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I modelli a confronto: rinvio pregiudiziale e funzione consultiva, indagine trasversale sui sistemi giuridici esaminati.

4.1 – I soggetti legittimati ad attivare le competenze consultive o

pregiudiziali degli organi giurisdizionali.

Secondo le determinazioni del Protocollo n. 16, i soli giudici di ultima istanza potranno avere la facoltà di attivare la funzione consultiva della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo; si tratta in realtà di una potenzialità virtuale, posto che, allo stato dei fatti, nessuno degli Stati parte della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ha provveduto alla ratifica del Protocollo n. 16 allegato alla Convenzione.

La circoscrizione agli organi giurisdizionali di ultima istanza operata dal Protocollo in parola, nella prospettiva in cui del Protocollo sia data attuazione, evita un incontrastabile proliferare di ricorsi che, ancor più di quanto già non lo sia, affannerebbero il funzionamento del giudice di Strasburgo e, d’altro canto, produrrebbe il rischio in relazione al quale, l’estensione a giudici diversi dagli organi giurisdizionali di ultima istanza dell’opportunità di attivare in funzione consultiva la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, potrebbe comportare il moltiplicarsi quasi indiscriminato di esigenze di revirement, volte a sollecitare nuovi pronunciamenti che, nella prospettiva di un’interpretazione evolutiva della Convenzione, condurrebbero al collasso l’intero “sistema Strasburgo”, perché capaci di intaccare il ruolo determinante che assume la pregressa giurisprudenza.

La proposizione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea è un dovere giuridico imposto agli organi giurisdizionali di ultima istanza in presenza di irrisolte controversie interpretative attinenti all’interpretazione dei trattati ovvero all’interpretazione ed alla validità degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione Europea; al contrario, è una facoltà per gli organi giurisdizionali diversi da questi ultimi, contro i cui provvedimenti siano proponibili rimedi giurisdizionali di diritto interno.

L’istituto del rinvio pregiudiziale ad iniziativa diffusa (laddove per “iniziativa diffusa” deve intendersi l’ipotesi che include, tra i soggetti abilitati alla presentazione del rinvio pregiudiziale, gli organi giurisdizionali diversi dai giudici di ultima istanza) è applicazione del principio del primato del diritto comunitario ed è sorretto da una folta pregressa giurisprudenza – atta a garantirne l’efficienza – che ha costituito l’occasione per affermare la corretta e concreta portata del diritto dell’Unione Europea nell’ambito degli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

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Il rinvio pregiudiziale è obbligatorio dinanzi alla Corte di Giustizia del BENELUX da parte degli organi giurisdizionali di ultimo grado, in presenza dei presupposti che ne legittimino la proposizione; è una semplice facoltà per le giurisdizioni nazionali le cui decisioni possono comunque essere impugnate.

Il Trattato istitutivo della Corte di Giustizia del BENELUX, rispetto agli strumenti che disciplinano il rinvio pregiudiziale di organi giurisdizionali in altre organizzazioni di integrazione regionale, si distingue per prevedere l’esplicita enunciazione delle eccezioni rispetto al dovere di rinvio previsto per le giurisdizioni nazionali di ultima istanza192.

La competenza consultiva riconosciuta alla Corte EFTA è attivata dal giudice nazionale che sia stato investito della questione attinente all’interpretazione dell’Accordo SEE; sebbene ai singoli Stati membri sia data la facoltà di limitare nell’ambito della rispettiva normativa interna il diritto di richiedere il parere agli organi giurisdizionali di ultima istanza, gli Stati hanno sin qui dimostrato di voler mantenere un approccio liberale e non hanno imposto restrizioni ai giudici nazionali. Del resto, la funzione consultiva è strumentale all’insaldarsi della relazione che si intesse tra i giudici domestici e la Corte EFTA, necessaria al rafforzamento del processo di integrazione regionale. Titolari del dovere di rinvio pregiudiziale alla Corte Caraibica di Giustizia, per questioni la cui risoluzione richiede l’interpretazione o l’applicazione del Trattato di Chaguaramas, sono i giudici nazionali. In considerazione dell’impostazione dualista degli ordinamenti degli Stati membri CARICOM, non è agevole per gli individui far valere norme di diritto dell’organizzazione dinanzi al giudice domestico, con la conseguenza per cui, il ruolo del rinvio pregiudiziale resta nella sostanza relegato sulla carta. L’osservazione non è priva di conseguenze, se si pensa che la portata del rinvio pregiudiziale sarebbe suscettibile di produrre effetti di particolare ampiezza: il rinvio consentirebbe alla Corte Caraibica di Giustizia di procedere ad interpretare e ad applicare la norma regionale. È significativo che ad oggi non sono stati sollevati rinvii pregiudiziali dinanzi alla Corte Caraibica di Giustizia; il diritto regionale è percepito con scarsa penetranza da parte degli ordinamenti interni e, conseguentemente, da parte dei giudici nazionali.

