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La cappella di santa Barbara (arch Maria Antonietta Catella)

Craco, il paesaggio come Heimat Craco, landscape as Heimat

IV. La cappella di santa Barbara (arch Maria Antonietta Catella)

Dedicata al culto di santa Barbara, prima protettrice di Craco, la piccola cappella, con annesso cimitero, è stata eretta nel corso del XIII secolo21, lungo il percorso di crinale di via

Alfieri, l’area del borgo più predisposta alla caduta dei fulmini. Restaurata a seguito di un terremoto, nel 1549, come emerge nel ms.

Status et Plateia ecc., l’edificio è stato annesso,

con tutti i suoi beni, alla Chiesa madre di san Nicola vescovo ed ha finito per essere officiato nel solo giorno di festa di santa Barbara22

(Figg. 6-7). Orientata in direzione ovest-est la cappella presenta l’ingresso ad occidente, sopraelevato di circa un metro rispetto alla quota di via Alfieri, ed accessibile mediante una rampa di gradini in mattoni, oggi non più esistente. Come altri piccoli edifici di culto del borgo, la cappella si caratterizza per l’estrema

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Fig. 4 Chiesa madre di san Nicola Vescovo: spaccato assonometrico sud-ovest dello stato di conservazione e della proposta del progetto di restauro (elaborazione grafica: C. Bisceglia, C. R. Calitro, P. Colonna, A. D’Ercole, M. Pepe, A. Santarcangelo, 2014)

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Fig. 5 Chiesa madre di san Nicola Vescovo: restituzione assonometrica dei meccanismi di collasso (elaborazione grafica: C. Bisceglia, C. R. Calitro, P. Colonna, A. D’Ercole, M. Pepe, A. Santarcangelo, 2014)

sobrietà delle forme: la facciata a capanna è priva di qualsiasi carattere ornamentale e mostra il solo portale di accesso con arco ribassato e un piccolo rosone polilobato, entrambi in mattoni. L’interno dell’ edificio è costituito da una semplice aula liturgica a singola navata su impianto rettangolare, suddivisa in due campate con coperture costituite da volte a botte lunettate in mattoni ed elementi fittili di alleggerimento (bubbole) e sovrastate da un manto di copertura in coppi. La pavimentazione, quasi del tutto integra, è costituita da elementi in cotto rettangolari, accostati, in alternanza di filari, secondo l’asse orizzontale e verticale. L’ambiente è del tutto privo dell’altare e di qualsiasi elemento decorativo e votivo: le superfici verticali sono semplicemente intonacate. La parete sud dell’aula liturgica presenta un’apertura d’accesso su un raccolto cortile a strapiombo sui ruderi (Figg. 6-7). Dalle analisi e gli studi svolti emerge uno stato di conservazione critico, ma non per questo irreversibile, dell’edificio di culto23. Le numerose lesioni

distribuite in chiave e alle reni lungo le generatrici delle volte a botte, che si propagano anche lungo le direttrici delle lunette, e quelle presenti sulla facciata occidentale, non sono altro che l’esito di ribaltamenti semplici a cui sono soggetti i prospetti nord, ovest e sud del corpo di fabbrica (Fig. 8). L’edificio mostra anche forme di degrado delle superfici, oltre che strutturale, causate da uno stato

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di completo abbandono, dalla conseguente mancanza di qualsiasi forma di manutenzione e dalla prolungata esposizione agli agenti atmosferici24. Le conoscenze storiche ed

analitiche assunte, confermano quanto affermava Mauro Civita in una sua lezione dal titolo “Restauro e Didattica”, che solo mediante fasi conoscitive consequenziali, partendo dall’osservazione diretta del monumento, inteso come primo documento di se stesso, e servendosi di una serie di mezzi analitici, organicamente finalizzati alla conservazione, è possibile giungere ad una corretta proposta di progetto. Confrontarsi con l’esistente implica un’ esaustiva conoscenza storica e qualitativa dei luoghi, acquisibile solo mediante un atteggiamento critico, che possa permettere di riconoscere nel monumento altri valori oltre a quello documentale e di memoria25.

