• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 4 - Apparecchiature sperimentali

4.1 CALORIMETRO A SCANSIONE DIFFERENZIALE (DSC)

Per la valutazione della stabilità termica è una prassi comune iniziare le analisi su piccola scala, in quanto il materiale disponibile nelle prime fasi di sviluppo del processo è limitato, ma soprattutto perché è meno probabile che un qualsiasi evento termico inaspettato crei danni significativi.

La DSC (Differential Scanning Calorimeter) è un metodo termico nel quale viene misurata, in funzione della temperatura del campione, la differenza tra i flussi termici nella sostanza in esame ed in un riferimento, intanto che entrambi sono sottoposti ad un programma controllato di temperatura.

Questo strumento appartiene alla categoria dei microcalorimetri, con cui si intendono le apparecchiature con volume di reazione inferiore ad 1 millilitro.

Il principio di funzionamento della DSC consiste nel confrontare il campione in esame con un campione inerte di riferimento ed entrambi sottoporli ad un riscaldamento progressivo mantenendo le temperature identiche tra i due campioni.

In corrispondenza di una trasformazione o reazione chimica, viene fornita al campione una quantità misurata di energia, e viene registrata la potenza che è necessario fornire oppure sottrarre al campione per annullare la differenza di temperatura con il riferimento.

In altre parole, ogni trasformazione eso o endotermica del campione provoca uno squilibrio del sistema, che viene immediatamente corretto per ristabilire l'eguaglianza di temperatura. L'energia elettrica necessaria per ristabilire l'equilibrio rappresenta la misura diretta dell'energia termica sviluppata o assorbita nella trasformazione. Lo strumento registra la velocità con cui il calore viene assorbito o ceduto dal campione (dH/dt) durante la transizione in funzione della temperatura o del tempo. Si ottiene in tal modo un diagramma caratteristico che individua gli eventi termici in relazione alla temperatura e l'entità dei medesimi. Gli esiti di queste prove sono molto utili per acquisire informazioni sulle transizioni di fase di un

composto, ma anche per studiare la stabilità di una sostanza riscontrando se si verificano reazioni di decomposizione.

Un esempio di una tipica curva DSC è di seguito riportata in Figura 4.1.

Figura 4.1. Esempio di una curva DSC.

Il tracciato ottenuto nel corso di una prova registra l’andamento della produzione di calore in funzione della temperatura, e dalla stima dell’area di un eventuale picco si ha un’indicazione quantitativa del calore coinvolto nella trasformazione. Anche la pendenza del tracciato è importante per definire la pericolosità della reazione; a parità di area del picco globale, una salita repentina della curva è indice di pericolosità maggiore e può essere provocato da un forte incremento della costante cinetica di reazione o da un alto valore dell’entalpia di reazione.

Osservando il funzionamento dello strumento più dettagliatamente, si ha che il calore fluisce nel campione e nel riferimento attraverso una piattaforma termoelettrica. La differenza tra i flussi di calore del campione e del riferimento viene misurata dalle termocoppie poste sotto i campioni. Il flusso di calore differenziale è direttamente proporzionale alla differenza tra i segnali in uscita dalle termocoppie. In Figura 4.2 è riportato lo schema di funzionamento.

Figura 4.2. Schema di funzionamento DSC.

Un test con DSC richiede una quantità limitata di campione (pochi mg) e brevi tempi di analisi. Lavorare con pochi milligrammi di sostanza è un grande vantaggio soprattutto per un esame preliminare nel caso di sostanze sconosciute che possono decomporsi o esplodere violentemente. Per questo motivo vengono utilizzate soprattutto per lo screening iniziale sui reagenti di partenza, sugli intermedi isolati, sui residui di evaporazione, sui residui di distillazione, sui prodotti, sulle acque madri, ecc.

Le prove possono essere eseguita in atmosfera ossidante (aria) o inerte (azoto) con qualche complicazione operativa per l’eliminazione dell’aria statica. Le prove in aria statica sono utili per valutare la reattività del campione nei confronti dell’aria, verificando se vi è origine di reazioni secondarie dovute all’ossidazione.

Altro fattore che non può essere trascurato è il materiale che costituisce i crogioli portacampioni. I crogioli standard sono in alluminio, ma questi anche se chiusi con il proprio coperchietto e sigillati, non possono resistere all'aumento di pressione, dovuto allo sviluppo di prodotti gassosi durante le reazioni di decomposizione, per cui la rottura del portacampione durante la prova renderebbe molto difficile la valutazione quantitativa del dato. Per risolvere questo problema sono stati sviluppati diversi portacampioni ad alta pressione. Diverse case costruttrici hanno perfino proposto crogiuoli resistenti fino a 100 bar. Bisogna porre particolare attenzione nella scelta del materiale dei crogioli non solo per motivi di pressione, ma anche perché alcuni materiali potrebbero reagire con il reagente contenuto portando a risultati errati.

Per lo svolgimento di questa tesi, gli studi sulla stabilità termica delle miscele di reazione monitorate tramite DSC, sono stati eseguiti utilizzando lo strumento “Mettler Toledo 822e”, il quale è mostrato in Figura 4.3.

Figura 4.3. In figura (a) è visibile la foto dello strumento DSC “Mettler Toledo 822e”, mentre in figura (b)

è mostrata la foto della piastra termoelettrica su cui poggiano il campione in esame ed il riferimento.

I vari campioni analizzati sono stati inseriti in crogioli rivestiti d’oro (Swiss SA M20) chiusi in aria statica, visibili nella foto di Figura 4.4.

Figura 4.4. Crogioli in acciaio rivestiti d’oro, resistenti ad alte pressioni.

In ogni test con DSC si è esplorato un intervallo di temperatura compreso tra i 30 e 400°C, con un gradiente lineare di riscaldamento di 5°C al minuto.

Prima di effettuare le analisi la procedura corretta richiede la calibrazione dello strumento, la quale è stata adempiuta basandosi sul punto di fusione dell’Indio come temperatura di riferimento.