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Sono stati effettuati campionamenti di zecche ixodidae dall’ambiente (questing ticks) in quattro aree delle province di Bologna e Ravenna.

I campionamenti sono stati effettuati ogni 15 giorni a partire da aprile fino a ottobre 2010, sempre negli stessi siti di campionamento. La tempistica di raccolta poteva variare di un giorno rispetto al programma stabilito in relazione alle condizioni atmosferiche, in quanto non poteva essere effettuata in caso di pioggia (Sonenshine, 1993). Oltre a questi campionamenti a livello ambientale, sono state raccolte zecche ixodidae che stavano compiendo il pasto di sangue (feeding ticks) su animali o su persone nelle zone dello studio ambientale.

5.1.1 QUESTING TICKS

La raccolta delle zecche dal suolo e dalla vegetazione è stata effettuata utilizzando teli di stoffa di 100 cm x 100 cm, che venivano trascinati “spazzolando” le aree da campionare; questo metodo è definito dalla letteratura anglosassone con il nome di

flagging (Sonenshine, 1993).

I teli, di colore bianco per permettere una più semplice visualizzazione delle zecche attaccate, sono montati su di un bastone in

modo da mantenerli ben tirati durante lo strascico sul terreno.

Il telo (Fig. 5.1) viene tirato lentamente per permettere l’attacco delle zecche, attirate dal movimento del telo stesso. Ogni 2 metri di percorso, secondo le indicazioni di Li e Dunley (1998), il telo viene accuratamente ispezionato, per individuare e prelevare le zecche che si sono attaccate, facendo particolare attenzione alle larve, che essendo di piccole dimensioni possono sfuggire all’osservazione, soprattutto se il telo è sporco o ha raccolto frammenti di vegetazione e terriccio.

Nel nostro studio abbiamo campionato sia

lungo percorsi lineari che intere aree. Per quanto riguarda le zone campionate come percorsi lineari sono stati definiti tratti di 100 metri suddivisi in “fasce” da 20 metri ciascuna; il campionamento è stato effettuato per trascinamento del telo sulla prima, terza e quinta fascia da 20 metri che abbiamo chiamato TRANSECT 1, TRANSECT 2 e TRANSECT 3 (Schema 5.1). In ogni transect il controllo dei teli è stato effettuato ogni 2 metri definiti subtransects (Li e Dunley, 1998). Lungo i percorsi lineari, essenzialmente sentieri, è stato campionato il lato a monte, in quanto considerato più ricco di zecche (Kramer and Beesley, 1993).

Figura 5.1 – Strisciamento del telo di stoffa sull’area di campionamento

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Schema 5.1: Rappresentazione schematica del percorso campionato suddiviso in transect e subtransect

Per quanto riguarda le zone campionate come aree, il campionamento è stato effettuato strisciando il telo su tutta la superficie. Ogni 2 metri, come per il campionamento lineare, i teli sono stati controllati e le zecche attaccate sono state prelevate, in modo tale da limitarne il fenomeno del distacco dal telo (Li e Dunley, 1998).

Durante ogni campionamento e per ciascun transect sono state registrate la temperatura in gradi centigradi e l’umidità percentuale di ogni sito a 5 cm dal suolo (Schwarz e coll., 2009) utilizzando un termometro con igrometro (Oregon Scientific) in modo tale da avere informazioni microclimatiche specifiche di ogni luogo di raccolta.

5.1.2 ZONE DI CAMPIONAMENTO

Le aree scelte per il campionamento (Fig. 5.2) sono rappresentate da sentieri, aree picnic e aree boschive nei pressi dei sentieri in parchi naturalistici dell’Emilia Romagna.

Le aree prese in esame sono localizzate lungo la dorsale appenninica e sebbene distanziate anche di alcune centinaia di chilometri, presentano caratteristiche ambientali e geologiche simili.

