 1.2 Ep ad Tim, Ep ad Tit, Ep ad Heb, Act, Ep ad Iac, 1.2 Ep ad Pet, 1.2.3 Ep ad Ioh, Apoc.

Trento, Biblioteca San Bernardino, ms. 311 (sec. XIII2, tav. XIX)8

1. ff.1rA-385vB: Biblia sacra (acefalo e lacunoso)

2. ff. 386ra-433vb: Interpretationes vocabulorum hebreorum

per ordinem alphabeti, inc. Aat apprehendens vel appre- hensio

Membr.; ff. I, 433, I’; 153 x 102 (f. 51r) = 2 / 3 / 6 [110] 32 x 15 [30 (5) 30] 22; rr. 49 / ll. 48. Iniziali ornate con e- lementi vegetali e con elementi zoomorfi; iniziali fili- granate; iniziali semplici, titoli, titoli correnti in rosso e azzurro; titoli in rosso; maiuscole toccate in rosso. Legatura di restauro.

120, 227, 3-428, 526, 622, 726, 823, 924, 1022, 1124, 1222, 1324, 1422, 1523, 1624, 1720, 1828; tracce di segnatura a registro; riga- tura a colore. Note marginali di mano del sec. XV. La tecnica di preparazione della pergamena non per- mette di apprezzare la differenza fra lato carne e lato pelo.

Al f. 433v di mano del Tovazzi: Pertinet ad Bibliothecam

Tridentinam Sancti Bernardini ordinis Fratrum Minorum Reformatum.

Lacunoso per la caduta i diversi fogli integrati nel restauro da fogli membranacei bianchi o con parziale recupero del foglio originario.

Il codice appartiene alla biblioteca di San Bernardi- no dal XVIII secolo. Restaurato presso il Laboratorio di restauro del libro di S. Maria di Rosano.

Il volume contiene, nell’ordine: 3.4 Reg, 1.2 Paralip, 1 Esdr, Nehem, 2 Esdra, Tob, Jdt, Est, Iob, Ps, Prov, Eccl, Cant, Sap, Eccl, Is, Ier, Lam, Bar, Ez, Dan, Os, Ioel, Am, Abd, Ion, Mich, Nah, Hab, Soph, Zach, Mal, 1.2 Mac, Mt, Mc, Lc, Ioh, Ep ad Rom, 1.2 Ep ad Cor, Ep ad Gal, Ep ad Eph, Ep ad Philip, Ep ad Col, 1.2 Ep ad Thessal, 1 Ep ad Tit,

8

Unica remota indicazione in T. ASSON, I manoscritti della Biblioteca francescana di Trento, Trento 1926, p. 189.

Ep ad Phil, Ep ad Hebr, Actus, Ep ad Iac, 1.2 Ep ad Petr, 1.2.3 Ep ad Ioh, Apoc.

Quanto alla via del riconoscimento non c’è molto da dire. Non solo testimonia in favore di esso il rilievo che per la trascrizione delle nostre due bibbie venne impiegata una compiuta littera

parisiensis (tautologia su tautologia) che ebbe corso

in gran parte della Francia settentrionale lungo il secolo XIII. Di più, procedendo ad eliminazioni ed inclusioni per confronto, è risultata piuttosto evi- dente una indubbia parentela delle due pandette con la celebre Bibbia 15 della Bibliothèque Muni- cipale di Dole. Monumento di miniaturizzazione grafica, questo codicetto, (le sue carte, in numero di 484, misurano 158 × 105 mm, appena maggiori, dunque, delle nostre) reso esemplare per essere e- splicitamente datato a Parigi e al 1234 dal colophon del suo copista Thomas clericus de Pontisara9. Ma le affinità tra le due bibbie ‘trentine’ d’adozione e la bibbia di Dole non si limitano all’impiego di una scrittura comune, di un del tutto analogo, organi- co e francesizzante corpus di miniature ricco di

9

Per il manoscritto si veda CH. SAMARAN-R. MARICHAL, Catalogue des Manuscrits en écriture latine portant des indications de date, de lieu ou de copiste, I- VI, Paris 1973: V, p. 41, L. LIGHT, Versions et révisions du texte de la biblique, in Le Moyen Age et la Bible, Paris 1984 (Bible de tous les temps 4), pp. 55-93: 86-87 e A. BARTOLI LANGELI, Scritture e libri da Alcuino a Gutenberg, in Sto- ria d’Europa, III, Il Medioevo, a cura di G. ORTALLI, Torino 1994, pp. 935- 982: 964-965. Ad una seconda Biblia parisiensis di simile sontuosità è dedica- to P. PETITMENGIN, La Bible de saint Louis, in Mise en page et mise en texte du livre manuscrit, H.-J. MARTIN et J. VEZIN, Paris 1990, pp. 85-89, anche se (come ricordato da LIGHT, Versions et révisions cit., p.88) non è affatto certo (anche se non improbabile) che il manoscritto sia davvero appertenuto al tesoro del re.

minutissimi animali fantastici e drôleries10, al for- mato «da mano» che le connota come veri libri de

poche, e investono dati strutturali di pieno signifi-

cato come una assai raffinata preparazione del supporto (tale da rendere quasi indistinguibile il lato pelo da lato carne della membrana) e un pres- soché identico sfruttamento della pagina tramite una equilibrata e sapiente architettura di mise en

page. Tratti tutti che consentono, in via definitiva,

di esprimersi con un certa tranquillità in margine all’origine parigina delle bibbie di S. Bernardino e di Rovereto.

