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di Bressanone a Bled, nella marca Creina

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di Giuseppe Albertoni

Nel 1803, in piena età napoleonica, fu sancita la secolarizzazione dei principati ecclesiastici dell’Impero asburgico, fra i quali vi era anche quello di Bressanone. Tra le conseguenze di queste disposizioni vi fu la rottura de- ¿ nitiva di un lungo rapporto che legava la Chiesa di Bressanone alla località di Bled, nell’odierna Slovenia, dove l’episcopio brissinese possedeva ingenti proprietà fondiarie che, dal secolo XI in poi, costituivano una sorta di isola giurisdizionale a sé stante all’interno della marca di Carniola prima, degli am- biti di potere che di essa presero il posto poi. Nel mio breve saggio cercherò di ricostruire le fasi iniziali di questa lunga vicenda, che ebbe origine nel 1004, quando il vescovo di Bressanone Albuin ottenne dall’imperatore Enrico II il

praedium Ueldes1.

1. Il quadro istituzionale: il ritorno di vecchi con¿ ni

Per comprendere i motivi che portarono i vescovi di Bressanone a ottenere il praedium Ueldes in una regione posta a sud delle Alpi Caravanche, nella diocesi di Aquileia, è bene richiamare i mutamenti istituzionali avvenuti nelle Alpi orientali nella seconda metà del secolo X quando, in seguito alla morte della moglie di Ottone I, Edgith, avvenuta il 29 gennaio 946, e del re d’Italia Lotario I, avvenuta il 22 novembre 950, i regni teutonico e italico furono attra- versati da una nuova fase di instabilità politica. Nel 952, infatti, Ottone I dopo esser intervenuto con il suo esercito in Italia e aver sposato Adelaide, la vedo- va di Lotario, decise di assegnare a suo fratello Enrico, già duca di Baviera, la marca di Verona e di Aquileia2. In tal modo otteneva nell’immediato due im-

portanti risultati: da un lato indeboliva notevolmente il potere effettivo del re d’Italia – e suo vassallo – Berengario II, di cui riconobbe momentaneamente l’autorità; dall’altro rafforzava il suo maggiore e più ¿ dato alleato, il fratello

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Reti Medievali Rivista, VII - 2006/1 <http://www.dssg.uni¿ .it/_RM/rivista/saggi/Con¿ ni_Albertoni.htm> Enrico, nella lotta contro il ¿ glio ribelle Liudolfo, duca di Svevia, che con le nuove nozze del padre aveva visto svanire il suo ruolo di erede designato3.

Questa situazione si mantenne anche dopo l’acquisizione del regno italico da parte di Ottone I e fu mutata solo in seguito a una nuova ribellione, che ebbe come protagonista il duca di Baviera Enrico II, il ¿ glio del ¿ dato fratello di Ottone I. In questo contesto, nel 976, il nuovo re e imperatore Ottone II intervenne nuovamente sugli assetti politici delle Alpi orientali, riducendo l’estensione territoriale del ducato di Baviera, al quale sottrasse la Carinzia (Carantania), che fu trasformata in un ducato autonomo, collegato in unione personale alla marca di Verona, e fu assegnata a Enrico, l’ultimo esponente della famiglia dei Luitpoldingi4. Unendo quest’ultimo ducato alle marche di

Verona e del Friuli, Ottone I aveva posto sotto il controllo di un unico duca un territorio transalpino che controllava le principali vie di comunicazione tra Germania e Italia5. Separando la Carinzia dalla Baviera Ottone II cercò,

invece, di correggere il pericoloso sbilanciamento di poteri che, venuta meno nel 961 la presenza di un autonomo re d’Italia, si poteva creare con il conferi- mento del controllo delle intere Alpi orientali a un unico duca.