In provincia di Bologna le aree campionate sono state:

• Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi Dell’Abbadessa; località Ca’ de Mandorli (44° 26’ 32” N, 11° 26’ 30” E);

• Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi Dell’ Abbadessa; località Ciagnano (44° 24’ 57” N, 11° 27’ 16” E);

• Parco Regionale Abbazia di Monteveglio (44° 28’ 01 ” N, 11° 5’ 14” E). In provincia di Ravenna l’area campionata è stata:

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Figura 5.2: Luoghi campionati nella regione Emilia-Romagna

5.1.2.1 Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi Dell’Abbadessa

Il Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell'Abbadessa (Fig. 5.3) si sviluppa sulle prime pendici della collina bolognese, nelle immediate vicinanze del capoluogo emiliano (San Lazzaro di Savena, Ozzano dell'Emilia e Pianoro), tra i torrenti Savena, Zena, Idice e Quaderna e racchiude un territorio in cui spiccano gli spettacolari affioramenti dei gessi messiniani e i caratteristici calanchi del Passo dell'Abbadessa. Doline, calanchi, altopiani, valli cieche e rupi rocciose modellano il territorio lungo una fascia che, sviluppandosi in modo discontinuo trasversalmente alle valli, termina verso est nella imponente Vena del Gesso romagnola (anch'essa parte del sistema delle aree protette regionali). Il fiume Savena segna per un lungo tratto il confine occidentale dell'area protetta che a est si spinge sino al suo piccolo affluente Quaderna; nella sua parte centrale è situata la confluenza fra Zena e Idice.

Superficie a terra (ha): 4.815,87

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Figura 5.3: Parco dei Gessi e dei calanchi dell'Abbadessa, mappa del parco

Flora e fauna del parco

Il parco è caratterizzato da rupi gessose rivestite di vegetazione ridotta e discontinua alternate a zone boschive ricche di siepi ed arbusteti.

La morfologia del terreno influisce sul microclima e di conseguenza sulla tipologia di vegetazione. Nella valle si riscontra principalmente la presenza di vegetazione termofila nelle zone più elevate, mentre nelle zone più prossime al fondo si sviluppa una vegetazione mesofila e sciafila (vi si possono incontrare anche piante tipiche di fasce altitudinali più elevate, come, ad esempio, il castagno). Nelle zone in cui la roccia è scoperta si crea un microclima particolarmente caldo e arido che favorisce lo sviluppo di specie mediterranee generalmente inconsuete. I boschi sono caratterizzati da alberi di roverella, carpino nero, acero campestre, tiglio e castagno. Numerosi sono gli arbusti nel sottobosco tra cui nocciolo, corniolo, sanguinella coronilla, biancospini e fusaggine, spesso ricoperti di caprifoglio e vitalba. Sul fondo delle doline e agli ingressi degli inghiottitoi si registra un microclima fresco e umido, dovuto al ristagno di aria fredda, che favorisce lo sviluppo di piante normalmente riscontrate a quote superiori.

Nonostante l'estrema vicinanza all'area urbana bolognese, grazie al suo microclima ed ai differenti habitat, il parco ospita numerose specie animali.

Sono infatti segnalati piccoli roditori come il mustiolo (Suncus etruscus), donnole, lepri, volpi, caprioli, cinghiali, alcuni lupi, documentati dal bollettino del parco, e sono state rinvenute anche tracce di lince. Tra gli uccelli si registrano lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), l’occhiocotto (Sylvia melanocephal), varie specie di picchio (Picus viridis; Sitta europaea, Dendrocopos major), l’assiolo (Otus scops), la poiana (Buteo buteo), il martin pescatore (Alcedo atthis), il fagiano (Phasianus

colchius), oltre a numerosi esemplari di sterpazzola (Sylvia communis), tortora

(Streptopelia turtur), succiacapre (Caprimulgus europaeus), averla piccola (Lanius

CIAGNANO CA’ DE MANDORLI

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collurio), strillozzo (Miliaria calandra), usignolo (Luscinia megarhynchos), capinera

(Sylvia atricapilla), cinciallegra (Parus major), merlo (Turdus merula), gazza (Pica

pica), corvo imperiale (Corvus corax), allodola (Alauda arvensis) e qualche rara

upupa (Upupa epops). Ci sono inoltre diverse specie di rettili come il ramarro (Lacerta viridis), le lucertole (Podarcis sicula Podarcis muralis), il biacco (Hierophis

viridiflavus). Tra gli anfibi si segnalano il tritone crestato (Triturus cristatus) e il

tritone punteggiato (Triturus vulgaris), la raganella (Hyla arborea) e l’ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), rana in pericolo di estinzione (http://www.parks.it/parco.gessi.bolognesi/).

