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CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELETTRODI MODIFICATI IN POTENZIODINAMICA

4. RISULTATI E DISCUSSIONE

4.2. CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELETTRODI MODIFICATI IN POTENZIODINAMICA

Una volta ottenuta la riproducibilità nell’elettrodeposizione, il materiale depositato è stato caratterizzato: per la caratterizzazione elettrochimica, oltre ai voltammogrammi ciclici già mostrati, si è misurata l’area elettroattiva e sono state fatte misure di spettroscopia d’impedenza; per quanto riguarda la caratterizzazione strutturale e morfologica sono state condotte analisi XRD e SEM-EDX.

4.2.1. Caratterizzazione strutturale dell’idrossido doppio a strati

Al fine di avere informazioni sulla natura della fase cristallina depositata sulla superficie elettrodica è stata effettuata un’analisi XRD, che è la tecnica impiegata per la valutazione dei parametri reticolari e della dimensione delle particelle quando i materiali hanno natura cristallina.

La figura 19 riporta i diffrattogrammi ottenuti per tutte le configurazioni. Si osservano picchi poco intensi e piuttosto larghi, effetti dovuti alla bassa quantità di materiale e al suo basso grado di ordine, anche se il pattern ottenuto è quello caratteristico della struttura degli idrossidi doppi a strati, con due picchi a circa 10° e 20° (valori 2q), dovuti, rispettivamente, ai piani basali 0 0 3 e 0 0 6 e altri riflessi

Figura 19: Diffrattogrammi XRD delle LDH elettrodepositate sulle varie configurazioni di nanomateriali di carbonio, ottenuti dopo sottrazione della linea di base

sovrapposti, ad angoli di diffrazione maggiori (circa 35°), a conferma di una struttura lamellare.

La distanza interplanare, calcolata dall’angolo di riflessione per il piano 0 0 3, è riportata per tutte le configurazioni nella tabella 3.

SoloGC ERGO MWCNTs Bilayer1 Bilayer2 Composito Distanza

interplanare [nm]

0.86 0.84 0.87 0.89 0.89 0.87

Tabella 3: Distanza interplanare dell’LDH elettrodepositata sulle varie configurazioni, calcolata tramite il valore dell'angolo del riflesso 0 0 3

I valori sono simili al valore di distanza interplanare riportata per una LDH Ni/Al- NO3 ottenuta per coprecipitazione (0.8563 nm) [46], con piccole variazioni che

possono essere dovute all’inserzione parziale di anioni differenti, come il carbonato (inevitabilmente presente lavorando in atmosfera non inerte e con soluzioni alcaline, data anche la maggiore affinità dell’LDH per questo ione rispetto allo ione nitrato) per il quale la distanza interplanare è di circa 0.765 nm [30] oppure il perclorato (derivante dal passaggio precedente di riduzione elettrochimica) per il quale la distanza interplanare è di circa 0.920 nm [30]. 4.2.2. Caratterizzazione morfologica degli elettrodi modificati

Le analisi morfologiche son state effettuate tramite microscopia elettronica a scansione, sia sugli elettrodi modificati sulle varie configurazioni di nanomateriali di carbonio, sia su elettrodi su cui non era stato depositato lo strato di LDH (denominati “bianchi”), dai quali è possibile osservare la morfologia dei nanomateriali carboniosi, oppure quella dell’elettrodo di GC tal quale, cioè senza la presenza di materiali carboniosi.

Il “bianco” di GC mostra una superficie liscia con graffi dovuti alla pulizia meccanica (figure 20A-20C): dalla morfologia si evince la durezza del materiale, dovuta alla microstruttura. Dopo l’elettrodeposizione dell’LDH lo strato superiore è omogeneo (figura 20D); si notano solo poche rotture dovute, come avviene generalmente per tutti gli elettrodi, alla procedura di verifica di conducibilità del campione, qualità necessaria per eseguire l’analisi SEM, senza utilizzare la tecnica della doratura. Ingrandendo una porzione di film (figura 20F), si nota una struttura con leggera rugosità che è dovuta alle nanoparticelle dell’LDH, anche se

Figura 20: Immagini SEM a diversi ingrandimenti per le configurazioni "bianco" SoloGC (A-C), SoloGC (D-G, nell’ultima foto il campione è stato ricoperto con uno strato di oro), "bianco" ERGO

(H-L), ERGO (M-P), "bianco" MWCNTs (Q-S) e MWCNTs (T-Z)

A

T

F

S

I

H

R

L

Q

G

V

N

P

M

U

O

E

D

C

B

Z

Figura 21: Immagini SEM a diversi ingrandimenti per le configurazioni "bianco" Bilayer1 (A-C), Bilayer1 (D-F), "bianco" Bilayer2 (G-I), Bilayer2 (L-O), "bianco" Composito (P-R) e Composito (S-

V)

A

T

F

S

I

H

R

L

Q

G

V

N

P

M

U

O

E

D

C

B

la morfologia tipica dell’LDH a rosa del deserto, già ottenuta dal gruppo di ricerca di chimica analitica per una LDH Ni/Al elettrodepositata come film sottile su Pt [46] qui non è visibile, forse perché le nanoparticelle sono piccole, sia perché la scarsa conduttività del campione non permette ulteriori ingrandimenti.

