Capitolo I - Tempo di profeti
1. Giuseppe Frassinetti, teologo e pastore
1.2. Itinerario storico-spirituale
1.2.2. Carità provata e corroborata (1837-1849)
La scintilla che provocò la lotta contro la Congregazione e contro il Frassinetti fu la pubblicazione delle Riflessioni proposte agli ecclesiastici.
Egli scrive:
«Avevo scritto un' Esortazione agli Ecclesiastici per leggerla in Congregazione nella quale si accennavano le arti e gli sforzi coi quali la Chiesa è combattuta dai suoi nemici, e si contrapponevano le sante industrie, e le prove di zelo con le quali dobbiamo noi promuovere gl’interessi della medesima.
Questa Esortazione, pervenuta casualmente nelle mani del Sig. Marchese Giuseppe Durazzo, destò in questo Signore il desiderio che fosse pubblicata per le stampe, per il che mi fece pregare che gli permettessi stamparla a proprie spese. Restai sorpreso della proposta e mi mostrai timoroso di pubblicarla come cosa non meritevole della pubblica luce, tuttavia, consultandomi con gli amici e trovando che essi convenivano nel sentimento che si stampasse, accondiscesi alla richiesta, facendo pregare il Revisore Ecclesiastico, che fu il P. Piccone, dei Barnabiti, a volerla rivedere non solo come Censore "in munere", ma anche come amico, dandogli la piena facoltà di farvi tutte le mutazioni che credesse opportune anche non consultandomi».31
Il Frassinetti continua nelle sue dichiarazioni facendo vedere come le Esortazioni furono pubblicate senza «farvi mutazioni» nel maggio 1837, sostituendovi nel titolo la parola Esortazione con Riflessioni.
Ciò che provocò controversie ed accuse fa principalmente l’accenno che il Frassinetti faceva direttamente sul giansenismo smascherandolo in modo polemico.
In queste Riflessioni, mentre si parla dei vari nemici della Chiesa, si
30 Ivi II, 19 31 Ivi II,27
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accenna anche ai giansenisti appellandoli «Setta quasi indefinibile di tristi ipocriti»:
«È da sapere che in Genova erano alcuni pochi i quali fosse a torto, fosse a ragione, erano creduti affezionati a quella setta; pare che costoro s’irritassero fieramente credendo d’essere presi di mira dall’Autore dello scritto».32
Lo scandalo promosso dai giansenisti divise il clero di Genova in due
«partiti»: gli anziani che - secondo la maligna interpretazione dello scrit
to - venivano considerati come giansenisti, e il giovane clero. Si condan
nava inoltre l’imprudenza del Frassinetti troppo giovane per «ammae
strare» i confratelli nel sacerdozio. Riferendosi a questo punto il Frassi
netti scrive:
«Che se qualcuno trovasse l’imprudenza nell’avere osato di rivolgere le mie parole agli Ecclesiastici, io Sacerdote ancora giovane che era ai 32 anni, rispon
derei che in questo non saprei trovare imprudenza, fosse pur stato anche più giovane, perché è evidente che qualunque Sacerdote ha diritto di parlare non solo ai suoi Confratelli di una Diocesi, ma anche a quelli di tutto il mondo (come fa chi parla per mezzo della stampa) s’intende a quelli che hanno la compiacenza di ascoltare ovvero leggere le sue parole; cioè ha diritto di scrivere per tutti quelli che vogliono leggere ciò che scrive».33
Il Gioberti vide nello scritto un’espressione del gesuitismo da lui tanto aborrito.34
Con lo stesso Gioberti il Frassinetti venne a confronto più tardi, sul piano delle idee. A Bruxelles, nel 1843, Vincenzo Gioberti pubblicava il suo Primato35 e nel 1845 i famosi Prolegomeni36 nei quali scaglia contro i gesuiti molteplici calunnie e ingiurie.
Giuseppe Frassinetti scrisse allora l’opuscolo intitolato Saggio intorno alla dialettica ed alla religione di Vincenzo Gioberti?1 nel quale dimostra con semplicità ma con vigore come l’Autore dei Prolegomeni sia appunto
32 L. cit.
33 Ivi II, 31.
34 Cf Padovani U., Vincenzo Gioberti ed il Cattolicesimo. Una pagina nella storia moderna della Chiesa. Con documenti inediti, Milano, Vita e Pensiero, 1927; Rinieri I., Il Padre Francesco Pellico e i suoi tempi, Pavia, Artigianelli, 1932.