Parigine di fatto, dunque, le nostre due; ma «parisienses» anche di nome, tra virgolette, con una qualche pallida allusione al movimento cultu- rale che quasi per metonimia è riferito alla Parigi della prima metà del secolo XIII. La città, sì della

cultura, prima scolastica e poi universitaria, ma anche della raffinata corte intellettuale di re Luigi

IX. La città in cui, dopo un cinquantennio di in-

cubazione nel fervido liquido amniotico urbano (e chissà se tra la paglia calda e umida del vico degli strami, di rue de la fouarre, o nei cori austeri della capetingia Sainte-Chapelle?) si erano ideati, messi a punto e rodati gli elementi testuali e paratestuali che i filologi moderni avrebbero inanellato nel ri- conoscimento di un tipo «Bible de Paris». Quegli stessi che, in definitiva, riscontriamo nella bibbia di S. Bernardino (ancorché questa mutila in prin- cipio) e in quella di Rovereto.

10

Per tale aspetto si veda almeno BRANNER, Manuscript painting in Paris cit. e F. AVRIL, A quand remontent les premiers ateliers d’enluminure laïcs à Pa- ris?, in «Dossiers de l’Archéologie», XVI (1975), pp. 36-44.

Esse sono, dunque, innanzitutto Bibliothecae. La

Biblia Parisiensis, cioè, sull’esempio delle tarde

bibbie monastiche della fine del secolo XII, si par-

torì, dopo un trentennio di prove ed aborti, come bibbia completa in un solo volume e di piccolo formato11. E testimoni della Vulgata, poi. Vulgata «parigina», meglio ancora. Con essa intenderemo non solo la scelta di un costante e uniforme ordi- ne nella disposizione dei libri biblici lungo il vo- lume (che pare un’ovvietà, ma non lo è affatto), ma anche l’adozione di una versione della Vulgata piuttosto caratteristica e uniforme. La questione è massiccia e non merita essere liquidata in due ri- ghe. Basti per ora notare che il testo biblico gero- niamiano che compare nelle due “trentine” e nella complessità delle bibbie di Parigi presenta varianti sue proprie che le dicono figlie – con pari peso – del testo biblico accolto e limato da Alcuino per le sue bibbie «imperiali»12, di quello allestito con inu- suale zelo per le cure filologiche di Teodulfo, ve- scovo carolingio di Orleans e primo concorrente

11

Cfr. N. HAASTRUP, Zur frühen Pariser Bibel. Aus Grund skandinavischer Handschriften, in «Classica et Mediaevalia», XXIV (1963), pp. 242 e ss.; XXVI (1965), pp. 394 e ss. e LIGHT, Versions et révisions cit., pp.82-84.

12

Un buon numero di studi hanno preso in esame la qualità testuale dell’attività di Alcuino e le condizioni storiche in cui essa si dette: S. BER- GER, Histoire de la Vulgate pendant les premiers siècles du Moyen Age, Paris 1893, pp. 197-205, H. QUENTIN, Mémoires sur l’établissement du texte de la Vulgate, Ière

partie: Octateuque, Rome-Paris 1922, pp. 280-286, H.H. GLUNZ, History of the Vulgate in England from Alcuin to Roger Bacon, Cambridge 1933, pp. 29- 32, F.L. GANSHOF, La révision de la Bible par Alcuin, in «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», IX (1947), pp. 7-20, ID., Charlemagne et la ré- vision du texte latin de la Bible, in «Bulletin de l’Institut historique belge de Rome», XLIV (1974), pp. 271-281 B. FISCHER, Bibeltext und Bibelreform unter Karl dem Grossen, in Karl der Grosse. Lebenswerk und Nachleben II. Das geistige Leben, ed. B. BISCHOFF, Düsseldorf 1965, pp. 156-216: 172-174, ID., Bibelau- sgaben des frühen Mittelalters, in La Bibbia nell’alto medioevo, Spoleto 1963 (Set- timane di Studio del CISAM X), pp. 519-600: 592-593 e LIGHT, Versions et révisions cit., pp.62-63.

di Alcuino13, nonché della Vulgata trasmessa su ampia scala dalle così dette bibbie ‘atlantiche’14. Il testo, per incidens, che avrebbe offerto il tessuto di base dell’edizione romana a stampa della Vulgata, edita da Clemente VII nel 159215.