Sono abilitati all’attivazione in funzione consultiva del Tribunale Permanente di Revisione, gli organi giurisdizionali nazionali degli Stati membri del MERCOSUR individuabili nei Tribunali Supremi.

La restrizione ai Tribunali Supremi della legittimazione all’attivazione consultiva del Tribunale Permanente di Revisione è espressione di una certa ritrosia manifestata, nel corso del processo di integrazione, dagli Stati coinvolti nello sviluppo del mercato comune americano meridionale. Nell’opzione restrittiva, all’avviso di chi scrive, non è ravvisabile in via

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primaria l’esigenza diretta ad evitare il rischio di un indiscriminato proliferare delle richieste di parere consultivo all’organo giurisdizionale sovranazionale (e, conseguentemente, il risultato d’un rallentamento intollerabile dei procedimenti pendenti dinanzi al Tribunale Permanente di Revisione), quanto invece la necessità di limitare il dialogo tra il giudice nazionale e l’organo giurisdizionale sovranazionale all’ipotesi in cui, i presupposti per l’instaurarsi di quella relazione, fossero ravvisati con autorevolezza dall’organo giurisdizionale di ultima istanza.

La Corte Interamericana dei diritti umani è attivabile in funzione consultiva da parte degli Stati membri dell’Organizzazione Americana degli Stati, dalla Commissione Interamericana e dall’Assemblea Generale; l’effettiva diffusione della cultura giuridica attinente alla tutela diritti umani, ha condotto all’estensione della facoltà in parola agli organi a carattere politico193.

La diffusione della legittimazione attiva nell’attivazione in funzione consultiva della Corte Interamericana è indice dell’esigenza di un rafforzamento nel processo di integrazione: l’obiettivo della tutela dei diritti umani, a prescindere da specificità statuali, richiede (ne è d’esempio il modello introdotto dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) l’individuazione del nucleo insopprimibile, inviolabile, connaturato a quei diritti, che esuli da ogni discrezionale valutazione statuale e prescinda dalle specificità (la cui esistenza è opportuno garantire) che caratterizzano gli ordinamenti statuali.

Al fine appena espresso, giova senz’altro l’estensione agli organi politici della legittimazione alla richiesta del parere consultivo; gli aspetti attinenti alla tutela dei diritti umani non possono perseguire un’efficace assetto di protezione se non adeguatamente chiarificati agli operatori istituzionali, inclusi gli organi politici.

L’attivazione in funzione consultiva della Corte Internazionale di Giustizia è consentita all’Assemblea Generale ed al Consiglio di Sicurezza; è consentita altresì agli altri organi delle Nazioni Unite ed agli istituti specializzati, che siano a ciò autorizzati in qualunque momento dall’Assemblea Generale. Il carattere esteso dei soggetti abilitati, ancorché opportunamente modulato quanto all’oggetto della richiesta del parere consultivo194

è il portato del carattere generalissimo degli obiettivi orientativi dell’azione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di ogni individuo.

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Rif. § 3.5.1.

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4.2 – L’oggetto e la natura del pronunciamento.

L’opportunità d’un esame congiunto attinente all’oggetto ed alla natura del pronunciamento assunto dagli organi giurisdizionali delle organizzazioni internazionali esaminare, all’esito della attivazione in funzione consultiva ovvero in sede di rinvio pregiudiziale, è motivata dalla seguente rilevazione: la natura vincolante o non vincolante del parere consultivo o della pronuncia emessa all’esito del rinvio pregiudiziale, è espressione della maggiore o minore penetranza consentita agli organi giurisdizionali delle organizzazioni internazionali, nell’ambito degli ordinamenti giuridici degli Stati che ne sono membri.

Si riserva al termine del presente paragrafo l’esame delle ragioni di opportunità che sottostanno ai differenti livelli di penetranza.

Quanto alla funzione consultiva attribuita alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dal Protocollo n. 16 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, oggetto della richiesta di parere consultivo potrebbero essere questioni di principio attinenti all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai Protocolli allegati alla Convenzione.

