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Cambiamenti cognitivi e invecchiamento

Quali sono dunque i cambiamenti cognitivi che inter-vengono nel corso dell’invecchiamento di cui queste alterazioni a livello cerebrale costituiscono il substrato?

Le nostre abilità mentali si compongono di funzioni co-gnitive diverse. Così come i cambiamenti strutturali del cervello variano da un’area corticale all’altra per

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sità e rapidità di progressione, i cambiamenti associati all’invecchiamento non avvengono in modo uniforme per tutte le funzioni cognitive. Alcune funzioni hanno un picco di performance attorno ai 20 anni, per poi de-clinare gradualmente durante il restante corso della vita;

altre tendono a rimanere stabili fino a tarda età, altre an-cora a mostrare scarso o nessun declino nel tempo.

1.3.1 Come si misura il cambiamento?

Problemi di metodo

Prima di illustrare in modo più specifico i cambiamenti cognitivi più significativi che intervengono con l’invec-chiamento e di cui vorremmo ritardare la comparsa o limitare gli effetti, è bene però avere un’idea dei meto-di utilizzati per arrivare a quantificare l’entità meto-di questi cambiamenti e delle difficoltà intrinseche al loro utilizzo.

Un limite comune a molti studi sul declino cogniti-vo, indipendentemente dal disegno adottato, è la di-storsione (bias) derivante dai metodi di reclutamento e selezione utilizzati: campionamento di convenienza (convenience sampling, cioè un campionamento non casuale ma effettuato fra persone facili da raggiungere o da contattare), uso di volontari, criteri di inclusione troppo restrittivi. Gli studi che adottano questo tipo di reclutamento tendono per lo più a sottostimare i cam-biamenti associati all’invecchiamento poiché i soggetti più sani, con meno limitazioni funzionali e in condi-zioni socioeconomiche meno svantaggiate verranno sovrarappresentati rispetto alla popolazione generale.

Al contrario, il reclutamento dei soggetti in centri per anziani o in strutture assistenziali tende a sovrastimare

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i cambiamenti per sovrarappresentazione dei sogget-ti più malasogget-ti o svantaggiasogget-ti. Il bias di selezione che ne deriva determina così la raccolta di dati di scarsa affida-bilità che non consentono di arrivare a risultati genera-lizzabili a tutti gli anziani e grandi anziani.

Vediamo ora quali sono i disegni di studio con cui si cerca di stimare il declino cognitivo. Rapidità di esecu-zione, immediatezza dei risultati, costi contenuti fanno sì che il tipo di studio di gran lunga più comune sia quel-lo che paragona la performance cognitiva di soggetti in specifiche classi di età in uno stesso momento (studio trasversale o studio cross-sectional).

Per esempio, verranno confrontate le performance a un test neuropsicologico di gruppi di ventenni, quaran-tenni, sessantenni e ottantenni in parallelo. In questo modo ciò che si osserva non è in realtà il cambiamento dei risultati al test all’avanzare dell’età, bensì le singole istantanee dei risultati ottenuti dai vari gruppi di età, da cui viene dedotto per giustapposizione il cambiamento che si verificherebbe con l’avanzare dell’età. Sulla base dei risultati osservati noi ipotizziamo, cioè, che se aves-simo testato la stessa coorte dei ventenni dopo 20, 40 e 60 anni (il film della performance al test dello stesso gruppo nel tempo) avremmo ottenuto dei risultati si-mili a quelli osservati nei quarantenni, sessantenni e ottantenni testati nello stesso tempo ma separatamen-te nello studio trasversale (il film generato dall’acco-stamento dei fotogrammi della performance al test dei singoli gruppi di età).

L’ipotesi però non risulta fondata a causa di quello che viene definito effetto coorte. Una coorte è un gruppo di

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individui di una popolazione che condivide caratteristi-che o esperienze comuni in un determinato periodo di tempo, in una determinata regione. Quando paragonia-mo la performance cognitiva di soggetti nati nel 2000 a quella dei nati nel 1920 o nel 1940, le differenze che os-serviamo non sono generate soltanto dalla variabile età, ma sono influenzate in modo significativo anche da al-tri fattori quali lo status economico, sociale e culturale, le esperienze educative dell’infanzia, l’alimentazione, l’esposizione ambientale, gli stili di vita, la conoscenza delle nuove tecnologie di ciascuna coorte.

