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Il caso Cirillo e l’oscuro intreccio tra politica, terrorismo e criminalità

1. Nota introduttiva

Il caso Cirillo è un episodio paradigmatico nella storia campana. Una vicen- da in cui s’intrecciarono – come già accaduto in precedenti epoche storiche a Napoli – potere politico, estremismo rivoluzionario e criminalità. Si riproponeva quel mondo marginale,

collocato tra politica e crimine, e tuttavia cruciale, frequentato da cospiratori e uomini “pericolosi” e, insieme a loro, da tutti coloro che sono incaricati di sorvegliarli e repri- merli: […]. Superando questa sensazione occorre invece ricordare che l’accavallarsi e il mescolarsi di personale di forze dell’ordine e di soggetti criminali sono un dato tradizionale e che «l’ordine pubblico è sempre frutto di un processo composito, in cui imposizione, negoziato, delega, si avvicendano e coesistono»1.

Così nel sottobosco napoletano si mescolarono politici e funzionari pub- blici che convissero, e talvolta collaborarono, con criminali e terroristi; opachi intrecci che giunsero, nel caso Cirillo, fino a coinvolgere i massimi livelli istituzionali. In tal modo la politica diventava criminale, la camorra provò ad acquisire una dimensione politica – mostrando attenzione sia alle dinamiche sociali sia ai processi politici –, mentre i terroristi pur partendo da slanci ri- voluzionari finirono per confondersi con i criminali comuni. Gli eventi legati al rapimento di Ciro Cirillo, inoltre, sono particolarmente interessanti poiché seguirono l’evoluzione delle percezioni dell’opinione pubblica in rapporto al

1. Cfr., F. Benigno, La mala setta. Alle origini di mafia e camorra (1859-1878), Einaudi, Torino 2015, p. XV.

potere politico, dagli anni ottanta fino al crollo del 1993, con l’improvviso acuirsi della criminalizzazione della politica e l’esplosione della «dinamica dello scandalo»2. Eppure, nonostante sia una vicenda piuttosto conosciuta e

dibattuta, che si pone al confine tra differenti discipline come la storia politica, del terrorismo e della criminalità organizzata o ancora public history, nessuno di questi campi di ricerca ha mostrato particolare interesse ad approfondire, oltre la polemica e lo scandalismo, con approccio scientifico, un episodio ancora oggi controverso, ma che rimane centrale nel successivo dispiegar- si di processi politici e orientamenti dell’opinione pubblica, nonché delle dinamiche criminali3. Una prima fonte piuttosto articolata è rappresentata

dai risultati della Commissione d’inchiesta sul fenomeno della mafia – non estranea però al particolare contesto storico in cui si svolgono i lavori4 –e

della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro, sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi5. Radio Radicale, anche in questo caso, ha svolto un encomiabile

lavoro di conservazione e archiviazione per poi rendere facilmente fruibile un cospicuo materiale riguardante soprattutto i dibattimenti di primo grado del procedimento-stralcio sulla trattativa e il successivo appello6. Tuttavia, le

fonti documentarie principali sono i molteplici atti giudiziari relativi al rapi- mento di Ciro Cirillo e allo stesso procedimento-stralcio e quelli riguardanti il processo alla colonna napoletana delle Brigate rosse e dei Nuclei armati proletari. Documenti sorprendentemente per nulla utilizzati in ricerche pre-

2. Cfr., H. Rayner, Dynamique du scandale: de l’affaire Dreyfus à Clearstream, Le Cavalier Bleu, Paris 2007.

3. Sono soprattutto alcune ricerche sul sistema politico locale, come quelle di Francesco Barbagallo e Percy Allum, ad aver affrontato, in studi di più ampio respiro, anche il caso Cirillo. Cfr., P. Allum,

Il potere a Napoli. Fine di un lungo dopoguerra, cit.; F. Barbagallo, Napoli fine Novecento. Politici ca- morristi imprenditori, cit. Più specifici, invece, sul fenomeno del terrorismo a Napoli, Aa.Vv., I Nap, Storia politica dei Nap e requisitoria del Tribunale di Napoli, Collettivo editoriale Libri Rossi, Napoli

1976; R. Catanzaro e L. Manconi, Storia di lotta armata, Istituto di studi e ricerche Carlo Cattaneo, il Mulino, Bologna 1995; A. Farro, Conflitti sociali e città. Napoli 1970-1980, Franco Angeli, Milano 1976.

4. Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni cri- minali similari, XI Legislatura, Relazione sulla Camorra, doc. XXIII, n. 12.

5. Commissione parlamentare sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, doc. XXIII, n. 2, 4, 5, 8, 20, 30, 37, 45.

6. Radio radicale ha svolto un importante lavoro di conservazione archivistica. Registrazioni e approfondimenti sul caso Cirillo sono disponibili sulla loro piattaforma web: www.radioradicale.it/

cedenti e conservati presso l’archivio della Procura e del Tribunale di Napoli7.

Infine, pure per la ricostruzione di questi particolari avvenimenti, sono stati intervistati alcuni magistrati, giornalisti e politici testimoni degli eventi8, e

si sono attinte alcune informazioni dalla limitata memorialistica prodotta dai protagonisti9.

2. La strategia brigatista nella Napoli del terremoto e delle tensioni sociali Ciro Cirillo era destinato verso una discreta carriera, seppur anonima, da amministratore locale della Democrazia cristiana. Sarà ricordato, invece, come l’uomo politico per cui i vertici della Democrazia cristiana, in concorso con la camorra, funzionari pubblici e i servizi segreti, decisero di trattare con i terroristi, all’opposto di quanto avvenuto per Aldo Moro10. Cirillo fu rapito da

un commando delle Brigate rosse, il 27 aprile del 1981, a pochi passi dalla sua abitazione a Torre del Greco, per poi essere liberato dopo ottantotto giorni di prigionia. Tuttavia, al rilascio non si sarebbe arrivati attraverso un’operazione di

intelligence, ma seguendo una trama piuttosto opaca. La negoziazione, smentita

7. Corte d’Assise d’Appello di Napoli, Terza sezione, Sentenza nella causa d’appello sul caso sequestro

Cirillo, 20/04/1987; Corte suprema di Cassazione, Prima sezione penale, Sentenza sul ricorso avverso sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, 24/04/1987; Tribunale di Napoli, Ufficio istruzione,

Sedicesima sezione, Procedimento penale contro Giovanni Senzani ed altri, imputati di “Banda armata

Brigate rosse”, voll. 1, 2, 3, 10/04/1984; Tribunale di Napoli, Ufficio istruzione, Sedicesima sezione, Procedimento penale contro Giovanni Senzani ed altri, imputati di “Banda armata Brigate rosse”, voll.

1, 2, 3, 6/12/1988; Tribunale di Napoli, Ufficio istruzione, Sedicesima sezione, Procedimento penale

contro Cutolo Raffaele ed altri imputati di “estorsione e altro” in relazione alle trattative per il rilascio di Ciro Cirillo, voll. 1, 2, 3, 6/09/1983; Tribunale di Napoli, Quarta sezione, Caso sequestro Cirillo,

voll. 1 e 2, Corte d’Assise d’appello di Napoli, 3/06/1986; Tribunale di Napoli, Quinta sezione, Sen-

tenza Raffaele Cutolo, 25/10/1989. Per il reperimento di tali materiali giudiziari si ringrazia Rossella

Ferrigno, già autrice del volume Nuclei Armati Proletari. Carceri, protesta, lotta armata, La Città del Sole, Napoli 2008.

8. Interviste dell’autore ad Abdon Alinovi, Carmelo Conte, Giulio Di Donato, Gigi Di Fiore, Vin- cenzo La Penna, Francesco Menditto, Isaia Sales e Alfredo Vito.

9. Cfr., A. Gava, Il certo e il negato. Un’autobiografia politica, Sperling & Kupfer, Milano 2005; C. Alemi, Il caso Cirillo. La trattativa Stato-BR-camorra, Tullio Pironti, Napoli 2018; G. Granata, Io, Cirillo

e Cutulo. Dal sequestro alla liberazione, Edizioni Cento Autori, Napoli 2009; V. Faenza, Il terrorista e il professore, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2014.

