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Capitolo 2

IL CALCESTRUZZO AUTOCOMPATTANTE

I calcestruzzi autocompattanti (Self Compacting Concrete, SCC) sono conglomerati caratterizzati da un’elevata lavorabilità, superiore a quella caratteristica della classe di consistenza S5 dei calcestruzzi ordinari e da una buona coesione che previene la segregazione dell’impasto. Il calcestruzzo è in grado di fluire durante il getto nelle casseforme per effetto del solo peso proprio e di mantenere una composizione omogenea. È inoltre in grado di riempire completamente gli spazi tra le armature e nelle casseforme e di espellere l’aria intrappolata, senza la necessità di vibrazione.

Fig. 10 - Calcestruzzo autocompattante

Un calcestruzzo autocompattante, allo stato fresco, è quindi caratterizzato da:

deformabilità, intesa come la capacità di modificare la sua forma sotto

la sola azione del peso proprio, per adattarsi a quella del cassero in cui la miscela viene introdotta;

mobilità in spazi ristretti, che permetta al conglomerato di scorrere in

restringimenti di sezione, dove normalmente è probabile l’arresto del flusso di calcestruzzo a causa dell’aumento delle collisioni tra le particelle di aggregato grosso;

Il calcestruzzo autocompattante

IL CALCESTRUZZO AUTOCOMPATTANTE

I calcestruzzi autocompattanti (Self Compacting Concrete, SCC) sono conglomerati caratterizzati da un’elevata lavorabilità, superiore a quella caratteristica della classe di consistenza S5 dei calcestruzzi ordinari e da una buona egregazione dell’impasto. Il calcestruzzo è in grado di fluire durante il getto nelle casseforme per effetto del solo peso proprio e di mantenere una composizione omogenea. È inoltre in grado di riempire eforme e di espellere l’aria

Un calcestruzzo autocompattante, allo stato fresco, è quindi caratterizzato da: come la capacità di modificare la sua forma sotto la sola azione del peso proprio, per adattarsi a quella del cassero in cui la

, che permetta al conglomerato di scorrere in restringimenti di sezione, dove normalmente è probabile l’arresto del flusso di calcestruzzo a causa dell’aumento delle collisioni tra le particelle

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- elevata resistenza alla segregazione, che permette di conservare una distribuzione uniforme dei costituenti durante la lavorazione del calcestruzzo fresco.

Il comportamento autocompattante può essere raggiunto attraverso un opportuno proporzionamento dei costituenti della miscela, che si basa essenzialmente sull’utilizzo di:

- elevati dosaggi di additivi superfluidificanti, in grado di aumentare la fluidità della miscela diminuendo il limite di scorrimento; d’altra parte tali additivi riducono anche la viscosità plastica e quindi favoriscono la segregabilità dell’impasto;

- un elevato volume di materiali fini (polveri), con particelle di dimensione inferiore a 100 μm (ovvero cemento, filler, aggiunte minerali ed eventuali frazioni finissime dell’aggregato), che aumenta la coesione dell’impasto e ne contrasta la segregazione; le quantità richieste di polveri raggiungono valori di500-600 kg/m3 che non possono essere garantiti dal solo cemento; per questo motivo si impiegano altri tipi di aggiunte che possono essere dei filler inerti (come il calcare macinato finemente) oppure materiali con caratteristiche pozzolaniche o idrauliche (cenere volante, loppa d’altoforno, etc.); queste ultime, grazie alla reazione pozzolanica, migliorano anche la resistenza meccanica e la durabilità del calcestruzzo indurito;

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- additivi modificatori di viscosità (VMA), appositamente sviluppati per i

calcestruzzi autocompattanti che, analogamente alle polveri, aumentano la coesione dell’impasto, rendendolo più stabile e più resistente alla segregazione;

- una ridotta dimensione dell’aggregato (16-20 mm) e un modesto contenuto di aggregati grossi che possono bloccare il flusso di calcestruzzo in prossimità direstringimenti di sezione o di zone con armature fitte.