In questi termini è quindi possibile immaginare al contemporaneo che si stratifica sull’esistente, “alla coesistenza di antico e nuovo, la quale se venisse meno vorrebbe dire che tra noi e il passato si è aperta una incolmabile frattura. Se i muri vecchi e i muri nuovi non possono sussistere insieme, non lo potranno nemmeno quelle cose che trovano in essi una nuova immagine inevitabilmente coerente”26. Tenendo ben a mente questo

monito, il progetto di restauro della cappella di Santa Barbara consiste in una serie di scelte tecniche mirate ad affrontare la problematica del particolare e della misura garantendo

Fig. 6 Planimetria della cappella di santa Barbara e di via Alfieri: rilievo architettonico (in alto) e progetto di restauro (in basso) (elaborazione grafica: S. Belmondo, M.A. Catella, M. Intini, M. Madio, G. S. Orofino, P. Vitucci, 2015; M.A. Catella 2016)

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Fig. 7 Alzati della cappella di santa Barbara e di via Alfieri: rilievo architettonico (prospetto-sezione A-A’ in alto a sinistra e sezione B-B’ in alto a destra) e progetto di restauro (prospetto-sezione A-A’ in basso a sinistra e sezione B-B’ in basso a destra) (elaborazione grafica: S. Belmondo, M.A. Catella, M. Intini, M. Madio, G. S. Orofino, P. Vitucci, 2015; M.A. Catella 2016)

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sempre l’unità figurativa del manufatto, secondo i principi del restauro architettonico della ‘conservazione dell’autenticità’, cercando di “rendere visibile il vissuto”27, della

‘distinguibilità’ dell’intervento, della ‘durabilità’, della compatibilità meccanica, chimico-fisica e costruttiva con la materia preesistente, della ‘reversibilità’ almeno potenziale, poiché consci del fatto che nessuna azione possa del tutto essere reversibile, e soprattutto del ‘minimo intervento’, interrogandosi continuamente sulla necessità di qualsiasi tipo di operazione sull’esistente28.

Principi questi fondamentali in vista di un progetto di recupero del piccolo edificio liturgico, così ancora ben impresso e fortemente presente nella memoria degli abitanti di Craco, quasi a costituire un’iconema, un simulacro della fede. Un progetto che tenga conto dell’antica vocazione spirituale e comunitaria del luogo, in grado di continuare, in un contesto talmente suggestivo, a svolgere la sua originaria funzione e che possa costituire un esempio di tutela non solo fisica, ma anche mentale e dei valori immateriali dell’edificio: ecco quindi che è possibile pensare alla piccola aula liturgica come un piccolo Museo dell’antica statuaria sacra di Craco, in grado di custodire e conservare alcune delle numerose statue votive recuperate dai numerosi edifici di culto del centro storico e delle sue contrade, oggi in completo stato di abbandono e rovina, restaurate e gelosamente custodite dagli

Fig. 8 Restituzione assonometrica dei meccanismi di collasso a cui sono soggette le murature d’ambito della cappella di santa Barbara (elaborazione grafica: S. Belmondo, M.A. Catella, M. Intini, M. Madio, G. S. Orofino, P. Vitucci, 2015)

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abitanti in un anonimo deposito presente presso il rione Sant’Angelo. Così, oltre alle proposte di rimedi alle forme di degrado strutturale e delle superfici, è possibile pensare a pochi e semplici elementi di progettazione, distinguibili e removibili rispetto alla preesistenza: una rampa di quattro gradini antistante il prospetto principale della cappella e un sistema di protezione lungo i margini del piccolo cortile a sud dell’edificio, ripensato come una terrazza panoramica da cui poter traguardare le bellezze paesaggistiche del “Parco Scenografico dei Ruderi”, permettono al visitatore l’accesso e la fruizione all’edificio in totale sicurezza. Tali elementi sono pensati come costituiti da profilati e lastre microforate in acciaio corten, assemblati a secco, provvisori e removibili a seconda delle esigenze. Nell’interno dell’aula liturgica, semplicemente addossati alle murature d’ambito nord e sud, invece, i simulacri della fede sono pensati come disposti su un sistema di podi in legno dotati dei più adeguati sistemi di illuminazione. Un sistema di sedute, affiancato ai resti dell’antico altare, permette infine la sosta e la meditazione in questo luogo ancora fortemente carico di valori identitari e comunitari (Figg.6-7). «Usare per conservare quindi! Soprattutto se si parla di architettura […] il cui valore d’uso si adegua al mutare delle esigenze e dove il progetto diventa necessità connaturata all’azione di tutela. L’uso come mezzo quindi, non come fine!, […]. ‘seguendo una regola laica e non

pregiudizionale: intervenire concettualmente prima che architettonicamente, per evitare agli edifici l’iscrizione all’indice degli obiecta

delenda […]. Dare di più attraverso il meno […]

per ricaricarsi di senso architettonico (e sociale e morale, ed estetico) questi progetti che poco per volta stanno disperdendo il significato della loro presenza’»29.