A questo testo, di cui proveremo a dire altro più avanti, si sovrappose un nuovo e finalmente organico sistema di divisioni in capitoli dei singoli libri16. Espediente indispensabile, si capisce, per garantire massima funzionalità nelle citazioni bre- vi, strumento di lavoro, queste ultime, sempre più consueto nelle opere della nuova teologia scolasti- ca, negli scritti canonistici, nelle compilazioni li- turgiche, parenetiche, omiletiche17. Non stupisce pertanto che il lavoro si debba, come pare, pro- prio a un magister parigino, Stefano Langton18, dia- pason privilegiato delle esigenze e delle risposte di tutta una categoria di professionisti della nuova

13

Di tale fortunata revisione si sono occupati BERGER, Histoire de la Vulgate cit., pp. 145-176, QUENTIN, Mémoires sur l’établissement cit., pp. 259- 266, FISCHER, Bibeltext und Bibelreform cit., pp. 178-179, ID., Bibelausgaben cit., p. 594, E. DAHLHAUS-BERG, Nova antiquitas et antiqua novitas. Typo- logische Exegese und isidorianisches Geschichtsbild bei Theodulf von Orléans, Köln 1975, pp. 39-76 e LIGHT, Versions et révisions cit., pp. 64-65.

14

Il miglior lavoro sulla qualità testuale di questa famiglia biblica, sor- passate le intuizioni di QUENTIN, Mémoires sur l’établissement cit., pp. 361- 348, resta G. LOBRICHON, Riforma ecclesiastica e testo della Bibbia, in Le Bibbie Atlantiche. Il libro delle Scritture tra monumentalità e rappresentazione, a cura di M. MANIACI e G. OROFINO, Cassino-Firenze 2000, pp. 15-26.

15

Cfr. MARTIN, Le texte parisien de la Vulgate cit.: VIII (1889), p. 445; IX (1890), pp. 56-57 e P.-M. BOGAERT, La Bible latine des origines au moyen âge, in «Revue théologique de Louvain», XIX (1988), pp. 298-299.

16

Cfr. A. D’ESNEVAL, La division de la Vulgate latine en chapitre dans l’edition parisienne du XIIIe

siècle, in «Revue des Sciences philosophiques et théologiques», LXII (1978), pp. 559-568.

17

Si veda il pur remoto A. LANDGRAF, Die Schriftzitate in der Scholastik um die Wende des 12. zum 13. Jahrhundert, in «Revue Biblique”, XVIII (1937), pp. 80-83.

18

Sul quale vale ancora efficacemente F.M. POWICKE, Stephen Langton, Oxford 1928 (soprattutto le pp. 34 e ss.).

cultura19. Tanto vero che allo stesso Langton si fa risalire l’ormai noto glossario di interpretazione dei nomi ebrei «Aaz apprehendens»20. Esso, in- sieme alla chiusa teoria di 64 prologhi esplicativi premessi a libri singoli o a gruppi di essi (molti dei quali ignoti alla precedente tradizione biblica, come il prologo di Rabano Mauro ai libri dei Maccabei, quello di Isidoro di Siviglia al libro del- la Sapienza, quello di Marcione alle lettere paoli- ne, quello di Gilberto de La Porré all’Apocalissi:

Omnes qui pie volunt vivere, 2Tim)21 completava gli

incrementi qualificanti sul piano testuale la nuova Bibbia «moderna»22.

Questo sia inteso, almeno, quanto al testo. Bi- sognerebbe aggiungere ora, a quadro abbozzato, che nella Bibbia parigina nemmeno la decorazione – soprattutto dei libri più compulsati – era lasciata alle soluzioni individuali. Si rammenterà – e le due

19

Così in B. SMALLEY, Lo studio della Bibbia nel Medioevo, praef. C. LE- ONARDI, Bologna 1972, pp. 311-315, M.B. PARKES, The Influence of the Con- cepts of «Ordinatio» and «Compilatio» on the Development of the Book, in Medieval Learning and Literature. Essays presented to R.W. Hunt, ed. by J.J.G. ALE- XANDER-M.T. GIBSON, Oxford 1976, pp. 125-156, M.A. ROUSE-R.H. ROU- SE, Statim invenire. Schools, Preachers and New Attitudes to the Page, in Au- thentic Witnesses: Approaches to Medieval Texts Manuscripts, ed. by M.A. ROU- SE-R.H. ROUSE, Notre Dame, Ind., 1991 (Publications in Medieval Studies, 17), pp. 191-219 e P. SUPINO MARTINI, Il Libro Nuovo, in Il Gotico europeo in Italia, a cura di V. PACE-M. BAGNOLI, Napoli 1994, pp. 348-362.

20

Cfr. A. D’ESNEVAL, Le perfectionnement d’un instrument de travail au dé- but du XIIIe

siècle: les trois glossaires bibliques d’Étienne Langton, in Culture et travail intellectuel dans l’Occident médiéval, a cura di G. HASENHOR-J. LON- GÈRE, Paris 1981 e B. SMALLEY, Lo studio della Bibbia cit., pp. 33-95.

21

Un utile elenco si trova stilato, per concrete esigenze catalografiche, in N.R. KER, Medieval Manuscripts in British Libraries, I-IV, Oxford 1969- 1972: I. London, pp. 96-98. Un attento studio di quei prologhi è in L.

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