L’ambito oggettivo definito della richiesta di parere, conferma il diretto impiego della funzione consultiva nella prospettiva qualificata del ruolo assunto dal giudice di Strasburgo: la tutela giurisdizionale volta alla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

L’attivazione in funzione consultiva, comunque non sortisce alcun effetto vincolante per l’organo giurisdizionale remittente, il quale può assumere determinazioni conclusive del procedimento dinanzi lui pendenti, rispetto al quale ha provveduto ad operare la richiesta di parere consultivo, in effetti difformi dalle indicazioni fornite dalla Corte di Strasburgo attivata in funzione consultiva.

Dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il rinvio pregiudiziale è esperibile in riferimento all’esistenza di controversie interpretative attinenti all’interpretazione dei trattati o all’interpretazione ed alla validità degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione Europea.

La decisione pregiudiziale ha portata vincolante per il giudice del rinvio ed è vincolante altresì per le giurisdizioni eventuali di grado superiore chiamate a pronunciarsi sulla causa.

Il rifiuto mostrato da parte della giurisdizione nazionale, al dovere di tener conto della sentenza pregiudiziale può comportare l’apertura di una procedura di infrazione, e sfociare nel ricorso per inadempimento,

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contemplato dall’articolo 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea195.

Oggetto del rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia del BENELUX è l’interpretazione delle regole comuni del BENELUX; a tal proposito dev’essere rilevata la non facile individuazione delle regole che rientrano nell’ambito della competenza pregiudiziale della Corte. Oltre che dalla convenzione elaborata dagli Stati membri del BENELUX, l’attivazione della competenza pregiudiziale può derivare dalla decisione del Comitato dei Ministri del BENELUX.

L’oggetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia del BENELUX è l’interpretazione della legge tipo o della legge uniforme, allegata eventualmente alla convenzione elaborata in seno all’organizzazione, perciò si tratta di una fonte che viene considerata alla stessa stregua del diritto nazionale. La Corte di Giustizia del BENELUX non può pronunciarsi sulla compatibilità di un atto interno rispetto ad una norma uniforme del BENELUX.

Il rinvio pregiudiziale cui sia seguito il pronunciamento della Corte di Giustizia del BENELUX, ha valore vincolante per l’organo remittente. La Corte EFTA è attivabile in funzione consultiva per il rilascio del parere, allorché il giudice nazionale sia investito di questioni attinenti all’interpretazione dell’Accordo SEE, la cui corretta soluzione è strumentale alla garanzia di un uniforme processo di integrazione.

A fronte del carattere consultivo, non obbligatorio, dei pareri richiesti da parte del giudice nazionali, gli organi giurisdizionali degli Stati membri hanno maturato la consapevolezza per cui, nel caso in cui si rifiutassero di attuare quanto stabilito in funzione consultiva dalla Corte EFTA, lo Stato di appartenenza si troverebbe in una situazione di violazione dell’Accordo SEE. L’esigenza di un processo di integrazione omogeneo, è rafforzata dal rischio per cui, interpretazioni inesatte dell’Accordo, condurrebbero a rilevanti conseguenze sul piano relativo all’opportunità della partecipazione degli Stati allo Spazio Economico Europeo; le diversificazioni nelle condizioni di presenza sul mercato degli operatori economici, agevolano la formazione di posizioni di dominio che, nell’ambito del mercato comune europeo, dovrebbero lasciar spazio alla fattuale libertà di concorrenza ed all’effettiva libertà di circolazione di merci, servizi, individui e capitali.

195L’efficacia vincolante di cui sono dotate le sentenze pregiudiziali nei confronti dei giudici

nazionali, non osta alla possibilità per cui, il giudice nazionale destinatario della sentenza pregiudiziale, si rivolga alla Corte nuovamente, laddove ciò sia ritenuto necessario per la decisione relativa alla causa principale. Il rinnovo può essere giustificato qualora il giudice nazionale si trovi dinanzi a difficoltà di comprensione o di applicazione della sentenza pregiudiziale; qualora egli sottoponga alla Corte una diversa e nuova questione di diritto ovvero quando egli sottoponga alla Corte nuovi elementi di valutazione, che possano indurla a risolvere differentemente una questione già sollevata. V. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza Pretore di Salò c. X, causa C-14/85, 11 giugno 1987, punto 12.