10. Su questo tema è stato recentemente pubblicato un saggio. Cfr., F. Di Bartolo, Moro no, Cirillo sì, in Democrazia insicura, a cura di P. Dogliani, M.A. Matard-Bonucci, Donzelli Editore, Roma 2017, pp. 169-182.

nei primi tempi11, ormai è stata riconosciuta12, anche se rimangono a tutt’oggi

degli elementi controversi.

A inizio anni ottanta, per dirigere e riorganizzare la colonna delle Brigate rosse a Napoli era stato chiamato Giovanni Senzani13, sociologo e criminologo,

consulente del Ministero di Grazia e Giustizia e del “Centro di prevenzione e difesa sociale”, e con incarichi presso le Università di Firenze e Siena. Il sociologo viveva una doppia vita, dividendosi tra le collaborazioni per il Ministero e ope- rando ai vertici delle Brigate rosse: non era neppure estraneo alla città di Napoli, dove aveva già lavorato come operatore culturale della Cassa del Mezzogiorno e realizzando alcune collaborazioni universitarie14. Senzani a Napoli voleva

provare una differente strategia rispetto alle precedenti esperienze brigatiste; teorico della frangia “movimentista” voleva rivolgersi al proletariato marginale ed extralegale, alla massa dei disoccupati urbani, dei senzatetto e all’ambiente carcerario, individuando questi soggetti come potenzialmente rivoluzionari15.

L’emergenza abitativa, in particolare, nella provincia di Napoli era un problema che si trascinava da decenni e non di rado s’intrecciava nei rioni popolari con le rivendicazioni sociali della popolazione, già prima del sisma del 1980. Nell’au- tunno del 1969, per esempio, il crollo di alcuni edifici del centro storico aveva innescato una serie di contestazioni e agitazioni sociali che furono tra le ragioni originarie della nascita del movimento dei “Disoccupati organizzati”16, mentre

durante gli anni settanta furono attivi nei rioni di Secondigliano e Piscinola dei comitati di lotta per la casa17. In questa prospettiva il sisma avrebbe acuito

queste contraddizioni e benché nel centro storico di Napoli non si riscontrassero

11. Antonio Gava: «La Dc non ha trattato con i terroristi», «Il Mattino», 25 luglio 1981.

12. Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni cri- minali similari, XI Legislatura, Relazione sulla Camorra, doc. XXIII, n. 12, pp. 95-112.

13. Sulla biografia di Giovanni Senzani cfr., M. Altamura, Il professore dei misteri, Ponte delle Grazie, Milano 2019.

14. Per le informazioni biografiche su Giovanni Senzani vedi Tribunale di Napoli, Ufficio istruzione, Sedicesima sezione, Procedimento penale contro Giovanni Senzani ed altri, imputati di “Banda armata

Brigate rosse”, vol. 3, pp. 1085-1088.

15. In particolare, nelle risoluzioni n. 13, 14 e 15, riportate nella documentazione della Commis- sione parlamentare d’inchiesta, sono espresse le analisi e le finalità strategiche dell’organizzazione terroristica rispetto alle azioni di Napoli. Cfr., Senato della Repubblica, Commissione parlamentare

d’inchiesta sulla strage di via Fani, l’assassinio di Aldo Moro e il terrorismo in Italia, doc. XXIII, n. 5,

pp. 27-236. Cfr., pure I. Sales, Ciro Cirillo, in Cirillo, Ligato e Lima. Tre storie di mafia e politica, a cura di N. Tranfaglia, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 34-37.

16. G. Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell’Italia degli anni Sessanta e

Settanta (1966-1975), Einaudi, Torino 2009, p. 241.

