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inventare una politica di contatto e di comunica-zione.
Vogliamo trovare una soluzione? L’utopia? Io credo che l’utopia sia una cosa molto buona per la mente. Noi veniamo da quasi un secolo e mezzo di ideologia e non abbiamo capito quanto l’ideologia faccia male alla salute, sia a quella men-tale che quella fisica. Quindi io opto per l’utopia: fa meno male e consente di dare un indirizzo. Lancio da un po’ di tempo questa utopia bizzarra: un’utopia di bontà missionaria. Parto da un dato banale che viene fuori da alcuni incontri che faccio regolarmente con l’ “industria del lusso” (soprat-tutto francese). I francesi hanno delle tabelle mol-to simpatiche, una di queste è la tabella dei ricchi nel mondo. Per loro il ricco è colui che butta via il rimanente di 1 milione di dollari che gli resta nell’anno.
Ci sono momentaneamente 18 milioni di ric-chi al mondo e in prospettiva quando i nostri figli avranno la nostra età ce ne saranno 60 milioni, perché si aggiungono, crescono in continuazione.
Hanno delle caratteristiche bizzarre: sono ric-chi ma non sanno vivere. Se vi capita mai di fare un giro ad Hong Kong d’estate, è un posto terri-bile, c’è odore di aglio ovunque ma questo odore non si sente non perché mangiano l’aglio, ma per-ché ne mangiano troppo. L’ultima volta che ero ad Hong Kong mi sono detto: se avessimo un gruppo di missionari che spiegassero loro che con una ca-micia di cotone o di lino e mangiando meno aglio otterrebbero uno stile di vita più accettabile, noi avremmo compiuto un gesto umanitario e loro starebbero meglio. Così avremmo salvato una par-te del pianeta. È in seguito a questa constatazione, che mi è venuta l’idea di lanciare un progetto uto-pico: “ogni italiano deve adottare un ricco”. Detta così sembra assurda, però è ovviamente un’utopia che dà una linea di indirizzo.
La linea di indirizzo in che cosa consiste? Nel raccontare al resto del mondo che ci sono dei pa-rametri di articolazione della vita quotidiana che la rendono più possibile.
Questi parametri sono ad esempio: il modo in cui si mangia, il modo in cui ci si veste, il modo in cui si spende. Abbiamo una missione umanitaria davanti a noi: spiegare ai ricchi come si fa a vivere, spiegare ai cinesi come si fanno le città.
Questo è un progetto utopico, ovviamente, ma è anche un progetto possibile, soprattutto ha un vantaggio: credo tutti vogliono condividere questo progetto se vogliamo diventare milionari.
L’ideologia porta necessariamente all’obbligo dell’attuazione, l’utopia no. Quest’ultima ha un vantaggio, ovvero, dà una linea di direzione.
Tutto quello che ho detto fin ora è la premessa alla mia conferenza su Santa Maria della Scala. Se Santa Maria della Scala serve solo per ricreare la mostra su Duccio, lo stesso Duccio si offendereb-be: adesso bisogna fare di più.
La radice della questione è: la macchina (il Santa Maria della Scala) può dare un destino di sviluppo alla città?
Quando si parla di patrimonio culturale non mi piace neanche parlare di patrimonio, penso che utilizzare la parola patrimonio sia sbagliato. A me piace molto di più parlare di eredità, l’eredità la si riceve e la si trasmette, il patrimonio lo si riceve e lo si può sciupare (quello che abbiamo fatto). Quindi l’eredità non si può sperperare poiché genera un obbligo morale di manutenzione e di miglioria. Poi c’è un’altra cosa importante: il patrimonio è fatto di sassi, edifici e cose, l’eredità non è fatta solo di queste cose, ma anche di come si usano queste cose. Facciamo l’esempio di un teatro lirico. L’ere-dità del teatro non è solo il muro ma è come si usa: avere un pubblico non analfabeta. L’eredità è fatta di sapere, di conoscenza e di percezione”.
Philippe Daverio concluse con questa frase il suo intervento.
Il presentatore della conferenza intervenne co-municando come in questo incontro doveva essere presente anche il direttore italiano dei beni cultu-rali “Ugo Soragni” ma a causa di impegni lavorativi non è stato possibile. Nonostante la sua assenza ha fatto recapitare il suo intervento scritto con i saluti, letto, in sede, dal dottor Bianchini. Dopo la lettura dei saluti del Soragni, Philippe Daverio fa un pic-colo commento, parlando del “Santa Maria della Scala”: “Analizzando le parole appena ascoltate mi soffermo su questa frase: il Santa Maria della Scala gode di una posizione strategica e mentre lo ascol-to dico: però purtroppo non gode più di ossigeno per sopravvivere. Non basta la posizione strategica senza dietro un progetto economico”.
Concluso l’intervento di Daverio si passa ad una serie di ringraziamenti e di ulteriori picco-li interventi e saluti da parte dei partecipanti alla conferenza come: Massimo Vedovelli, assessore alla Cultura del Comune di Siena, Anna Di Bene, soprintendente alle Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo, e Gianfranco Indrizzi, rettore dell’Opera della Metropolitana.
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4. Saluti del pubblico a Philippe Daverio.
Indice
Felicia Rotundo e Roberta Gori, Il volto nuovo dell’Accademia agli inizi del Novecento I - Le stanze dell’Accademia: splendidi esempi di decorazioni veramente artistiche
di Felicia Rotundo ... pag. 2
II - Il restauro della volta dipinta della sala da tè, di Roberta Gori ... » 10
Roberto Cresti, L’area della chiesa di S. Pellegrino e di piazza Indipendenza Dall’età romana al secolo XIII ... » 14
Mario Ascheri e Vinicio Serino, Papa Alessandro III, un grande senese… scomodo! I - Un papa per un nuovo mondo, di Mario Ascheri ... » 26
II - L’Opus di Spinello e l’immagine di un papa teocratico, di Vinicio Serino ... » 31
Stefano Pasquini, Da Montaperti a Campaldino: Guelfi e Ghibellini nella Divina Commedia ... » 38
Laura Perrini, Le opere di Federigo Tozzi come testimonianza storico-archeologica di luoghi ormai scomparsi ... » 48
Simonetta Losi, Vittoria Gazzei Barbetti Un’intellettuale senese amica di Federigo Tozzi ... » 56
Istituto Studi Floriani, Dal Rozzo Angelo Cenni il Risoluto al Resolute John Florio ... » 66
Senio Sensi, Contrade: i tesori d’arte e le memorie ... » 70
Margherita Anselmi Zondadari, Tra bibliofilia e ricerca storica
Il recente contributo di Ettore Pellegrini sulla Guerra di Siena ... » 76
Mario Ascheri, A Siena tra palazzi comunali vecchi e ‘nuovi’
Dire Palazzo Pubblico, della Signoria, del Comune o della Repubblica? ... » 90
Sommari/Abstracts ... » 95
Attività culturali dei Rozzi nel primo semestre 2020 ... » 97
Philippe Daverio, La forza dell’utopia Brillanti considerazioni ai Rozzi ... » 98
Anno XXVII/2 – N. 53 – Dicembre 2020
La rivista è liberamente consultabile dal primo nunero sul sito dell’Accademia: www.accademiadeirozzi.it.
Periodico culturale fuori commercio dell’Accademia dei Rozzi di Siena fondato da Giancarlo Campopiano Direttore responsabile: Renzo Marzucchi
Redazione: Mario Ascheri – Maurizio Bianchini – Alessia Campopiano – Piero Ligabue – Simonetta Losi
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