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Il trattato istitutivo dello Spazio Economico Europeo consentì agli Stati appartenenti all’Associazione Europea di Libero Scambio di partecipare al Mercato Europeo Comune, senza dover essere membri dell’Unione Europea. Le ragioni di opportunità per le quali la partecipazione al Mercato Europeo Comune poté autonomamente caratterizzarsi rispetto al processo di adesione all’Unione Europea, sono riconducibili ad una certa rigidità manifestata dalla struttura ordinamentale di alcuni degli Stati membri dell’Associazione Europea di Libero Scambio: marcatamente accentuato fu, all’origine, il timore per cui la partecipazione in qualità di Stato membro all’Unione Europea, avrebbe impattato duramente sulle prerogative di sovranità statuale ed anzi avrebbe determinato la necessaria rivalutazione del ruolo gerarchico assunto dalle fonti giuridiche di diritto nazionale.

Il timore di una prevaricazione politica ed istituzionale fu accentuato dalla avvenuta sottoscrizione, il 7 febbraio 1992, del trattato di Maastricht196. La natura orientativa, non vincolante del parere consultivo emesso sull’interpretazione dell’Accordo SEE, ben si spiega alla luce delle considerazioni appena esposte; del resto, un processo qualificato e incontrovertibile di interpretazione non potrebbe individuare nella Corte EFTA, l’organo giurisdizionale di riferimento: l’Accordo SEE, disciplina i criteri e le modalità di intervento degli Stati membri dell’Associazione Europea di Libero Scambio nell’ambito del Mercato Europeo Comune, rispetto al quale potestà interpretativa per gli Stati membri dell’Unione è esercitata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Ed infatti non è escluso che la Corte EFTA richieda il chiarimento di questioni interpretative di dubbia portata la cui corretta soluzione incida sul rispetto necessario del diritto dell’Unione Europea, con riferimento alle disposizioni oggetto dell’Accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo.

Il rinvio pregiudiziale alla Corte Caraibica di Giustizia è obbligatorio per i giudici nazionali, laddove dinanzi loro siano pendenti procedimenti

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Il Trattato di Maastricht, sottoscritto il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993 (Trattato sull’Unione Europea), istituì l’Unione Europea con finalità politiche generali e l’Unione monetaria, dai programmi attuativi penetranti e precisi. Il Trattato rese più complessa la struttura comunitaria; affiancarono le tre Comunità – Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, Comunità Economica Europea, Euratom – costituenti il primo pilastro, il settore della Politica Estera e Sicurezza Comune ed il settore Giustizia ed Affari Interni. Nelle materie afferenti al primo pilastro, gli Stati avrebbero continuato a seguire il “sistema comunitario”, consistente nella cessione di parte della sovranità statale alle istituzioni comunitarie; nelle materie afferenti al secondo ed al terzo pilastro, gli Stati che si fossero dimostrati restii a rinunciare alla sovranità statuale, avrebbero potuto perseguire obiettivi comuni, attraverso il metodo intergovernativo, consistente nella cooperazione internazionale tra Stati esterna alla Comunità ma alla Comunità strettamente connessa. La collaborazione a carattere intergovernativo, privilegia la sovranità statale rispetto alle istituzioni comunitarie, seppure le istituzioni comunitarie siano coinvolte nell’attuazione delle politiche dell’Unione Europea. Gli obiettivi perseguiti dal trattato, inclusero il rafforzamento della tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini, mediante l’istituzione della cittadinanza dell’Unione Europea, nonché la conservazione e lo sviluppo dell’Unione Europea, volto a garantire la libertà, la sicurezza, la giustizia. Il trattato instaurò l’Unione economica e monetaria, che ha originato l’entrata in vigore della moneta unica europea.

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giurisdizionali implicanti l’applicazione del Trattato di Chaguaramas e del diritto CARICOM. Le pronunce rese dalla Corte Caraibica di Giustizia costituiscono precedente giurisprudenziale a natura vincolante per le parti nei procedimenti giurisdizionali successivi, pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati soggetti alla giurisdizione della Corte.

