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La neotenia, ovvero il l prolungarsi di caratteri somatici tipici dei cuccioli anche in età adulta, rappresenta una strategia che prolunga le cure parentali e quindi facilita la

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sopravvivenza, in particolare nei vertebrati più sociali. L’asino presenta evidenti caratteristiche neoteniche se confrontato ad un cavallo di pari età: rotondità spiccata della testa, orecchie lunghe, pelo lungo e folto, ecc...

Il fatto che l’asino sia un erbivoro lo spinge ad avere un comportamento poco irruento nei confronti dell’uomo; il suo atteggiamento è curioso, ma molto rispettoso. Questa caratteristica lo rende particolarmente indicato in tutti quei casi in cui il timore del paziente, la sua indole o patologia, sconsigliano l’uso dei più espansivi cani e richiedono, viceversa, tempi e procedure di avvicinamento più lenti e graduali.

Rispetto al cavallo, che è l’altro equide utilizzato nelle TAA, l’asino ha comportamenti di fuga molto meno frequenti ed irruenti. L’habitat naturale dell’asino non sono le grandi praterie, ma piuttosto le terre scoscese, brulle e pietrose del Nord Africa e del medio Oriente. L’adattamento dell’asino a questo ambiente ha quindi favorito zoccoli relativamente piccoli e duri ed un equilibrio molto più statico che dinamico, rispetto al cavallo. Un equilibrio che privilegia la stabilità ed evita le cadute in terreni in cui sarebbe facile ferirsi e in cui sarebbe tanto impossibile quanto pericoloso raggiungere le alte velocità che il cavallo ha sviluppato per fuggire attraverso le grandi praterie.

Dal punto di vista biomeccanico l’asino è infatti contraddistinto da un collo meno lungo di quello del cavallo, da una testa più pesante e da gambe più corte, anche se notevolmente affusolate; tutte caratteristiche di animali statici o lenti e mai veloci. Gli arti anteriori hanno inoltre una spalla tipicamente verticale (sempre rispetto a quella del cavallo) così da scaricare maggiormente il peso sull’asse osseo verticale ottenendo un baricentro non solo più basso, ma anche più stabile e richiedendo, inoltre, meno energia muscolare per il mantenimento della stazione eretta. Questa particolare inclinazione della scapola dell’asino limita l’estensione anteriore dell’arto e ciò è il motivo delle più basse velocità espresse da questo animale rispetto al cavallo.

Questo comportamento particolarmente statico indubbiamente favorisce la facile relazione uomo-animale, specie se comparato alle difficoltà connesse al rapporto con il più nevrile e dinamico cavallo. Inoltre le ridotte dimensioni abbassano in modo molto consistente il timore reverenziale che molti umani possono avere nei confronti della mole del cavallo.

La struttura sociale degli asini è variabile in funzione dell’ambiente. Per una parte dell’anno questa specie forma gruppi sociali poco numerosi, mentre per alcuni mesi

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all’anno molti individui sono solitari. Non ci sono harem e, al contrario dei cavalli, gli asini difendono il territorio. Questa struttura sociale influisce fortemente sulle strategie contro i predatori; per gli asini il vantaggio della fuga in solitario è molto scarso, pertanto molto spesso, in caso di pericolo, combattono (fight strategy). Al contrario i cavalli formano dei gruppi sociali molto numerosi, con struttura ad harem, la cui strategia antipredatoria principale è data dalla fuga in gruppo (flight strategy).

Anche dal punto di vista cognitivo ed emozionale stanno emergendo conferme in merito alle differenze sostanziali tra asino e cavallo. Gli antenati asinini svilupparono psicologicamente la capacità di analizzare e rispondere in modo obiettivo e diverso all’emergenza, anche restando semplicemente fermi, qualora non fosse stata possibile la fuga. Per questa sua natura “cogitabonda” l’asino non impara come il cavallo, ma tende a pensare indipendentemente dal resto del branco e ad analizzare singolarmente ogni nuova situazione. La conoscenza di questi meccanismi è molto importante ai fini del benessere degli asini e del loro corretto impiego nelle attività di interazione con l’uomo. L’asino ha un eccezionale senso di orientamento e un’ottima memoria dei luoghi. Usa anche tracce olfattive, specialmente quelle costituite dalle proprie feci o da quelle di altri equini, per ritrovare la strada e i percorsi effettuati.

