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Un’altra costruzione dai tratti unici e che non si ritrova in altri templi è rappresentata dalle cappelle delle regine; sono sei di numero, una accanto all’altra, e inserite nei muri che dividono la corte di fronte alla sala ipostila dal peristilio che corre intorno alla “piramide”. Sono collegati alle tombe scavate nel pavimento della corte, dove sono stati trovati i sarcofagi di pietra. Ognuno di questi sacelli è dedicato ad una regina, che allo stesso tempo porta il titolo di sacerdotessa di Hathor; non sono in buono stato di conservazione, e soltanto due presentano ancora in piccola parte le pareti, che sono per lo più identificabili grazie alle tracce rimaste sul pavimento e ai frammenti di rilievi recuperati durante gli scavi; questi furono tuttavia sufficienti ad effettuare una parziale ricostruzione, opera di M.me Naville, che permise di identificarne cinque e conoscere i nomi delle principesse a cui erano dedicati.

I sacelli erano piccole stanze: ognuno era sormontato da una profonda cornice a cavetto e toro, e decorato agli angoli da colonne

lotiformi addossate al muro; sulla facciata, intorno all’entrata, erano scene

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Per la descrizione dettagliata dei frammenti relativi a ciascuna cappella vd. infra p. 80 (Henhenet); 102 (Aashayt); 114 (Kemsit); 144 (Kauit); 145 (Sadhe).

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eseguite ad altorilievo, che mostravano la dama seduta da sola o con il sovrano, circondata da servitori o ufficiali a lei legati; sono raffigurate anche le offerte alimentari che le sarebbero servita nella vita nuova, i portatori di offerte, buoi, sia macellati che ancora in vita, vacche da latte con vitelli. Sui lati e sul fondo delle cappelle troviamo doppie false porte dipinte per imitare il legno e sormontate da lunette in cui fasci di papiro, teste di falco, pilastri djed e piccole colonnette zigrinate sono messi

insieme a creare la griglia ornata tipica delle finestre orientali. É da notare come le decorazioni siano estremamente accurate nel conservare i dettagli dell’originale naturale a cui si ispirano: l’intrecciarsi delle colonne, la cordatura del toro, l’imitazione delle costole delle canne nelle colonnette e le foglie della cornice a cavetto.

Figura 12 - Foto di scavo dei sacelli da H. E. Winlock: A e B rappresentano tutto ciò che resta delle fondazioni dei due sacelli settentrionali; C e D sono le depressioni nel pavimento da cui si è intuita la presenza dei pozzi funerari.

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Figura 13 - Foto di scavo delle tombe e dei sacelli: sulla destra gli uomini lavorano alle tombe di Myt, Aashayt e Sadhe; sulla sinistra sono le fondamente delle cappelle.

A partire dal lato Nord, il primo è quello di Myt, scoperto da Winlock; il successivo appartiene ad Aashayt, il terzo a Sadhe; oltre la porta che collega il colonnato alla corte, sono le cappelle di Kauit, Kemsit ed Henhenet. Secondo Naville era possibile che ce ne fossero altri,

considerato che «fragments showing processions of these princesses give

us other names, and »77, anche se in realtà non vi è traccia di

altri sacelli.

Il loro titolo, tradotto inizialmente “la favorita reale, l’unica,

sacerdotessa di Hathor”, suscitò nei primi studiosi diverse domande: nello specifico, essi trovarono difficile conciliare l’aggettivo w’t.t con il fatto che esso fosse attribuito a sei regine diverse. Naville, considerò che l’epiteto si

trovava anche al maschile nel titolo , dove la traduzione “l’unico

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amico” , sembrava allo studioso ugualmente incoerente; secondo

l’archeologo, era invece possibile che esso avesse «a meaning of the same

kind as the for the priest, viz., ‘the class, the rank’; and I would translate

‘a royal favourite of the first rank’, implying that they might be raised to

the position of ‘royal wife’»78 considerato che in effetti questo è vero

per Aashayt (il suo titolo infatti è “la sposa del re, che egli ama”) .

