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La buona fede come obbligo di ponderazione tra l’interesse primario e la tutela dell’affidamento del privato.

LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE DELLA P.A NELLA FASE PUBBLICISTICA DELL’EVIDENZA PUBBLICA.

1. Impostazione del problema.

2.1 Le opinioni contrarie alla rilevanza della buona fede nel diritto amministrativo Critica.

2.2.2 La buona fede come obbligo di ponderazione tra l’interesse primario e la tutela dell’affidamento del privato.

Secondo un autorevole orientamento dottrinale181, l’applicazione del principio di buona fede in diritto amministrativo trova fondamento nella tutela dell’affidamento ingenerato nel privato da un precedente comportamento posto in essere dall’amministrazione. Più in particolare, tale affidamento integra una situazione giuridica soggettiva che, quale regola della decisione dell’amministrazione, si traduce nell’obbligo in capo alla p.a. di valutare e ponderare l’interesse pubblico con l’interesse correlato all’affidamento.

Prima di esaminare specificamente tale ricostruzione dogmatica, è opportuno chiarire di quale nozione di affidamento la citata dottrina intende dimostrare l’applicabilità anche nell’ambito del diritto amministrativo, evidenziando, più in particolare, i rapporti tra concetto di buona fede e nozione di affidamento.

Come precedentemente rilevato182, la maggioritaria dottrina civilistica – in linea generale – ha riconosciuto alla clausola generale di buona fede due forme di manifestazione: da un lato, l’obbligo del soggetto di agire conformemente al comportamento precedentemente tenuto, in ossequio al principio espresso nel noto broccardo non venire contra factum proprium; dall’altro e più in generale, l’obbligo del soggetto di comportarsi iure, ossia secondo una correttezza astrattamente determinata, ma determinabile sulla base della fattispecie concreta. Della nozione di buona fede si distinguono, pertanto, una nozione ristretta e qualificata, che si esprime nel principio di non contraddizione con un precedente comportamento, e una nozione generica, che si risolve nel rispetto dei canoni di lealtà e correttezza che devono informare l’agire di tutti i soggetti dell’ordinamento indipendentemente dal precedente comportamento posto in essere dal soggetto agente183.

Più in particolare, specularmente al principio di non contraddizione, è configurabile una situazione giuridica soggettiva di affidamento, consistente nell’aspettativa184 generata da un precedente comportamento della controparte, aspettativa a che la successiva condotta posta

181 MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico, op. cit.. 182

Cfr. cap. I, par. 1.

183 GRASSETTI C., L’interpretazione del negozio giuridico, con particolare riguardo ai contratti, Cedam, Padova,

1938, pp. 189 e ss..

184 Per la nozione civilistica del concetto di aspettativa si rinvia a NICOLO’ R., voce Aspettativa (dir. civ.), in Enc. giur.

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in essere dal soggetto affidante sia coerente con quella che, in precedenza, ha ingenerata l’altrui fiducia.

All’opposto, di fronte al generico obbligo di correttezza (non riferito ad un precedente comportamento), sussiste la generica aspettativa a che tutti i soggetti dell’ordinamento giuridico con i quali si viene a contatto rispettino, non solo lo strictum ius, ma anche le regole di lealtà e correttezza imposte dal principio generale di buona fede.

La dottrina in esame, in considerazione della rilevata dicotomia che caratterizza il concetto di buona fede oggettiva e – specularmente – la nozione di affidamento quali elementi della medesima fattispecie giuridica185, prospetta una ricostruzione della rilevanza della buona fede in diritto amministrativo accogliendo la nozione ristretta di affidamento, inteso come aspettativa a che la controparte mantenga un comportamento coerente con la precedente condotta affidante186.

Più in particolare, secondo la medesima dottrina, tale necessaria coerenza si traduce, sotto il profilo dell’esercizio della funzione amministrativa, in un obbligo di valutare e ponderare due interessi: l’interesse alla soddisfazione dell’affidamento creato dal precedente comportamento, da un lato, e l’interesse all’emanazione di un atto o a porre in essere una condotta funzionale al perseguimento del pubblico interesse ma pregiudizievole della situazione giuridica consolidata, dall’altro187.

