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Il cattolicesimo in Francia La fine di un mondo?

2.1 Cenni storici

Fin dalla tarda antichità1 il cattolicesimo è stato la religione dominante in Francia. Un legame che nasce da lontano, se si pensa che durante le in- vasioni barbariche del v secolo Clodoveo, re dei Franchi, fu il primo so- vrano germanico a convertirsi al cristianesimo secondo il credo niceno, sottomettendosi in questo modo al vescovo di Roma. Da quel momento e fino alla Rivoluzione francese la Francia fu denominata la figlia predi- letta della Chiesa.

Per tredici secoli, a parte la sanguinosa parentesi delle guerre di re- ligione del xvi secolo terminate con l’editto di Nantes (1598), il cattoli- cesimo è stato indiscutibilmente la religione del re e del regno. Durante l’Ancien régime la Chiesa cattolica controllava l’insegnamento e l’assi-

stenza pubblica oltre ad avere il carico dello Stato civile. Le sue leggi nel campo della morale, della dottrina e di alcune pratiche, come ad esempio l’obbligo della confessione e della comunione, erano leggi statali. Il clero era il primo dei tre ordini dello Stato è aveva un ruolo diretto nell’eserci- zio del potere pubblico. Dopo lo sconvolgimento rivoluzionario (1789- 99) e la sua riforma religiosa radicale vi fu il periodo di pacificazione realizzato da Napoleone Bonaparte tramite il Concordato del 1801, nel quale il cattolicesimo fu riconosciuto come “religione della grande mag- gioranza dei cittadini francesi”. Con la Restaurazione del 1814 il cattoli- cesimo tornò per un breve periodo religione di Stato, ma con la Monar-

1. La cosiddetta tarda antichità è una periodizzazione usata dagli storici per descrivere l’epoca di transizione dal mondo antico a quello medievale. Si tratta di un periodo compre- so all’incirca fra il iii e il vi secolo, e cioè dall’estinzione della dinastia dei Severi (o, secon- do altri, dall’ascesa al potere di Diocleziano) fino all’età di Giustiniano.

chia di luglio del 1830 venne recuperato lo spirito concordatario napole- onico che di fatto durò inalterato fino alla Terza Repubblica.

Nella storia della Francia contemporanea si possono individuare es- senzialmente tre fasi del rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica dopo la fine del periodo rivoluzionario. La prima fase è quella concordataria, che va dalla firma del Concordato tra Napoleone Bonaparte e Pio vii nel 1801 alla vittoria dei repubblicani nel 1877. In questa fase fu predomi- nante l’influenza della filosofia moderna e in particolare il principio di reciproca autonomia di politica e religione, che ruppe così l’idea dell’u- nità tra fede e nazione caratteristica dell’Ancien régime. In questa cornice

la Chiesa cattolica non era assolutamente relegata fuori della sfera pub- blica e il clero era visto come personale al servizio dello Stato e dei cit- tadini e per questo era pagato dallo Stato. In particolare durante questa fase veniva riconosciuto alla Chiesa un ruolo di primo piano nel settore dell’istruzione. Si trattava in ultima analisi di un “regime delle religioni riconosciute” in cui «lo Stato non si pronuncia sulle verità del cattolice- simo, ma prende come un dato di fatto che esso sia socialmente utile» (Leniaud, 1988, p. 17, trad. nostra). La seconda fase è poi quella separati- sta, collocata nella tumultuosa vita della Terza Repubblica (1875-1940), in cui il rapporto religione e Stato visse una fase assai conflittuale. In questo periodo la Chiesa era percepita come uno dei principali nemici dalla neonata e fragile repubblica sorta dalle ceneri del Secondo Impero e della Comune. Il pensiero repubblicano del periodo si fonda sull’idea, tratta dall’illuminismo francese, che la presenza di una Chiesa cattolica attiva e vitale sia semplicemente incompatibile con il regime repubbli- cano. Sulla base di questo principio vennero varate una serie di leggi an- ticlericali negli anni Ottanta del xix secolo che culminarono, a seguito della rottura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede (1904), con la legge del 9 dicembre 1905 che sancì la competa separazione tra Chie- sa e Stato. In questa fase prese il via quella che alcuni autori identificano come “guerra delle due France”, una clericale, l’altra anticlericale. Da ul- timo, segue la fase del partenariato, collocabile dalla fine della Seconda guerra mondiale ai giorni nostri, è stata caratterizzata da un parziale riav- vicinamento tra Chiesa e Stato. Si tratta di un periodo in cui da una parte la laïcité viene elevata addirittura al rango di principio costituzionale2, mentre dall’altra vi è una progressiva riconciliazione tra Chiesa cattolica

