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Piazza San Pietro ‐ 10 e 14 ottobre 2018

cevono frettolosi consigli di interrompere la gravidanza, ma è un modo di dire: “inter­

rompere la gravidanza”

perchè significa “fare fuori uno”, direttamente.

Un bimbo malato è come ogni bisognoso della terra, come un anziano che ne­

cessita di assistenza, come tanti poveri che stentano a tirare avanti: colui, colei che si presenta come un problema,

in realtà è un dono di Dio che può tirarmi fuori dall’egocentrismo e farmi crescere nell’amore. La vita vulnerabile ci indica la via di uscita, la via per salvarci da un’esi­

stenza ripiegata su sé stessa e scoprire la gioia dell’amore. E qui vorrei fermarmi per ringraziare, ringraziare tanti volontari, ringraziare il forte volontariato italiano che è il più forte che io abbia conosciuto. Grazie.

E che cosa conduce l’uomo a rifiutare la vita? Sono gli idoli di questo mondo: il denaro – meglio togliere di mezzo questo, perché costerà –, il potere, il successo. Questi sono parametri errati per valutare la vita. L’unica misura autentica della vita qual è? E’

l’amore, l’amore con cui Dio la ama! L’amore con cui Dio ama la vita: questa è la misura. L’amore con cui Dio ama ogni vita umana.

Infatti, qual è il senso positivo della Parola «Non uccidere»? Che Dio è «amante della vita»(Sap 11,26).

Il segreto della vita ci è svelato da come l’ha trattata il Figlio di Dio che si è fatto uomo fino ad assumere, sulla croce, il rifiuto, la debolezza, la povertà e il dolore (cfr Gv 13,1). In ogni bambino malato, in ogni anziano debole, in ogni migrante disperato, in ogni vita fragile e minacciata, Cristo ci sta cercando (cfr Mt 25,34­46), sta cercando il nostro cuore, per dischiuderci la gioia dell’amore.

Vale la pena di accogliere ogni vita perché ogni uomo vale il sangue di Cristo stesso (cfr 1 Pt 1,18­19). Non si può disprezzare ciò che Dio ha tanto amato!

Dobbiamo dire agli uomini e alle donne del mondo: non disprezzate la vita! La vita altrui, ma anche la propria, perché anche per essa vale il comando: «Non uccidere». A tanti giovani va detto: non disprezzare la tua esistenza! Smetti di rifiutare l’opera di Dio! Tu sei un’opera di Dio! Non sottovalutarti, non disprezzarti con le dipendenze che ti rovineranno e ti porteranno alla morte!

Nessuno misuri la vita secondo gli inganni di questo mondo, ma ognuno accolga sé stesso e gli altri in nome del Padre che ci ha creati. Lui è «amante della vita»: è bello questo, “Dio è amante della vita”. E noi tutti gli siamo così cari, che ha inviato il suo Figlio per noi. «Dio infatti – dice il Vangelo – ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

10/B: “Non uccidere” secondo Gesù.

Vorrei proseguire la catechesi sulla Quinta Parola del Decalogo, «Non uccidere». Ab­

biamo già sottolineato come questo comandamento riveli che agli occhi di Dio la vita umana è preziosa, sacra ed inviolabile. Nessuno può disprezzare la vita altrui o la propria; l’uomo infatti, porta in sé l’immagine di Dio ed è oggetto del suo amore in­

finito, qualunque sia la condizione in cui è stato chiamato all’esistenza.

Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato poco fa (Mt 5,21­30), Gesù ci rivela di questo comandamento un senso ancora più profondo. Egli afferma che, davanti al tri­

bunale di Dio, anche l’ira contro un fratello è una forma di omicidio. Per questo l’Apo­

stolo Giovanni scriverà: «Chiunque odia il proprio fratello è omicida» (1 Gv 3,15). Ma Gesù non si ferma a questo, e nella stessa logica aggiunge che anche l’insulto e il di­

sprezzo possono uccidere. E noi siamo abituati a insultare, è vero. E ci viene un insulto come se fosse un respiro. E Gesù ci dice: “Fermati, perché l’insulto fa male, uccide”. Il disprezzo. “Ma io… questa gente, questo lo disprezzo”. E questa è una forma per uc­

cidere la dignità di una persona. E bello sarebbe che questo insegnamento di Gesù en­

trasse nella mente e nel cuore, e ognuno di noi dicesse: “Non in­

sulterò mai nessuno”. Sarebbe un bel proposito, perché Gesù ci dice: “Guarda, se tu di­

sprezzi, se tu insulti, se tu odi, questo è omicidio”.

Nessun codice umano equipara atti così differenti assegnando loro lo stesso grado di giudizio. E coerente­

mente Gesù invita addirittura a interrompere l’offerta del sacrificio nel tempio se ci si ri­

corda che un fratello è offeso nei nostri confronti, per andare a cercarlo e riconci­

liarsi con lui. Anche noi, quando andiamo alla Messa, dovremmo avere questo at­

teggiamento di riconciliazione con le persone con le quali abbiamo avuto dei problemi.