Quando si raffrontano i risultati ottenuti da più coorti di età diversa (studio trasversale) a quelli ottenuti in una stessa coorte seguita nel tempo (studio longitudinale), quello che si osserverà è una tendenza, da parte degli studi trasversali, ad anticipare l’esordio del declino co-gnitivo e a sovrastimarne l’entità rispetto a quanto rile-vato negli studi longitudinali.

Un’alternativa allo studio trasversale è dunque quello longitudinale che richiede di seguire una stessa coorte nel tempo per osservare il cambiamento intraindivi-duale. Per avere un’idea del cambiamento delle funzioni cognitive con l’avanzare dell’età, testeremo la perfor-mance del signor XY all’età di 20, 40, 60, 80 anni. Te-stando sempre gli stessi soggetti, non avremo più il bias legato all’effetto coorte e i risultati dello studio daranno una risposta più affidabile circa l’effettivo cambiamento intervenuto con il tempo. Purtroppo però anche gli stu-di longitustu-dinali non sono immuni da limiti: costano stu-di più, sono molto lunghi e hanno due bias: uno specifico, l’effetto pratica e apprendimento (practice and

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ning bias), e uno più generale, legato al tasso di abban-dono o effetto sopravvivenza (selective attrition bias).

L’esposizione ripetuta nel tempo alla stessa batteria di test determinerà infatti un apprendimento che tenderà a limitare l’effettivo declino cognitivo associato all’in-vecchiamento. La lunghezza dello studio a sua volta si assocerà a un tasso di abbandono e di mortalità crescen-te da parcrescen-te dei parcrescen-tecipanti con l’effetto, anche in que-sto caso, di limitare il declino cognitivo poiché la coor-te rimanencoor-te, via via sempre più piccola, assomiglierà sempre meno a quella di partenza, essendo costituita dai soggetti che alla visita iniziale erano più motivati e abili e in migliori condizioni di salute. Per cercare di ovviare a tutti questi bias alcuni studi hanno fatto uso di un dise-gno trasversale sequenziale (cross-sequential study) in cui due o più coorti di età diverse sono comparate lungo un periodo di tempo. Si ottiene così una combinazione di un disegno trasversale con uno longitudinale.

Dopo aver compreso come la misurazione dei cam-biamenti cognitivi che intervengono nel processo di in-vecchiamento non sia affatto un’operazione scontata e che i risultati riportati in letteratura vadano sempre letti con notevole senso critico, possiamo tornare a descri-vere i cambiamenti su cui esiste un sufficiente consenso (la letteratura sull’argomento è vasta).

1.3.2 Intelligenza cristallizzata e intelligenza fluida Fra le teorie che cercano di sintetizzare i cambiamenti delle abilità cognitive nel corso della vita, la più influente è quella che distingue queste abilità in due componenti (costrutti): l’intelligenza cristallizzata e quella fluida.

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L’intelligenza cristallizzata è il risultato delle compe-tenze, abilità, conoscenze accumulate attraverso l’e-ducazione e l’esperienza nel corso della vita che utiliz-ziamo per risolvere problemi familiari. Esempi di abilità cristallizzate sono il vocabolario, la comprensione ver-bale, il giudizio, le conoscenze generali.

L’intelligenza fluida fa invece riferimento all’abilità di elaborare, manipolare e trasformare l’informazione per analizzare e risolvere problemi nuovi o poco familiari in modo rapido, efficiente, flessibile. Le abilità fluide sono particolarmente vulnerabili agli effetti dell’invecchia-mento, raggiungendo un picco nel giovane adulto per poi declinare, mentre l’intelligenza cristallizzata tende in generale dapprima a migliorare gradualmente per poi rimanere stabile fino a età avanzata. La conservazione delle abilità cristallizzate potrebbe dunque mitigare il declino dell’efficienza neurale consentendo alla perso-na anziaperso-na di mantenere uperso-na vita attiva e indipendente.

La distinzione tra abilità cognitive fluide e cristalliz-zate è un po’ generica e riduttiva rispetto alla complessa ed eterogenea architettura della mente e i cambiamen-ti associacambiamen-ti all’età delle abilità cognicambiamen-tive effetcambiamen-tivamente osservati ne mettono in discussione i costrutti che ne stanno alla base. Vediamo dunque di riassumere di se-guito i cambiamenti che intervengono alle specifiche abilità cognitive nel corso dell’invecchiamento.

1.3.3 Velocità di elaborazione (processing speed) Per quanto concerne gli aspetti cognitivi, il cambia-mento associato all’età più significativo e condiviso riguarda la velocità di elaborazione: la velocità con cui

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