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Giuliana Quattrone Consiglio Nazionale delle Ricerche –IIA,

4. Il caso studio

La Piana di Gioia Tauro in Calabria, è un territorio a vocazione agricola, prevalentemente coltivato ad ulivi ed agrumi; questi ultimi coprono una superficie di circa 25.000 ettari (arance, clementine, limoni, kiwi). La presenza dei migranti nella piana di Gioia Tauro si colloca in un territorio deprivato ed è funzionale alla sopravvivenza di una agricoltura perennemente in crisi, nonostante rappresenti circa un quarto della produzione nazionale di agrumi, aggredita dalla predazione mafiosa e caratterizzata dalla polverizzazione della proprietà. L'agricoltura rappresenta il settore principale dell’economia locale, in una realtà segnata da profonde lacerazioni sociali, e in cui l’antica cultura contadina, che pregna la popolazione, per forza di cose entra continuamente in relazione con culture altre visto che grazie ai lavoratori stranieri si regge gran parte del comparto agricolo della Piana.

Figura 4 | Le principali zone di dislocazione dei migranti: la vecchia tendopoli, la fabbrica abbandonata nella seconda area industriale di San Ferdinando e casolari abbandonati nel comune di Taurianova, in contrada Russo.

Anche nella Piana di Gioia Tauro, come in generale nei territori caratterizzati da forti flussi stagionali di braccianti, le condizioni abitative ed igienico-sanitarie sono ancora oggi molto critiche, senza alcun sensibile miglioramento rispetto agli anni precedenti. Per non contare che da anni manca una pianificazione di medio-lungo termine dell’accoglienza per i lavoratori migranti stagionali ma anche per quelli che – in numero sempre maggiore – passano qui gran parte dell’anno, né è mai stato avviato un progetto complessivo di mediazione abitativa ed inclusione sociale (Locatelli J et al., 2018).

Infatti, nel corso degli anni le istituzioni hanno proposto diverse soluzioni alloggiative, ma tutte di carattere transitorio ed emergenziale (dal campo container alle tendopoli), che non hanno fatto altro che cronicizzare la situazione di precarietà abitativa, ricattabilità, fragilità e disagio. Non solo ma anche dal punto di vista ambientale queste situazioni hanno comportato danni in termini di depauperamento delle risorse e accentuato la vulnerabilità del territorio.

Attualmente la maggior parte dei migranti – per lo più lavoratori agricoli stagionali ma non solo – si concentra in insediamenti che sorgono nella seconda zona industriale di San Ferdinando, un’area occupata da fabbriche, alcune in uso, altre abbandonate, a metà strada tra i comuni di Rosarno e San Ferdinando e a poca distanza dal porto di Gioia Tauro. È qui che ad agosto 2017 è stata aperta la terza tendopoli “ufficiale” allestita in questa zona per i braccianti stagionali, in grado di ospitare circa 500 persone in tende blu e bianche del Ministero dell’Interno. La tendopoli, rappresenta però una soluzione emergenziale, non certo risolutiva e anche costosa più di un milione di euro all’anno tra preparazione del terreno allestimento e manutenzione. La prima tendopoli, realizzata nel 2012, con una capienza di 300 persone, si è trasformata rapidamente in una baraccopoli. Dopo il suo sgombero, l’anno successivo, a causa delle preoccupanti condizioni igienico-sanitarie rilevate, è stato allestito, sullo stesso sito, un nuovo campo di accoglienza per ospitare circa 2000 persone nel pieno della stagione agrumicola. Il campo privo di luce e acqua corrente, ospita baracche (casette improvvisate di cartone, plastica e lamiera) e vecchie tende ormai lacere. Nonostante le precarie condizioni abitative nell’insediamento è sorta un’economia informale fatta di attività e commerci (negozi, ristoranti, ciclofficine, etc.) per rispondere ai bisogni delle migliaia di abitanti di questa e della nuova tendopoli (Locatelli J et al., 2018) . Purtroppo quest’anno un incendio ha devastato una vasta porzione dell’insediamento, e nonostante le operazioni di ricostruzione siano iniziate subito dopo, gran parte dell’area è ancora ricoperta dalle ceneri dell’incendio. Per altro per i rifiuti non è previsto alcun servizio di raccolta perciò si accumulano nel perimetro dell’insediamento o in buche create a questo scopo e bruciarli è l’unico metodo di smaltimento adottato, rendendo l’aria irrespirabile e contribuendo a peggiorare le già critiche condizioni igienico-sanitarie. Così dal punto di vista ambientale questo insediamento rappresenta un nodo critico per l’inquinamento della zona (area, acqua, suolo) e per il consumo di risorse territoriali, anche per il fatto che da temporaneo l’insediamento si configura sempre più come permanente, visto che, anche al termine della stagione agrumicola, è probabile che molte persone sceglieranno di permanervi per tutto l’anno, come già avvenuto in passato.

Figura 5 | La vecchia tendopoli di San Ferdinando con la porzione incendiata e il capannone Rizzo. Fonte: Rapporto MEDU, maggio 2018.

