34 MARINI BETTOLO RINALDO, MIGNECO LUISA MARIA, PLOSSI ZAPPALA’ MARIAGRAZIA,
2.5 CARATTERISTICHE CHIMICHE E FISICHE DELLA CARTA
Ora che abbiamo ricostruito il quadro storico relativo alla nascita e alla diffusione della carta e analizzato i principali metodi di produzione, andiamo ad osservare più da vicino la struttura fisica e chimica di questo materiale complesso, costituito essenzialmente da un intreccio di fibre di origine vegetale.
La materia prima per la produzione della carta, a prescindere dall’epoca, è sempre la cellulosa; cambiano nel tempo le modalità per ricavarla e il tipo di lavorazione cui si decide di sottoporla, che ne determinano, conseguentemente, la qualità.
La cellulosa, che costituisce la base di tutte le fibre vegetali, è un polimero naturale composto da monomeri di glucosio organizzati in catene che, unite tra di loro da legami idrogeno, costituiscono le fibrille,51 che, a loro volta, si legano tra loro costituendo un reticolato tridimensionale di fibre.
Pur essendo l’elemento principe della carta, la cellulosa non ne costituisce però l’unica componente.
Nella carta “tradizionale”, ovvero quella prodotta con l’uso di stracci, gli elementi utilizzati sono:
- stracci di colore chiaro, solitamente di lino, canapa e, più tardi, di cotone,
caratterizzati da fibre molto lunghe;
51 Ivi, pag. 5.
- acqua per il lavaggio degli stracci e la preparazione della sospensione di fibre nella
tina che, nonostante venga in larga parte gradualmente eliminata nel corso della
lavorazione, può contenere altri elementi quali, ad esempio, particelle minerali o metalliche che rimangono nella carta;
- sostanze alcaline, tradizionalmente idrossido di calcio mescolato con l’acqua di macerazione degli stracci, che conferisce al materiale una riserva alcalina sotto forma di carbonato di calcio, aumentandone così la durata e stabilizzando i gruppi carbossilici della cellulosa;52
- sostanze di carica o riempimento, aggiunte durante la formazione del foglio,
rendendolo più resistente, più uniforme e opaco; si tratta di sostanze minerali, in particolare silicati (caolino o talco), solfati (gesso idrato) e carbonati (soprattutto carbonato di calcio).53
- sostanze di collatura, applicate tradizionalmente solo dopo la formazione del foglio
(“collatura in-folio”).54Per la collatura si impiegano inizialmente sostanze vegetali, in
particolare mucillagini, ricavate da licheni (e usati dal V secolo), e amidi (dall’VIII secolo); solo successivamente e a cominciare dalle cartiere fabrianesi, si opterà per colle di origine animale, proteiche, in particolare la gelatina, o per la caseina ottenuta dal latte (dal XIII).55
È interessante osservare che, dal 1807, alla gelatina utilizzata per collare carte prodotte a macchina si aggiungeva “l’allume dei cartai”56 (solfato di alluminio), un mordente efficace ma con la propensione a sviluppare acidità.
Per la collatura “in pasta” si ricorre a delle resine, in particolare la colofonia, residuo solido delle resine di conifera (utilizzato dal XIX secolo).57
Nella carta moderna, ovvero quella prodotta usando come materia prima la polpa ricavata dal legno, gli elementi utilizzati sono:
52 HEY MARGARET, Trattamenti per via umida della carta in: Per una didattica del restauro librario. Diario del corso di formazione per assistenti restauratori della Regione siciliana, a cura di Carlo Federici e Maria Claudia Romano, Palermo, 1990, pag. 148.
53 Ivi, pag. 148.
54 MARINI, op. cit. pag. 442. 55 Ivi, pag. 442.
56 Da non confondere con “l’allume di rocca” (solfato doppio di potassio e alluminio). 57 MARINI, op. cit. pag. 445.
- il legno, costitutivo del fusto delle piante, il quale è composto da cellulosa (circa il 45%) e emicellulosa (circa il 30%), che ne costituiscono la parte fibrosa, ma anche da sostanze incrostanti, in particolare la lignina – presente circa al 20% – che tiene insieme le fibre con la sua azione “cementante”.58 In generale la pasta che se ne ricava è caratterizzata da fibre di cellulosa più corte e da sostanze incrostanti presenti in misura di gran lunga maggiore rispetto alla pasta ottenuta dalla lavorazione degli stracci;
- prodotti sbiancanti, ad esempio ipoclorito di sodio, biossido di cloro, acqua
ossigenata, che hanno lo scopo di schiarire la pasta di legno che si presenta naturalmente di colore scuro;
- eventuali altre sostanze, la cui tipologia dipende dall’utilizzo finale della carta (ad esempio le sostanze di patinatura).
