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5. Accompagnamento delle vittime di tratta

5.4. Casa delle Donne

La Casa delle Donne è un appartamento protetto, segreto per tutelare la sicurezza delle donne ospitanti. Le donne collocate nell’appartamento hanno dovuto lasciare il loro domicilio per tutelare la loro incolumità e quella dei loro figli.

Da settembre 2018 Casa delle Donne ha cambiato appartamento, aumentando i posti a disposizione. Adesso l’appartamento può ospitare 4 donne con i rispettivi bambini per un massimo di 11 posti letto, la cucina, il soggiorno e i servizi igienici sono spazi comuni. La permanenza massima all’interno della struttura è di 3 mesi, salvo casi eccezionali, proprio perché esso funge da residenza temporanea, prima di trovare una collocazione adeguata. Il soggiorno è a carico dell’utente, che può ricevere un sussidio da parte della LAV e avviene su base volontaria. La donna ha la facoltà di scegliere quando andarsene a condizione che venga comunicato alle operatrici. Questa scelta dell’associazione è dovuta al fatto che il cambiamento deve partire prima di tutto dalla donna, per cui qualsiasi costrizione non le sarebbe d’aiuto in quando minerebbe un processo di resilienza, autodeterminazione ed empowerment. All’interno della struttura lavorano due educatrici ed una possibile studentessa in stage al terzo anno SUPSI. Le educatrici lavorano a turni e sono presenti tutto il giorno dal lunedì al venerdì tra le 10 e le 18:30. C’è un picchetto gestito a turni dagli operatori dell’associazione attivo 365 giorni l’anno 24/24h. Il compito delle operatrici all’interno dell’appartamento è quello di sostenere l’utente nella quotidianità e di orientarla verso i servizi adeguanti, aiutando la donna a progettare la sua vita una volta uscita dall’appartamento. Non vengono accettate all’interno della struttura donne che abusano di alcool, sostanze stupefacenti oppure con gravi turbe psichiche.

La collocazione avviene a seguito di una segnalazione, che può avvenire dalla donna stessa, da un servizio, della polizia, da un avvocato, da un medico, amici o parenti, etc. L’operatrice valuta la situazione e la possibilità, che la donna, venga accolta o meno nella struttura. Nel caso in cui l’esito dovesse essere positivo, si procede con un primo incontro di avvicinamento con l’utente e i suoi accompagnatori e le due operatrici, possibilmente questo avviene al Consultorio. Questo primo incontro non è vincolante: l’équipe svolge una prima valutazione per valutare l’idoneità della donna all’interno della struttura oppure se dovesse esserci la necessità di orientarla verso un altro

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servizio, se la valutazione dovesse essere positiva, è la donna a scegliere se voler entrare in struttura oppure optare per un’altra soluzione. In caso di emergenza l’incontro può avvenire fuori dall’orario lavorativo e viene svolto dall’operatore di picchetto.

5.4.1. Riflessioni sulla possibilità di un inserimento di vittima di tratta di esseri

umani all’interno di Casa delle Donne

Le vittime di tratta di esseri umani e quelle di violenza domestica presentano delle caratteristiche in comune, entrambe hanno un legame con il loro sfruttatore e vivono in una costante di terrore e violenza. Esse differiscono nelle modalità di vita e gli obiettivi di fondo. Le vittime di violenza domestica nella maggior parte dei casi vivono la violenza all’interno di una quotidianità strutturata, è all’interno della “normalità” che viene a crearsi un contesto di violenza. Le vittime di tratta, invece, non hanno una quotidianità strutturata, i ritmi sono completamente sfasati. Anche gli obiettivi di fondo sono differenti, le vittime di tratta hanno come scopo quello di avere una nuova possibilità, di guadagnare e costruirsi un futuro che nella loro patria non potevano avere ed è per questo che sono scappate, mentre per le vittime di violenza domestica l’obiettivo era quello di una relazione, una famiglia. Le vittime di tratta spesso sono state costrette a subire violenze non solo dal proprio sfruttatore ma anche con l’esterno, comportando dei traumi aggiuntivi, inoltre obbligate a fare un lavoro altamente stigmatizzato dalla società e si sentano insicure su come le altre potrebbero giudicarle. In più, ci sono tutti i fattori culturali legati alla spiritualità ed alle diverse etnie. A mio avviso credo che queste due tipologie di vittime possano convivere nella stessa struttura, ci sono esperienze come la fondazione Au Coeur des Grottes, dove la struttura ospita sia donne vittime di violenza domestica che vittime di tratta. Nonostante l’accompagnamento educativo possa avere dei punti in comune, come la complessità delle situazioni e l’interdisciplinarietà del problema per cui l’importanza di creare un lavoro di rete, quello che è emerso dai dati per quanto riguarda l’accompagnamento di vittime di tratta è una realtà complessa in cui i processi culturali e spirituali della persona hanno una profonda influenza. L’operatrice che lavora con le vittime di tratta deve essere informata e sensibilizzata sui vari processi e aspetti che potrebbe riscontrare nell’intervento educativo, perché senza una conoscenza di questi meccanismi è difficile che si possano osservare quegli aspetti peculiari e i bisogni specifici della persona, fondamentali per la costruzione di un rapporto di fiducia. Dal momento che il fenomeno della tratta è mutevole nella forma e nelle caratteristiche è importante svolgere un’attenta valutazione del territorio, della situazione reale della regione. Il confronto tra le due tipologie di vittime può essere difficile, in quanto i vissuti nonostante presentano dei punti simili sono molto differenti e possono incidere sul comportamento e le modalità di relazionarsi con l’altro. In questo contesto è fondamentale che l’educatrice sia consapevole delle difficoltà che potrebbe riscontrare, delle specificità delle diverse vittime, per avere sempre un certo controllo sulla situazione e far sì che ci possa essere un’integrazione tenendo conto delle caratteristiche personali delle donne.

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