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Calcolo del numero di apparecchi per l’illuminamento mantenuto Dalla definizione di fattore di utilizzazione si ha per un impianto nuovo:

Nel documento ILLUMINOTECNICA Parte II (pagine 70-73)

METODO DELL’ILLUMINAMENTO UNIFORME MEDIO O DEL FATTORE DI UTILIZZAZIONE

5. Calcolo del numero di apparecchi per l’illuminamento mantenuto Dalla definizione di fattore di utilizzazione si ha per un impianto nuovo:

u in ut

tot F

,

Se E indica il valore dell’illuminamento scelto nella terna di valori riportati dalle Norme ed S l’area del piano di lavoro, nell’ipotesi di distribuzione uniforme dell’illuminamento sul piano di lavoro, propria del metodo, sempre in condizioni di impianto nuovo, si ha:

E S E

Sutin

utin 

, ,

Da cui:

u

tot F

S E

Confrontando le relazioni che esprimono il flusso totale uscente dagli apparecchi si ricava facilmente il numero di corpi illuminanti necessario per assicurare lo svolgimento del compito visivo in condizioni di impianto nuovo:

out

Fu

S N E

 

A questo punto appare necessaria la definizione di due fattori correttivi che consentono di aggiustare il calcolo del numero di apparecchi illuminanti in condizioni operative normali, quando, cioè, gli apparecchi e le lampade, inevitabilmente invecchiati e con le superfici trasparenti insudiciate esteriormente per il deposito di polvere e vapori condensati ed altro, riducono il loro flusso luminoso rispetto a quello iniziale.

I fattori correttivi inseriti da subito nel calcolo di progetto dell’impianto comportano certamente un iniziale sovradimensionamento dell’impianto e una temporanea lievitazione dei costi di esercizio che con il trascorrere del tempo scompaiono normalizzandosi su valori più giusti rispetto alle normali condizioni di esercizio.

Fattore di decadimento

Il primo fattore correttivo è il cosiddetto fattore di decadimento “d” che è definito come rapporto tra il flusso mantenuto emesso dopo un certo tempo commerciale (a regime), ed il flusso della sorgente nuova:

 

out regime

d

Per una normale lampada ad incandescenza il decadimento dipende fortemente dall’annerimento del bulbo di vetro che perde progressivamente la sua trasparenza iniziale a seguito della sublimazione del tungsteno.

Per le lampade fluorescenti l’invecchiamento si evidenzia con il ridursi dell’efficacia dei fosfori, con il deteriorarsi degli elettrodi metallici sotto il continuo bombardamento soprattutto dei più massivi ioni positivi etc..

Il fattore di decadimento o deprezzamento è un numero minore o uguale all’unità (vale 1 quando l’apparecchio è nuovo) e viene di solito fornito dai costruttori, ma, in mancanza di informazioni precise, può essere assunto dalla Tabella 14 seguente.

Tabella 14: Valori tipici del fattore di decadimento

Tipo di lampada Decadimento Lampade ad incandescenza 0.90

Lampade a fluorescenza 0.88

Lampade a vapori di sodio 0.85 Lampade a vapori di mercurio 0.85 Lampade a luce miscelata 0.86

Fattore di manutenzione

L’altro fattore correttivo è il cosiddetto fattore di manutenzione “m” che dipende dal grado di pulizia e dalla frequenza degli interventi di pulizia effettuati nell’ambiente da illuminare. La sporcizia si deposita prevalentemente sulle superfici orizzontali risparmiando quasi del tutto quelle verticali dove comunque può accumularsi per effetto delle forze di adesione e di attrazione di natura elettrostatica sulla sporcizia inerte in movimento per gravità o per ventilazione. Le cause più comuni di insudiciamento sono la polvere, la segatura, i vapori grassi ed oleosi liberati in atmosfera nei processi di cottura e di trattamento ad alta temperatura, i vapori fuoriusciti da vasche a cielo aperto, le particelle di sostanze trascinate dai vapori, fumi, sfilacciature di tessuti, ceneri, vapori di vernici e di colle, polveri di marmo e di legno etc. Nella tabella 15 vengono indicati alcuni valori di riferimento del fattore di manutenzione

Tabella 15: Valori consigliati per il fattore di manutenzione

Pulizia Atmosfera sporca

Atmosfera pulita

Frequente 0.85 0.95

Normale 0.80 0.90

Scarsa 0.75 0.85

Noti il fattore di manutenzione e quello di decadimento, introduciamo il cosiddetto

“flusso utile mantenuto” ut,mt, il flusso cioè che giunge sul piano di lavoro (utile) in condizioni di esercizio di regime dell’impianto (mantenuto). Tra il flusso utile iniziale e quello mantenuto esiste, naturalmente, la seguente relazione:

d

in

m

ut mt

ut,

 

,

 

In condizioni di regime, si ha, sempre nella ipotesi di uniformità dell’illuminamento sul piano di lavoro, che sta alla base del metodo:

S perdita luminosa”, dato dal prodotto tra il fattore di decadimento e quello di manutenzione:

d m F  In questo caso assume la forma seguente:

F

Una volta trovato il numero di corpi illuminanti da installare deve essere determinata la loro distribuzione più adatta al conseguimento di una opportuna ed adeguata sovrapposizione dei fasci di luce sul piano di lavoro senza il fastidio dovuto alla formazione di chiazze chiare e scure e con l’obiettivo fondamentale di realizzare il massimo grado di uniformità possibile. Le Norme CIE 52,1982 propongono una soluzione tipo per un locale a geometria rettangolare con il rapporto tra le dimensioni in pianta dato da:

a b16.

distinguendo tra corpi illuminanti disposti in numero di M parallelamente al lato più lungo a ed in numero di N parallelamente all’altro lato. Per il locale di riferimento i valori di M ed N sono funzione dell’indice del locale come riportato in Tabella 16:

Tabella 16: Valori consigliati di M ed N per una corretta distribuzione dei corpi illuminanti

Indice del locale

0.6 0.8 1.0 1.25 1.5 2.0 2.5 3 4 5 10 20

M 2 2 3 3 4 4 5 6 8 10 20 38

N 1 2 2 3 3 4 4 4 5 6 12 24

Un altro criterio per la distribuzione dei corpi illuminanti si basa sul parametro usualmente denominato “Massima spaziatura ammissibile” dmax tra i centri o tra gli assi di simmetria dei corpi illuminanti:

dmaxSC h

dove h è la distanza in metri tra il piano di lavoro ed il piano di montaggio dei corpi illuminanti, mentre SC, detto Criterio di Spaziatura, è un numero fornito dal costruttore o in alternativa, ricavabile dalle tabelle I.E.S. che indicano il valore di SC per tutte le tipologie dei corpi illuminanti standardizzati. Le file dei corpi illuminanti vicine alle pareti è bene che distino da queste tra la terza parte e la metà della distanza massima ammissibile tra due file consecutive.

Per la scelta del piano di sospensione delle sorgenti si può tenere conto delle seguenti valutazioni circa il rapporto di sospensione rs:

r h

s  h h

 ' ' con

h h

' 2 0 1

 rs 3

dove h è la distanza tra il piano di sospensione delle lampade ed il piano di lavoro, mentre h’ è la distanza tra il piano delle lampade ed il soffitto. Il rispetto di tale regola dovrebbe garantire una buona uniformità di distribuzione della luce che, comunque, deve essere verificata per validarne la conformità alle norme mediante il metodo punto a punto o mediante misure in alcuni punti più significativi.

Nel documento ILLUMINOTECNICA Parte II (pagine 70-73)