Nel far ciò egli non creò un ducato ex-novo, ma ripristinò un ambito cir- coscrizionale dalla lunga tradizione, le cui radici più lontane rimandavano alla provincia tardo-imperiale del Noricum mediterraneum6 e quelle più vicine al

“regno” slavo di Carantania, che verso la ¿ ne del secolo VIII era stato assorbito nei domini carolingi e – dopo una prima fase di sottomissione ai duchi del Friuli (796-828) – era stato riorganizzato in base all’istituto comitale7, pur mantenen-

do una memoria del proprio passato testimoniata dal fatto che ancora alla ¿ ne del secolo IX fu de¿ nito come “regnum”8. D’altra parte non dobbiamo dimenti-

care che il “regno di Carinzia” (Charentariche9) si estendeva su una vasta regio-

ne dall’importanza commerciale e militare strategica, solcata da importanti vie di collegamento, terrestri e À uviali10. La sua rilevanza è messa in evidenza anche

dallo scontro che si era acceso alla ¿ ne del secolo VIII per il suo controllo da un punto di vista ecclesiastico tra le Chiese di Aquileia e Salisburgo11, un contrasto

che fu risolto de¿ nitivamente nell’811 dallo stesso Carlo Magno, che assunse la Drava come con¿ ne tra le due province ecclesiastiche12.

Travolta inizialmente dalla crisi dell’ordinamento carolingio, che nei ter- ritori orientali dell’impero fu segnata da un ventennio circa di lotte intestine – non possiamo dimenticare che l’ultimo imperatore, Carlo III, fu deposto proprio da Arnolfo “di Carinzia” – la Carantania tra IX e X secolo fu col- pita duramente dalle incursioni ungare, ma fu ben presto riorganizzata dai Luitpoldingi all’interno del ducato di Baviera, sino a che Ottone II, come s’è detto, non decise di ripristinarla come entità autonoma. Raramente, però, il prestigioso titolo di duca di Carinzia permise ai suoi detentori negli ultimi decenni del secolo X e in gran parte di quello successivo un effettivo governo del ducato, a causa di tre elementi principali. Il primo è da ricondurre al fatto che gli Ottoni prima, i loro successori poi, cercarono di assegnarlo per lo più a

potentes privi di diretti interessi familiari in area carinziana, al ¿ ne di ostaco-

lare la crescita di contropoteri regionali forti e radicati13. In tal senso si spiega,

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Inter duos À uvios: il praedium Ueldes e le origini della signoria territoriale

anche, la politica oscillante nei confronti della famiglia degli Eppensteiner, che in Carinzia aveva il fulcro dei suoi interessi e che cercò a più riprese di far proprio e dinastizzare il titolo ducale14; il secondo fattore era dato dal fatto

che il ducato di Carinzia al momento del suo ripristino era una sorta di con- tenitore vuoto da un punto di vista dell’effettivo controllo del territorio, al cui interno ben presto vennero a distinguersi marche e comitati i cui detentori si ponevano spesso in modo autonomo rispetto al duca, cercando a loro vol- ta, con maggior o minore successo, di dinastizzare la propria carica. Il terzo fattore, in¿ ne, può essere identi¿ cato nella precisa scelta imperiale di creare all’interno delle marche e dei comitati “carinziani” ampi ambiti immunitari attraverso l’assegnazione di ingenti proprietà regie, con annesse esenzioni, a sedi vescovili legate ai re di Germania.

Ciò fu particolarmente evidente in Carniola, una regione assai importante per i collegamenti tra l’Adriatico e l’Europa orientale [cfr. ¿ g. 1] che, organiz- zata in età carolingia in un comitato15, riemerse come marca retta da un co-

mes nelle fonti post-carolinge solo nel 973 in due diplomi di Ottone II emessi

a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro a favore della chiesa di Frisinga16.

Dato il silenzio quasi assoluto delle fonti è dif¿ cile capire se il “ritorno” della Carniola nel 973 sia da collegare a una sua riorganizzazione ex novo o se sia solo legato alla casualità della tradizione documentaria, assai rarefatta nella prima metà del secolo X per quel che riguarda la regione tra Danubio, Drava e Sava. Tradizionalmente la sua “ricomparsa” è ricondotta alla nuova orga- nizzazione del territorio promossa dal duca di Baviera Enrico I nell’ambito della lotta contro gli Ungari17, un’ipotesi sicuramente plausibile, anche se non

attestata direttamente dalle fonti. Certo è che, anche per quel che riguarda la Carniola, in età ottoniana non assistiamo alla creazione di una “marca nuova”, ma alla riorganizzazione di una precedente circoscrizione carolingia, ¿ nalizza- ta al controllo del con¿ ne sud-orientale dell’Impero18. Al contrario di quanto

avveniva negli stessi anni in altre regioni, questa ripresa dell’organizzazione circoscrizionale carolingia avvenne con uno scarso coinvolgimento dei ceti eminenti locali, in particolare di quelli slavi, e andò di pari passo, come s’è accennato, con l’assegnazione di cospicue proprietà fondiarie regie a enti ec- clesiastici a loro volta estranei alla regione, come le sedi vescovili di Frisinga e Bressanone.

