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Caratteristiche delle classi delle leghe del titanio

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 30-35)

Ad oggi sono note più di un centinaio di leghe di titanio; tuttavia, neanche la metà di queste ha raggiunto la diffusione commerciale. Più del 50% del mercato delle leghe di titanio è coperto dalla lega Ti-6Al-4V, storicamente la più utilizzata e studiata, e circa il 20% del rimanente mercato è coperto invece dal titanio non legato. [1] In questo paragrafo verranno discusse in maniera più approfondita le classi delle leghe di titanio precedentemente elencate, anche in relazione ad alcune proprietà meccaniche (che verranno presentate dettagliatamente in seguito), per poi procedere con una panoramica delle diverse leghe presenti nel mercato.

1.4.1 Titanio non legato o commercialmente puro

Il titanio commercialmente puro (CP) è disponibile come prodotto di fonderia dal 1950. Vi sono più tipologie di titanio non legato (nella denominazione ASTM designate come gradi dall’1 al 4): la differenza primaria tra i gradi consiste nel diverso contenuto di ossigeno e ferro (e altre impurità come carbonio, idrogeno e azoto). I gradi di purezza maggiore (ovvero con un minor contenuto di elementi interstiziali) hanno resistenza e durezza minore rispetto a quelli con un maggior contenuto di elementi interstiziali, presentando tuttavia una maggior duttilità. L’elevata solubilità dell’ossigeno e dell’azoto rappresenta un’unicità del titanio rispetto agli altri metalli, con i vantaggi e gli svantaggi che ne conseguono; ad esempio, se riscaldato in aria ad elevate temperature, la diffusione di ossigeno e azoto nel metallo provoca la formazione di una soluzione solida in superficie caratterizzata dall’elevata durezza e fragilità, nota come strato contaminato dall’aria. Tale strato è generalmente rimosso per la riduzione di duttilità e resistenza a fatica che comporta. Tuttavia, l’elevata affinità tra titanio e ossigeno porta alla formazione di uno strato di ossido superficiale tenace ed aderente, chimicamente stabile e rigenerabile anche in presenza di deboli tracce di ossigeno o acqua che è responsabile dell’elevata resistenza alla corrosione del titanio e delle sue leghe. Le considerazioni finora fatte sono valide per tutte le classi di leghe. [1, 2, 3, 4, 5]

Il titanio non legato è generalmente utilizzato per la sua eccellente resistenza alla corrosione, specialmente in applicazioni in cui non è necessaria un’elevata resistenza meccanica e in cui sono invece richieste una buona duttilità e saldabilità. La tensione di snervamento (e la tensione di rottura) minima oscilla tra ( ) per il Grado 1 e ( ) per il Grado 4: tale differenza è legata alla variazione degli elementi interstiziali (la resistenza aumenta all’aumentare del contenuto di ossigeno e ferro). [1, 2, 3]

Per aumentare la resistenza alla corrosione, il titanio commercialmente puro può contenere limitate aggiunte di palladio e rutenio. In particolare, l’aggiunta di palladio (0.15 - 0.2 %) aumenta la resistenza alla corrosione in ambienti riducenti e ossidanti, estendendo la possibilità di utilizzo in soluzioni di acido fosforico, solforico e cloridrico. L’aggiunta di molibdeno e nichel (Ti-0.3Mo-0.8Ni, classificata come titanio CP modificato o come lega α) consente di ottenere un aumento della resistenza. [2, 4, 5]

1.4.2 Leghe α e near-α

Per effetto della limitata capacità della struttura esagonale compatta di subire deformazioni, la fase α presenta una minor duttilità rispetto alla fase β, oltre a possedere una diffusività sensibilmente inferiore. [1] Pertanto, l’aumento di α-stabilizzanti in lega (ed in particolare dell’elemento α-stabilizzante maggiormente utilizzato, ovvero l’alluminio) comporta un aumento della resistenza al creep e all’ossidazione, accompagnato da una diminuzione della

duttilità e della capacità di subire deformazioni. Per evitare che tali proprietà vengano ridotte al di sotto di soglie accettabili, nello sviluppo di nuove leghe si mantiene il parametro detto alluminio equivalente al di sotto della soglia del 9%: [1]

