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CONCLUSIONI

Una corretta ed efficace gestione dei rifiuti va inquadrata in un pi• ampio quadro di Òsostenibilitˆ ambientaleÓ in termini di conservazione delle risorse e riduzione degli impatti globali. La gestione dei rifiuti, quindi, deve avere come obiettivo generale lÕuso razionale e sostenibile delle risorse ed essere impostata seguendo un rigoroso ordine di prioritˆ, definito dalla normativa europea e recepito dalle normative nazionali, che vede la discarica come la destinazione finale della frazione residua, cio• quella che non • pi• possibile recuperare, riutilizzare o riciclare.

Il deposito in discarica, per˜, ancora oggi, costituisce uno dei principiali metodi di smaltimento dei rifiuti: in Europa la percentuale dei rifiuti conferiti in discarica (dati EUROSTAT Ð anno 2014) • circa del 30%, in Italia questa percentuale • poco al di sopra del 20%.

La frazione pi• pericolosa (esclusi i rifiuti speciali, conferiti nelle apposite discariche) • sicuramente rappresentata da quella dei rifiuti indifferenziati.

I rifiuti indifferenziati, infatti, inviati in discarica, specialmente per quanto riguarda quelli solido urbani, contengono al loro interno una frazione di sostanza organica fermentescibile e biodegradabile, la quale, allÕinterno di una discarica, subisce dei processi biochimici di degradazione da parte dei microorganismi presenti.

Tali processi portano alla produzione di percolato e di biogas, i quali, se dispersi nellÕambiente, possono causare seri problemi, come visto, di inquinamento alle falde sotterranee, per il percolato, o allÕatmosfera, con conseguente aumento dellÕeffetto serra, per il biogas.

Il problema principale legato a questi processi • la loro durata: infatti, molti di questi continuano per molto tempo dopo la chiusura di una discarica, portando ad una produzione continua di percolato e biogas nel corso degli anni.

Appare fondamentale, quindi, che una discarica sia ideata e costruita in modo tale da mantenere lÕisolamento del fondo, dei lati e, quando questa si esaurisce e viene chiusa, anche della copertura finale superficiale; inoltre, essa deve essere fornita di sistemi efficienti di raccolta e captazione di biogas e percolato e duraturi nel tempo. In questo modo, non permettendo la fuoriuscita del percolato e raccogliendo il biogas, gli impatti possono essere abbattuti notevolmente.

Altrettanto importante • cercare di evitare che i rifiuti contenenti elevate quantitˆ di frazione organica putrescibile vengano avviati allo smaltimento in discarica, in modo da evitare che questi possano reagire e generare impatti.

Le varie normative che si sono susseguite nel corso dei decenni hanno migliorato notevolmente i criteri costruttivi e i criteri di ammissibilitˆ dei rifiuti in una discarica, al fine di limitare i rischi per lÕuomo e per lÕambiente.

Il problema, per˜, va ricercato in tutte quelle discariche che sono state realizzate quando, a causa di una mancanza di presa di coscienza sui pericoli generati dallo smaltimento incontrollato dei rifiuti in discarica, le varie normative non contenevano al loro interno criteri costruttivi e di ammissibilitˆ tali da impedire lo svilupparsi di elevate quantitˆ di percolato e biogas e la loro dispersione in ambiente.

AllÕinterno di tutte queste discariche, quindi, a causa dello smaltimento di rifiuti indifferenziati, si sono sviluppati una serie di fenomeni biochimici, a causa della presenza di rifiuti ad elevato grado di putrescibilitˆ, che hanno portato alla generazione di emissioni, le quali sicuramente hanno causato fenomeni di inquinamenti nelle zone circostanti al sito.

Appare, quindi, fondamentale, da una parte riuscire ad individuare lÕubicazione di queste discariche e dallÕaltra definire criteri di ammissibilitˆ dei rifiuti che considerino lÕattivitˆ biodegradativa dei rifiuti allÕinterno del sito nel corso degli anni.

Gli obiettivi che il lavoro di tesi si • prefissato di raggiungere, data la premessa, sono stati diversi:

-! Definire una prima stima del quadro regionale delle discariche esaurite. -! Caratterizzazione di un rifiuto indifferenziato riesumato da una discarica

-! Giudicare in modo critico il set di parametri scelti per la valutazione del grado di biodegradabilitˆ del campione di rifiuto

-! Valutare i pre-trattamenti necessari a preparare un campione di questo tipo.

