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_ casa? Una casa odiata dagli dei, _numerevoli, da delitti

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figli di un fratello — uno scannatoio umano, il suolo del quale è tutto intriso di sangue — ohimè, che cosa si trama costì? Quale terribile dolore si prepara ancora in questa casa terribile e crudele, mentre il soccorso è lontano? Ah, miserabile, tu osì cotesto? Tu appresti il bagno allo sposo che condivide con te il talamo è poi come descrivere l'epilogo? Si avvicina l'ora che lo vedrà.

Due braccia, l'uno dopo l’altro, si stendono rapidamente per colpire a morte... Ah, orrore! Una rete infernale;

ma no, la vera rete è lei, la compagna del letto, divennta complice di omicidio. Via, che la schiera attaccata, siti- bonda, al ceppo familiare, saluti col grido rituale la consumazione della inenarrabile infamia! » (1080-1120).

Il Coro: « Nel mio cuore si precipita un flusso giallastro.

simile al sussulto dei guerrieri abbattuti quando il passo rapido e sottile della morte si avvicina » (1121-1124),

Il coro terrificato si domanda: « Quale catastrofe ne incombe? Dagli oracoli scese mai sui mortali un mes- saggio lieto? Solo attraverso le disgrazie si palesa il mi- sterioso significato degli oracoli profetici » (1130-1135). S

E Cassandra riprende: « Me disgraziata; quale è mai — il mio infausto destino? Ecco: è il mio proprio retag- gio di dolori che ora verso lacrimante nel calice dei miei

‘canti » (1136-1138). Il coro interrompe incredulo e dif-

fidente: « Tu vai delirando fatta zimbello di un Dio, per intonare così su te stessa il più lugubre dei cani

Così geme instancabile l'usignuolo invocando Itis, figlio —

di Procne, e piangendo col cuore straziato su una vita. = sopraccarica di dolori (1141-1145).

Cassandra replica: « Oh, no. non ricordare il

Stino dell’usignuolo melodico. Gli dei l’hanno ri

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di un corpo alato: se non fossero i suoi olivi di Ja.

mento, la sua vita non sarebbe dolcezza? La mia è de- stinata all’ascia che fende le fronti.... Ah, destino tragico della patria mia, per sempre scomparsa e inabissata;

ecatombi immolate dal padre mio per salvare le La città di Priamo ha subìto la sua sorte, To con 1 in fiamme vado verso la roviùa mia.... V'è in questa casa maledetta un coro che mai l’abbandona, unisono ma non eufono. Non intona lodi e ha bevuto sangue umano, il manipolo gioioso, il coro delle Erini della razza... Apol.

do, pietà di me. La leonessa a ‘due piedi che dormiva col lupo nell’assenza del leone mi uccide.... Ma la mia morte non sarà impunita ) (1146-1279). Il ‘coro iconelude:

«Molto tu ci hai detto o donna; disgraziata e sapiente )»

(c4d aa, copi — 1295-1296), L’abbinamento di que.

È sti due aggettivi racchiude tutta Ilessenza della tragedia NE. greca. E quando Glitemnestra

entra tragicamente nella casa, il coro esclama: « Dentro di me, senza lira, autodi- datta, scioglie il mio cuore l'inno delle Erini, spoglio ormai dell'unico conforto: la speranza, Le nostre viscere non si ingannano mai (7A dY VA B'obiror patàSe:), mai si dnganna il cuore che danza una danza folle sulle viscere credenti nella giustizia » (mpò< EYSlnore Peeotv) (990.996).

mura, anima

L ii i a, nella

È Attaccate alla

—x85.

‘casa’ esse cantano il canto che evoca il delitto iniziale (Ja colpa di Tieste) e le successive colpe. Chi ha versato sangue, tiene incatenato lo sguardo degli dei. Le nere Erini attraverso il corso mutevole degli anni abbattono prima o poi colui la prosperità un'offesa alla giustizia. Un grande del quale nacque da rischio è nella ecces- siva fortuna. La folgore di Zeus colpisce le vette, Voglio che la mia felicità non desti invidia: che io non sia mai distruttore di città nè schiavo sottoposto all’altrui ca- priccio ),

Il coro riecheggia così il senso della contaminazione colto dall’animo presago di Cassandra: «Donde mai.

= veggente? Perchè mi è vietato emettere questo sgomento sottile che colpisce il mio della saliva co- cuore pre- me è uso fare per respingere il malo augurio, che è in un sogno indecifrabile? Perchè mi è Vietato ospitare.

nell'animo una serena fid ucia? Son passati tanti anni dal giorno in cui ; nostri marinai salparono verso lio.

Ed ecco che le mie pupille veggono il trionfale loro ri- torno. Io stesso ne sono testimone. E allora. perchè mai, senza mai averlo ‘appreso; il lamento delle Erini sgorga, senza lira, dal fondo idell’anima mia, \chiusa com'è impe-

hetrabilmente alla dolce, limpida fiducia della speran-

2a?... Possa il mio presentimento essere inganno. Ma il sangue sprizzato dalle vene e bevuto dalla sun incantesimo mai può ricondurlo alla sua fonte» terra, nes-

Ecco il motivo della trilogia: la terribile legge di | concatenamento che vincola delitto i e d’al.

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spezzare la catena funesta? Il poeta tragico è tormen.

tato dal bisogno di rispondere al quesito.

Canta Oreste invocando Atena: « Formato dal do- lore, conosco molteplici purificazioni. So quando oc.

corra parlare, quando occorra tacere. In questo fran- gente ho ricevuto da un maestro infallibile la consegna di levar la voce, Il sangue della mia mano è cancellato e svanito. La bruttura del matricidio è detersa. Era an- cor fresca quando al focolare del Dio Febo l'ha cancel.

Te, lata un porchetto immolato alle deità infernali... Il tem- : terpellare colei che qui regna. ormai consentito con labbra pure. po del resto invecchiando cancella Venga Atena in mio soc- senza sacrilegio, in- tutto, Mi è dunque

@ illusione, corso» (Eumenidi 276-289). Ma è una p overa e vana

na ha avuto stroncata

la vita? Oh, Elena, pazza Elena.

ola Troia molte infinite vite...

tu hai coronato indelebilmente

l’opera funesta, ver.

abile, Oh, era veramente una

nella capacità che hanno due donne di spezzarmi il cuore! » (Agamennone, 1448-1471).

Il poeta immagina che Egisto, il drudo ed il com- plice, lanci improperi contro la voce ammonitrice e do-

lorosa del coro: =

«Proprio tu dall'ultimo banco dei rematori dici ciò? Mentre solo quelli che sono sul ponte comandano!

Conoscerai, 0 vecchio, come sia arduo a un cotale essere sottoposto a tirocinio, quando la consegna è quella di

essere ragionevole. x

Ceppi e fame sono medici taumaturgici, per inse- gnar qualcosa anche alla vecchiaia. Con gli occhi aperti, non vedi? Non recalcitrare allo stimolo (pù stvipo pi Adur:le), altrimenti la pagherai cara » (Agamennone,

1617-1624). <a

La violenza trionfante e la malvagità sfrontata cre-

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