2. L’articolo 1 della Costituzione del 27 ottobre 1946, ripreso dalla Costituzione del 4 ot- tobre 1958, afferma: «La Francia è una Repubblica democratica, indivisibile, laica e sociale».

e Stato francese. Questa fase si deve, da un lato, a una riflessione teolo- gica che ha portato il clero francese ad accettare la repubblica e il par- lamentarismo, dall’altro alla volontà delle forze politiche repubblicane di intercettare l’elettorato cattolico. Questo riconoscimento reciproco è stato certamente favorito dalla rapida secolarizzazione della società fran- cese che ha indebolito fortemente il ruolo e il potere dell’area cattolica (la fazione clericale nell’immaginaria “guerra delle due France”) permet- tendo un riavvicinamento pacifico tra le due aree. In realtà è forte la sen- sazione che, al posto di un vero e proprio cambio di paradigma, si tratti piuttosto di una sorta di pietas verso un nemico vinto, ormai privo della

possibilità di intaccare davvero il consolidato principio della laïcité. Un

indizio della “vittoria” delle forze tradizionalmente più legate alla laïcité

consiste nel fatto che, a tutt’oggi, il rapporto tra Stato e Chiesa è regolato dalla legge di separazione del 1905, anche se su alcuni punti essa è stata “ammorbidita”.

Secondo Danièle Hervieu-Léger la cifra della storia religiosa francese è caratterizzata da un paradosso: da una parte la Francia è “figlia maggio- re della Chiesa”, dall’altra i francesi sono “figli della separazione”, richia- mando qui l’espressione di Émile Poulat. Infatti, sostiene Hervieu-Léger, se dopo il 1905

non resta molto dell’ordine cattolico secolare, esso rimane, come la monarchia stessa, un riferimento nell’universo simbolico di cui l’identità collettiva dei francesi si alimenta. Ciò non è certamente estraneo alla costanza con la quale i francesi, nonostante il debole livello di coinvolgimento religioso effettivo, con- tinuano a identificarsi come cattolici (Hervieu-Léger et al., 1992, p. 156).

2.2

Relazioni Stato-Chiesa

Ad oggi, le relazioni tra lo Stato francese e la Chiesa si fondano anco- ra sui principi sanciti dalla legge del 1905, come dimostra il fatto che la Costituzione del 1958 non fissa un regime di riconoscimento costituzio- nale per le confessioni religiose e contiene solo due disposizioni circa il loro status. La Costituzione, cioè, riafferma in modo netto il regime di neutralità dello Stato sulle questioni religiose, mentre la legge del 1905 pone due principi che sono fondamentali per lo Stato francese: la piena libertà religiosa individuale (art. 1) e il rifiuto di qualsiasi forma di rico-

noscimento ufficiale o di sussidio per le confessioni religiose (art. 2). A partire dal 1905 in Francia non vi è più spazio per un ruolo pubblico delle organizzazioni religiose, compresa ovviamente la Chiesa; tale situazione «nasce dal rifiuto, originato dalla Rivoluzione, di lasciare collocare grup- pi privati tra gli individui e lo Stato, considerato come una manifestazio- ne diretta della volontà generale» (Champion, 1999, p. 44, trad. nostra). Esiste tuttavia un’unica eccezione: i dipartimenti dell’Haut-Rhin, Bas- Rhin e Moselle (sotto il controllo dei tedeschi dal 1870 al 1918). Essi non erano parte della Francia durante il periodo in cui la stretta separazione andava radicandosi e strutturandosi e dopo il loro ritorno alla Francia i leader politici e la popolazione locale decisero di preservare lo status quo