17. Tribunale di Napoli, Ufficio istruzione, Sedicesima sezione, Procedimento penale contro Giovanni

gravi danneggiamenti a causa del terremoto – i crolli furono pochi e isolati, più che altro si aggravarono i problemi strutturali e di stabilità di alcuni edifici già precari e che furono puntellati alla meglio dalla popolazione –, l’evento andò a inserirsi in un clima di protesta sociale generale che si andava a riaggregare nuovamente attorno al tema dell’emergenza abitativa. Una nota della Digos, infatti, evidenziava che:

nei giorni immediatamente successivi al terremoto i gruppi più oltranzisti dell’Au- tonomia operaia cercarono di sfruttare la particolare contingenza per allargare l’area del dissenso del sottoproletariato napoletano, inserendosi tra senzatetto e disoccupati. Sorsero nuovi collettivi autonomi variamente etichettati che invitavano gli emarginati ad attuare forme di lotta sempre più dura per costringere autorità locali e nazionali a risolvere i problemi vecchi e nuovi della metropoli napoletana. Nei primi mesi del 1981 si registrarono numerose manifestazioni di senzatetto e disoccupati culminate in scontri con la P.S. durante i quali venivano scanditi slogan poi utilizzati nei vo- lantini delle Br18.

In quella fase di tensioni latenti e disagio diffuso il problema della casa era solo uno degli aspetti più visibili e rumorosi. Però, ai movimenti di prote- sta sulla casa si aggiungevano i Disoccupati organizzati, un inedito gruppo di pressione verso le istituzioni, nato come evoluzione delle lotte di quartiere e che chiedeva lavoro e sussidi, ma esclusivamente per gli iscritti alle loro liste19.

Un movimento solo apparentemente di rottura rispetto alle logiche clientelari dominanti a Napoli, che in realtà chiedeva di sostituirle con forme di assistenza non dissimili, ma controllate dagli stessi leader della protesta.

Napoli, negli anni ottanta, si presentava come una città attraversata da forti tensioni sociali e da illegalità diffuse20, una crisi esasperata dalla caduta del suo

storico apparato industriale, che in precedenza l’aveva resa una delle poche città industriali del Mezzogiorno con un esteso e coeso movimento operaio21. In

18. Ivi, p. 561.

19. I Disoccupati organizzati furono un inedito movimento rivendicatorio protagonista dello stato di conflitto sociale esasperato della città durante gli anni settanta. Cfr., P. Ginsborg, Storia d’Italia

dal dopoguerra a oggi, Einaudi, Torino 1989, pp. 490-492; P. Basso, Disoccupati e Stato. Il movimento dei Disoccupati organizzati di Napoli (1975-1981), Franco Angeli, Milano 1981.

20. Su Napoli in quegli anni, vedi F. Barbagallo, Napoli fine Novecento. Politici camorristi imprenditori, cit.; L. Musella, Napoli. Dall’Unità a oggi, Carocci, Roma 2010.

21. Cfr., A. Giannola, L’industria napoletana in crisi, in Napoli «miliardaria». Economia e lavoro dopo

il terremoto, a cura di A. Becchi Collidà, Franco Angeli, Milano 1984; A. Del Monte e A. Giannola, Il Mezzogiorno nell’economia italiana, cit.; G. Biondi e P. Coppola, Rapporto sull’area metropolitana di

particolare, il biennio 1975-77 fu un momento di acuta difficoltà per il sistema industriale napoletano, e al progressivo tramonto dell’industria pubblica si associò la chiusura di alcune multinazionali con la conseguente espulsione di numerosi lavoratori dal ciclo produttivo. Nuovi disoccupati che si andarono ad aggiungere alla massa del proletariato marginale ed extralegale, dei migranti di ritorno, ai tanti sfruttati del lavoro sommerso e alla moltitudine di giova- ni residenti nelle periferie in cerca di una prima occupazione22. La colonna

napoletana Br, in questo quadro storico-sociale, «aveva il proposito di farsi carico e portare a sintesi l’insieme delle contraddizioni sociali»23, rivolgen-

dosi ai sottoproletari più che alla classe operaria e agli emarginati più che agli operai, ai reclusi più che a liberi cittadini, con l’ambizione di creare un seguito negli strati subalterni della città e un retroterra culturale che era mancato alle precedenti azioni brigatiste nel resto d’Italia. Napoli era una polveriera pronta a esplodere e, nella percezione di Senzani, «le azioni delle Br sarebbero state il detonatore che l’avrebbero fatta saltare in aria»24. Non valeva la pena di perdere

tempo col «vecchio operaismo Br e la strategia di una lenta penetrazione del mondo operaio»25. L’immediata violenza criminale sarebbe stata più efficace per