Ha una grande capacità di adattamento, memorizza e riconosce luoghi, situazioni e persone per associazione di stimolo-risposta e attraverso l’osservazione e la ripetizione. Si è parlato di quanto esso sia poco adatto alla fuga, questo condiziona intimamente l’approccio asino-uomo. L’asino, di fatto, sa di essere un animale predato, e sa che noi esseri umani siamo i suoi possibili predatori. Come i grossi felini o i canidi selvatici, l’uomo ha gli occhi frontali, idonei a fornire il senso della profondità, utile alla predazione. L’asino ha gli occhi laterali, vede a 360° e quindi anche dietro di sé, perché deve essere in grado di captare visivamente il pericolo. Il predatore si riconosce a distanza dal linguaggio del corpo, ed è per questo che nell’approccio all’asino è importante come ci avviciniamo a lui. Non dobbiamo comportarci da predatori, dirigendoci frettolosamente incontro all’animale, alzando la voce in modo autoritario: in questo caso lo mettiamo in guardia, e ne causiamo l’allontanamento. Piuttosto, per socializzare con l’asino, è necessario stimolare quella capacità sua propria di elaborare una strategia di fronte ad un’incognita, accendendo la sua curiosità. Uno dei modi per farlo è quello di avvicinarsi a lui ignorandolo, in atteggiamento rilassato.

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L’asino ha un linguaggio del corpo che si deve conoscere se si vuole capirlo e se si vuole rispondergli per farsi capire. Non bisogna agire mai con fretta, ma bisogna osservare la posizione delle orecchie, della coda e gli eventuali ed impercettibili spostamenti del peso dal treno anteriore al treno posteriore.

Secondo Vicki Knotts Abbott, allevatrice e addestratrice americana, quattro sono le principali posture del corpo che dobbiamo riconoscere:

Postura del “cosa?” o della curiosità

È la prima postura che di solito osserviamo quando ci avviciniamo ad un asino. La sua testa è sollevata, i suoi occhi sono al di sopra del garrese, le orecchie sono diritte e puntate verso di noi, ha un raglio sommesso e quasi sussurrato. Se gli abbiamo chiesto di fare qualcosa e lui assume questa posizione, allora ci sta chiedendo di rispiegargli cosa deve fare.

Postura del sì o dell’accondiscendenza

In questa postura la testa è sollevata, ma il collo è rilassato e gli occhi sono al di sotto del garrese, le orecchie sono dritte, ma non puntate in un'unica direzione. Lui è in attesa, rilassato, fiducioso nei nostri confronti e pronto a fare quello che gli abbiamo chiesto.

Postura del no o dell’aggressività.

Normalmente, e per fortuna, è la postura che vediamo meno. Di solito è prerogativa delle madri che difendono i puledri, quando l’attacco è l’unica difesa possibile, oppure è una postura di offesa, di solito per sottolineare gerarchie di branco. Per prima cosa, l’asino tende a spostare tutto il peso corporeo sugli arti anteriori, quasi e voler sembrare più grande. La coda è sferzante e a volte gli arti anteriori raspano violentemente il terreno. Il collo è allungato in avanti, gli occhi sono di sotto al garrese, le orecchie sono schiacciate sul collo e rivolte indietro, le narici fremono, e vengono mostrati i denti. Sia quindi una posizione di attacco o di difesa, qualora sia rivolta a noi, è meglio non forzare la mano e lasciar perdere, onde evitare di peggiorare la situazione e scatenare l’attacco. In questo stato la mente dell’asino è chiusa, e non è possibile convincerlo a fare nulla.

Postura dell’aiuto o della paura.

Apparentemente simile alla precedente, se ne discosta innanzitutto per il peso corporeo che è completamente spostato sul treno posteriore. Il collo è allungato,

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le orecchie sono rivolte indietro, ma non schiacciate su di esso. La coda è attaccata al corpo e portata in mezzo alle gambe. Questa posizione indica che la sua mente è paralizzata dalla paura. Prima di chiedergli di fare qualunque cosa, è meglio tranquillizzarlo.

Alla luce di quanto sopra descritto, è facile capire che il più delle volte, quando riceviamo dall’asino una scarsa collaborazione, la colpa è nostra. Pur non rendendocene conto, anche noi utilizziamo la postura dell’aggressività quando ci dirigiamo frettolosamente verso un asino, con le braccia allargate e le mani in alto. Invece quando portiamo le braccia lungo i fianchi, ci muoviamo lentamente e stiamo rilassati, mostriamo la postura dell’accondiscendenza.

Molto in questo campo deve essere ancora studiato, ma non bisogna dimenticare mai che l’asino è un animale sensibile e senziente, in grado di percepire e relazionarsi completamente con l’ambiente e le persone che lo circondano, curiosissimo e particolarmente furbo. Il modo più corretto per rapportarsi con lui è quello di capire e di parlare il suo linguaggio.