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Prima di svolgere le indagini contenute nel quarto e ultimo capitolo di questo lavoro, ritengo sia utile presentare un breve riepilogo dei risultati ottenuti nei capitoli precedenti.

1)

Il capitolo 1 ha introdotto la difficoltà della neutralità, ovvero il problema di definire o chiarire la natura delle entità neutrali senza entrare in contrasto con la tesi principale del monismo neutrale (§1.1). Il capitolo esamina due versioni della difficoltà. La prima (Del Sordo 2020) dimostra di avere ambiguità e aspetti pregiudiziali (§1.2). Si preferisce quindi optare per una seconda versione (§1.4) che procede inserendo il monismo neutrale in una specifica cornice storico-filosofica (§1.3).

2)

Il Capitolo 2 suddivide il monismo neutrale in tre correnti (§1.1): classica, russelliana e strutturale. Si occupa di giustificare la distinzione tra le prime due correnti e di argomentare a favore di un’interpretazione piena del monismo neutrale di Russell (§§2.3 e 2.4). Il capitolo rileva in MN.C e MN.R la comune caratterizzazione di entità neutrali come qualitative, strutturali e subjectless (§§2.2 e 2.4). Tentando di esemplificare tali proprietà, ci si imbatte

134 in un limite epistemico (§2.5). Questo limite epistemico viene sottolineato, almeno in prima battuta85, all’interno del monismo neutrale russelliano e riguarda in particolare il concetto di qualità. Nella terza sezione di AMA Russell aveva infatti sostenuto che le qualità delle entità neutrali non fossero percepibili, o distinguibili, attraverso la nostra comune facoltà introspettiva. In base alle tesi dell’epistemologia russelliana ribadite nel testo, la conoscenza deve avvenire o attraverso i dati di senso o per ricostruzione strutturale a partire da essi, ossia dai percetti che in essi si presentano. Se quindi le qualità delle entità neutrali non rientrano tra quelle che la nostra normale capacità introspettiva86 può cogliere, esse dovranno allora venire ricostruite strutturalmente per essere conosciute. Il capitolo mostra infine che un approccio esclusivamente analitico al monismo neutrale può condurre in errori teorico-interpretativi (§§2.5 e 2.6). Si evidenzia inoltre che i contenuti dei §§2.1-2.6 presentano avanzamenti teorici nuovi rispetto alla letteratura analitica e storico-filosofica sul monismo neutrale di Banks 2003 e 2014.

3)

Il capitolo 3 si occupa di giustificare l’inserimento di una corrente di monismo neutrale strutturale nel movimento. Viene motivata l’appartenenza di alcuni lavori del giovane Carnap alle opere originali del movimento (§§3.1 e 3.2). Per inserire MN.S e le opere che lo rappresentano nel movimento è stato svolto un copioso lavoro storico-filosofico, esegetico e concettuale. In particolare, ho dovuto giustificare, contro le tesi maggioritarie sostenute da chi si occupa di monismo neutrale, che le opere del giovane Carnap quali, Chaos,

85 Ci occuperemo della presenza di questa tesi in MN.C e MN.S al Capitolo 6.

86 Il concetto di introspezione che qua va utilizzato è ovviamente molto leggero. Non si deve qua intendere introspezione con il carico teorico che la parola assume per esempio in fenomenologia. Si deve piuttosto interpretarla in senso, per così dire, debole e non implicante articolate relazioni di riflessione. “Introspezione” deve essere quasi intesa come la “what-is- to-feel-that-quality” che si può dire accompagnare almeno nominalmente la vita soggettiva di ognuno di noi e che ci differenzia, almeno apparentemente, da una pietra o da qualsiasi altro oggetto esclusivamente fisico.

135 Quasizerlegung e Aufbau, contengano di fatto una posizione ontologica sostanziale di monismo neutrale. Abbiamo poi studiato i Konstitutionsysteme carnapiani come esempi concreti di approcci strutturali alle entità neutrali (§3.3). Abbiamo introdotto la quasi-analisi come procedura formale di generazione di strutture che i Konstitutionsysteme di Chaos, Quasizerlegung e Aufbau rispettivamente adottano. Si è visto come essa generi una struttura insiemistica 𝑟(𝑆), ~∗ di arrivo isomorfa a una struttura di similarità di partenza

