• Non ci sono risultati.

Il grafene ossido è un materiale già testato con successo all’interno del Progetto SPES per la produzione di carburi di lantanio e di uranio. In questo lavoro di tesi è stato impiegato come terzo carbon supplier a causa dell’elevato costo (circa 100 [€/g]) e quindi della scarsa disponibilità. Per la produzione e caratterizzazione dei primi campioni si è preparata una miscela con 1 [g] di grafene corrispondente ad un intero flacone di polveri. In Tabella 4.5 vengono riportate le quantità di reagenti impiegati per la produzione della miscela.

Tabella 4.5: Miscela di polveri per la produzione dei campioni a partire dal grafene

Massa [g] Grafene ossido 1,000 Ossido di titanio 1,326

Come legante sono state aggiunte 25 gocce di resina fenolica in soluzione acetone al 20%. Dopo la macinazione con il mulino, sono stati prodotti quattro campioni (001-004) da 13 [mm] di diametro e 300 [mg] di miscela pressando a freddo con un carico di 10000 [kg]. Come si può vedere chiaramente in Figura 4.33, i campioni così prodotti presentano un’ottima stabilità motivo per il quale è stato possibile rilevare diametro, spessore e massa senza romperli. I risultati sono riportati in Tabella 4.6.

Figura 4.33: Campione da 13 [mm] e 300 [mg] ottenuto dopo la pressatura.

Tabella 4.6: Caratteristiche del verde pressato.

Campione Massa Diametro Spessore Volume Densità Porosità tot

[g] [mm] [mm] [cm

3

] [g/cm

3

]

001 0,295 13,05 1,05 0,1338 2,2055 55,26%

002 0,299 13,06 1,05 0,1340 2,2320 54,73%

003 0,300 13,06 1,03 0,1340 2,2395 54,57%

004 0,300 13,05 1,03 0,1338 2,2429 54,51%

4.5.1 Trattamento termico

I campioni così prodotti sono stati sottoposti al trattamento termico riportato in Figura 4.12 durante il quale, tramite lo spettrometro è stato analizzato il rilascio delle specie riportate in Tabella 4.4. Come successo durante il trattamento dei campioni prodotti a partire da grafite, a seguito di un errore, lo spettrometro ha interrotto la misura prima del termine del ciclo e in particolare, ad una temperatura dove si sono osservati i rilasci massimi di gas. Appena è stato possibile, lo strumento è stato riavviato ma il trattamento era ormai terminato e quindi i dati raccolti in questa seconda fase sono stati irrilevanti. L’andamento della pressione in camera è riportato in Figura 4.34, mentre gli spettri mi-surati in Figura 4.36. Il principale picco di pressione è rilevato a circa 700 [°C], per questa temperatura la scala del grafico in Figura 4.36 non consente di vedere quali siano le specie rilasciate, quindi si è provato a riportare un ulteriore spettro dedicato ad un range di tem-peratura ridotto. Come si vede dalla Figura 4.35, a causa di un failure dello spettrometro per il range di temperatura desiderato non sono disponibili i dati.

Figura 4.34: Livello di vuoto nella camera in funzione della temperatura.

Figura 4.35: Spettri per le specie di interesse nell’intervallo di temperatura compreso tra 400 e 1000 [°C].

Prima dell’interruzione della misura, così come visto per i campioni prodotti a partire dalla grafite, a circa 1200 [°C] inizia la reazione di carburizzazione con grande rilascio di monossido di carbonio (28) e in quantità minore di tutti gli altri composti cercati. All’estrazione dei campioni dal forno, si è notato un deposito di titanio metallico sul supporto (Figura 4.37b) in grafite cosa già avvenuta durante la sinterizzazione di campioni in TiC prodotti per additive manufacturing in un altro lavoro di tesi (zANINI, 2017). In particolare si è notato come i depositi fossero in corrispondenza di porosità anche di grandi dimensioni presenti sulla superficie dei campioni a contatto con la grafite.

Al termine del ciclo termico i campioni sono stati nuovamente misurati e pesati ottenendo i risultati riportati in Tabella 4.7. In linea con quanto visto per la grafite, è possibile

(a) (b)

Figura 4.37: Campioni prodotti a partire da grafene ossido appena estratti dal forno.

calcolare la perdita in peso teorica che, vista la differenza tra le densità dei carbon suppliers, è leggermente diversa e pari a 40.06%.

Tabella 4.7: Caratteristiche del sinterizzato.

Campione Massa Diametro Spessore Volume Densità[g] [mm] [mm] [cm3] [g/cm3] Porosità tot Mpersa[g] %wt persa 001 0,169 12,74 0,99 0,1275 1,3257 58,72% 0,126 42,71% 002 0,171 12,75 1,00 0,1277 1,3393 58,30% 0,128 42,81% 003 0,171 12,74 1,00 0,1275 1,3414 58,24% 0,129 43,00% 004 0,170 12,75 1,00 0,1277 1,3315 58,54% 0,130 43,33%

4.5.2 Microscopia elettronica ed EDS

Superficie esterna

Con un’immagine wide field della superficie che era a contatto con la piastrina di grafite du-rante il trattamento, si notano delle porosità di grandi dimensione poste in corrispondenza dei depositi di titanio metallico visti precedentemente (evidenziate in rosso in Figura 4.38). Andando ad ingrandire la zona della porosità di dimensione maggiore (Figura 4.39a) si ve-de chiaramente come tutta la superficie circostante sia rivestita da una patina di materiale cristallino come evidenziato dalla foto presa a 1660x (Figura 4.39b).