L’articolo 26 dell’Accordo istitutivo della Corte Caraibica di Giustizia, vincola le Parti contraenti all’adozione di ogni misura necessaria, inclusa la rinnovazione della legislazione nazionale, volta a garantire che ogni provvedimento giurisdizionale emesso dal giudice della Corte Caraibica di Giustizia, sia effettivamente osservato dagli organi giurisdizionali e dalle autorità appartenenti all’ordinamento giudiziario degli Stati parte della Comunità Caraibica. Ciò nonostante, l’impostazione dualista degli ordinamenti degli Stati membri CARICOM, osta all’applicazione sollecita al livello domestico del diritto comunitario e di conseguenza impedisce il pieno esplicarsi delle potenzialità connotanti l’istituto del rinvio pregiudiziale. Il Tribunale Permanente di Revisione del MERCOSUR, attivato in funzione consultiva, è competente a conoscere di ogni questione giuridica di diritto originario o derivato. Oggetto della richiesta di parere, può essere il rispetto della legalità da parte delle istituzioni del MERCOSUR; la competenza consultiva è inidonea a produrre effetti giuridici vincolanti. La questione giuridica oggetto della richiesta di parere, dev’essere collegata con il giudizio instaurato a livello nazionale.

La natura non vincolante del parere consultivo, attesta in sé l’esigenza per cui il processo di integrazione, volto alla creazione del mercato comune americano meridionale, non sia ostacolato da impostazioni dualiste e conservatoristiche degli ordinamenti degli Stati parte dell’organizzazione di integrazione regionale.

Siffatte impostazioni avrebbero l’opportunità di irrigidirsi se consapevoli dell’esistenza di un potere attribuito ad un organo giurisdizionale sovranazionale qualificato, rispetto alla corretta interpretazione del diritto originario o derivato del processo di integrazione del MERCOSUR, capace di imporsi sui Tribunali Supremi nazionali.

La Corte Interamericana dei diritti umani, ratione materiae, provvede all’interpretazione dei trattati che, oltre alla Convenzione Americana sui diritti umani, avrebbero potuto costituire oggetto della richiesta di opinione consultiva con finalità interpretativa alla Corte di San José. La Corte definì l’oggetto della competenza consultiva includendo l’interpretazione di ogni accordo multilaterale o bilaterale attinente alla protezione dei diritti umani; la competenza consultiva può altresì avere ad oggetto trattati di natura economica e commerciale, presentanti profili di incidenza sui differenti aspetti di tutela dei diritti fondamentali.

Quanto all’interpretazione della Convenzione Americana, oggetto dell’attivazione in funzione consultiva della Corte Interamericana dei diritti

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umani, sono i diritti convenzionalmente tutelati e le regole procedurali; i pareri consultivi emessi non hanno natura vincolante: la tutela diritti fondamentali non può imporsi uniformemente sugli ordinamenti statuali soggetti alla giurisdizione della Corte Interamericana; è cura dell’organo giurisdizionale sovranazionale, a fronte dell’individuazione nel nucleo essenziale – perciò insopprimibile - di tutela di quei diritti, garantire le specificità connotanti ogni singola realtà ordinamentale (è questa la ragione che giustifica la natura non vincolante del parere). Gli organi legislativi e giurisdizionali degli Stati, meglio conoscono le specificità culturali, politiche ed economiche degli ordinamenti domestici. In forza di quelle specificità, graduano il livello di tutela riservato ai diritti fondamentali, supportati dalla funzione sussidiaria esercitata in materia dalla Corte di San José197.

Ad eccezione dell’ipotesi in cui – per accordo internazionale – le parti del procedimento consultivo, intendano riconoscere valore vincolante al parere reso dalla Corte Internazionale di Giustizia, i pareri consultivi non hanno valore vincolante.

L’esercizio della funzione consultiva, permette alla Corte di accertare il significato esatto delle vigenti regole di diritto internazionale.

Ciò nonostante il panorama internazionale si mostra assai sollecito nell’adozione volontaria delle determinazioni assunte dalla Corte Internazionale di Giustizia all’esito del procedimento consultivo, dimostrando consapevolezza del ruolo assunto da siffatte pronunce, capaci di un notevole impatto sullo sviluppo e sul consolidamento delle regole di diritto internazionale.

L’oggetto della richiesta del parere consultivo, si dilata in termini di ampiezza sulla base del soggetto che provveda a richiederlo: l’Assemblea Generale ed il Consiglio di Sicurezza possono richiedere alla Corte Internazionale di Giustizia di pronunciarsi in funzione consultiva su qualunque questione giuridica. Gli altri organi delle Nazioni Unite e gli istituti specializzati, hanno facoltà di richiedere alla Corte pareri giuridici che sorgano nell’ambito dell’esercizio delle funzioni cui sono preposti.

La diversificazione è di chiara comprensione con riferimento all’oggetto delle

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