𝑆,, ~ nella forma generale di una rappresentazione del tipo 𝑆 ,− 𝑟 → 𝑆 . In

base all’isomorfismo che si ottiene tra la struttura di similarità e la struttura insiemistica da essa generata è stato possibile, grazie a Mormann 2009a via Quasizerlegung, inserire la quasi-analisi all’interno di una ricca serie di teoremi di rappresentazione che la matematica del ‘900 ha dimostrato (Tabella 1). Si prede allora atto del fatto che ci sia, o che almeno ci sia stata, una rilevanza dei teoremi di rappresentazione non solo in matematica, ma anche in filosofia. Si osserva tuttavia che nelle opere del giovane Carnap tali teoremi siano nati, a differenza degli altri, per esigenze specificatamente filosofiche, più che matematico-scientifiche. Le premesse filosofiche alla quasi-analisi variano tuttavia considerevolmente a seconda delle opere del giovane Carnap che si prendono a riferimento. Per fare ordine in questa varietà di contesti ed esigenze, abbiamo dovuto chiarire il significato che i termini costruzione, ricostruzione e costituzione strutturale assumono in filosofia (§.3.4). Si parla di “costruzione strutturale” quando si realizza un confronto tra 𝑆 − 𝑟 → 𝑆 , o la struttura di arrivo S2, e il contesto oggettuale, diciamo S0,in cui sulla base di certe assunzioni la struttura o la rappresentazione strutturale si inseriscono. La costruzione strutturale viene esemplificata dal Konstitutionsystem di Quasizerlegung. In questa esemplificazione essa assume l’accessibilità epistemica del contesto oggettuale in cui la rappresentazione si inserisce e l’accentuazione dell’incremento epistemico che a riguardo quest’ultima vuole fornire. Si parla invece, di “costituzione” o “ricostruzione strutturale”

136 (equivalentemente) quando non si realizza un confronto tra 𝑆 − 𝑟 → 𝑆 , o la struttura di arrivo S2, e il contesto oggettuale, diciamo S0,dove in base alle assunzioni la struttura o la rappresentazione strutturale si inseriscono. L’idea di costituzione o ricostruzione strutturale si esemplifica attraverso i Konstitutionsysteme di Chaos e Aufbau. Tuttavia, le modalità con cui queste due opere esemplificano questo tipo di approccio strutturale sono estremamente diverse. Chaos, infatti, non realizza alcun confronto finale tra S2 ed S0 per ragioni diverse da quelle per cui non lo realizza Aufbau. In particolare, il contesto di inserimento della rappresentazione strutturale di Chaos è Ur-caos ed è quindi epistemicamente inaccessibile, motivo per cui di fatto il confronto non riesce a realizzarsi. Inoltre, la costituzione strutturale di Chaos è comunque svolta al fine di incrementare, seppure per via ipotetica o euristica, la nostra conoscenza di Ur-caos. Dal canto suo invece Aufbau non realizza il confronto tra la struttura di arrivo della rappresentazione ed S0 non perché S0 sia epistemicamente inaccessibile, ma perché l’opera del ’28 depotenzia le premesse ontologiche di Chaos a favore di obiettivi teorici esclusivamente epistemologici.

§. 4.2 Un’affinità smarrita dalla storia della filosofia.

Nella sezione precedente abbiamo ricapitolato i risultati e i temi svolti nella Parte I. Come si è avuto modo di constatare, siamo finora riusciti ad individuare un’unica e tripartita caratterizzazione delle entità neutrali, un’ esigenza di approccio strutturale alle entità neutrali abbastanza diffusa e, con i Konstitutionsysteme carnapiani, un esempio concreto di tale approccio. Visto il successo scientifico che i teoremi di rappresentazione dei reticoli hanno ottenuto nel corso della matematica del Novecento, la Parte II del lavoro vuole capire se la quasi-analisi possa essere nuovamente proposta, alla luce di un secolo di filosofia e scienza, come approccio

137 strutturale alle entità neutrali. In questo modo, i teoremi di rappresentazione della Tabella 1 fornirebbero una soluzione alla difficoltà della neutralità del Capitolo 1, andando a chiarire o ad elucidare la natura delle entità neutrali sulla base delle loro proprietà strutturali. Per proseguire la ricerca in questa direzione, dobbiamo adesso svolgere alcune considerazioni metodologiche.

Il “nuovo metodo” di Friedman et al. 2010, che a partire dal Capitolo 1 ci siamo candidati a seguire, coniuga filosofia analitica e storia della filosofia, elaborando una metodologia in cui lo studio analitico sui fondamenti e quello sintetico, o genetico, sulle loro cause si completano a vicenda (Friedman et al. 2010, pp.11-5). Lo studio analitico esamina un concetto o un insieme di concetti scomponendoli, o sciogliendoli, nelle loro parti e relazioni componenti:

Crucially, the analysis lies not in the observation that the proposition in question is composed of two terms, nor even in any observation about how these terms compose the proposition, but in the observation that the truth expressed by the proposition arises from a particular relationship between those terms. (Friedman et al., p.13)

Lo studio sintetico, invece, si occupa di individuare le ragioni o le cause per cui certi concetti A e certi concetti B si incontrino in una specifica unione R. Tendenzialmente l’esame sintetico finisce poi per trovare un terzo elemento C eventualmente non emerso all’esame analitico e responsabile dell’unione via R di A e B:

That relationship may be expressed as a kind of 'synthesis’ of the extreme terms effected by the middle term, C; and analysis is thus the discovery of this 'synthetic' relationship between A and B. […] Analysis reveals the cause of the phenomenon, and synthesis demonstrates, or expresses, or explains, the unity of the various components that constitute the phenomenon. […] In terms of the synthetic history that we are attempting to describe here, we presume the initial distinction between, for example, scientific and philosophical concerns or issues as (in this case, non- exhaustive) constituent parts of something broader, and seek to describe them in a way that makes clear not only their unity, but also the cause of their unity. (Ibid., pp. 13-6, corsivo mio)

Come si vede nella parte della citazione sopra evidenziata, un esempio di applicazione del metodo che unisce studio analitico e studio sintetico-genetico è

138 costituito dalla ricerca di terzi fattori, C, che spiegano l’esistenza di certe connessioni tra problemi filosofici e questioni o scoperte scientifiche87. Tornando alla pretesa (III) dal Capitolo 2, possiamo confermare ora in modo programmatico l’apporto teorico produttivo e non solo sterile e ricostruttivo di uno studio storico-filosofico dei problemi della filosofia contemporanea, di cui la difficoltà della neutralità costituisce solo un piccolo esempio.

La strategia concettuale che abbiamo attuato per poter considerare i Konstitutionsysteme carnapiani come esempi di approcci strutturali alle entità neutrali è stata abbastanza faticosa dal punto di vista teorico e storico-filosofico. Abbiamo infatti dovuto estrapolare una posizione ontologica da alcuni lavori del giovane Carnap (§3.2) e siamo andati poi ad inserire i Konstitutionsysteme in essi formulati all’interno dei risultati matematico-scientifici di rappresentazione dei reticoli (es. Birkhoff 1933, Stone 1936, Priestley 1970) (§3.3). La fatica del conseguimento di questo approdo non è dovuta però soltanto al carattere inedito e sotterraneo di una posizione ontologica sostanziale di Carnap. Esso è dovuto essenzialmente anche alla difficoltà di fornire ragioni dell’evidente connessione nel monismo neutrale tra i teoremi di rappresentazione e il problema di definire le entità neutrali. Se tali entità non fossero state epistemicamente elusive, avremmo potuto considerare un Konstitutionsystem come loro modello e valutarlo sulla base del confronto diretto con le entità che intende rappresentare o modellare. Non essendo questa, almeno in Chaos e Aufbau (Cfr. §3.4), un’opzione praticabile, troviamo in lavori come Ziehen 1913, Chaos, Quasizerlegung e Aufbau una stretta connessione tra l’ontologia del monismo neutrale e uno strumento matematico-scientifico senza conoscere tuttavia le cause della loro unione e cosa rendeva la quasi-analisi adatta alla descrizione delle entità neutrali di Ur-caos o dei Gignomena di Ziehen (Cfr. §3.4 supra). Non possiamo dopotutto ipotizzare che Ziehen 1913 abbia formulato

139 casualmente uno strumento articolato come la quasi-analisi per affrontare le questioni del monismo neutrale, come a maggiore ragione non possiamo nemmeno ipotizzare che Carnap lo abbia seguito in questa proposta meramente arbitraria. L’ipotesi invece più ragionevole da avanzare la suggeriscono Friedman et al. 2010 (supra) ed è quella di pensare che Ziehen e Carnap abbiano entrambi colto un’affinità filosofica, come fattore terzo C, che legava la teoria della rappresentazione dei reticoli (come fattori o concetti del tipo A) e il contesto problematico del monismo neutrale (come fattori o concetti del tipo B), tanto da proporre la prima per affrontare il secondo. E’ tuttavia difficile mantenere viva questa ipotesi di affinità poiché il suo contenuto non è mai stato chiaramente esplicitato ed è andato a smarrirsi o a perdersi nella tradizione filosofica successiva. I motivi per cui la sua traccia sia andata perduta sono difficili da reperire e non devono al momento interessarci88. Ad ogni modo, difficile oppure no, il contenuto dell’affinità filosofica in questione deve ora essere recuperato se vogliamo ragionevolmente riproporre la teoria della rappresentazione, con l’ulteriore beneficio del suo sviluppo del Novecento, come strumento filosofico per conoscere strutturalmente le entità neutrali. Introduciamo, in conclusione, la ricerca del contenuto dell’affinità perduta nella Parte II formulando due domande:

I) Cosa lega o ha legato il concetto di rappresentazione matematica alla ontologia della neutralità di inizio Novecento?

II) Cosa rende la matematica rappresentazionale ancora oggi, rispetto ad altri approcci strutturali che sono stati avanzati, un partner scientifico vantaggioso per il monismo neutrale?

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