I contenuti del presente contributo riassumono parte del lavoro svolto nelle seguenti tesi di ricerca:

Lab 1: Craco, progetto di restauro del borgo medievale.

Politecnico di Bari – dICAR. CdLM in Architettura. Laboratorio di Laurea: Restauro dell’Architettura 13|14.

Autori: C. Bisceglia, C. R. Calitro, P. Colonna, A.

D’Ercole, M. Pepe, A. Santarcangelo.

Relatori: R. de Cadilhac, M.Ieva Tesi di ricerca: G. Rossi, Dora Foti.

Lab 2: Craco, il borgo medievale. Antico e nuovo nel recupero dei borghi antichi abbandonati.

Politecnico di Bari – dICAR. CdLM in Architettura. Laboratorio di Laurea: Restauro dell’Architettura 14|15.

Autori: S. Belmondo, M.A. Catella, M. Intini, M.

Madio, G. S. Orofino, P. Vitucci.

Relatrice: R. de Cadilhac.

Tesi di ricerca: M. Ieva, G. Rossi, D. Foti, P.

Morano.

Note:

1. «Con il termine iconema si definiscono quelle unità elementari di percezione, quei quadri particolari di riferimento sui quali costruiamo la nostra immagine di un paese. Si può dire che gli iconemi stanno al paesaggio come il fonema sta alla parola». E. Turri, Semiologia del paesaggio italiano, Longanesi, Milano 1990, introduzione alle tavole fuori testo

2. Giustino Fortunato negli anni ’20 identifica le tre piaghe della Lucania: “malaria, frane e terremoto”

3. C. Levi, Cristo si è fermato ad Eboli, Einaudi, Torino 1963, p.7 4. Per un maggior approfondimento relativo all’evoluzione storica del borgo medievale di Craco si consultino: C. Bisceglia, C. R. Calitro, P. Colonna, A. D’Ercole, M. Pepe, A. Santarcangelo,

Craco. Progetto di restauro del borgo medievale di Craco (MT),

tesi di laurea in Architettura discussa presso il Politecnico di Bari, A.A. 2013|2014, relatrice prof. Rossella de Cadilhac, tomo I, pp. 343-364. S. Belmondo, M.A. Catella, M. Intini, M. Madio, G.S. Orofino, P. Vitucci, Craco, il borgo medievale. Antico

e nuovo nel recupero dei borghi antichi abbandonati, tesi di

laurea in Architettura discussa presso il Politecnico di Bari, A.A. 2014|2015, relatrice prof. Rossella de Cadilhac, tomo I, pp. 29- 47

5. Nella sua opera In vino veritas, Soren Kierkegaard chiarisce la sostanziale differenza tra il ricordo e la memoria. Il ricordo è strettamente soggettivo ed affettivo, in grado di suscitare un senso di nostalgia. La memoria, differentemente, risulta distinta in collettiva e storica, deposito di date ed eventi

6. V. Teti, Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati, Donzelli Editore, Roma 2014, pp. 450-451 7. E. Crucianelli, N.Flora, I borghi dell’uomo. Strategie e progetti di ri/attivazione, LetteraVentidue, Palermo 2013, pp. 91-92 8. L.M. Lombardi Satriani, Il sogno di uno spazio. Itinerari ideali e traiettorie simboliche nella società contemporanea, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 2004, p192. L’antropologo Francesco Faeta osserva come «[…] il presepe ‘ricapitola in sé lo spazio sacro immaginario e quello profano reale, lo spazio del presente e quello del passato, lo spazio dei contadini e dei pescatori e quello dei signori, dei mercanti e dei sacerdoti. Esso tende a ricostruire un plastico della comunità, un ordine cosmogonico globale, il paese esemplare del rischiaramento cristiano’» L.M. Lombardi Satriani, Madonne, pellegrini e santi: itinerari antropologico-religiosi nella Calabria di fine millennio, Meltemi Editore srl, Roma 2000, pp. 11-12

9. G .Simmel, Saggi sul paesaggio, Armando Editore, Roma 2006, pp. 72-73

10. Continua Eugenio Turri: «[…] il problema della tutela e del rispetto per il paesaggio è un fatto intimo, da riportare alla coscienza individuale, anche se rientra tra i grandi fatti territoriali, collettivi e addirittura planetari. Non servono prediche, indicazioni disciplinari pesanti, ma solo la lieve carezza