Un frammento, di cui non è stato identificato il proprietario, riporta [...], che quindi potrebbe riferirsi ancora a titoli delle

sacerdotesse; su un altro, di Kauit, si legge , che Naville propone di

ricostruire come 79; infine, su un altro di Sadhe abbiamo prima del

titolo di favorita, ed una linea che sembra parte di un mr. Inoltre, di fronte ad una figura facente parte di una processione di principesse, si legge di

nuovo , anche se purtroppo il nome è perduto. Indipendentemente

dall’interpretazione di Naville, anticipando un problema che verrà

analizzato più estesamente nella seconda parte, qui avremmo comunque la prova che le cinque donne sarebbero state effettivamente delle spose reali, e non solo delle sacerdotesse, anche se ciò nulla toglie alla particolarità dei loro due titoli non regali.

É dunque probabile che fossero tutte “spose reali” che non esclude il titolo di “favorita reale” come si può vedere dal frammento di Aashayt; è eccezionale che esse abbiano preferito il secondo titolo a quello di sposa reale, dal momento che compare più spesso nei sacelli, ed è sempre sui sarcofagi.

78

Ibid.

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Ancora una volta, poi, nello studio delle cappelle, Naville ritorna sul problema della datazione: «Mr. Somers Clarke insists on the fact that the temple was absolutely finished before tombs and shrines were inserted in it. To the weighty arguments of the expert might be added this: the large

platform in which the tombs have been sunk, and on which the shrines have been built, did not exist before it had been cut out of the rock for raising the temple. Before that, there was only the slope of the mountain. Since the building of the shrines and the sinking of the tomb rendered it necessary to make important repairs in the temple, it is probable that all the work was

done at the same time; a fact which is difficult to explain.»80. Per questo era

stato suggerito che, alla morte del re, le sue spose fossero state sacrificate per raggiungerlo nell’aldilà, ma questo è un costume di cui non si hanno tracce tranne che nel predinastico; inoltre, almeno in un caso (Henhenet)

siamo sicuri che la giovane sia morta di parto81.

Un’altra spiegazione potrebbe essere che i corpi di queste regine siano state raccolte e sepolte insieme a causa di qualche vicenda

coinvolgente il culto di Hathor. Benchè a Naville sembrasse strana questa ipotesi in quanto gli apparivano ancora pochi i riferimenti ad Hathor sotto l’XI dinastia, mentre il culto principale sembrava essere stato quello di Amon, già con lui viene proposto che Mentuhotep avesse un interesse particolare per questa dea, e che potesse essere stato questo sovrano ad ordinare una prima costruzione del santuario che poi fu rinnovato e decorato da Thutmosi III: secondo l’archeologo, in questa occasione le mummie delle principesse sarebbero state deposte nel tempio. Il

80

E. Naville, op. cit., p.7

81

La mummia di Henhenet fu analizzata una prima volta a New York dopo essere stata acquisita dal Metropolitan Museum; nel 1923, fu restituita alla Cairo School of Medicine per un’esame più

dettagliato; vd. D.E. Derry, R. Englebach, Mummification, Annales du services des antiquités de l’Égypte, 41 (1942) 233-265.; è anche vero che per E. F. Morris la cosa non è probante: “While an examination of one of these women has revealed that she died in childbirth rather than as a victim of retainer sacrifice, the core idea is still solid”, in E.F. Morris, Paddle Dolls and Performance, JARCE 47 (2011) p.77.

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ragionamento di Naville tuttavia è confuso in quanto scrive: «Then tombs were cut for them, and for this purpose it was necessary to remove the

columns, some of which were raised afterwards over the tombs.»82. Quanto

al legame tra Mentuhotep e Hathor, aggiunge una iscrizione da Gebelein in cui il re, raffigurato mentre colpisce i nemici, è chiamato “il figlio di

Hathor, signora di Ant” (su questo si ritornerà in sede specifica).

Questi sacelli erano piccoli, considerato che non superavano i 3 m di altezza, e l’unico di cui conosciamo le esatte dimensioni era cubico, dalle tre dimensioni misuranti poco meno di tre metri. La pianta sembra essere stata molto semplice (fig.14): sul lato est era una camera chiusa da una porta, e conteneva una statua della principessa; il busto di una di queste è stato rinvenuto, in calcare dipinto. Tracce della porta rimangono nel pavimento di una delle cappelle, ed in uno dei blocchi è il foro per far ruotare il cardine.

Figura 14 - Le cappelle di Aashayt e Sadhe.