5.1.2.2 Località Ca’ de Mandorli

La zona, un tempo occupata da cave di ghiaia, presenta oggi un notevole interesse naturalistico in quanto gli scavi dei depositi alluvionali del Pleistocene inferiore- medio, hanno lasciato varie depressioni in cui sono presenti zone umide che offrono ricovero a diverse specie migratorie.

Un percorso circolare e attrezzato con torrette di avvistamento consente di visitare l'area e si connette all'itinerario lungo l'Idice che risale il corso d'acqua per un lungo tratto.

Questa località si trova ad un altitudine di 66 metri s.l.m.; in questa sede sono stati campionati due siti denominati zona 1 e zona 2.

ZONA 1

Questa area (Fig. 5.4) si trova in prossimità di un sentiero ricoperto di ghiaia e separato dall’area di campionamento da una bassa staccionata di legno. L’area è composta da una vegetazione di piccoli alberi del sottobosco, il suolo non possiede alcun manto erboso ed è ricoperto da foglie e piante rampicanti che si estendono su alcuni tratti del terreno. Ai margini dell’area scelta si sviluppa una parete in cui ci sono alberi di maggiori dimensioni. L’area campionata ha dimensioni di 35 m2.

163

ZONA 2

Questo sito (Fig.5.5) a differenza della zona 1 si presenta ricco di vegetazione, il suolo è ricoperto da un manto costituito da varie specie di piante erbacee e da alberi a medio fusto; la zona, molto soleggiata con un alternanza a macchie di zone d’ombra e zone esposte al sole, è stata campionata selezionando un percorso lineare di 100 metri e suddiviso in transect da 20 metri. Il percorso inizia da una zona molto ricca di vegetazione e con il suolo ricoperto da erba alta, si snoda attorno a una collinetta e termina in un’ampia vallata con pochi e diradati alberi. Al termine di questo percorso, a circa venti metri dalla fine, abbiamo trovato una di pozza di fango frequentata dai cinghiali della zona, inoltre abbiamo avvistato un capriolo durante il campionamento, segno che la zona è ricca di fauna selvatica e quindi di potenziali ospiti per le zecche.

Figura 5.5: Ca' de Mandorli-Zona 2

5.1.2.3 Località Ciagnano

Questa località si trova a un altitudine di 240 metri s.l.m., la zona è percorsa da un sentiero naturalistico che collega Castel de' Britti, Ciagnano e

Settefonti; la flora e la fauna sono ricche e variegate, durante i campionamenti abbiamo avvistato varie specie di mammiferi e uccelli.

I campionamenti sono stati effettuati in due zone diverse lungo il sentiero naturalistico, effettuando il flagging a monte del sentiero (Kramer e Beesley, 1993).

ZONA 1

Il percorso scelto misura 100 m e di questo abbiamo campionato 3 transect di 20 metri ciascuno. Nel transect 1 il suolo si presenta come un terreno coperto da foglie e piante rampicanti come l’edera. Segue dopo 20 metri il transect 2 che percorre il sentiero lungo un tratto di scalini di legno. Il

transect 3 (Fig. 5.6) è l’ultimo tratto ed è, a differenza degli

Figura 5.6: Ciagnano: zona 1, transect 3

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altri, ricoperto da molte foglie secche di quercia lungo i lati del sentiero. Tutto il percorso è in ombra.

ZONA 2

Questo tratto segue il margine del sentiero che si snoda attraverso una fitta vegetazione, con un alternanza di zone di luce e ombra. Anche questo tratto presenta un suolo coperto di foglie, principalmente nei primi due transects (Fig. 5.7 a,b), mentre nel transect 3 (Fig. 5.7 c) è presente un manto erboso alternato a zone di terreno più o meno arido in funzione della stagione; quest’ultimo tratto del percorso campionato si trova in una zona soleggiata per gran parte della giornata.

