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La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il principio di non discriminazione in base al sesso.

NELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO LA PARITÀ DI TRATTAMENTO E LE PARI OPPORTUNITÀ NELLE CONDIZIONI DI LAVORO

3.5 Le nuove norme antidiscriminatorie nei Trattati di riforma.

3.5.1 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il principio di non discriminazione in base al sesso.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ha rappresentato un elemento efficace per l’ulteriore affermazione del principio di non discriminazione quale diritto fondamentale dell’UE671

Il risultato ottenuto con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è di estremo interesse, giacché l’art. 6 par. 1 TUE sancisce che «l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati»

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. In tal modo, il trattato conferisce alla Carta rango di fonte primaria (“ha lo stesso valore giuridico dei trattati”), pur mantenendo i trattati e la Carta tra loro separati e rispettando, dunque, la storica struttura “binaria” dei trattati673. Ciò comporta l’obbligo per la Corte di giustizia di considerare la Carta (al pari dei trattati) nella soluzione delle controversie, superando quella cautela della stessa Corte, o come è stato definito quel “self-restraint”674, che solo negli

ultimi tempi la Corte aveva attenuato675

Nel preambolo, al secondo capoverso si legge che tra i valori su cui si fonda l’UE rientra il principio di eguaglianza

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La Carta dei diritti fondamentali dell’UE dedica un intero capo (il terzo denominato Uguaglianza) all’eguaglianza e ai divieti di discriminazione e di particolare interesse risultano essere gli artt. 20-23.

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Per una più attenta, anche se non esaustiva, analisi della Carta dei diritti fondamentali dell’UE rimandiamo

supra capitolo I del presente lavoro, § 5.1 e ancor più § 5.2.

672 Cfr. art. 6 par. 1, in GUUE C 83/01 del 30 marzo 2010, p. 19.

673 Sul punto rinviamo a L. DANIELE, L’architettura dei nuovi Trattati e i loro rapporti reciproci, cit., p. 7 ss.;

M. FRAGOLA, Il Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato della

Comunità europea. Versione ragionata e sistematica per una consultazione coordinata degli articoli alla luce dei Protocolli e delle Dichiarazioni, cit., p. 12 ss. In particolare, qui il riferimento era al Trattato che istituisce

una Costituzione per l’Europa (mai entrato in vigore), che aveva previsto un unico testo in cui erano confluiti i trattati e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Quest’ultima peraltro era stata inserita quasi integralmente allo scopo di aprire ulteriori fronti di negoziazione tra gi Stati. Sul punto rimandiamo a C. FAVILLI, La non

discriminazione nell’Unione europea, cit., p. 215.

674 Cfr. ancora necessariamente C. FAVILLI, La non discriminazione nell’Unione europea, cit., p. 215. 675

In questo caso ci riferiamo a Corte di giustizia sentenza del 27 giugno 2008, causa 540/03, Parlamento c.

Consiglio, in Raccolta, 2006, p. I-5769. con riferimento alla cautela della CG di utilizzare come parametro la

Carta ancor prima che le venisse attribuito valore giuridico vincolante rimandiamo supra, capitolo I par. 5.1.

L’art. 20 della Carta sancisce un generale principio di eguaglianza, affermando che «tutte le persone sono uguali davanti alla legge». Si tratta, in particolare, dell’affermazione del principio di eguaglianza in senso formale, ma v’è da rilevare che l’art. 20 è rivolto a tutte le persone, senza alcun riferimento alla cittadinanza.

L’art. 21 – rubricato “non discriminazione” – vieta esplicitamente qualsiasi forma di discriminazione enunciando anche un elenco delle cause di discriminazione che, come affermato anche in dottrina677, non è tassativo. In particolare, l’art. 21 sancisce quanto segue «è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale»678

L’art. 22 della Carta rappresenta una norma innovativa, poiché stabilisce che l’UE rispetta le differenze culturali, religiose e linguistiche

. Al par. 2 del medesimo articolo si fa esplicito riferimento al divieto di discriminazione sulla base della nazionalità, con un chiaro richiamo dell’istituto della cittadinanza europea. In tal caso è riportato un espresso limite all’applicazione del divieto di discriminazione in base alla nazionalità, giacché si legge che essa sarà circoscritta all’ambito di applicazione dei trattati.

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Ai fini del nostro lavoro, tuttavia, la norma che maggiormente rileva è quella contenuta nell’art. 23 della Carta, che recita testualmente: «la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato»

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677 Ci riferiamo in particolare a C. FAVILLI, La non discriminazione nell’Unione europea, cit., p. 216.

L’Autrice afferma, altresì, che tale elenco è “esemplificativo e non tassativo”.

. La differenza sostanziale tra questa norma e gli artt. 21-22 consiste nel fatto che essa non si limita ad enunciare un valore, ma prevede l’obbligo per le istituzioni dell’UE di “assicurare” la parità di trattamento agendo

678 Cfr. Carta dei diritti fondamentali dell’UE, in GUUE C 83/02 del 30 marzo 2010, p. 396.

679 Sul punto pare opportuno richiamare C. FAVILLI, La non discriminazione nell’Unione europea, cit., p. 216,

la quale afferma che l’art. 22 rappresenta una norma innovativa per il suo contenuto e a tal proposito richiama la comunicazione della Commissione europea COM(2003)520, del 27 agosto 2003, Verso uno strumento

internazionale sulla diversità culturale, in linea con l’iniziativa dell’UNESCO per l’elaborazione di un trattato

internazionale in tema.

effettivamente per il perseguimento di tale obiettivo. Inoltre, ancora una volta, sono legittimate le c.d. azioni positive, che in particolare in tale formulazione presentano un’accezione neutra, potendo essere previste sia per le donne che per gli uomini, qualora risulti essere il sesso sottorappresentato681

Le disposizioni della Carta in materia di eguaglianza e non discriminazione rappresentano norme primarie che vincolano il legislatore dell’Unione, gli Stati membri e i soggetti dell’ordinamento dell’UE. Occorre, tuttavia, rilevare che l’art 51 stabilisce che le disposizioni della Carta possono essere applicate “esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione europea” e, quasi in maniera ridondante si afferma, altresì, che la Carta non va al di là delle competenze attribuite all’Unione e che non sarà uno strumento che potrà ampliare tali competenze (art. 52).

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A parte tali ripetizioni, alle volte anche esagerate, la Carta ha rappresentato senza dubbio un ulteriore strumento finalizzato a rafforzare il volto sociale dell’Europa e, in particolare il principio di non discriminazione in termini generali.

681 Sul punto rimandiamo a C. FAVILLI, La non discriminazione nell’Unione europea, cit., p. 216 ss.; C.

FAVILLI, Uguaglianza e non discriminazione nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in AA.VV., La difficile Costituzione europea, Bologna, 2001, p. 225 ss.