Anche se abbiamo pensato male di loro, li abbiamo insultati. Ma tante volte, mentre aspettiamo che venga il sacerdote a dire la Messa, si chiacchiera un po’ e si parla male degli altri. Ma questo non si può fare. Pensiamo alla gravità dell’insulto, del disprezzo, dell’odio: Gesù li mette sulla linea dell’uccisione.

Che cosa intende dire Gesù, estendendo fino a questo punto il campo della Quinta Parola? L’uomo ha una vita nobile, molto sensibile, e possiede un io recondito non meno importante del suo essere fisico. Infatti, per offendere l’innocenza di un

bambino basta una frase inopportuna. Per ferire una donna può bastare un gesto di freddezza. Per spezzare il cuore di un giovane è sufficiente negargli la fiducia. Per an­

nientare un uomo basta ignorarlo. L’indifferenza uccide. È come dire all’altra persona:

“Tu sei un morto per me”, perché tu l’hai ucciso nel tuo cuore. Non amare è il primo passo per uccidere; e non uccidere è il primo passo per amare.

Nella Bibbia, all’inizio, si legge quella frase ter­

ribile uscita dalla bocca del primo omicida, Caino, dopo che il Signore gli chiede dove sia suo fra­

tello. Caino risponde:

«Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?»

(Gen 4,9). Così parlano gli assassini: “non mi ri­

guarda”, “sono fatti tuoi”, e cose simili. Pro­

viamo a rispondere a questa domanda: siamo

noi i custodi dei nostri fratelli? Sì che lo siamo! Siamo custodi gli uni degli altri! E questa è la strada della vita, è la strada della non uccisione.

La vita umana ha bisogno di amore. E qual è l’amore autentico? E’ quello che Cristo ci ha mostrato, cioè la misericordia. L’amore di cui non possiamo fare a meno è quello che perdona, che accoglie chi ci ha fatto del male. Nessuno di noi può sopravvivere senza misericordia, tutti abbiamo bisogno del perdono. Quindi, se uccidere significa di­

struggere, sopprimere, eliminare qualcuno, allora non uccidere vorrà dire curare, valo­

rizzare, includere. E anche perdonare.

Nessuno si può illudere pensando: “Sono a posto perché non faccio niente di male”.

Un minerale o una pianta hanno questo tipo di esistenza, invece un uomo no. Una persona ­ un uomo o una donna ­ no. A un uomo o a una donna è richiesto di più. C’è del bene da fare, preparato per ognuno di noi, ciascuno il suo, che ci rende noi stessi fino in fondo. “Non uccidere” è un appello all’amore e alla misericordia, è una chiamata a vivere secondo il Signore Gesù, che ha dato la vita per noi e per noi è risorto. Una volta abbiamo ripetuto tutti insieme, qui in Piazza, una frase di un Santo su questo. Forse ci aiuterà: “Non fare del male è cosa buona. Ma non fare del bene non è buono”. Sempre dobbiamo fare del bene. Andare oltre.

Lui, il Signore, che incarnandosi ha santificato la nostra esistenza; Lui, che col suo sangue l’ha resa inestimabile; Lui, «l’autore della vita» (At 3,15), grazie al quale ognuno è un regalo del Padre. In Lui, nel suo amore più forte della morte, e per la po­

tenza dello Spirito che il Padre ci dona, possiamo accogliere la Parola «Non uc­

cidere» come l’appello più importante ed essenziale: cioè non uccidere significa una chiamata all’amore.

c/o Monastero Sacro Cuore Via Duca D’Aosta 1 10024 Moncalieri TO

Padre Ghislain Tshikendwa dal Congo ci ha inviato sue notizie e della "Ferme Consolata":

Mie carissime Sorelle, grazie mille per il vostro ricordo: ho sempre contato sulle vostre preghiere che mi supportano nella mia missione. Con i miei collaboratori stiamo riunendo gli agricoltori in cooperative per la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli. Abbiamo tre pro-getti di formazione: apicoltura, piscicoltura, colture alimentari (manioca e mais) e colture or-ticole. Sento che il Signore mi chiama a vivere con i contadini per lavorare insieme. Ora, abbiamo anche in progetto di aprire una scuola elementare nella "Ferme Consolata" che si chiamerà

"Scuola Ecologica Suor Consolata". L'idea della scuola è quella di insegnare prima di tutto agli studenti a fare con cura e impegno ogni attività, a partire dalla fedeltà alle piccole cose. Poi, dato che sono figli di poveri agricoltori, abbiamo pensato che la scuola possa essere come un collegio per poter seguire meglio gli studenti che dovranno imparare gradualmente l'agricoltura e l'alle-vamento. Questa è la seconda esperienza che inizierò; la prima è riuscita bene nonostante alcune difficoltà. Il sostegno economico che ci avete inviato verrà utilizzato per questo progetto:

le costruzioni saranno molto semplici, ma pulite ed efficienti. Penso che l'Africa sarà salvata da una gioventù ben istruita. Grazie ancora per il vostro aiuto, non solo materiale ma anche spiri-tuale, perché da sempre la vostra preghiera mi accompagna e ne avrò ancora bisogno per rea-lizzare questo progetto. Gli studenti impareranno a pregare l'invocazione "Gesù, Maria vi amo, salvate anime" ed io spero che la Venerabile Suor Consolata sia beatificata al più presto.

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