Come già discusso in precedenza, se presente in elevate percentuali l’alluminio può dar luogo a precipitati di fase α2 (Ti3Al) che provocano un infragilimento della lega, nonché la possibile insorgenza di fenomeni di tensocorrosione. Per queste ragioni, il contenuto di alluminio è stato limitato ad un massimo del 6 % per un lungo periodo, sebbene ad oggi tale limite sia intenzionalmente superato per le interessanti prospettive riguardanti gli alluminuri di titanio (Ti3Al e TiAl). [1]

All’interno di questa classe di leghe, quelle contenenti alluminio, stagno e zirconio vengono preferite per utilizzi sia criogenici (per l’assenza di una temperatura di transizione duttile/fragile [2, 5]) che ad elevate temperature. [3] Le leghe ricche di elementi α-stabilizzanti sono generalmente più resistenti al creep ad elevate temperature rispetto alle leghe α + β o β. Le leghe extra-low-interstitial (ELI) mantengono una buona duttilità e tenacità anche in applicazioni criogeniche [3] (esempio per tali applicazioni è la lega Ti-5Al-2.5Sn-ELI, particolarmente resistente ad acqua di mare e acido nitrico e utilizzata per recipienti in pressione). [4, 5]

A differenza delle leghe α + β e delle leghe β, le leghe α non possono vedere aumentata la loro resistenza mediante trattamenti termici: in genere queste leghe subiscono ricotture di distensione o ricristallizzazione per rimuovere le tensioni residue indotte mediante deformazione a freddo. [1, 3, 4, 5, 6] Le leghe α possiedono una buona saldabilità (dipendente proprio dall’impossibilità di subire trattamenti termici di invecchiamento), ma una scarsa forgiabilità, manifestando infragilimento a caldo alle elevate temperature con un’elevata tendenza a bruciature e a cricche superficiali: sono pertanto richiesti più passi con riscaldamenti intermedi per le operazioni di forgiatura. [3]

Le leghe near-α contengono solo piccole aggiunte di elementi β-stabilizzanti (fino al 2 %), e vengono utilizzate nel campo delle elevate temperature in quanto uniscono l’eccellente resistenza al creep delle leghe α all’elevata resistenza delle leghe α + β ; l’inizio del loro sviluppo è dovuto appunto alla ricerca di un materiale termoresistente per compressori di turbine di motori aeronautici, e ad oggi la loro massima temperatura di impiego raggiunge i . [1, 5] Le leghe near-α esibiscono una maggior forgiabilità rispetto alle leghe α monofasiche, e vengono generalmente forgiate e trattate termicamente nel campo α - β ad una temperatura alla quale le due fasi sono equi ripartite. [2] Esempio di tali leghe è la Ti-8Al-1Mo-1V, ovvero la lega con maggior tenore di alluminio, dalle caratteristiche meccaniche

medio-alte utilizzata per dischi e lame dei compressori in motori aerei. [5] L’elevato contenuto di alluminio ha portato tuttavia a problemi di tensocorrosione, e a tale lega è subentrata la Ti-6Al-2Sn-4Zr-2Mo, sviluppata dalla Timet e affinata dalla RMI nel 1970 mediante l’aggiunta di una piccola quantità di silicio (0.1%): da alcune ricerche si è infatti scoperto che utilizzando una piccola percentuale di silicio in lega, il comportamento nei confronti del creep migliora in maniera sostanziale, e per questo motivo le leghe destinate ad elevate temperature contengono fino allo 0.5% di silicio. [1] Una delle leghe più avanzate per applicazioni ad elevate temperature è la lega TIMETAL 834, con temperatura massima di utilizzo prossima ai . [1]

1.4.3 Leghe α + β

Le leghe appartenenti a questa classe contengono uno o più elementi α-stabilizzanti e uno o più elementi β-stabilizzanti. La quantità di fase β presente a temperatura ambiente dipende dalla quantità di elementi β-stabilizzanti e dai trattamenti termici eseguiti, ma è comunque più elevata di quella presente nelle leghe near-α. La resistenza delle leghe α + β può essere incrementata mediante tempra di solubilizzazione e invecchiamento. La tempra di solubilizzazione genera una microstruttura formata da fase β metastabile o trasformata in martensite, a seconda della composizione chimica della lega, della temperatura del trattamento termico, delle dimensioni del pezzo e della velocità di raffreddamento. A seguire l’invecchiamento, generalmente tra e , porta alla precipitazione di fase α generando una grana fine di fase α e β all’interno della fase β metastabile. [3, 6, 7] La tempra di soluzione e l’invecchiamento (condizione a cui ci si riferisce con la sigla STA) può portare ad un aumento di resistenza fino al 50% rispetto al semplice trattamento di ricottura. [3] Generalmente queste leghe esibiscono una buona forgiabilità, più elevata rispetto alle leghe α e near-α, una elevata resistenza a temperatura ambiente e una moderata resistenza ad elevate temperature. Aumentando il tenore di fase β, la saldabilità tende a diminuire. [2, 3]