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La camera dove doveva trovarsi la statua era probabilmente di piccole dimensioni, ma le mura dovevano essere alquanto spesse; la porta del sacello di Sadhe misurava 75 cm. di larghezza e su entrambi i fianchi erano disponibili 85 cm. per i rilievi. La porta era lignea, ed è possibile che riportasse raffigurati i due occhi udjat come si vede sul sarcofago della principessa.

La costruzione stessa è indipendente dai soggetti scolpiti sulle quattro facce: il tetto con la tipica cornice a coste è sostenuto da quattro colonne con capitelli lotiformi (nello specifico il loto azzurro), e al di sotto sono cinque fasce che legano il fiore attorno al legno che sostiene il soffitto. Non è dunque la colonna stessa a rappresentare lo stelo, ma il fiore è

raffigurato come avvolto intorno ad essa.

Il grande pannello che forma la facciata d’ingresso del sacello di Sadhe può essere interpretato come la residenza ultramondana ove abiterà la principessa. Ogni parte della decorazione ha un suo ruolo e si rifa ad un progetto complessivo; il tutto è sormontato dal cielo con le stelle. Gran parte delle sceme sono state ricostruite a partire da piccoli frammenti, eccetto la seconda sulla destra, che è quasi del tutto completa. Nella parte centrale sopra la porta vediamo la principessa in una sala con la classica cornice a coste; la decorazione è composta da linee a zigzag e scacchi, simboleggianti tappeti o tendaggi; vi è anche una decorazione di tipo naturalistico, con due fiori uniti e bande di piccole teste di falco,

probabilmente con riferimento a Horus, specialmente considerato che sui lati sono invece insieme ai pilastri djed, osiriaci.

La principessa è raffigurata seduta, con in mano due fiori di loto; due ancelle si trovano di fronte e dietro a lei, e di solito il loro nome è riportato: Naville ipotizzava che avessero servito la regina quando era in vita.

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Un’altra scena mostra due servitori che macellano un bue, le cui cosce sono presentate alla loro signora.

Nella scena centrale ella è raffigurata da sola; soltanto una volta è insieme al re, dietro al quale siede, appoggiando la mano alla sua spalla; il sovrano porta un piccolo vaso alla bocca.

Al di sotto di questo, vediamo Sadhe che riceve una coppa,

contenente una bevanda denominata ḥnq.t, generalmente tradotta come “birra”; dietro al servitore che porge da bere, è una donna che regge in mano un loto.

Dall’altro lato sono riprodotti tre uomini con bastoni che sembrano andare incontro alla principessa, probabilmente gli stessi che sul sarcofago di Kauit offrono alla dama ogni sorta di profumi ed essenze. Al di sotto di questi, è solo una serva che porta dei fiori di loto: la figura della principessa è andata perduta.

Come sul sarcofago, tutte queste scene si riferiscono alla vita quotidiana, e dal momento che non mostrano scene di adorazione della principessa, come accade a volte per i re, si suppone abbiano valore magico e il loro scopo sia quello di rendere disponibile alla nobildonna anche

nell’aldilà tutto ciò di cui abbia usufruito in vita: abbondanza di cibi e vivande, armenti e granai alle sue dipendenze, i profumi e le essenze più scelte, fiori di loto.

Le pareti invece presentavano una decorazione alquanto differente dalla facciata: a giudicare da quanto ci è rimasto ogni lato era composto da due pannelli separati da una linea verticale di geroglifici; i pannelli erano a loro volta divisi in due da porte, reali o fittizie, testimoniate da barre di metallo in forma di due fiori. La principessa è qui rappresentata come avente maggiore importanza rispetto al sovrano, che è seduto dietro di lei.

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La decorazione superiore è composta da fregi di teste di Horus e pilastri djed.

Per quanto riguarda le cappelle di Aashayt e Myt, rianalizzate da Winlock, vale la stessa affermazione che le poche tracce che ne restano sono rappresentate dalle fondamenta, anche se è ancora possibile vedere i graffi sulle soglie dove porte di legno dovevano aprirsi e chiudersi per far passare le statue durante le festività. I frammenti erano stati anche questi ricostruiti parzialmente da M.me Naville: il fondo ed i lati presentavano pannelli che raffiguravano delle porte (come già visto negli altri sacelli), mentre la facciata mostrava la regina nei suoi appartamenti dell’harem, insieme al suo sposo o a ricevere le offerte dai suoi vassalli e servitori. Ogni spazio non decorato da immagini presentava preghiere a beneficio dello spirito della principessa.