35 Gioberti V., Del primato morale e civile degli Italiani, Brusselle, Meline-Cans, 1843.
36 Id,, Prolegomeni del primato morale e civile degli Italiani, Brusselle, Meline- Cans, 1845.
37 Pubblicato a Genova nel 1846.
in contraddizione con la sua dialettica e con la sua religione,
Umberto Padovani, tra le critiche più importanti fatte all’opera del Gioberti da parte del clero italiano, segnala precisamente lo scritto del Frassinetti. Scrive: «Ma le critiche più rilevanti e numerose alla critica antigesuitica del Gioberti vennero dalla parte del clero italiano, né solo dai Gesuiti [...]. Criticò invece apertamente i Prolegomeni giobertiani il pio e dotto abate Giuseppe Frassinetti, Priore di S. Sabina in Genova - che la Chiesa sta per collocare sugli altari - scrivendo un Saggio intorno alla dialettica e alla religione di Vincenzo Gioberti»?*
Evidentemente quest’ultima presa di posizione costò al Frassinetti diverse sofferenze e persecuzioni che culminarono nell’esilio. Dal 1847 al 1848 vide scomparire le opere più care al suo cuore39 e dovette assistere alla fu ga dei più intimi amici.40
«La cacciata dello Sturla era pel Frassinetti un monito eloquente che l'ora sua era pure venuta [...]. Non aspettò l’ordine d’arresto del Comi
tato; si allontanò senz’altro dalla Parrocchia [...]. Il priore Gerolamo Campanella, costretto anche egli ad abbandonare la sua diletta parroc
chia del Carmine, gli offerse ospitalità nella sua villetta di S. Cipriano in Val Polcevera; egli di buon grado accettò, e colassù si ritrasse in compa
gnia del generoso amico, e si tenne nascosto ben tredici mesi, sotto il nome di Prete Viale, che tale era il casato della madre sua».41
L’anno trascorso a S. Cipriano fu per il Frassinetti tempo di molta preghiera, di sofferenza, ma anche di quiete. Si diede infetti all’orazione e al lavoro intellettuale. Là incominciò a scrivere il noto Compendio della Teologia Morale di S. Alfonso Maria de’ Liguori, frutto di vent’anni di la
voro e di quaranta di esperienza come confessore e direttore di anime.
Là, soprattutto, s’incontrò a fondo con due grandi santi: Teresa di Gesù e Giovanni della Croce; là iniziò la gestazione dell’opera II Pater Noster di S. Teresa di Gesù, trattato della preghiera che pubblicherà nel 1860.
Il periodo dell’esilio, a mio avviso, svela un aspetto della personalità del Frassinetti non molto conosciuto: quello mistico. Tale aspetto lo si coglie soprattutto percorrendo e penetrando il suo epistolario di questo tempo. Nelle lettere appare infatti il vero significato spirituale del fatto storico del suo esilio.
38 Padovani, Vincenzo Gioberti 319.
59 Le opere catechistiche di S. Dorotea e di S. Raffaele e la Congregazione del Beato Leonardo.
40 Lo Sturla ed il Cattaneo.
41 O livari, Il Servo 116.
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Scrive alla Contessa Carlotta Galli, parrocchiana di S. Sabina:
«Io per la grazia di Dio in queste vicende sono sempre stato bene, e il Si
gnore ha usato alla mia debolezza singolari riguardi, come li usa tuttavia conce
dendomi di essere in un luogo molto tranquillo, con ottima compagnia, dove posso trovarmi sforzato a fare qualche bene per l’anima mia. Io non avrei cre
duto che questo tempo che si dice di tribolazione dovesse essere si come finora il fu, il più felice della mia vita. Ciò che mi rincresce è che non me ne appro
fitto, quanto sarebbe conveniente, questa è la verità».42
Scrive ad un sacerdote suo amico:
«Io sono sempre stato bene e per dono di Dio anche tranquillo perché sempre vidi e vedo sempre chiaro che il tutto ha disposto per il mio miglior be- ne [•••]. Frattanto che bel tempo per pensare a sé, a starsene riposatamente con Dio! Questo non si era mai avuto né si poteva altrimenti sperare [...]. Io in questo tempo mi sono innamorato delle Opere di S. Teresa; se non le avete lette postamente vorrei che voi le leggeste».41
Intensità di preghiera e sofferenza nella quiete che solo dalla pre
ghiera può derivare: carità provata e corroborata nell’esilio volontario per amore della Chiesa.