2. I presupposti soggettivi del Decreto Legislativo n 122/
3.2. Il caso: la sentenza del 10 marzo 2011 n 5749
La Suprema Corte, con la sentenza 10 marzo 2011, n. 5749, interviene, per la prima volta, sulla questione dell’applicabilità del D. Lgs. n. 122 del 2005 all’ipotesi di preliminare di vendita “sulla carta” e sulla legittimità della stessa.
Nella specie, con sentenza del 19 marzo 2008, il Tribunale di Monza, nel giudizio per l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. di un contratto preliminare avente ad oggetto un terreno edificabile con sovrastante corpo accessorio e di parziale permuta, per tale immobile promesso in vendita, di porzioni immobiliari da costruire sul medesimo terreno, rigettava la
domanda di pronuncia costitutiva, dichiarando la nullità del contratto per violazione dell’art. 2 del D. Lgs. 20 giugno 2005 n. 122 (disposizioni per la
tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004 n. 210) a causa del mancato rilascio della fideiussione da parte della società costruttrice.
La Corte d’Appello rigettava a sua volta il gravame esperito dalla società
costruttrice, dichiarando pur tuttavia la nullità del medesimo contratto
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Lgs. n. 122/2005, ossia per la mancata indicazione nel contratto
preliminare degli estremi del titolo che abilitava a costruire o della sua richiesta, disposizione da ritenere secondo il giudice del gravame applicabile anche al contratto preliminare avente ad oggetto un immobile
esistente solo sulla carta.
La società costruttrice proponeva ricorso contro tale ultima sentenza avanti la Suprema Corte.
La II sezione della Corte di Cassazione, partendo dall’analisi dell’art. 1 del
Decreto Legislativo n. 122 del 2005, si è pronunciata nel seguente modo: “Gli acquisti protetti e ai quali si applicano le regole di tale decreto sono quelli aventi ad oggetto “immobili da costruire”, per tali intendendosi ex art. 1 comma 1 lett. d) “gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di
costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”.
Poiché dunque si fa espresso riferimento alla presentazione del permesso di costruire, deve escludersi dall’ambito di applicazione della disciplina di tutela il contratto preliminare avente ad oggetto edifici esistenti solo sulla carta, ossia già allo stato di progetto, ma per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o un titolo equipollente (tale è la
situazione corrispondente a quella verificatasi nel caso di specie, risultando pacifico che al momento della stipulazione nessuna richiesta di titolo abilitativo per la progettata attività costruttiva era già stata avanzata, essendo solo previsto l’obbligo della società promissaria acquirente di presentare a propria cura e spese al competente Comune i progetti edilizi per l’ottenimento dei necessari permessi relativi a tutti gli immobili realizzabili sul terreno oggetto di compravendita).
Quanto sopra detto evidenzia un profilo di criticità del decreto delegato, poiché, anche in una contrattazione avente ad oggetto un edificio esistente solo sulla carta (ossia un edificio per il quale non sia stato neppure richiesto il permesso di costruire o presentata la denuncia di inizio attività), si pongono esigenze di tutela dell’acquirente del tutto analoghe a quelle che, a
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salvaguardia della sicurezza dell’acquisto dell’immobile in costruzione, ricorrono allorché la negoziazione sia relativa ad una vicenda nella quale l’iter urbanistico è già iniziato.
Escludere il promissario acquirente di un immobile sulla carta dal campo di applicazione della suddetta normativa comporta, da un lato, che le misure di protezione da esso previste sono destinate a non operare proprio là dove il rischio per l’acquirente è ancora più accentuato, dall’altro offrire al medesimo costruttore un facile strumento di elusione per sottrarsi agli oneri anche economici che vengono posti a suo carico dal decreto delegato (ossia la stipula del contratto preliminare prima di richiedere il provvedimento abilitativo).