Così intesa, la tutela dell’affidamento del privato impone all’amministrazione una corretta ponderazione degli interessi in gioco, nell’ambito della quale il sacrificio dell’interesse connesso all’affidamento può ritenersi legittimo solamente se giustificato in ragione del perseguimento di un interesse (pubblico) prevalente e sopraggiunto.

Il principio di buona fede oggettiva – inteso come obbligo di ponderazione, anche in ossequio al principio di proporzionalità, tra l’interesse pubblico e l’interesse di un privato qualificato da precedenti atti o comportamenti della stessa amministrazione – costituisce, pertanto, un principio generale non scritto, una “regola della decisione dell’amministrazione”188.

185 GRASSETTI, L’interpretazione del negozio giuridico, con particolare riguardo ai contratti, op. cit., p. 197;

MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico, op. cit., p. 127.

186 Ibidem, pp. 128 – 129.

187 Ibidem, p. 130; cfr. anche MANGANARO, principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, op.

cit., p. 60.

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Specificamente, secondo la dottrina in esame, in considerazione della diversa rilevanza applicativa che può diversamente assumere in ordine alla funzione amministrativa il principio di legalità, che “si articola su di un arco che va dalla semplice attribuzione del potere, senza la disciplina dei presupposti per il suo esercizio, all’analitica disciplina dei presupposti di fatto propria della riserva di legge cd. assoluta”189, devono ritenersi operanti, nell’ambito di quello “spazio intermedio”190 tra attribuzione del potere discrezionale e concreto esercizio dello stesso, i principi generali - quale quello di buona fede – che svolgono, pertanto, una funzione integrativa della fattispecie legislativa191.

Più in particolare, il fenomeno giuridico dell’integrazione della fattispecie normativa con un principio generale non scritto è connesso alla (progressiva) affermazione dello Stato di diritto, manifestatasi nella sottoposizione dell’intera azione (recte: funzione) amministrativa a principi di diritto, consistenti, o in norme legislative, ovvero – in mancanza delle stesse o in ragione della loro lacunosità – in principi generali non scritti192, desunti dalla giurisprudenza amministrativa dalle sollecitazioni promananti dalla Costituzione materiale. Ne deriva la diretta applicazione all’amministrazione di precetti costituzionali – scritti e non scritti - e la loro giustiziabilità nei confronti del soggetto pubblico, conseguentemente assumendo il giudice amministrativo anche un ruolo di “giudice della «costituzionalità» amministrativa” in quanto “competente a giudicare della conformità dell’azione amministrativa, non solo alla legge ma anche alla Costituzione (scritta e non scritta)”193. In altri e più semplici termini, la buona fede viene a configurarsi come un principio costituzionale non scritto, integrativo della fattispecie normativa ed oggetto di valutazione comparativa in sede di scelta amministrativa, imponendo alla p.a una ponderazione tra interesse primario istituzionalmente perseguito e affidamento suscitato nel cittadino da un precedente atto o comportamento dell’amministrazione stessa.

189

MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico, op. cit., p. 236.

190 Ibidem, p. 237.

191 Ibidem, pp. 236 – 237. Con riferimento all’integrabilità della fattispecie legislativa con il principio generale di buona

fede, NIGRO M., “Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale contro la pubblica amministrazione, in AA. VV., L’azione amministrativa tra garanzia ed efficienza, Formez, Napoli, 1981, parla di “legalità – giustizia” (p. 33).

192 Significativo MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico, op. cit., che, con riferimento ai principi

generali non scritti suscettivi di integrare la disciplina pubblicistica, parla di “parte non codificata del diritto

amministrativo” (p. 108).

193 Cfr. ONIDA V., Pubblica amministrazione e costituzionalità delle leggi, Giuffrè, Milano, 1967, p. 171, secondo cui

la mediazione della legge non è un quid necessario fra la Costituzione e l’attività amministrativa; quando non esistono leggi che applicano specificamente precetti generali costituzionali nei confronti della p.a., questi precetti – scritti o non scritti – disciplinano direttamente l’attività amministrativa.

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2.2.3 La tutela della buona fede come garanzia delle situazioni giuridiche favorevoli del