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OPERE

SECONDA EDIZIONE

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APPENDICI CRITICHE

Palinuro

LA TOMBA INQUIETA

SECONDA EDIZIONE

Sergio Quinzio

MYSTERIUM INIQUITATIS

Giuseppe Rensi

LA DEMOCRAZIA DIRETTA

Sto

QUI COMINCIA LA SVENTURA

DEL SIGNOR BONAVENTURA

Serena Vitale

IL BOTTONE DI PUSKIN

TE

iLo-ÒCr-f-ii N. 5, PAG. 42

Simone contro Simone

di Alfredo Salsano

SIMONE W E I L , J O È BOUSQUET,

Corrispondenza, seguita da

Progetto di una formazione di infermiere di prima linea, a

cu-ra di Adriano Marchetti, SE, Mi-lano 1994, pp. 78, Lit 14.000. SIMONE PÉTREMENT, L a vita di

Simone Weil, con una nota di

Giancarlo Gaeta, a cura di Ma-ria Concetta Sala, Adelphi, Mi-lano 1994, pp. 688, Lit 85.000.

"Felici coloro per i quali la sven-tura entrata nella loro carne è la sventura del mondo stesso nella lo-ro epoca. Essi hanno la possibilità e la funzione di conoscere nella sua verità, di contemplare nella sua realtà la sventura del mondo", si legge nella lettera di Simone Weil a Joè Bousquet in data 12 maggio 1942. È la lettera di commiato, pri-ma di partire per gli Stati Uniti, al poeta, grande invalido della prima guerra mondiale, immobilizzato da una ferita alla colonna vertebra-le. Nella sua vicenda Simone vede rispecchiata la propria, certo or-mai alleviata da una superiore con-sapevolezza, che è anche una scel-ta, una scelta di libertà: "Come le ho già raccontato, soltanto una ri-soluzione di morte possibile e a termine mi ha ridato la serenità". Questa è la rinuncia alla irrealtà del sogno, per amore della verità: si tratta di "rompere l'uovo", co-noscere la realtà, accettare "l'im-menso privilegio di avere la guerra nel corpo", sotto forma di una pal-lottola, in attesa della maturità, dell'assenso al bene — e "l'intelli-genza ha un ruolo per preparare il consenso nuziale a Dio".

L'intensità propriamente "eroti-ca", nel senso dei mistici — e "mi-stico allo stato selvaggio" si procla-merà Bousquet —, dello scambio .epistolare ora tradotto in italiano è un'ottima introduzione à rebours al pensiero e all'intera esperienza di vita di Simone Weil. Nella stes-sa lettera in cui, consolatrice, si po-ne nondimeno a modello, Simopo-ne parte dal dolore fisico che l'afflig-ge da dodici anni "al punto di con-giunzione dell'anima al corpo", il sistema nervoso, per ricordare l'esperienza operaia in un'officina meccanica, nel 1934: "La combi-nazione dell'esperienza personale con la simpatia per la miserabile massa umana che mi circondava e con cui ero indistintamente confu-sa, persino ai miei stessi occhi, ha fatto entrare la sventura della de-gradazione sociale così profonda-mente nel mio cuore che da allora mi sono sempre sentita una schia-va, nel significato che il termine aveva presso i romani". In quel pe-riodo, ella prosegue, Dio non ave-va alcun posto nei suoi pensieri; lo avrà solo sul finire del 1938, di nuovo in un momento di intenso dolore fisico. Sostanzialmente stoi-ca in precedenza, digiuna della let-tura dei mistici, solo da allora il no-me di Dio e quello di Cristo si no- me-scoleranno ai suoi pensieri.

Le stesse parole si ritrovano nell ' Autobiographie spirituelle scrit-ta qualche giorno dopo, sempre a Marsiglia, per il padre Perrin, nel passo riportato da Simone Pétre-ment in La vita di Simone Weil, fi-nalmente disponibile in italiano, sia pure in un'edizione ridotta ri-spetto a quella originale (cfr. la

no-ta della curatrice). Ma già dall'in-tensità e concisione dello scambio epistolare risultano bene tutti gli elementi che rendono appassio-nante la lettura della biografia del-la Pétrement.