La lega più utilizzata in questa classe, nonché in assoluto tra le leghe di titanio, è la già citata Ti-6Al-4V. Sviluppata intorno al 1950, è una delle prime leghe ad essere state realizzate, e pertanto è la lega più conosciuta ed indagata. [1] Le ragioni del successo di questa lega sono principalmente due. In primo luogo, il buon bilanciamento delle sue proprietà. In secondo luogo, proprio il fatto di essere stata la lega più studiata e sviluppata, in particolare nell’industria aerospaziale, prima utilizzatrice della Ti-6-4. Questa lega, come d’altronde tutte le leghe povere di β-stabilizzanti, richiede un raffreddamento molto rapido perché la tempra di solubilizzazione sia efficace e provochi un sensibile aumento della sua resistenza. [3, 7] All’aumentare del contenuto di β-stabilizzanti, la temprabilità della lega aumenta. [3]

1.4.4 Leghe β metastabili

Le leghe β metastabili presentano una composizione più ricca di elementi β-stabilizzanti e più povera di elementi α-stabilizzanti rispetto alle leghe α + β. Sono caratterizzate da elevata temprabilità, con la possibilità di mantenere l’intera fase β metastabile utilizzando raffreddamento ad aria per piccole sezioni o raffreddamento ad acqua per componenti di grandi dimensioni. [3] Le leghe β sono caratterizzate da un’ottima forgiabilità, e possono essere deformate a freddo in lamiere più facilmente delle leghe α + β e delle leghe α. [3] La fase β presente è generalmente metastabile e tende a trasformarsi nella struttura di equilibrio α – β. [3] Dopo tempra di solubilizzazione, le leghe β metastabili vengono invecchiate ad una temperatura compresa tra e , per trasformare parzialmente la fase β in fase α. [3] La fase α si forma come particelle finemente disperse nella fase β metastabile, e possono così essere ottenuti valori di resistenza comparabili o superiori a quelli ottenibili per le leghe α + β (anche maggiori di ). [1] Gli svantaggi principali delle leghe β rispetto alla classe precedente sono la maggior densità, la minor resistenza al creep, la minor duttilità nella condizione invecchiata, la modesta saldabilità e la scarsa resistenza all’ossidazione. [1] Non sono inoltre indicate per l’impiego a basse temperature, presentando una transizione di comportamento duttile/fragile. Tuttavia, la tenacità a frattura delle leghe β invecchiate è in genere maggiore di quella delle leghe α + β invecchiate, per valori simili di tensione di snervamento. [3]

Dopo il trattamento di solubilizzazione (100% di fase β metastabile), le leghe β possiedono buona duttilità e tenacità, resistenza relativamente bassa e una eccellente forgiabilità. Non è possibile l’impiego di tali leghe ad elevate temperature se prima non è stato realizzato il trattamento di invecchiamento a temperature elevate (overaging) per stabilizzare la microstruttura ed evitare precipitazioni di fase α durante il loro impiego. [3]

La prima lega β sviluppata è stata la Ti-13V-11Cr-3Al, utilizzata per parti strutturali dall’aviazione statunitense, che presentava però problemi di saldabilità e di fragilità al caldo (risolti con l’aggiunta di alluminio, zirconio e stagno). [2] Tra le altre leghe β, ricordiamo la Beta C, largamente utilizzata, la TIMETAL 21S (Ti-15Mo-3Nb-3Al-0.2Si), dalla particolare resistenza all’ossidazione e al creep e utilizzata come matrice per le leghe di titanio rinforzate con fibre lunghe, la TIMETAL LCB (Low Cost Beta), utilizzata nell’industria automobilistica, in particolare per realizzare molle per le sospensioni, e la SP 700, che esibisce un comportamento superplastico eccellente già per temperature vicine ai . [1]

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 30-35)