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CARBONE, LA POLITICA IN ITALIA

Nel documento LA RINASCITA DEL CARBONE (pagine 93-99)

In questi tempi di tumulti geopolitici, conviene, per la bolletta elettrica degli italiani, il carbone? La risposta è nella disamina delle caratteristiche e condizioni che riguardano le diverse fonti: se il petrolio arriva dal turbolento Medio Oriente, il gas dalle imprevedibili Russia e Algeria, collocando realisticamente al loro posto le “nuove” fonti rinnovabili (solare FV ed eolico), il carbone che viene da diversi paesi come Australia, Stati Uniti, Indonesia, Sud Africa, Colombia o Canada, presenta una certezza di approvvigionamento che da sola basterebbe a garantirne un ruolo di primo piano.

Ma non solo. Rispetto all’instabilità del gas, combustibile-base (circa il 60% dei fabbisogni di materie prime) del mix elettrico italiano, il carbone importato ha costi competitivi e piuttosto stabili, intorno ai 120 dollari a tonnellata dell’inizio 2011 e i 100 dollari dell’inizio 2012. In effetti, data la distribuzione diversificata in diversi continenti dei giacimenti di questo fossile e l’abbondanza della sua produzione che è peraltro in crescita, i costi a livello di materia prima sembrano destinati perfino ad abbassarsi. L’Italia, come la gran parte dei paesi europei, soddisfa le sue necessità con le

importazioni: a parte il carbone metallurgico (con circa 7 milioni di tonnellate annue, che provengono principalmente da Australia, Stati Uniti, Canada), la grande maggioranza del carbone da vapore consumato ogni anno, cioè quello che serve per produrre energia elettrica, arriva dall’Indonesia (5-6 milioni di tonnellate su 17 complessive). Poi, in ordine decrescente, gli approvvigionamenti italiani vengono da Sudafrica, Colombia, Stati Uniti, Russia, e altri paesi ancora.

I vantaggi indiscutibili del carbone sono il basso costo della materia prima, la facilità del trasporto via mare, la molteplicità dei fornitori, normalmente costituiti da imprese private e la stabilità dei mercati di fornitura affiancata dall’esistenza di enormi giacimenti nel sottosuolo. E anche, per quanto sorprendente, l’acquisita relativa compatibilità ambientale – visti gli sviluppi tecnologici – delle centrali a carbone pulito, comprese le innovative tecniche di CCS, “Carbon Capture & Storage”

sostenute anche dalla stessa Ue. Numerose aziende del settore, anche italiane, hanno investito moltissimo nella ricerca e negli impianti pilota. Tanti i progetti innovativi recenti. C’è per esempio quello lanciato dall’Enel in collaborazione con l’Eni presso la centrale Federico II di Brindisi per realizzare un impianto pilota di cattura e sequestro della CO2. Ma anche altri impianti italiani sono all’avanguardia nella tecnologia. L’efficienza media di conversione elettrica è del 40%, contro una media europea del 35% (significa che il rendimento effettivo medio è del 35% del potenziale energetico della materia

prima immessa), con punte di eccellenza del 46% per il modernissimo impianto di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia dove, anche la discarica e movimentazione del carbone avviene tutto con mezzi e sistemi che ne impediscono qualsiasi, seppure marginale, dispersione nell’ambiente e lo stoccaggio viene fatto in “dome” cioè in magazzini a forma di cupola totalmente sigillati. Anche i progetti in itinere ormai da diversi anni, avranno le stesse condizioni ottimali di movimentazione e stoccaggio.

A tanto sforzo tecnologico in realtà non corrisponde una scelta strutturale strategica decisa. Come ricordato nell’ultima assemblea Assocarboni, il paradosso è che pur essendo l’Italia piazzata benissimo nelle graduatorie internazionali della compatibilità ambientale, di fatto il nostro paese è il minor consumatore in Europa di carbone.

Dal carbone, che a livello mondo occupa il primo posto quanto a elettricità prodotta (41%), si ricava solo il 12% della energia elettrica consumata in Italia, mentre in Europa il valore risale al 33% ed in Germania è del 42%.

A riprova dell’altro livello di sostenibilità, giova ricordare che in Italia 9 centrali a carbone su 13 sono certificate Emas, la certificazione ambientale di standard europeo, più severa rispetto alla certificazione Iso 14001. Ma nel necessario confronto con le altre fonti energetiche, quello più importante è l’aspetto economico, dato che il carbone è più conveniente rispetto alle altre fonti fossili, quali gli idrocarburi metano e petrolio, ma anche sotto l’aspetto “para-fiscale” se si considerano le nuove

fonti rinnovabili, solare FV ed eolico, con il loro pesante carico di incentivi (che gravano e graveranno per circa 20 anni a venire interamente sulla bolletta elettrica dei consumatori).

Uno studio di Nomisma Energia, per esempio, ha dimostrato che se si continua a insistere con l’attuale struttura delle fonti primarie di approvvigionamento energetico «la discesa dei prezzi italiani di luce e gas non sarà né semplice né veloce. Se gli italiani pagano mediamente di più - si legge nel rapporto - nell'elettricità, non è il cittadino più abbiente (che può accontentarsi di un contratto di maggior tutela con un contatore che limita la potenza istantanea a 3 kilowatt) ad essere penalizzato, viceversa pagano decisamente di più le famiglie numerose costrette a montare un contatore tarato su una potenza più alta e le piccole imprese che non sono capaci o non sono attrezzate per vagliare correttamente le offerte sul mercato libero». La struttura fiscale sui combustibili è sproporzionata: per il gas gli attuali margini per gli operatori sono di 7 centesimi di euro su un prezzo totale di 86,4 centesimi al metro cubo. Davide Tabarelli, direttore di Nomisma Energia, conclude:

«Visto che il metano è semi-egemone nella generazione elettrica anche per le bollette della luce (peraltro oberate dagli incentivi per le rinnovabili) le illusioni hanno poco spazio. Tre o quattro per cento, massimo cinque, di margini realistici di riduzione nel prossimo biennio.

Certo, se avessimo più carbone nella generazione elettrica, portandolo strategicamente in linea con la percentuale media della Ue27 nel “Mix delle Fonti

Primarie”, la situazione potrebbe essere sostanzialmente diversa».

CAPITOLO 8

Nel documento LA RINASCITA DEL CARBONE (pagine 93-99)