2. Una proprietas dai con¿ ni certi: i vescovi di Frisinga presso Ško¿ a Loka La donazione di Ottone II nella quale riemerge il “comitato di frontiera” o marca di Carniola aveva come destinatario il vescovo Abramo di Frisinga, un personaggio assai inÀ uente, che da un ventennio era alla guida del suo episco- pio e che era il principale consigliere di Giuditta, moglie del duca di Baviera Enrico I e madre del futuro imperatore Enrico II19. Con essa l’imperatore

consolidava la vocazione orientale della Chiesa di Frisinga, che già dal secolo VIII aveva assunto un ruolo di baluardo nei confronti degli Slavi20. Fu a questa

tradizione che il vescovo Abramo si riallacciò quando, inserendosi abilmente

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Reti Medievali Rivista, VII - 2006/1 <http://www.dssg.uni¿ .it/_RM/rivista/saggi/Con¿ ni_Albertoni.htm> nella riorganizzazione degli assetti di potere nelle Alpi orientali21 nel 973, gra-

zie ai due diplomi in cui “riappare” la Carniola ai quali abbiamo fatto cenno poc’anzi, ottenne da Ottone II una cospicua proprietas presso l’odierna Ško¿ a Loka22 [cfr. ¿ g. 1].

L’importanza di questa concessione è testimoniata dall’estrema precisione con la quale furono speci¿ cati i con¿ ni dei beni donati, per la de¿ nizione dei quali giocarono un ruolo determinante il corso di torrenti, sin dalle sorgenti, e le strade, che fornivano una chiara demarcazione lineare completata da punti di riferimento quali un castrum o un guado23. Questi con¿ ni circoscrivevano

un nucleo di beni vasto e compatto che nel corso del secolo XI fu integrato solo in minima parte da ulteriori donazioni24. Su questa proprietas il vescovo

Abramo ottenne anche il banno regio, il cui ambito geogra¿ co fu de¿ nito sin- teticamente con il solo riferimento a ¿ umi e torrenti25. Sin dalle sue origini,

dunque, la proprietà di Frisinga in Carniola settentrionale si presentava come un distretto dai chiari connotati signorili, nettamente separato dal territorio circostante26.

3. La costruzione di una signoria territoriale: i vescovi di Bressanone e Bled Diversa, invece, fu l’evoluzione attraverso la quale la Chiesa di Bressanone costituì dopo il Mille un proprio ambito signorile nella Carniola settentrionale attraverso una sorta di work in progress durato circa un settantennio27. Punto

di partenza di tale processo fu la donazione del praedium quod dicitur Ueldes – posto nei pressi dell’odierna Bled – che ebbe luogo a Trento il 10 aprile del 1004 durante una sosta dell’esercito di Enrico II che si stava dirigendo in Italia per porre termine al regno di Arduino di Ivrea28. Assai probabilmente

con essa il re di Germania voleva consolidare il rapporto che lo legava al vesco- vo di Bressanone Albuin, de¿ nito come ¿ delis due anni prima in un diploma regio che ne sottolineava il devotum obsequium premiato con la concessione di un’importante curtis a Ratisbona, la “capitale” del ducato di Baviera29.