Figura 5.7 a,b,c: Ciagnano: zona 2, transect 1, transect 2, transect 3

5.1.2.4 Parco Regionale Abbazia di Monteveglio

E’ il più piccolo tra i Parchi regionali dell'Emilia Romagna; il parco ha un’area di un migliaio di ettari sulle colline che si innalzano alle spalle di Monteveglio, un paesaggio variegato nel quale vigneti e frutteti si alternano a ripidi versanti boscosi. Il mosaico di coltivi, siepi e macchie di bosco viene interrotto dai calanchi. Accanto agli ambienti naturali ci sono i resti del castello di Matilde di Canossa e l'abbazia di Santa Maria.

Flora e Fauna

La variegata copertura vegetale del Parco, conseguenza della grande varietà di rocce affioranti, offre senza dubbio una efficace sintesi degli aspetti naturali e paesaggistici della collina bolognese, dove si alternano praterie, coltivazioni, arbusteti, boschi e vigneti. Un ambiente che testimonia lo storico intreccio tra dinamiche naturali e intervento dell'uomo.

Nel paesaggio del parco si trovano boschi non molto estesi. In prevalenza si tratta di boschi cedui modellati dagli interventi dell’uomo, che nei secoli ha destinato i terreni

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più produttivi all’agricoltura, mantenendo le zone del bosco come riserve di legname per il riscaldamento e per vari impieghi nel podere. I boschi si trovano in prevalenza sui versanti ripidi o esposti a nord e si interrompono in maniera repentina quando dai terreni marnosi si passa alle aree dei calanchi, dove le argille non consentono la crescita di un bosco stabile.

I pendii soleggiati ospitano boschi xerofili, cioè soggetti a periodi di aridità soprattutto nei mesi estivi, dominati da una varità di quercia, la roverella, alla quale si accompagnano l’orniello o frassino minore e arbusti di citiso, vescicaria, coronilla e viburno. Nel sottobosco tappezzato di graminacee emergono i fusti sempreverdi del pungitopo.

Sui versanti ombrosi crescono boschi misti di tipo mesofilo, caratterizzati da una maggiore umidità per tutto l’anno, dove alla roverella si uniscono il carpino nero, l’orniello, l’acero, il nocciolo, il corniolo e i fusti lianosi di edera. Il sottobosco è ricco di muschi e funghi; all’inizio della primavera il manto erboso si ricopre di fiori.

Lungo il fondovalle dei torrenti e intorno alle piccole raccolte d’acqua artificiali si incontra una vegetazione di tipo igrofilo, caratteristica dei luoghi con elevata e costante umidità.

La varietà di ambienti che caratterizza il parco favorisce senza dubbio un notevole grado di biodiversità, creando le condizioni ottimali per una fauna diversificata e numericamente apprezzabile.

Nel parco vivono molti mammiferi tipici dei boschi e delle aree marginali della collina. Sono presenti il riccio (Erinaceus europaeus), lo scoiattolo (Sciurus

vulgaris), il ghiro (Glis glis), il moscardino (Muscardinus avellanarius) e l’arvicola

rossastra (Clethrionomys glareolus), frequenti nelle aree boschive, dove si distribuiscono tra il sottobosco e le chiome degli alberi a seconda delle abitudini alimentari e riproduttive. Negli spazi aperti si incontrano lepri e arvicole campestri (Microtus arvalis) mentre nei pressi dei corsi d’acqua si notano le gallerie dell’arvicola terrestre (Arvicola terrestris). Tra le specie di taglia maggiore sono presenti la volpe e altri carnivori come il tasso (Meles meles), la donnola e la faina (Martes foina), ormai adattati a trarre profitto dalla convivenza con l’uomo. Negli ultimi anni ha fatto ritorno il capriolo, da tempo assente dalla collina, che sta riconquistando boschetti cedui, arbusteti e campi abbandonati, che rappresentano il suo habitat naturale e sono ben distribuiti all’interno dell’area protetta. Recente è anche l’apparizione del cinghiale.