Figura 4.38: Immagine wide field della superficie del campione a contatto con il supporto in grafite durante il trattamento termico.

(a) (b)

Figura 4.39: Dettaglio della superficie circondate una porosità di grande dimensione sulla superficie del campione.

In Figura 4.40 viene riportato lo spettro EDS svolto sull’immagine in Figura 4.39b. No-nostante la struttura in esame sia palesemente cristallina e quindi metallica, lo spettro è inquinato dalla presenza del picco relativo al carbonio. L’ipotesi fatta per spiegare il fenomeno è uno spessore molto limitato di titanio metallico su uno strato sottostante co-stituito da TiC o carbonio residuo. La stessa struttura cristallina presente sul bordo delle porosità più grandi si osserva anche all’interno delle stesse (Figura 4.41).

Figura 4.40: Analisi EDS relativa alla Figura 4.39b.

Guardando la superficie a 800x, si vedono chiaramente altre cavità dove al centro c’è una struttura a grani fini di carburo di titanio, come confermato dall’analisi EDS in Figura 4.43, che si protendono verso l’esterno del campione.

(a) (b)

Figura 4.42: Superficie esterna del campione a 800 e 1600 ingrandimenti.

Figura 4.43: Analisi EDS relativa alla Figura 4.42b.

Come ultima analisi sulla superficie esterna del campione, si sono cercate tracce di even-tuale carbonio residuo affiorante. Tramite EDS ne è stata dimostrata la presenza sotto forma delle aree più scure in Figura 4.44. L’analisi EDS a conferma delle ipotesi fatte è riportata in Figura 4.45.

(a) (b)

Figura 4.44: Carbonio residuo sulla superficie esterna del campione a 400 e 1600 ingrandimenti.

Figura 4.45: Analisi EDS relativa alla Figura 4.44b.

Superficie di frattura

Analizzando la superficie di frattura si nota una struttura compatta grigio chiaro inter-vallata da una seconda fase più scura evidenziata in rosso in Figura 4.46a. L’analisi EDS svolta sull’area riportata in Figura 4.46b ha dimostrato che si tratta di carbonio residuo (Figura 4.47). La matrice invece, come previsto dalla reazione chimica, è costituita da carburo di titanio. Data la presenza di titanio metallico sulla superficie esterna, si è cer-cato di individuarne l’eventuale presenza anche a cuore senza però trovare un riscontro. Un’analisi EDS svolta sul composto evidenziato in azzurro in Figura 4.46a ha dimostrato che si tratti di grani di TiC.

(a) (b)

Figura 4.46

Figura 4.47: Analisi EDS relativa alla Figura 4.46b.

Superficie interna

Con la caratterizzazione classica al SEM, vista anche con i carburi prodotti partendo da grafite e carbonio mesoporoso, le informazioni raccolte sono sicuramente interessanti ma incomplete. Per investigare ulteriormente la struttura del materiale prodotto parte di un campione da 13 [mm] è stato inglobato in resina e lucidato (Figura 4.48). Come visto nel Capitolo 3 riguardo l’uso del microscopio elettronico a scansione e del sistema EDS, i campioni lucidati sono ben osservabili con il rilevatore degli elettroni back scattered. Presa un’area del campione rappresentativa, contenente cioè tutte le fasi identificate con le analisi precedenti, con l’EDS si sono eseguite mappature su aree e su linee. La lucidatura ha inoltre permesso l’osservazione del campione anche con il microscopio ottico.

Figura 4.48: Porzione di campione da 13 [mm] inglobato e lucidato.

Le analisi su aree, in Figura 4.49 hanno subito mostrato una presenza diffusa su tutta la superficie di ossigeno e di silicio, residui dell’ultima fase di lucidatura svolta appunto con ossidi di silicio. Il titanio è disperso in modo uniforme su tutta la matrice mentre è assente dalla fase di colore scuro dove invece c’è una concentrazione di carbonio. Una terza fase è rappresentata dai grani di colore più chiaro dove la contemporanea assenza di carbonio, insieme alla presenza di titanio, la identificano come titanio metallico. La differenza tra le tre fasi individuate è ancora più evidente eseguendo un’analisi EDS lineare (Figura 4.50).

(a) Immagine base. (b) Si.

(c) Ti. (d) C.

(e) O.

Figura 4.50: Analisi EDS su una linea (gialla): Ti-azzurro, C-rosso, O-verde e Si-blu.

4.5.3 XRD

Con l’analisi XRD si sono cercate conferme a quando visto al SEM ed EDS, in particolare la presenza del titanio metallico ed eventuali altre fasi non ancora rilevate.

Figura 4.51: Spettro XRD per i campioni prodotti con grafene.