Contemporaneamente, però, voleva anche inserire nel complesso equilibrio di poteri della regione tra Drava e Sava un uomo che, come il vescovo brissinese, apparteneva a una delle principali famiglie nobiliari attive nell’arco alpino orientale, gli Ariboni30. Albuin, infatti, era un esponente dell’aristocrazia “ca-

rinziana” e proveniva dalla Jauntal, una vallata posta non lontano dall’odier- na Klagenfurt, di cui suo fratello Aribone era conte, e per parte di madre era imparentato con il potente Hartwig I, che era stato “messo plenipotenziario” (waltboto) in Carinzia e conte palatino in Baviera. Sin dalla sua nomina a vescovo agì in modo spregiudicato, avviando una politica di commistione tra beni familiari e beni vescovili che favorì una rapida espansione della proprie- tà fondiaria della sua Chiesa verso oriente, ben al di fuori della sua diocesi, in Val Pusteria e lungo il corso della Drava. Decisive in tale processo furono le donazioni regie. Tra il 977 e il 979, infatti, Albuin ottenne da Ottone II, la

curtis Ribniza (Reifnitz)31, che si estendeva a sud del Wörthersee, non lonta-

no dalla Jauntal, dove si trovava il nucleo principale dei suoi beni familiari

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Inter duos À uvios: il praedium Ueldes e le origini della signoria territoriale

– assai probabilmente in ringraziamento per l’appoggio dato all’imperatore contro i ribelli guidati dal duca di Baviera Enrico II e il duca Enrico di Carinzia – e, soprattutto, la conferma della donazione della curtis Fillac (Villach), che con il suo castellum costituiva un importante punto di controllo per l’accesso orientale in Val Pusteria32. Queste donazioni furono completate da quelle di

vari liberi, nobili e detentori d’uf¿ cio, che testimoniano i contatti di Albuin con i potentes interessati alla regione tra Drava e Sava, come lo stesso duca di Carinzia Enrico che, rientrato nell’orbita dei fedeli dell’imperatore Ottone III, attorno al 985-990 gli donò due hobae in Val Pusteria33, o Abramo di Frisinga,

con il quale scambiò vari beni e servi34. Al momento della donazione del 1004,

dunque, le premesse per un’espansione brissinese verso le Alpi orientali erano già state poste.

Il praedium quod dicitur Ueldes ottenuto da Enrico II sicuramente non era paragonabile per ampiezza ed estensione alla proprietas donata trent’anni prima da Ottone II al vescovo Abramo: si trattava, in ogni caso, di un’azienda fondiaria relativamente consistente, costituita da coltivi e terreni incolti35, che

tuttavia non abbisognava di particolari descrizioni “topogra¿ che” da riportare accanto a quelle “geopolitiche”36. I beni donati erano sottratti al publicus di-

strictus37 e, di fatto, costituivano una sorta di piccola signoria immunitaria, le

cui decime e i cui introiti dovevano essere spartiti tra il vescovo e il capitolo38.

Troviamo una maggior determinazione territoriale del luogo in cui si estendeva il praedium in un secondo diploma di Enrico II emanato a fa- vore della Chiesa di Bressanone nel 1011, con il quale il nuovo vescovo, Adalberone39, ottenne sempre in pago Creina – che si trovava allora in comi-

tatu Odalrici40 – 30 mansi regi e il castellum Veldes, tutti beni che, come il

precedente praedium, erano posti tra la maior e la minor Sovva, e cioè la Sava Dolinka, che fungeva da con¿ ne settentrionale e orientale, e la Sava Bohinjka, che invece costituiva il con¿ ne meridionale e conÀ uiva nella Sava Dolinka poco a sud di Bled [cfr. ¿ gg. 1 e 2]41. I due rami della Sava delimitavano una

sorta di territorio chiuso, protetto sul versante occidentale dalle Alpi Giulie e non attraversato dalle vie principali che collegavano la Carniola alla Carinzia tramite il passo di Loibl. Ma il diploma del 1011 non è importante solo per la maggior determinazione territoriale dei beni concessi in Carniola. Esso segna un passo importante nel rafforzamento della presenza brissinese attraverso la concessione di un castellum che a Bled, come già a Villach, assai probabilmen- te si con¿ gurava come una sorta di caput curtis forti¿ cato. Parallelamente, l’assegnazione dei trenta mansi permetteva lo svilupparsi di un insediamento sparso che preludeva alla formazione di una signoria territoriale.