Nel “bianco” ERGO la presenza di una struttura grafenica è confermata dalle tipiche increspature che si osservano per questa specie al SEM (figura 20L); il film però non è uniforme sulla scala dell’intero elettrodo; si notano, infatti, variazioni di contrasto date da differenze nello spessore del film, oppure dalla presenza di contaminanti. Il film di LDH nel campione elettrodepositato è molto liscio e omogeneo, quindi con una rugosità della struttura idrotalcitica minore (figura 20O). In una sezione del film (figura 20P) si possono osservare tre strati: il primo, superiore e liscio, ne sovrasta uno più spesso e rugoso che si poggia sullo strato inferiore composto da strati di grafene ossido ridotto; lo spessore totale è circa 5.6 µm, di cui circa 500 nm sono legati alla presenza del solo nanomateriale carbonioso. Lo strato più superficiale, con struttura leggermente diversa, potrebbe essere costituito solo da idrossido di alluminio, in quanto, al crescere dello spessore del film di LDH, la reazione di riduzione del nitrato risulta rallentata, quindi si producono meno ioni OH-; il che comporta un ambiente a pH sufficiente

alto per la precipitazione dell’idrossido di alluminio, ma non per la precipitazione dell’LDH. Un’altra spiegazione si può trovare ricordando il meccanismo di formazione dell’LDH, per cui c’è prima la precipitazione dell’idrossido di alluminio, quindi, la successiva incorporazione degli ioni nichel all’interno di questa fase [31]: togliendo subito l’elettrodo dall’ambiente acido di deposizione non si dà tempo all’ultimo strato di incorporare ioni nichel e, quindi, si ottiene uno strato finale di solo idrossido di alluminio. Inoltre nello scan di ritorno a bassi potenziali non si ha una velocità di produzione di OH- tale da formare LDH. Questo (possibile)

fenomeno rappresenta un punto da approfondire con ricerche future.

Per la configurazione MWCNTs, il “bianco” (figura 20Q) mostra un ricoprimento omogeneo (grazie alla semplice deposizione tramite drop casting e al fatto che la DMF in cui sono contenuti i nanotubi si spande anche sul supporto in Teflon®) dovuto allo strato di nanotubi facilmente riconoscibili nell’ingrandimento maggiore (figura 20S): sopra questo strato ne è però presente un altro poroso, di materiale amorfo, ma soprattutto non conduttore (come si evince dall’effetto che genera nell’immagine). Un’ipotesi sulla composizione di questo strato isolante si basa sul

fatto che il litio perclorato sia solubile in DMF e, quindi, rimanga in questo solvente che non è stato ben evaporato in precedenza; nell’ultima fase di asciugatura (più lunga) la DMF evapora e lascia questo strato sulla superficie più esterna dell’elettrodo. Lo strato di LDH depositato in questo campione è omogeneo e liscio al centro dell’elettrodo, mentre si notano diverse rotture lungo il perimetro (figura 20T), con i nanotubi che scoperti rimangono sulla superficie elettrodica (figura 20V). Con un alto ingrandimento (figura 20Z) si nota una struttura superficiale simile a quella della configurazione ERGO. L’immagine di una sezione mostra un film di circa 1.6 µm in cui, però, il confine tra lo strato di nanomateriale carbonioso e lo strato di LDH non è ben definito, anzi varia lungo il profilo e proprio questa compenetrazione degli strati può essere il motivo della minore resistenza mostrata successivamente nell’analisi EIS (al netto di variazioni nello spessore del film). Il “bianco” del Bilayer1 mostra un ricoprimento omogeneo di specie grafenica con l’intreccio dei nanotubi sottostanti ben visibile (figure 21A-21C). Il film di LDH depositato superiormente, in questo caso rimane adeso praticamente solo sul perimetro (figura 21D, ottenuta con rivelatore SE2), scoprendo totalmente la superficie elettrodica dove sono ancora evidenti solo i nanotubi (figura 21E-21-F). Per quanto riguarda il “bianco” del Bilayer2 il rugoso film grafenico è visibile nelle zone in cui lo strato superiore di MWCNTs è meno denso (figura 21I); anche in questo caso questo è sovrastato da un film di specie amorfa, già notata nel “bianco” della configurazione MWCNTs. Lo strato di LDH del campione, anche qua come nel Bilayer1, è disomogeneo e ricco di crepe (figura 21L); si registra, comunque, uno spessore di circa 3.6 µm. Zone più luminose, dovute a effetti di carica, sono dovute alla bassa conduttività delle isole residue di materiale (figura 21M).