Come si vede chiaramente dallo spettro riportato in Figura 4.51, lo strumento non ha rilevato la presenza di titanio metallico a significare quindi una percentuale sicuramente inferiore alla sensibilità dello strumento che si attesta a circa il 4%. Le fasi che quindi sono presenti nei campioni studiati, sono solamente quelle previste dalla reazione chimica.

La prima cosa che si nota osservando il campione al microscopio ottico (Figura 4.52), è la presenza di residui solchi derivanti dalla lucidatura che, nonostante una lavorazione

prolungata, non è stato possibile eliminare soprattutto a causa della natura fragile del materiale che provoca il continuo distacco di particelle dure che rigano il resto della su-perficie del campione. Dopo la lucidatura non è stato eseguito alcun tipo di attacco acido e quindi il titanio metallico che è stato identificato grazie alle prove precedenti riflette completamente rendendolo facilmente identificabile nelle zone più luminose della superfi-cie. Sulla restante superficie si riescono ad individuare altre tre fasi: in nero il carbonio residuo come previsto dalla reazione chimica, la matrice di carburo e una fase più chiara che, come visto con l’EDS è costituita da titanio ossido residuo. In Figura 4.53, catturata a 200x, sono apprezzabili le differenze tra la matrice con all’interno disperso il carbonio residuo e il TiO2 residuo.

Figura 4.52: Superficie interna a 50x.

4.5.4 Analisi di fisisorbimento

L’analisi di fisisorbimento è stata svolta utilizzando tre campioni da 13 [mm] completi pari ad una massa complessiva di quasi 1 [g]. Le curve di adsorbimento e di desorbi-mento sono riportate in Figura 4.54. L’assenza di uno scalino iniziale, cioè di un rapido assorbimento di gas con piccole variazioni di pressione relativa, indica che la quantità di micropori è molto limitata o nulla. Nell’intervallo di pressione relativa tra 0.45 e 1 c’è isteresi marcata. Una isteresi di questo tipo solitamente sta a significare solidi formati dall’aggregazione di particelle di forma schiacciata che producono dei pori allungati con una distribuzione ampia e irregolare di mesopori. Ulteriori informazioni utili si ottengono dal grafico rappresentante la distribuzione dimensionale dei pori riportato in Figura 4.55. Le curve di distribuzione statistica della dimensione dei pori mostrano un picco per pori di dimensione 3.75 [nm] cioè mesopori a supporto di quanto visto con l’Isotherm linear

plot.

La BET Surface Area è risultata pari a 38,2999 [m2/g], valore molto buono in vista delle

applicazioni future del materiale.

(a) Distribuzione dimensionale dei pori per i campioni prodotti con grafene.

(b)

Figura 4.55: Distribuzione dimensionale dei pori per i campioni prodotti con grafene.

4.6 Conclusioni

In questo capitolo si è descritto il processo produttivo e si è fatta la caratterizzazione del carburo di titanio prodotto a partire da diversi carbon suppliers. Al termine dell’attività sperimentale sopra descritta si possono trarre la seguenti conclusioni:

• Carbonio mesoporoso: realizzando una miscelazione a secco non si riesce ad otte-nere verdi pressati meccanicamente stabili, inoltre si tratta di polveri tossiche che richiedono delle precauzioni particolari durante l’uso. Questi due fattori uniti ai buoni risultati ottenuti con i campioni prodotti con grafite e grafene hanno portato a posporre lo studio del carburo di titanio prodotto con questo materiale;

tratta-mento termico. Per migliorare ulteriormente le caratteristiche meccaniche dei cpioni che verranno prodotti in futuro, il trattamento termico viene modificato am-pliando l’intervallo di tempo di permanenza alla temperatura massima per realizzare una maggiore sinterizzazione. Data l’economicità delle polveri di partenza, il carburo di titanio prodotto a partire da polveri di titania e di grafite, sarà il primo materiale ad essere testato con l’apparato sperimentale per prove di conducibilità;

• Grafene ossido: con l’impiego di grafene ossido si sono ottenuti i risultati più interes-santi, rendendolo di gran lunga il candidato principale per la produzione finale del TiC. Tuttavia l’attività sperimentale è stata molto influenzata dalla scarsa disponi-bilità di polveri di partenza. Con studi ulteriori resta da migliorare il ciclo termico in modo da eliminare completamente la presenza di titanio metallico dai campioni prodotti.

Apparato sperimentale per la

stima della conducibilità termica

dei carburi ad alta temperatura

Come visto nel Paragrafo 2.3.3, la conducibilità termica dei materiali che costituiscono i target è una proprietà molto importante da conoscere. La conducibilità termica di un carburo si può sia trovare in letteratura sia misurare sperimentalmente con dei metodi più o meno consolidati. All’interno del Progetto SPES tuttavia, si è sviluppato un metodo proprio, che consente di stimare la conducibilità riproducendo le condizioni operative di un target SPES.

In questo capitolo si descrive l’apparato, con un focus particolare sul nuovo sistema di supporto del campione sviluppato nel 2016, e il metodo utilizzato per il calcolo della conducibilità a partire dai dati sperimentali.

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