Un passo decisivo in tal senso fu fatto circa trent’anni dopo, grazie a due donazioni di Enrico III, che nei primi anni del suo regno dovette cercare di riportare l’ordine in Svevia, Baviera e Carinzia, dopo quasi un quindicennio di lotte che lo avevano visto per protagonista accanto a Guelfo II, al duca di Carinzia Adalberone di Eppenstein e al fratellastro omonimo, Enrico duca di Svevia42. In una delle due donazioni, avvenute entrambe il 16 gennaio del

1040, Enrico III donò al vescovo di Bressanone Poppone – un suo alleato

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Reti Medievali Rivista, VII - 2006/1 <http://www.dssg.uni¿ .it/_RM/rivista/saggi/Con¿ ni_Albertoni.htm> strettissimo che da lì a poco sarebbe divenuto papa col nome di Damaso II – un nuovo praedium a Bled, proprio nei pressi di quello donato nel 1004 da Enrico II43. La descrizione delle pertinenze del praedium è anche in questo

caso riconducibile a una formula stereotipata44, ma ora sono descritti con

una certa precisione i suoi con¿ ni, determinati da un lato dal À umen Vistriza (Tržiška Bistrica) dall’altro dal “vecchio” praedium [cfr. ¿ gg. 1 e 2]45. Al “nuo-

vo” praedium fu aggiunta anche la silva que Leschahc nuncupatur, corrispon- dente all’odierna Leše [cfr. Fig. 2]. Praedium e silva si estendevano signi¿ ca- tivamente entrambe al di fuori dell’enclave formato dai due rami della Sava, verso oriente, giungendo a lambire la via che conduceva al passo di Loibl e offrendo, in tal modo, un più facile collegamento con la Carinzia. Da un pun- to di vista circoscrizionale si trattava di beni sempre posti nell’ambito della

marca Creina, sottoposta in quegli anni al comitatus del marchio Everardo di

Sempt-Ebersberg46, così come nello stesso ambito circoscrizionale si trovava

anche il saltus donato con un altro atto nella medesima giornata47. In questo

caso si trattava di un bosco che si estendeva, invece, nell’enclave di Bled, tra i due rami della Sava, dalle loro sorgenti sino alla loro conÀ uenza48. Ma ciò che

fece fare un vero salto di qualità nell’organizzazione signorile delle proprietà brissinesi in alta Carniola fu la decisione di Enrico III di assegnare al saltus lo statuto di foresta (eundem saltum forestavimus)49, conferendo ai vescovi

brissinesi il banno di caccia.

L’esercizio del banno di caccia, originariamente una delle prerogative attribuite al solo re, assegnava al suo detentore un prestigio particolare, attri- buendogli una sorta di sovranità simbolica sul territorio sul quale si estendeva, che includeva anche proprietà di altri soggetti ai quali era proibito cacciare sui loro beni o esercitare un analogo diritto50. In tal senso possono essere spiegati

anche due atti riportati nei Libri traditionum brissinesi51, relativi a personaggi

eminenti della Carniola che dovettero rinunciare al proprio bannum ferarum. Fu questo il caso di un nobile di nome Ozi che, dopo aver donato preceden- temente al vescovo Altwin un praedium presso Bled52 e un servo53 gli cedette

anche una salina e il ferale bannum che esercitava hereditario iure in un’area purtroppo non indicata esplicitamente54; fu questo il caso anche di altri tre

uomini liberi, di nome Paolo, Ivan e Tunzo, che rinunciarono al bannum fera-

rum sui propri beni che si trovavano nella forestis del vescovo, a conferma di

come la “foresta” non coincidesse con le proprietà vescovili55.

Oltre a rafforzare da un punto di vista signorile il ruolo di Altwin e dei suoi successori in Carniola, le concessioni di Enrico III divennero il fulcro di attrazione di un pulviscolo di ulteriori donazioni di campi e vigne testimoniate da numerosi atti dei Libri traditionum56. Già a una loro prima lettura risulta

evidente la consapevolezza con la quale il presule brissinese nell’arco di un quarantennio cercò di compattare il più possibile le nuove acquisizioni presso i grandi praedia e il castrum di Bled e la silva di Leše a spese, come era già av- venuto con il bannum ferarum, soprattutto di liberi e nobili locali, a testimo- nianza del duro impatto che signorie fondiarie come quella brissinese ebbero su una struttura sociale caratterizzata dalla presenza di numerosi piccoli e

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