La configurazione Composito, nel “bianco”, è uniforme con uno strato liscio in cui sono immersi i nanotubi (figure 21P-21R): l’identificazione del grafene ossido ridotto tramite le tipiche increspature non è evidente per questo modificante, ma la sua presenza si evince dalla differenza di risoluzione che si osserva per i nanotubi, essendo più definiti quelli in superficie, mentre lo sono molto meno quelli ricoperti almeno da uno strato grafenico (figura 21R). Dopo l’elettrodesposizione dell’LDH, quest’ultimo strato appare simile a quello della configurazione ERGO, seppure con più crepe (figura 21S). Lo spessore totale del film è di circa 8.3 µm, con la fase composita sottostante ben visibile: lo strato superiore di idrossido

doppio a strati sembra presentarsi con una macrostruttura lamellare, piuttosto che come un insieme di particelle come visto per altri campioni (figura 21T).

SoloGC ERGO MWCNTs Bilayer1 Bilayer2 Composito Spessore

strato modificante

[µm]

0.3 5.6 1.6 - 3.6 8.3

Tabella 4: Confronto degli spessori degli strati di modificante per le varie configurazioni; dato non disponibile per la configurazione Bilayer1

In tabella 4 sono riassunti i valori di spessore dello strato di modificante (considerando complessivamente sia lo spessore dei materiali nanocarboniosi che quello dell’LDH): si osserva che siamo nella scala dei nanometri solo in assenza di nanomateriali, mentre in loro presenza di ottengono spessori nell’ordine dei micrometri. Non è stato possibile misurare lo spessore di modificante per la configurazione Bilayer1 a causa della quantità esigua di materiale rimasta adesa all’elettrodo.

4.2.3. Misura dell’area superficiale elettrochimicamente attiva

Le reazioni elettrodiche sono processi eterogenei che avvengono all’interfaccia elettrodo/soluzione, quindi conoscere l’area che effettivamente prende parte al processo è essenziale. Di un elettrodo possiamo misurare facilmente (o ci è fornita dal costruttore) l’area geometrica, ma questa non rappresenta quasi mai quella elettrochimicamente attiva, a causa della possibile parziale disattivazione della

Figura 22: Istogramma dei valori di ECSA e valori di RF delle varie configurazioni

RF 2.97 RF 14.48 RF 17.82 RF 10.59 RF 1.78 RF 17.54

superficie (dovuta per esempio a impurezze che si adsorbono) o della intrinseca rugosità del materiale. Quando un elettrodo viene modificato, la sua area elettroattiva cambia anche di molto, in dipendenza del modificante impiegato: in questi casi è allora necessario misurare l’ECSA.

La figura 22 mostra i valori di ECSA per tutte le configurazioni, insieme al fattore di rugosità (RF) che è il rapporto tra ECSA e area geometrica dell’elettrodo. Dai valori riportati è possibile notare che quando l’elettrodo è modificato con ERGO, direttamente presente sulla sua superficie, si ottengono i valori di più alti di ECSA, mentre il valore minore si ottiene in presenza dei soli MWCNTs, fenomeno spiegabile con la presenza del materiale isolante rilevato per questa configurazione nelle immagini SEM. Considerando che nelle configurazioni ERGO, Bilayer1, Bilayer2 e Composito c’è sempre la stessa quantità di specie grafenica, è possibile che sia questa specie a determinare il valore dell’ECSA dell’elettrodo, valutata con la capacità del doppio strato, che è un metodo che misura l’intera area elettrodo/soluzione, non considerando il fatto che ci possano essere aree non accessibili da parte delle specie in soluzione che diffondono/migrano all’elettrodo [47].

4.2.4. Caratterizzazione mediante spettroscopia d’impedenza elettrochimica La spettroscopia d’impedenza elettrochimica è molto utile nel caso di elettrodi modificati poiché può dare indicazioni quantitative sulla modifica effettuata, misurando valori di resistenza o capacità elettriche degli strati che si sono andati a depositare sul conduttore elettronico. In quest’ottica, l’EIS ci può servire per dare un’evidenza sperimentale all’ipotesi secondo cui i nanomateriali carboniosi siano in grado di diminuire la resistenza al trasferimento di carica.