2.2 Dagli anni ’80 ad oggi

Alcuni tipi di miscele che possono essere considerati i precursori del calcestruzzo autocompattante (SCC) sono conosciute da tempo. Oltre 70 anni fa, infatti, negli USA, si mettevano in opera calcestruzzi molto fluidi denominati: “calcestruzzi colati”. Essi avevano delle buone caratteristiche auto compattanti e autolivellanti. La loro buona fluidità, tuttavia, andava a scapito della durevolezza, in quanto questi calcestruzzi potevano essere confezionati solo con rapporti A/C molto elevati. I calcestruzzi che oggi sono classificati come SCC, comunemente attribuiti all’invenzione del Prof. Okamura, sono stati impiegati, con la denominazione “Self Compacting” a partire dal 1988 in Giappone e Canada. Solo nel 1990 sono stati però eseguiti i primi grandi progetti in Giappone. L’introduzione in Europa (Francia, Svezia) è ancora più recente e risale al 1996.

Un prototipo di SCC fu sperimentato per la prima volta nel 1988 e realizzato utilizzando materiali facilmente reperibili sul mercato. Ebbe la denominazione di “High Performance Concrete”, quasi nello stesso periodo però questo nome fu dato, da Altcin e altri, ad un tipo di calcestruzzo a basso rapporto A/C ed elevata durabilità. Il nome del calcestruzzo di cui trattiamo fu allora cambiato in quello odierno di “Self Compacting Concrete”.

Un primo documento sul calcestruzzo autocompattante fu presentato da Ozawa all’EASEC-2, la seconda East-Asia and Pacific Conference in Structural Engineering and Construction, nel Grnnaio 1989. Successivamente, sempre per merito del Prof. Ozawa, ci fu la presentazione dell’SCC al CAMMET & ACI

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International Conference di Istanbul nel maggio del 1992; seguì l’ACI workshop nel novembre del 1994 a Bangkok, sponsorizzato dal Prof. Zia, attraverso il quale l’SCC diventò conosciuto fra i ricercatori e gli ingegneri di tutto il mondo interessati alla durabilità del calcestruzzo ed alla razionalizzazione delle metodologie di costruzione.

Nel novembre del 1996 il Prof. Okamura realizza il Ferguson Lecture at ACI Fall Convention a New Orleans, che diffonde la conoscenza dell’SCC fra i ricercatori in America; nel gennaio del 1997 venne fondato il comitato del Rilem che tratta di calcestruzzo autocompattante; nell’agosto del 1998, a Kochi, in Giappone, si realizza il primo workshop dedicato al Self Compacting Concrete e per finire, nel settembre del 1999, il First International Rilem Symposium di Stoccolma, getta le basi per una collaborazione ed un confronto a livello mondiale su questo tema così importante.

Attualmente è attivo un gruppo di studio su scala internazionale nella ricerca e nella standardizzazione di test legati all’SCC atti a stabilire e misurare, nella fase di miscelazione e di getto, le caratteristiche di auto compattazione.

2.3 Le ragioni dello sviluppo

Il calcestruzzo autocompattante è ormai considerato da tutti gli esperti mondiali il calcestruzzo del futuro. Committenti, progettisti ed imprese, possono guardare avanti con rinnovata fiducia alle loro opere nel rispetto delle esigenze di qualità, design architettonico e costi di costruzione.

Le nuove tecniche costruttive e l’attenzione dei committenti al “costo globale” delle opere, che include anche i costi di manutenzione del periodo di vita in servizio, richiedono una sempre maggiore attenzione alla durabilità delle strutture.

La mancanza sempre più sentita di personale qualificato e ben preparato al getto ed alla costipazione del calcestruzzo porta le impresa ad affrontare una serie di problematiche che incidono sia sui costi di esecuzione dei lavori che nella qualità dell’opera.

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L’obiettivo primario per il futuro delle costruzioni, rimane, pertanto, il miglioramento della produttività: il calcestruzzo autocompattante in questa ottica contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di questo risultato riducendo drasticamente i costi di produzione.