Il presente lavoro di tesi, allo scopo di definire un il quadro territoriale in Veneto delle discariche esaurite, ha comportato una ricerca, allÕinterno dei vari archivi di ARPAV, della Regione, delle Provincie, a volte, dei comuni e dei vari enti presenti allÕinterno del territorio, delle informazioni riguardanti tutte le discariche che sono state attive allÕinterno del Veneto dagli anni 70 e, ora, esaurite. Questa ricerca ha permesso di descrivere la situazione impiantistica delle discariche esaurite, definendo una prima stima del quadro, utile per capire il numero dei siti, le tipologie di rifiuti smaltiti e le distribuzioni territoriali di questi impianti di smaltimento in attivitˆ nei decenni precedenti. Dalla prima stima del quadro emerge che allÕinterno della Regione Veneto sono presenti 369 discariche esaurite, di cui 123 (33%) sono in fase di post-gestione, 147 sono estinte (40%), 28 di esse (8%) presentano situazioni particolari legate ai regimi autorizzativi (sospese o non rinnovate), mentre per 71 (19%) non • stato possibile la caratterizzazione a causa della mancanza di informazioni.

In queste 369 discariche, il 49% erano per rifiuti inerti, il 35% per rifiuti non pericolosi, la maggior parte (in 68 discariche su 127 totali di questa categoria) costituiti da rifiuti solido urbani, mentre il restante 16% • costituito o da discariche miste (20 discariche) o da discariche non classificate a causa della mancanza di informazioni (41 discariche).

La Provincia di Treviso risulta essere quella con il pi• alto numero di discariche esaurite: sono ben 120 le discariche esaurite presenti allÕinterno del territorio, rappresentando il 30.5% della distribuzione totale nella Regione. Questo pu˜ essere spiegato dalla natura del territorio, poichŽ questo era costituito da numerose cave di ghiaia che, una volta esaurite, costituivano, al tempo, lÕambiente ideale alla realizzazione di una discarica.

La Provincia di Belluno • quella con il pi• alto numero di discariche esaurite di rifiuti inerti (58 discariche, rappresentanti il 32% della distribuzione totale), mentre la Provincia di Treviso • quella con il pi• alto numero di ex

discariche per rifiuti non pericolosi (49 discariche, il 38.5% della distribuzione totale regionale).

Dal quadro regionale • apparso evidente come il peso delle discariche esaurite (83%) sia molto maggiore rispetto a quello delle discariche attive (13%) allÕinterno del territorio.

Giˆ da solo questo dato rafforza lÕimportanza nel definire un quadro generale dellÕubicazione di queste discariche soprattutto per collegare eventuali fenomeni di inquinamento

Maggiori, quindi, saranno le informazioni recuperate dai vari archivi allÕinterno della Regione, delle varie Provincie e dei Comuni e migliore potrˆ essere il quadro territoriale sulle discariche esaurite nel Veneto.

Nella parte sperimentale del lavoro di tesi, invece, sono state analizzate le caratteristiche chimico, fisico e biologiche di un campione di rifiuto riesumato da una discarica esaurita sita in Provincia di Verona, con lÕobiettivo di valutarne il grado di stabilizzazione, attraverso lÕanalisi di determinati parametri.

I risultati ottenuti, oltre a confermare la totale stabilizzazione biologica del rifiuto, hanno permesso di valutare in maniere critica sia i parametri scelti, sia lÕinfluenza della plastica sui parametri analizzati, sia i pre-trattamenti utilizzati, i quali sono stati di vagliatura e triturazione. Infatti, il rifiuto campionato • stato pre-trattato, generando, oltre al tal quale, altre 3 sottocategorie: un rifiuto triturato, un sottovaglio e un sopravaglio.

Dalle analisi di base, chimiche e biologiche sulle 4 sottocategorie (tal quale triturato, sottovaglio e sopravaglio) • emerso come il tal quale sia molto simile, per caratteristiche, al triturato, mentre il sopravaglio e il sottovaglio differiscono molto tra di loro e, soprattutto, con il rifiuto campionato; la vagliatura, quindi, modificato di molto le caratteristiche delle frazioni che ha generato, il sopravaglio e il sottovaglio.

Questa diversitˆ • evidente se si confronta il sottovaglio e il sopravaglio con il rifiuto triturato: il primo si avvicina molto, per caratteristiche, ad una matrice terrosa, mentre il secondo aumenta di molto il contenuto di carbonio organico di questa sottocategoria (a causa della presenza di plastica, carta, tessili, legno che contribuiscono al 70% della composizione totale),

sovrastimando questa frazione rispetto al triturato, che, per caratteristiche, pi• si avvicina al campiona tal quale.