Ogni interfaccia, che sia quella tra l’elettrodo e la soluzione o tra i vari strati di modificante, può essere descritta mediante un elemento circuitale costituito da una resistenza in parallelo con una capacità. Questo elemento circuitale sottoposto a un’analisi EIS, restituisce un diagramma di Nyquist con la forma di un semicerchio, il cui diametro è pari al valore di resistenza. Più interfacce si creano sull’elettrodo, tramite la modifica, più il circuito equivalente e, quindi, il diagramma di Nyquist, è complesso da caratterizzare quantitativamente, poiché la definizione di un circuito equivalente, con senso fisico rispetto al sistema reale, non è semplice.

In figura 23 sono mostrati i diagrammi di Nyquist, in cui si riporta l’andamento dell’impedenza immaginaria, cambiata di segno, in funzione dell’impedenza reale, per tutte le configurazioni di elettrodi modificati.

Si può immediatamente fare un’analisi qualitativa dalla forma del diagramma relativo alle varie configurazioni: le curve sono caratterizzate dalla presenza di un semicerchio, da cui si evince che la resistenza al trasferimento di carica dell’elettrodo (il diametro del semicerchio) in assenza di nanomateriali carboniosi è molto maggiore rispetto a quando il GC è modificato. Facendo riferimento alle varie configurazioni si può affermare che più o meno tutte mostrano le stesse prestazioni, eccetto la configurazione MWCNTs che mostra una resistenza maggiore e, comunque, inferiore a quella in assenza dei nanomateriali: questa differenza tra gli elettrodi con i nanomateriali può essere dovuta alla presenza della specie isolante, vista all’analisi SEM che, quindi, porta un contributo positivo alla resistenza del film.

Figura 23: Diagramma di Nyquist degli elettrodi modificati nelle varie configurazioni con un inserto in cui è ingrandita la zona a bassi valori di impedenze, per una migliore visione dei relativi andamenti. I diagrammi di Nyquist dovrebbero essere riportati come grafici a punti relativi alle misure effettuate: nei grafici sono riportati anche le linee di collegamento per una più

Un’analisi quantitativa è stata fatta ipotizzando un circuito equivalente molto semplice, che considera complessivamente i vari strati di modificante.

In figura 24 è riportato il circuito equivalente, in cui Rel è la resistenza dovuta

all’elettrolita, Cdl è la capacità del doppio strato elettrico, Rmod e Cmod sono la

resistenza e la capacità dello strato di modificante e Zw l’impedenza di Warburg

dovuta alla diffusione.

SoloGC ERGO MWCNTs Bilayer1 Bilayer2 Composito Rel [ohm] 140.9 151.9 124.7 109.9 181.1 111.2

Cdl [F] 1.047•10-8 8.565•10-9 1.141•10-8 1.241•10-8 8.200•10-9 1.223•10-8

Rmod [ohm] 2007 336.1 1164 28.16 * 388 460.5

Cmod [F] 4.363•10-3 6.387•10-3 7.141•10-3 3.914•10-5 5.414•10-3 8.875•10-3

Zw [ohm] 3.997•10-3 6.691•10-3 1.139•10-2 3.479•10-3 9.846•10-3 1.107•10-2

Tabella 5: Valori di "fitting" per tutti gli elementi del circuito equivalente di fig. 22 rispetto ai dati di figura 21; *questo valore non è significativo in quanto non descritto dal modello proposto

In tabella 5 sono riportati i valori degli elementi del circuito equivalente ottenuti per “fitting” dei dati sperimentali: si osserva che in genere ogni grandezza, a eccezione della resistenza del modificante, ha circa lo stesso valore per ogni configurazione; questo comportamento è prevedibile poiché queste sono grandezze riferite a fattori esterni alle configurazioni, fattori che sono tenuti costanti per non interferire. È interessante notare che il valore di Rmod, resistenza elettrica dello strato di

modificante, cambia al variare delle configurazioni, poiché è questa grandezza che ci mostra quale può essere il ruolo dei materiali nanocarboniosi. In assenza di questi modificanti si ottiene il valore di resistenza più alta, come già descritto qualitativamente dalla figura 21. Quando i nanomateriali carboniosi sono presenti questo valore di resistenza cala di un ordine di grandezza, indicando che queste

specie migliorano il trasferimento elettronico tra i centri di nichel e l’elettrodo. Discorso a parte va fatto per la configurazione Bilayer1, per cui si osserva un valore due ordini di grandezza minore rispetto alla configurazione senza nanomateriali: questo valore è dovuto al fatto che il circuito equivalente proposto non descrive bene questo sistema, dando un valore non significativo.

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