risvegliare «il vecchio ribellismo meridionale» che doveva trovare «una nuova definizione, rovesciando la ribollente realtà dell’emarginazione e del carcere in pratica di violenza direttamente e consapevolmente antistato»26. Per tutte queste

ragioni la colonna napoletana rappresentava una certa rottura nella tradizione e nella cultura delle Br, anche perché, ulteriore elemento d’originalità, sarebbe stato l’unico gruppo a colpire con una certa sistematicità il potere locale dei partiti, “scoprendo” la centralità delle nuove istituzioni periferiche come la Regione27 e attaccando frontalmente gli uomini appartenenti «alle strutture di

Napoli, presentato al seminario della Fondazione Agnelli, Effetto città. Sistemi urbani e innovazione: prospettive per l’Europa alle soglie degli anni ‘90, Torino, 20-21 aprile 1989.

22. Negli anni settanta, per una breve fase, vi è anche un incontro tra Disoccupati organizzati e classe operaia, che si manifestò nella collaborazione durante la protesta per il blocco degli straordinari nel 1974. Già nel 1976 il rapporto di coesione si sfalda come «risultato politico inevitabile della diver- sa prospettiva strategica della lotta dei Disoccupati organizzati, organizzata secondo una struttura orizzontale e su piattaforme centralizzate rivendicative, e non secondo un’omogeneizzazione politica che escluda il particolarismo, […]». Cfr., Tribunale di Napoli, Procedimento penale contro Giovanni

Senzani ed altri, cit., vol. 2, p. 506.

23. Ivi, p. 324. 24. Ivi, p. 332. 25. Ibidem. 26. Ivi, p. 283.

27. Tra il 1980 e il 1982, oltre al rapimento di Ciro Cirillo, le Br uccisero Pino Amato e Raffaele Delcogliano, entrambi assessori regionali. Tra gli obiettivi Br, riportati nei documenti a carico del

gestione del potere economico-politico-militare che vengono erigendosi con- tro il proletariato»28. Senzani credeva, in più, che fosse il momento giusto per

agire poiché «il terremoto aveva letteralmente devastato gran parte di quella struttura marginale produttiva che si distendeva dal centro storico alle periferie urbane e aveva fatto compiere un salto di qualità ai processi di disgregazione del proletariato marginale, costringendolo a sempre più estesi comportamenti extralegali»29. La campagna della primavera del 1981 si voleva ricollegare a quei

movimenti di protesta e aveva l’obiettivo di mettersi alla testa del disagio che si animava in quei mesi attraverso le costanti manifestazioni dei senzatetto, dei terremotati e dei disoccupati30.

Napoli, inoltre, non era una città estranea alla presenza di movimenti terroristici; prima delle Br, erano stati attivi, fin dal 1974, i Nuclei armati proletari (Nap)31. Il gruppo, costituito da un nucleo originario di studenti

militanti della sinistra extraparlamentare ed ex detenuti politici fuoriusciti da “Lotta continua”, fu l’unico realmente funzionante e operante sul territorio nazionale. L’esordio “politico” dei Nap, sicuramente spettacolare, avvenne la sera del primo ottobre 1974, davanti agli istituti di pena di Napoli (Poggio- reale) e Milano (San Vittore), quando attraverso un altoparlante che si auto- distrusse esplodendo dopo la trasmissione furono diffusi una serie di slogan rivolti ai detenuti. Il giorno successivo un analogo congegno fu collocato nei pressi del carcere di Rebibbia a Roma, con un messaggio sempre rivolto ai “proletari detenuti”, invitandoli a riprendere le lotte all’interno del carcere, e annunciando la costituzione, in clandestinità, dei Nuclei armati proletari, sorti allo scopo di affiancare e sostenere la lotta dei detenuti contro «i lager dello stato borghese e la sua giustizia»32.

processo a Senzani, vi era quello di «disarticolare il potere Dc». Cfr., Tribunale di Napoli, Procedimento

penale contro Giovanni Senzani ed altri, cit., vol. 2, p. 532; Su Delcogliano cfr., Un altro Dc ucciso dalle Br, «Il Popolo», 28 aprile 1982.