L'avifauna del Parco è molto ricca e numericamente apprezzabile. Complessivamente sono note circa 140 specie di uccelli, 68 delle quali nidificanti. Nei boschi cedui e negli intricati arbusteti trovano ospitalità molti piccoli passeriformi come usignolo, capinera, scricciolo, pettirosso (Erithacus rubecula), merlo (Turdus

merula), fringuello (Fringilla coelebs) e luì piccolo (Phylloscopus collybita). I tipici fori

circolari che si notano su molti pioppi senescenti segnalano la presenza del picchio rosso maggiore e del picchio verde. Queste cavità vengono spesso utilizzate per la nidificazione da altri uccelli, come il picchio muratore e varie specie di cince e sono particolarmente importanti nei giovani boschi cedui, dove la mancanza di siti adatti riduce la potenziale presenza di specie. Nel folto dei boschi si trovano anche ghiandaia (Garrulus glandarius) e cuculo (Cuculus canorus). Coltivi abbandonati e altri spazi aperti sono frequentati da verdone (Chloris chloris), cardellino (Carduelis

carduelis) e zigolo nero (Emberiza cirlus). Molto comune in questi ambienti è il

166 coturnix).

Il gheppio (Falco tinnunculus) si spinge anche nelle aree calanchive e la poiana (Buteo buteo) abita stabilmente in tutto il settore centrale dell’area protetta. Lungo le rive di Samoggia e Ghiaia è possibile sorprendere, soprattutto durante il periodo estivo, aironi cenerini (Ardea cinerea) e altri ardeidi che si spostano lungo i corsi d’acqua alla ricerca di pesci intrappolati in pozze isolate.

Le scarpate, i coltivi abbandonati e in genere le aree assolate sono l’habitat ideale per varie specie di rettili, mentre nel fondovalle e nelle raccolte d'acqua è possibile osservare una notevole varietà di anfibi. Facili da avvistare sono biacco (Hierophis

viridiflavus) e colubro di Esculapio (Zamenis longissimus), entrambi innocui e

abituali frequentatori della fascia collinare, dove è possibile incontrare anche il colubro liscio (Coronella austriaca), un piccolo cacciatore di lucertole. In prossimità dei torrenti principali, ma anche nel sottobosco umido dei versanti esposti a nord, si può osservare la natrice dal collare (Natrix natrix). Oltre alle comuni lucertole (Podarcis muralis, P. sicula), e facile incontrare il ramarro e la luscengola (Chalcides

chalcides).

Nel fondovalle umido del rio Ramato si trovano diverse specie di anfibi della collina che, dalla fine dell’inverno e per tutta la primavera, vi affluiscono talvolta in gran numero per compiere la fase riproduttiva. Il più abbondante è il rospo comune (Bufo

bufo), che predilige i boschi freschi ma si spinge senza difficoltà in tutti gli altri

ambienti terricoli. La raganella (Hyla arborea) ha invece abitudini più arboricole ma in primavera la si può incontrare nascosta tra le canne e gli arbusti intorno a qualcuno dei piccoli specchi d’acqua del parco, frequentati anche dalla rana agile (Rana dalmatina), che nel resto dell’anno vive al riparo del sottobosco. In stagni e pozze, infine, trascorrono la fase larvale anche tritone crestato e tritone punteggiato (http://www.parcoabbazia.it/).

Monteveglio si trova ad un altitudine di 252 metri s.l.m; nel nostro studio sono state campionate tre zone lineari: zona 1, zona 2, zona 3.

Figura 5.8: Monteveglio, mappa e vista satellitare (http://maps.google.it/)

ZONA 1

La zona 1 (Fig. 5.9a) è composta da un percorso rettilineo di 100 metri, lungo un sentiero naturalistico in cui troviamo un manto erboso, che ricopre il sentiero, e una vegetazione per lo più arbustiva ai lati dello stesso. La zona è soleggiata nel

MONTEVEGLIO

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pomeriggio durante il periodo estivo. Il percorso è stato campionato in 3 transects da 20 metri ciascuno.

ZONA 2

La zona 2 (Fig. 5.9b) è costituita da un percorso di 100 metri che include 3 transects da 20 metri in cui sono stati effettuati i campionamenti.

Il percorso si presenta con zone in ombra e zone soleggiate e si snoda lungo il sentiero naturalistico che fiancheggia inizialmente un bosco e nell’ultimo tratto una siepe. Il suolo nei primi due transects è battuto e scarso di vegetazione al centro, mentre ai margini del sentiero appare ricoperto da foglie secche in prossimità degli alberi, mentre, nel terzo transect il bordo del sentiero è coperto da un tappeto erboso.