Continuando nell’esame del motivo di ricorso, la Suprema Corte si preoccupa anche di analizzare e criticare la tesi sostenuta da parte della dottrina secondo cui dalla regola che limita l’applicazione della nuova normativa di tutela ai soli immobili per i quali sia stato chiesto il permesso di costruire si dovrebbe desumere, a contrario, l’illiceità del contratto preliminare che programmi il trasferimento di un immobile esistente solo sulla carta.
Secondo la Suprema Corte, infatti, non si vede come una norma, quale l’art. 1 comma 1 lett. d) del D.lgs. 122/2005, dettata con valenza puramente definitoria, possa costituire un limite di siffatta portata all’autonomia contrattuale nei rapporti tra costruttore e promissario acquirente (ossia possa essere tale da inficiarne addirittura la validità).
Né d’altra parte può accettarsi il rilievo secondo cui la delimitazione dell’ambito di applicazione della nuova normativa ai soli casi in cui è stato richiesto il provvedimento abilitativo troverebbe giustificazione nell’intento legislativo di contrastare l’abusivismo edilizio (ratio pubblicistica dalla quale dovrebbe desumersi la nullità assoluta per illiceità dell’oggetto del contratto preliminare relativo ad un immobile da costruire nel caso in cui il relativo permesso non sia stato ancora richiesto).
Sembra facilmente intuibile che, se il titolo abilitativo relativo ad un immobile progettato solo sulla carta, ma la cui costruzione non sia ancora
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iniziata, non sia stato ancora protocollato agli atti del Comune al momento della stipula del contratto preliminare, ciò non significa che le parti vogliano poi trasferire un immobile abusivo; del resto, se la costruzione del fabbricato non è stata ancora iniziata, non è stato commesso alcun abuso e non è stata violata alcuna disposizione urbanistico-edilizia.
Peraltro, la tesi della incommerciabilità degli edifici da costruire prima della richiesta del permesso comporterebbe la nullità di un contratto molto frequente nella pratica quotidiana, ossia il preliminare di permuta di suolo in cambio di edificio che il costruttore si obbliga a costruire sul terreno che lo vede destinatario della promessa di acquisto, costruttore al quale prima della stipulazione non potrebbe essere rilasciato il permesso di costruire potendo questo, ex art. 11 D.P.R. 380/2001 essere dato esclusivamente al proprietario del suolo o a chi abbia titolo per richiederlo.
Escluso dunque che, in assenza di una espressa previsione di divieto, si possa far discendere dal D. Lgs. n. 122/2005 l’impossibilità di stipulare contratti con effetti meramente obbligatori aventi ad oggetto edifici sulla carta, il Collegio ritiene pur tuttavia che non vi siano spazi per una interpretazione estensiva che, in nome dei principi costituzionali, ricomprenda nell’ambito definitorio e quindi applicativo del citato decreto il preliminare di vendita di edifici soltanto progettati.
Ciò posto, una tale prescrizione, che impone l’indicazione degli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta o di ogni altro titolo abilitativo, ha un senso in quanto il preliminare abbia ad oggetto un edificio per il quale, nel momento in cui viene stipulato il contratto, sia già stato richiesto il permesso di costruire, mentre sarebbe priva di ratio appunto laddove l’edificio oggetto della contrattazione sia soltanto progettato sulla carta prima della richiesta del permesso.
In conclusione, viene confermato l’error in iudicando denunciato dalla ricorrente, non potendosi far rientrare l’immobile negoziato tra quelli oggetto del D. Lgs. 122/2005, in quanto non ricade nell’intervallo temporale che consente di intenderlo quale immobile da costruire.
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Come si legge nella sentenza sopra riportata sono da intendere esclusi
dall’ambito di applicazione della normativa in materia di tutela dei diritti patrimoniali di immobili da costruire i contratti preliminari aventi ad oggetto un immobile esistente solo sulla carta, ossia per i quali al momento della stipula del preliminare vi è solo un progetto di costruzione.
Si crea così un paradosso che esclude dall’applicazione del decreto il promissario acquirente di immobili solo progettati, in un ambito dove il rischio dell’acquirente è ancora più accentuato.