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L’impresa come istituto economico destinato a perdurare nel tempo

E’ noto che le imprese e più in generale, le aziende tutte, costituiscono strumenti nelle mani dell’uomo nati per soddisfare o appagare i suoi bisogni e le sue aspirazioni.

Per questa ragione le aziende sono state definite, anche, come “istituti economici destinati a perdurare nel tempo” in quanto l’uomo è portatore continuo di bisogni e aspirazioni ed una volta appagati alcuni di essi ne sorgono altri in continua evoluzione nel tempo.

Pertanto, colui o coloro che costituiscono o danno vita ad attività imprenditoriali o, più in generale, aziendali – debbono improntare le loro scelte decisionali non solo al perseguimento dei fini per i quali sono state create, ma anche a fare in modo che si creino le condizioni affinchè esse possano perdurare nel tempo.

Nelle imprese questo concetto si esprime e si concretizza con l’espressione che “le scelte operative debbono essere improntate a criteri di economicità”. Economicità intesa come uso razionale delle scarse risorse disponibili e come continuo e profittevole scambio di mercato tra fattori produttivi acquisiti e prodotti o servizi ceduti.

Laddove non si realizzassero queste condizioni l’impresa entra in crisi nelle sue diverse forme e, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, qualora non fosse in grado di superarla deve necessariamente porre fine alla sua attività facendo venir meno il suo contributo al soddisfacimento dei bisogni umani.

L’economicità è propria di ogni singola impresa, nel senso che ogni impresa deve perseguirla e realizzarla singolarmente, nell’ambito della propria attività operativa, ma talvolta può realizzarla in seno a più vasti complessi operativi per i vantaggi che ne trae o che ad esso apporta.

A tale proposito in dottrina si parla di economicità super-aziendale o di economicità collettiva166.

In questi casi l’economicità aziendale, cioè la capacità dell’impresa a remunerare congruamente i fattori della produzione (condizione indispensabile per durare nel tempo) , non va più vista in riferimento alla singola impresa, ma va considerata in relazione al contributo che essa da e/o riceve in un contesto economico più ampio ma economicamente unitario.

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111 Non sono rari i casi in cui imprese precedentemente in perdita vengono mantenute in vita per i vantaggi che esse arrecano al gruppo cui appartengono o che, isolatamente considerate, non sono economiche e invece lo diventano entrando a far parte di un gruppo per i vantaggi che ne traggono.

In dottrina si esprime questo concetto parlando di: - economicità in seno al gruppo;

- economicità in funzione del gruppo,

- economicità collettiva o macroeconomicità.

Con la prima espressione si intende fare riferimento a quelle imprese che fuori dal gruppo non sono economiche (e quindi sarebbero destinate alla liquidazione o, peggio, al fallimento) e diventano economiche entrando a far parte di un gruppo di imprese con le quali creare sinergie operative, o altri vantaggi gestionali ed organizzativi, con risparmio di risorse e miglioramento dei risultati.

Le imprese del secondo tipo, invece, sono imprese che, nonostante i vantaggi, neanche dentro il gruppo riescono ad essere economiche ma vengono ugualmente mantenute in vita per i vantaggi che esse creano alle altre aziende del gruppo e l’eventuale loro anticipata liquidazione creerebbe al gruppo maggiori danni della perdita da essa periodicamente sofferta.

In questi casi è conveniente per il gruppo accollarsi ogni anno la perdita di detta impresa compensata dalle utilità che ne traggono dal suo mantenimento in vita.

Analogo ragionamento può essere fatto riguardo alla economicità collettiva o macroeconomicità. Qui ci troviamo di fronte analogamente ad imprese non economiche ma che vengono mantenute in vita, o addirittura costituite, in virtù delle utilità arrecate alla collettività di una determinata zona, di una regione o dell’intero paese. Si parla, a tale proposito, di economie esterne all’impresa o all’azienda valutata ed evidenziata dall’Ente pubblico (Stato, Regione, Comune..) che le controlla e che contribuisce a mantenerle in vita. Si è fatto riferimento a questi brevi cenni dottrinali perché normalmente si sostiene che aziende non economiche, o peggio, in crisi (cioè senza neppure una prospettiva futura di uscire dalla difficile situazione economico-finanziaria che le affligge) sono destinate inevitabilmente ad essere liquidate onde evitare il fallimento.

Nella seconda parte di questo lavoro viene, appunto, affrontato il caso del Gruppo FIAT che in questi ultimi anni si è trovato ad affrontare tematiche del tipo sopra delineato.

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CAPITOLO QUINTO

1998-2006- Analisi Economico-Finanziaria del Gruppo Fiat

5.1 Considerazioni generali

Si è visto nelle argomentazioni delle precedenti pagine come di fronte ad un gruppo uno dei problemi che per primo si pone è quello di identificare i confini del fenomeno che si vuole esaminare. La definizione di gruppo aziendale finora accolta assume come punto di riferimento principale la presenza di un unico soggetto economico per diversi soggetti giuridici.

Tuttavia, adottando tale punto di riferimento per il caso Fiat, il gruppo sarebbe ben più ampio di quello di cui si dà rappresentazione contabile nel bilancio consolidato che si vuole prendere in considerazione: infatti, si dovrebbero includere tutte le partecipazioni –dirette ed indirette- dell’IFIL S.p.a., o ancora dell’accomandita “Giovanni Agnelli & C.”.

In questo caso l’indagine riguarderà più direttamente la performance economico finanziaria del gruppo Fiat così come composto dalle imprese incluse nell’area di consolidamento, senza con ciò escludere l’importanza dell’appartenenza del gruppo Fiat al più ampio sistema delle partecipazioni Agnelli.

Il gruppo Fiat al 31.12.2006 risultava composto da 12 settori operativi, di cui i più importanti appartengono all’industria “automotoristica” (effettivamente al 31.12.2006 le attività automotoristiche rappresentavano il 95% delle vendite totali ed il 90% del capitale investito netto).

I settori più influenti sui risultati complessivi del gruppo sono stati principalmente:

1) Il settore Automobili, che ha come caposettore Fiat Auto Holdings B.V., con i marchi Fiat, Lancia e Alfa Romeo per le autovetture e con il marchio Fiat per i veicoli commerciali. Il settore offre a fornitori, dealer e clienti un sistema di servizi automotoristici attraverso Targasys (a proposito della quale, il 50% della partecipazione in essa detenuta è stata ceduta nel 2003) e di servizi finanziari (di credito al cliente e alla rete) attraverso Fidis (ceduta per il 51% nel 2003). Gli esercizi in cui il gruppo ha ottenuto i maggiori utili consolidati sono proprio quelli in cui Fiat Auto ha registrato i maggiori volumi di ricavi netti e utili (e ovviamente vale il viceversa).