ZONA 3

La zona 3 (Fig. 5.9c) è anch’essa costituita da un percorso lineare che però a differenza dei precedenti è di soli 80 metri con 2 transects (iniziale e finale) campionati di 30 metri ciascuno. Il percorso ha tratti in ombra e tratti esposti al sole ed è rappresentato dal margine di una zona di prato costeggiata da arbusti.

Fig 5.9 a,b,c: Monteveglio zone 1-2-3

5.1.2.5 Parco del Carnè

Il Parco naturale attrezzato del Carnè è un'area di proprietà pubblica di estremo interesse paesaggistico e naturalistico nei Gessi di Rontana e Castelnuovo. E' stato istituito nel 1973 dalla Provincia di Ravenna e dai Comuni di Brisighella e di Faenza. Attualmente la superficie del Parco è di 43 ettari (Fig. 5.10).

Nel territorio del Parco si aprono numerose cavità carsiche, per lo più a sviluppo prevalentemente verticale: tra queste gli abissi Fantini e Garibaldi, sotto il Monte di Rontana e, meno profondi, l'Abisso Carnè e l'Abisso Faenza.

Il sottosuolo è attraversato da uno dei uno dei più articolati collettori ipogei della Vena del Gesso, solo in parte esplorato. Le doline si susseguono senza soluzione di continuità e non mancano altre forme di dissoluzione tra le quali spiccano erosioni a candela.

Flora e fauna

La copertura arborea può vantare la presenza, accanto ai consueti carpino nero, orniello e roverella, di specie più rare e di ecologia tra loro diversissima: l'acero minore e il tiglio selvatico.

168

all’aridità) che punteggiano le falesie rivolte a Sud, troviamo sulle pendici nord piante igrofile o microterme normalmente reperibili a quote decisamente più elevate. La fauna è estremamente ricca di anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Gli affioramenti gessosi possono ospitare numerose specie di insetti e coleotteri. Tra gli uccelli vanno segnalate civette, allocchi, barbagianni e almeno una coppia di gufi reali (Bubo bubo), e l’assiolo, più altri rapaci diurni come il gheppio, la poiana, l'albanella minore (Circus pygargus) e il lodolaio (Falco subbuteo). Oltre a questi rapaci, è presente anche l’occhiocotto; tra i mammiferi si segnalano l’istrice, il tasso, la faina, la donnola e la puzzola e varie specie di chirotteri (Myotis, Rhinolophus e

Miniopterus).

Degna di interesse è la componente faunistica della Vena del Gesso, che ospita molte specie di anfibi, rettili, uccelli e mammiferi: vanno ad esempio rimarcate due segnalazioni particolarmente importanti, relative alla nidificazione di almeno una ed alla certa stanzialità dell'istrice, grande roditore mediterraneo fino a qualche anno fa non usuale a queste latitudini

Purtroppo, in contrapposizione a questi aspetti positivi, molti sono quelli negativi. I rapaci, presenti fino al 1950 in cospicuo numero, sono attualmente rappresentati da pochi esemplari anche se la potenzialità dell'ambiente è molto maggiore. La caccia indiscriminata è senza dubbio stata la causa principale della loro rarefazione (http://www.venadelgesso.org/itinerari/brisighella/parcocarne.htm).

Figura 5.10: Parco del Carnè, mappa e vista satellitare (http://maps.google.it/)

Il parco ha una altitudine di 387 metri s.l.m.

In questo parco abbiamo campionato tre zone con diverse tipologie d’uso e di terreno denominate: zona 1, zona 2, zona 3. I campionamenti, a differenza degli altri parchi, sono iniziati a maggio, in quanto in precedenza il parco era chiuso al pubblico e quindi non accessibile.

ZONA 1

Questa zona è rappresentata da un area di 236 metri2, comprendente una zona giochi, un’area da picnic e un’area periferica che circonda queste due.

PARCO DEL CARNE’

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Area giochi: (Fig. 5.11a) comprende uno scivolo per bambini e la zona attorno ad esso, è a tratti soleggiata e il suolo si presenta coperto da un manto erboso ad

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