28. Cfr., Senato della Repubblica, Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani,

l’assassinio di Aldo Moro e il terrorismo in Italia, doc. XXIII, n. 5, p. 235.

29. G. D’Avanzo, Napoli, alla sbarra brigatisti e camorra, «la Repubblica», 15 gennaio 1986. 30. Gli obiettivi di Giovanni Senzani sarebbero stati enunciati nella risoluzione n. 15, 13 tesi sulla

sostanza dell’agire in questa congiuntura, in Senato della Repubblica, Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, l’assassinio di Aldo Moro e il terrorismo in Italia, doc. XXIII, n. 5,

p. 237-258.

31. Sui Nuclei armati proletari napoletani la ricerca più accurata e articolata è quella di Rossella Ferrigno, Nuclei Armati Proletari. Carceri, protesta, lotta armata, cit.

32. In I Nap. Storia politica dei Nuclei Armati Proletari e requisitoria del Tribunale di Napoli, a cura di Soccorso Rosso, Collettivo Editoriale Libri Rossi, Milano 1976.

Rispetto alle Br, i Nuclei si sarebbero distinti per una cultura politico-ide- ologica alquanto semplicistica e non senza incongruenze: i pochi documenti programmatici dei Nap si concentravano prevalentemente sul problema car- cerario, inneggiando alla sua totale distruzione e reclamando una riforma del codice penale e carcerario. La più nota azione dei Nap fu il rapimento del magistrato Giuseppe Di Gennaro, della Direzione generale degli Istituti di Prevenzione e Pena del Ministero di Grazia e Giustizia, compiuta a Roma, il 6 maggio 1975, circa un anno dopo l’altrettanto clamoroso rapimento del giudice Mario Sossi per opera delle Brigate rosse. Nel periodo a cavallo tra il 1975 e il 1976, i Nap intensificarono le loro azioni contro personale e sedi del Ministero di Grazia e Giustizia intraprendendo una vera e propria “campagna contro le carceri”, intervenendo anche d’intesa con le Brigate rosse. Nella notte del 2 marzo 1976, in contemporanea in varie città (Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pisa, Roma, Torino), furono compiuti attentati contro ca- serme e incendiati mezzi militari dei Carabinieri, atti rivendicati l’indomani con un volantino firmato congiuntamente dai due gruppi. Per la prima volta si realizzava una sorta di alleanza tra due formazioni che, pur nella diversità di prassi e analisi politica, chiaramente cominciavano a impegnarsi nel rea- lizzare un’unità d’azione per un unico fronte di combattimento, auspicando in un prossimo futuro una riunificazione d’entrambi i movimenti rivoluzio- nari. Tuttavia, la quasi totalità dei membri dei Nap fu rapidamente arrestata in varie operazioni di polizia tra il 1976 e il 1977. Il loro lascito, per quanto fallimentare si fosse rivelata la loro breve parabola, fu soprattutto di aver attribuito un ruolo rivoluzionario al delinquente comune e, in generale, al mondo dell’emarginazione sociale e al proletariato extralegale, da cui emerse un nuovo soggetto centrale che entrava nelle analisi sul conflitto sociale del Br Giovanni Senzani. Il quale, superando il tradizionale concetto di centralità della classe operaia, si proponeva di radicare, attraverso il suo “Fronte delle carceri-Colonna di Napoli”, la “guerriglia metropolitana” anche al Sud. Inoltre, i detenuti Nap «non erano né vinti né rassegnati e sfruttavano ogni possibile nuovo canale per tener viva la memoria della loro identità attraverso indica- zioni, suggerimenti, contatti, piani operativi e documenti»33; non disperdendo

la loro originaria rete di rapporti col mondo carcerario e criminale, ma con- temporaneamente comprendendo che la realtà eversiva era in trasformazione, iniziarono a valutare le differenti «spinte politiche» ed elaborando il generale tramonto dell’esperienza nappista si avvicinarono alle Br di Senzani34.

33. Cfr., Tribunale di Napoli, Procedimento penale contro Giovanni Senzani ed altri, cit., vol. 2, p. 510.

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