Il contenuto di sostanza organica, infatti, • uno dei parametri principalmente discusso nel corso del lavoro di tesi. Questo viene determinato da due analisi, il COD e il TOC, le quali permettono di valutare il contenuto totale di sostanza organica e, allÕinterno di questa, il carbonio organico.

Queste due analisi sono fondamentali per definire i criteri di ammissibilitˆ dei rifiuti in discarica; il loro limite per˜, come evidenziato nel corso del lavoro di tesi, • lÕimpossibilitˆ di individuare quanto sia la frazione putrescibile, la quale rappresenta la pi• pericolosa se conferita in discarica in grandi quantitˆ, poichŽ dalla sua degradazione si pu˜ produrre biogas e percolato.

Da qui sorge la necessitˆ di affiancare, oltre a queste analisi chimiche, delle analisi respirometriche, in grado di aiutare a comprendere il comportamento del rifiuto dal punto di vista biodegradativo: le analisi individuate sono lÕIRDP, in ambiente aerobico, e il BMP, in ambiente anerobico.

LÕIRDP, introdotto dal D.M. del 27/09/2010, viene giˆ utilizzato per determinate diverse categorie di rifiuti e, con le Linee Guida ISPRA del 2016, tale analisi • stata allargata ad una pi• ampia tipologia di rifiuti a base organica velocemente biodegradabile.

AllÕinterno di un rifiuto per˜, dallÕanalisi merceologica, • emerso che questo pu˜ contenere molte frazioni che, pur innalzando il valore del carbonio totale e organico, non incidono molto sulla putrescibilitˆ, poichŽ sono a pi• lenta biodegradazione: tra queste vi sono la plastica, la carta, i tessuti e il legno.

Per queste frazioni, il solo IRDP non riesce a dare informazioni sulla loro evoluzione allÕinterno del sito ella discarica, poichŽ sono a lenta biodegradazione.

Il BMP, invece, utilizzato in diversi Paesi Europei, potrebbe essere utile a comprendere il comportamento biodegradativo di queste frazioni. Inoltre, lÕanalisi • sviluppata in ambiente anaerobico, ed • proprio questo lÕambiente che prevalentemente si sviluppa allÕinterno di una discarica.

In conclusione, quindi, dalle analisi si pu˜ confermare che il rifiuto campionato • totalmente stabilizzato; inoltre, in questo caso, le sole analisi di base e chimiche sono bastate a confermarlo. Le analisi biologiche, in questo caso, non hanno aggiunto nessuna nuova informazione.

Dai risultati ottenuti, per˜, risulta che il campione di rifiuto riesumato sia poco indicativo per valutare lÕimportanza delle analisi biologiche dellÕIRDP e del BMP.

Potrebbe essere quindi necessario analizzare un rifiuto ÒfrescoÓ, attraverso le analisi di base, chimiche e biologiche, in modo da comprendere al meglio lÕimportanza di quelle biologiche nella caratterizzazione di un campione.

Per quando riguarda il quadro impiantistico, gli obiettivi futuri potrebbero essere:

-! Completare il quadro con le informazioni mancanti. -! Georeferenziare i siti di discarica.

-! Arricchire i dati tecnici delle discariche (anni di attivitˆ, tipologie di rifiuti smaltiti, volumetrie, fonti dÕimpatto, dati analitici su biogas e percolato, dati su eventuali inquinamenti delle falde).

Per le analisi sperimentali, tra gli obiettivi futuri vi potrebbe essere:

-! Allargare le analisi e i pre-trattamenti presentati nel lavoro di tesi a dei rifiuti freschi in ingresso nelle discariche, per valutare il peso delle analisi biologiche.

-! Introdurre lÕanalisi BMP, in modo da accompagnare allÕIRDP unÕanalisi biologica in ambiente anaerobico e su frazioni a pi• bassa biodegradabilitˆ.

Capitolo Ottavo

BIBLIOGRAFIA

Direttiva 75/442/CEE del Consiglio Europeo, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (G.U. L 194 del 25/7/1975).

Direttiva 76/403/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1976, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (G.U. n. L 108 del 26/04/1976).

Legge 10 maggio 1976, n. 319. ÒNorme per la tutela delle acque dall'inquinamentoÓ (G.U. n. 141 29/05/1976).

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D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 ÒAttuazione delle Direttive CEE n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nociviÓ (G.U. n. 343 del 15/12/1982).

Delibera Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 ÒDisposizioni per la prima applicazione dell'articolo 4 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, concernente lo smaltimento dei rifiutiÓ.

Direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991 che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti (G.U. n. L 78 delle Comunitˆ Europee del 26/03/1991).

Direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (G.U. del Consiglio Europeo n. L 377 del 31/12/1991).

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