Adiacente alla vecchia tendopoli sorge il capannone Rizzo, un vecchio capannone industriale occupato da circa 250 persone nei mesi di picco. A poca distanza sorge una vecchia fabbrica abbandonata, occupata dai lavoratori stagionali fin dal 2015, che ospita fino a 300 persone. Questo edificio è sprovvisto di servizi igienici ed elettricità, mentre la spazzatura si accumula all’esterno. Un rapporto dell’Arpacal ha evidenziato potenziali elevati livelli di tossicità del sito) e di tutti gli insediamenti dell’area industriale del comune di San Ferdinando, destinata ad accogliere gli insediamenti della Zona Economica Speciale (ZES) del porto di Gioia Tauro. La necessità di liberare l’area si scontra, tuttavia, al momento, con l’assenza di indicazioni chiare e realistiche su possibili dislocazioni alternative dei lavoratori migranti. I braccianti stagionali popolano anche diversi casolari dispersi nella Piana. Tutti gli edifici, per lo più fatiscenti, sono privi di elettricità e di servizi igienici, mentre per l’acqua (normalmente non potabile) si riforniscono da sorgenti a volte dislocate a centinaia di metri di distanza (Locatelli J et al., 2018).

Altre persone, in percentuali molto inferiori, alloggiano nelle strutture allestite dopo il rogo, nel campo container di contrada Testa dell’Acqua, in stanze messe a disposizioni dai datori di lavoro o in una casa in affitto a Rosarno (Locatelli J et al., 2018).

Nel 2016 è stato sottoscritto dalle principali istituzioni del territorio un “Protocollo operativo in materia di accoglienza ed integrazione degli immigrati nella Piana di Gioia Tauro” che prevede azioni finalizzate ad una idonea sistemazione abitativa dei migranti perseguendo politiche di promozione e di sostegno socio- abitativo e cooperando nell’ambito della pianificazione e dell’attivazione delle politiche relative all’inclusione sociale degli immigrati. Il protocollo è stato per ora applicato solo nella parte relativa all’adozione di misure emergenziali con la creazione del nuovo campo tendopoli, soluzione che non risponde, né numericamente, né per i servizi predisposti, alle necessità delle migliaia di lavoratori che ogni anno si riversano nella Piana in risposta alla richiesta di manodopera dei produttori agrumicoli.

A marzo 2018 è stato sottoscritto un nuovo protocollo operativo per la partecipazione della Città metropolitana di Reggio Calabria agli interventi in materia di inclusione dei cittadini immigrati, che prevede lo sviluppo di iniziative progettuali di integrazione sociale, quali servizi di mediazione culturale, corsi di formazione, politiche dell’accoglienza, inserimento lavorativo degli stranieri specie in agricoltura, che la Città Metropolitana, d’intesa con il Commissario straordinario del Governo e il Comune di San Ferdinando si impegnano ad avviare (Locatelli J et al., 2018).

Sicuramente i campi di accoglienza, allestiti in aree isolate e prive di collegamenti, con costi ingenti e servizi spesso inadeguati, non possono rappresentare la risposta al problema alloggiativo dei lavoratori stagionali; ma piuttosto si configurano come soluzioni alloggiative parziali ed emergenziali, in assenza di una pianificazione di medio-lungo termine per i lavoratori migranti. Appaiono per contro necessarie politiche abitative e lavorative che, favoriscano la promozione dei diritti e dell’inclusione sociale, a vantaggio di tutto il territorio (Elia A., 2014).

Questo aspetto continua invece a rimanere disatteso, nonostante compaia puntualmente in tutte le dichiarazioni e i protocolli istituzionali l’impegno ad adottare misure concrete per un inserimento abitativo diffuso nei diversi comuni della Piana.

Per il momento le criticità maggiormente visibili nella Piana sono così riassumibili: • Isolamento e marginalizzazione fisica e sociale dei lavoratori migranti

• Crescita della popolazione della baraccopoli e cronicizzazione del fenomeno • Aumento dell’inquinamento ambientale dell’area

• Critiche condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza, in assenza di servizi igienici, luce e acqua potabile • Assenza di politiche attive di accoglienza ed integrazione nel tessuto sociale locale.

In questo contesto e ad alcune di queste criticità la ricerca condotta nell’ambito del progetto SMURBS stà cercando di fornire soluzioni e ausili attraverso l’analisi dei dati satellitari per offrire strumenti ai decisori pubblici utili a contrastare il fallimento delle politiche di governance a livello operativo e può orientare la scelta dei siti e le zone localizzative anche in vista degli accordi in corso tra le parti sociali per individuare nuovi alloggi e nuove soluzioni abitative per i migranti della Piana di Gioia Tauro.

Riferimenti bibliografici

Balbo M (2015)., Migrazioni e piccoli comuni, FrancoAngeli Editore, Milano.

CNAPPC (2018), Le città del futuro prossimo, bozza di discussione del VII Congresso Nazionale Architetti PPC, Roma.

Elia A.(2014), Rifugiati in Calabria, Risposte locali a disuguaglianze globali, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ). Locatelli J., De Filippis L., Peca M., Barbieri A., Mangano A., (2018), I dannati della terra. Rapporto sulle

condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro, rapporto MEDU maggio 2018

OIM (2016), Study on migrants’ profiles drivers of migration and migratory trends, OIM.

Quattrone G. (2006) “Nuove città e nuovi cittadini: trasformazioni urbanesegregazione etnica- strategie urbanistiche”, in Beguinot C. (a cura di ) La formazione dei manager. Governo delle trasformazioni urbane. Città europea interetnica cablata, vol. XXVIII Gianninieditore, Napoli, pp. 361-386.

Quattrone G. (2014), “Il diritto alla città per tutti: verso una risoluzione ONU per la città interetnica in Beguinot C.(a cura di) Un manifesto un concorso The right to the city for all.Giannini editore, Napoli, pp.88-91.

Triglia C.(2001), Capitale sociale: il concetto situazionale e dinamico, in Il capitale sociale-istruzione per l’uso, Il Mulino, Bologna.