Sul piano del pensiero, per co-minciare, con la centralità del rap-porto tra verità e libertà, che ha origine nell'insegnamento di Alain, comune alle "due Simone", come Giancarlo Gaeta intitola la sua nota introduttiva al volume adelphiano. Rapporto che esse af-fronteranno in modo opposto da quando, ancora studentessa, nel

corso di una gita in barca al Bois de Boulogne, la Pétrement aveva confidato all'amica la propria in-soddisfazione per il primato asse-gnato da Alain alla libertà. Proprio da questo primato partiva invece Simone Weil che in quell'occasio-ne aveva replicato con una parabo-la estremamente significativa: "Un bambino, vittima di un incantesi-mo, deve scrivere correttamente una certa parola per essere libera-to, ma l'incantesimo ha l'effetto di fargli prendere una lettera per un'altra, per cui noh riesce mai a scrivere quella parola. Fortunata-mente giunge in suo aiuto una bambina: egli può scrivere la paro-la ed è liberato".

Ora, ed è questo il secondo aspetto che si vuol mettere in evi-denza, non è difficile vedere nella Weil militante sindacale e (per breve tempo) politica,

nell'intellet-tuale che si infligge un'esperienza di fabbrica e la partecipazione alla guerra di Spagna, e da ultimo nell'autrice delle lettere a Joè Bou-squet, la stessa bambina portatrice di libertà, prima con le straordina-rie analisi del nazismo e dello stali-nismo (cfr. gli scritti raccolti in

Sul-la Germania totalitaria, a cura di Giancarlo Gaeta, Adelphi, Milano 1990); poi, dopo alcuni occasiona-li quanto intensi incontri con il cri-stianesimo popolare che le danno la certezza che esso è per eccellen-za "la religione degli schiavi, che gli schiavi non possono non aderir-vi, e io con loro", con la piena im-mersione nell'esperienza religiosa, anzi mistica.

Naturalmente questa continuità va bene intesa, tenendo conto del cambiamento; ma il fatto stesso che Simone Weil parli contestual-mente, nella lettera citata all'inizio, delle nozze con Dio e della propria esperienza operaia (come sottoli-nea giustamente Simone Pétre-ment, già successiva al distacco dalla politica) impone di conside-rarne la vita e il pensiero nella loro unità, comprensiva dell'intero im-pegno sul piano sociale, cui ella at-tribuisce del resto la stessa fisicità dell'esperienza corporea. Di estre-mo interesse, tra l'altro, le estre-molte pagine che Pétrement dedica allo studio da parte della Weil della realtà di fabbrica anche dopo quell'esperienza, non solo a livello operaio, come si pensa in genere, ma anche a livello tecnico-manage-riale: si vedano, per esempio, i rap-porti con l'ingegner Bernard nell'inverno 1935-36 e tutto quel che riguarda Auguste Detoeuf, amministratore di Alsthom e la sua rivista "Nouveaux Cahiers" cui Si-mone collaborò negli anni succes-sivi.

Unità e coerenza di una vicenda che Simone Pétrement presenta anche, con molta discrezione, sotto l'aspetto di un'evoluzione del loro rapporto intellettuale: dall'inizio, con la scena del Bois de Boulogne richiamata più sopra, alla fine, quando ella cita una tardiva (1942) ammissione di Simone Weil che si riferisce a un episodio del 1937: "Non te l'ho forse mai detto ma quella volta la lettura del tuo ab-bozzo di tesi ha avuto su di me un'azione profonda". Si tratta di un punto chiave non solo nella ri-costruzione dei rapporti tra le due amiche ma anche, ovviamente, nell'interpretazione offerta dall'in-tera biografia, interpretazione che vale la pena di tentare di rendere esplicita.

Con grande finezza Gaeta nella nota introduttiva analizza una con-vergenza tra le "due Simone" nel senso del platonismo cristiano, piuttosto che in quello dello gno-sticismo come vuole la Pétrement; e sottolinea la differenza tra l'idea del ritiro di Dio dal mondo della Weil e l'idea gnostica dell'assenza di Dio dal mondo studiata dalla Pétrement in quella che molti anni dopo sarà la sua grande opera (Le

Dieu séparé. Les origines du gnosti-cisme, Les Editions du Cerf, Paris 1984). Ma, certo in nome di quel che "il pudore dell'amicizia prefe-risce lasciare in ombra", Gaeta

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