La qualità della cellulosa dipende, sia nel caso che si tratti di carta ricavata dagli stracci che di carta ricavata dal legno, dalla lunghezza delle fibre.
In base al tipo di raffinazione cambia non solo la struttura, ma anche la lunghezza delle fibre. Attraverso l’utilizzo delle raffinatrici olandesi, in uso dalla fine del XVII secolo, ad esempio, si otteneva una carta più bianca ed omogenea anche se meno resistente rispetto a quella ricavata con la raffinazione degli stracci nelle pile a magli, che avevano caratterizzato le cartiere fin dall’XIII secolo, perché le fibre venivano tagliate anziché schiacciate. Con il raffinatore conico di Jordan, ideato nel 1860,59 invece, si aveva la possibilità di ricavare una diversa qualità di carta a seconda che la raffinazione fosse:
- magra, le fibre vengono per lo più tagliate che pestate, cosa che porta alla
formazione di una carta molto uniforme ed assorbente, poco compatta, più fragile dal punto di vista meccanico ma più veloce da produrre;
- grassa, la parete cellulare viene aperta attraverso l’idratazione, senza quindi tagliare le fibre e la carta si presenta più compatta e più resistente a livello meccanico;60
Un’altra operazione che può determinare criticità per il foglio cartaceo è la collatura. Se
da un lato essa impermeabilizza rendendo il materiale cartaceo meno sensibile alle
58 PEDEMONTE, op. cit. pag. 93.
59 FEDERICI CARLO, ROSSI LIBERO, Manuale di conservazione e restauro del libro, pag. 226. 60 Ivi, pag. 226.
variazioni igrometriche ambientali e migliora le qualità meccaniche della carta, dall’altro può generare alcune problematiche. Un esempio è dato dalla collatura con allume e colofonia, la quale aumenta tantissimo i livelli di acidità del supporto, oppure ancora dalla collatura dei fogli prodotti a macchina, effettuata addizionando alla gelatina
“l’allume dei cartai”. Qualora applicata in quantità eccessive, questa sostanza può
imbrunire il supporto e idrolizzare la gelatina rendendola solubile, in questo modo la collatura non costituisce più una protezione contro l’umidità.61
Anche per quanto riguarda le cartedi pasta legno le problematiche non mancano. Direi
che sono ancora maggiori, non a caso sono carte di qualità inferiore rispetto quelle artigianali. Infatti, rispetto ai metodi precedenti, permettono, in molti casi, alle sostanze nocive e alle impurità del legno di rimanere intrappolate nella materia finale.
Nel caso della pasta meccanica, nella quale si ritrovano tali e quali tutte le sostanze che
compongono il legno, le fibre risultano sminuzzate, notevolmente accorciate, l’impasto si presenta molto eterogeneo, le sostanze incrostanti, in particolare la lignina, sono ancora presenti e non facilitano la formazione dei legami idrogeno interfibra. Di
conseguenza il materiale manifesta una scarsa resistenza meccanica, oltre che una
notevole tendenza all’ingiallimento, determinata dalla sensibilità della lignina alla degradazione di tipo fotochimico comportata dall’esposizione alla luce.
Quella prodotta con pasta meccanica, rappresenta in effetti la peggiore tra le carte industriali ed è usata principalmente per i quotidiani, oggetti destinati ad essere cestinati nel giro di ventiquattro ore.
Le cose vanno leggermente meglio nel caso della pasta semichimica, prodotta con un sistema che abbina un trattamento chimico del legno, finalizzato all’eliminazione solo parziale di emicellulose e lignina, a un successivo trattamento meccanico per sfibrarlo.
Se ne ottiene una carta con un maggior livello di resistenza fisica e un minor livello di
sostanze incrostanti presenti.
La pasta chimica si presenta, tra i prodotti industriali, come la migliore, perchè composta dalla sola cellulosa, estratta dal legno di partenza con sistemi chimici che
61 HEY MARGARET, Trattamenti per via umida della carta in: Per una didattica del restauro librario. Diario del corso di formazione per assistenti restauratori della Regione siciliana, a cura di Carlo Federici e Maria Claudia Romano, Palermo, 1990, pag. 146.
solubilizzano ed eliminano le sostanze incrostanti. La sua qualità la rende adatta per supporti scrittori e per l’editoria.
Lo sbiancamento, operazione che come abbiamo visto è caratteristica delle carte sia di produzione tradizionale (basti pensare al trattamento degli stracci colorati con cloro per poterli impiegare nella manifattura cartaria) che di quelle prodotte con pasta legno, col tempo può portare anch’esso a problematiche piuttosto importanti. La reazione con le
sostanze chimiche sbiancanti comporta fenomeni di ossidazione e, soprattutto nelle
carte prodotte con pasta legno, il valore del pH risulterà tendente all’acidità.62