• Non ci sono risultati.

Brevi osservazioni circa la prova

Nel documento Il reato continuato: aspetti processuali (pagine 46-49)

Possiamo prendere in considerazione essenzialmente due prospettive di vi-suale relative alla problematica della prova: quella del giudice dell’esecuzione e quella del soggetto interessato.

In particolare, il giudice dell’esecuzione è investito del potere-dovere di verifi-care la fondatezza o meno nel merito dell’istanza, eventualmente acquisendo ed e-saminando (anche d’ufficio) le singole sentenze. Dovrà, di conseguenza, esplicitare con adeguata motivazione le ragioni del rigetto o dell’accoglimento dell’istanza stes-sa (Cass. pen., Sez. I, 06.01.1991, n. 4397), e ciò chiaramente in vista di una possi-bile impugnazione dell’ordinanza. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, inoltre, molto opportunamente chiarito che — anche nel caso in cui le violazioni u-nificate ai sensi dell’art. 81 c.p. siano di pari gravità astratta — il giudice ha sempre il potere-dovere di individuare la violazione concretamente più grave, soprattutto

quando alcuni dei parametri di valutazione previsti dall’art. 133 c.p. si rivelino pro-fondamente diversi nei singoli episodi criminosi. E, ciò che è più importante, se tale individuazione non è desumibile dai provvedimenti di condanna, dovrà incaricarse-ne il giudice dell’esecuzioincaricarse-ne, esplicitando il contenuto del giudicato ai fini, ad esem-pio, dell’applicazione dell’amnistia impropria o dell’indulto, come anche ad ogni al-tra finalità esecutiva, e in particolare, qualora non vi abbia provveduto il giudice della cognizione, può determinare le frazioni di pena riferibili a ciascuno dei reati unificati (Cass. pen., Sez. I, 11.11.1991, n. 3478 del 11.11.1991; Cass. pen., Sez, I, 31.07.1991, n. 2721).

Dal punto di vista del condannato richiedente, si è parlato di un onere di al-legazione gravante sul medesimo. Ma, stante il tenore letterale dell’art. 186 disp. att. c.p.p., non si può ritenere che tale obbligo riguardi la materiale allegazione delle copie delle sentenze o dei decreti penali di condanna, essendo comunque sufficiente la loro esatta indicazione; in ogni caso, infatti, il giudice dell’esecuzione ha — a mente della norma prima ricordata — il dovere di acquisirle d’ufficio, quando non siano state allegate alla richiesta di incidente d’esecuzione (Cass. pen., 16 aprile 1991, in Cass. Pen. 1992, 980).

Ciò posto, però, bisogna sottolineare che un’attenta valutazione dei meccani-smi processuali dovrebbe imporre al difensore di allegare sempre le copie dei prece-denti provvedimenti di condanna alla richiesta di incidente, e ciò per due essenziali motivi: intanto, per consentire al giudice di poter giungere alla propria decisione in tempi più rapidi; ma anche — e, diremmo, soprattutto — per poter assolvere al pro-prio compito in modo più consapevole e responsabile, evitando la proposizione di ri-chieste infondate o poco supportate in punto di fatto e di diritto, rischio sempre troppo presente quando non si siano previamente esaminati i precedenti provvedi-menti di condanna, allo scopo di individuare ed evidenziare in maniera precisa e puntuale tutte quelle circostanze dalle quali il giudice possa desumere, più o meno agevolmente, la sussistenza del medesimo disegno criminoso.

A tale scopo, la Cassazione ha a volte ritenuto soddisfatto il c.d. onere di alle-gazione con la semplice indicazione dei reati cui il nesso della continuazione ineri-sce e degli elementi oggettivi e soggettivi dai quali possa desumersi l’unicità del di-segno criminoso (Cass. pen., 14 aprile 1993, in C.E.D. Cass. 195391), salva, in ogni caso, l’acquisizione delle sentenze di condanna ex officio judicis. In altre decisioni, invece, l’onere di allegazione è stato individuato nel senso di una generica — e co-munque non necessariamente circostanziata — indicazione degli elementi sui quali è fondata la richiesta ex art. 671 c.p.p., elementi tali, cioè, da far desumere l’unicità

del disegno criminoso, nonché delle sentenze o i decreti penali di condanna (Cass. pen., 18 marzo 1994, in C.E.D. Cass. 197429).

Da questo punto di vista, la giurisprudenza ha posto in luce il principale e più rilevante aspetto dell’onere di allegazione, da intendersi, quindi, non tanto e non principalmente in senso materiale (in tale accezione soccorrerebbe comunque l’art. 186 disp. att. c.p.p.), quanto piuttosto in senso più propriamente argomentativo-giuridico, ovvero come onere di indicare elementi da cui desumere il medesimo di-segno criminoso. E’ sempre opportuno ricordare, infatti, che mentre esiste l’obbligo per il giudice di acquisire ex officio le copie delle sentenze e dei decreti penali di condanna che non siano stati allegati alla richiesta, non esiste invece alcun obbligo per il medesimo giudice di ricercare autonomamente la sussistenza del medesimo disegno criminoso, allorquando il richiedente nulla abbia dedotto sul punto. Tra i parametri che potranno essere valorizzati dal difensore annoveriamo, in primo luo-go, il tempus commissi delicti, che, se particolarmente ridotto, potrebbe facilitare di molto la prova della sussistenza del medesimo disegno criminoso (v. supra, Cap. I, par. n. 4), ma anche la specie, la natura o l’indole dei diversi reati, le modalità di esecuzione, le circostanze, l’eventuale connessione tra gli stessi.

Apparirà ovvio, sulla scorta di quanto detto all’inizio della presente trattazio-ne circa l’essenza del medesimo disegno criminoso, che tutti quelli prima indicati sono soltanto indizi di sussistenza dello stesso, che dovranno necessariamente es-sere accompaganti dalla dimostrazione dell’esistenza di un preventivo progetto che, fin dall’inizio, ricompreda idealmente i vari reati, almeno nelle loro linee essenziali, ancorché in assenza di una programmazione specifica. Ricordiamo, infatti, che se-condo una parte della dottrina e della giurisprudenza il medesimo disegno crimino-so può spaziare dalla più stretta consequenzialità delle diverse azioni od omissioni alla semplice eventualità dei successivi reati: in ogni caso non si dovrà mai sconfi-nare nella mera occasionalità, di per sé stessa tale da escludere il vincolo ex art. 81 c.p.

In ogni caso, non sarà sufficiente la semplice allegazione della commissione di più azioni od omissioni (Cass. pen., 5 luglio 1991, in Riv. pen., 1992, 684).

Non sono, tuttavia, mancati orientamenti della giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., 22 marzo 1993, in Cass. Pen., 1994, 2729), secondo i quali non sareb-be necessaria l’indicazione dei motivi e l’allegazione di una completa documentazio-ne.

Nel documento Il reato continuato: aspetti processuali (pagine 46-49)