e di non applicare sul loro territorio la legge del 1905. L’uguaglianza tra le varie religioni implica che nessuna confessione abbia un qualche parti- colare status riconosciuto pubblicamente. La legislazione del 1905 inten- deva rendere essenzialmente privata la materia religiosa e soggetta quindi semplicemente al diritto privato. Questo però lascia aperto il problema, assai delicato, della definizione di “religione” dal punto d vista giuridico: i legislatori, le corti e gli studiosi di diritto francesi non hanno ancora ri- solto questo punto (Basdevant-Gaudemet, Sicard, 2005).

È innegabile che il principio della laicità sia largamente condiviso dai francesi, poiché il suo inserimento nelle costituzioni del 1946 e del 1958 non ha prodotto alcuna discussione nell’opinione pubblica. «La laicità fa ormai parte del patrimonio comune dei francesi, cattolici o no, al di là delle cicatrici, ancora sensibili, di quella che Émile Poulat chiama “la guerra delle due France”» (Hervieu-Léger et al., 1992, p. 157). Tuttavia

gradualmente ha iniziato a prevalere l’idea che in tale regime lo Stato debba comunque farsi carico di garantire a tutte le religioni le condizioni materiali per l’esercizio dei propri culti. Un cambiamento che, secondo Baubérot (2013), ha portato la Francia, sul finire del xx secolo, a entra- re in una nuova fase, nata per rispondere alle trasformazioni culturali e religiose che stanno modificando la società francese. I principi su cui si sta riposizionando il concetto di laïcité nella Francia di inizio xxi secolo

sono quelli della neutralità dello Stato nelle questioni religiose, il diritto individuale alla libertà di pensiero e l’accettazione dell’idea che la reli- gione, anche se con dei limiti, può favorire sia l’integrazione sociale sia le pari opportunità nella vita pubblica. Per Bréchon (2000a) l’atteggia- mento dei francesi nei confronti delle religioni ormai è ambivalente, ma vi è ancora una diffusa diffidenza per le religioni che credono di avere un accesso esclusivo alla verità.

2.3

Il finanziamento della Chiesa

Sotto l’Ancien régime la Chiesa disponeva di ampie proprietà che le per-

mettevano di mantenersi, ma con il decreto del 2 novembre 1789 l’As- semblea costituente decise di nazionalizzarle e di venderle per risolvere il crescente debito pubblico. In cambio lo Stato promise uno stipendio adeguato ai ministri religiosi. Nel periodo concordatario lo Stato e le au- torità locali continuarono a finanziare il salario dei sacerdoti, la costru- zione e la manutenzione degli edifici religiosi e tutte le altre spese neces- sarie a mantenere operative le chiese. Con l’articolo 2 della legge sulla separazione tra Chiesa e Stato del 1905 il finanziamento alla Chiesa cessò definitivamente, riducendo le uniche due fonti possibili alle donazioni dei privati e agli aiuti indiretti da parte dello Stato. Senza però dimenti- care che le associazioni, anche quelle riconducibili all’area cattolica, non persero il diritto di ricevere sovvenzioni pubbliche. A partire dal 1905 le donazioni dei privati costituiscono il principale canale di finanziamento per la Chiesa cattolica francese, anche se sono sopravvissute alcune for- me di assistenza indiretta che possono essere ricondotte a quattro cate- gorie: 1. alcuni ministri religiosi possono essere pagati dallo Stato senza una violazione della legge del 1905: sono i membri del clero che lavorano negli ospedali o nelle carceri, che insegnano nelle scuole private che so- no entrate in una relazione contrattuale con lo Stato secondo la legge 31 dicembre 1959, n. 1557, conosciuta come legge Debré (cfr. par. 2.4); 2. lo Stato può finanziare associazioni culturali o diocesane per la costruzio- ne di nuovi luoghi di culto; 3. lo Stato è proprietario dei luoghi di culto cattolici costruiti prima del 1905 e si incarica dei principali lavori di ma- nutenzione; 4. il regime fiscale per le associazioni culturali e diocesane è assai vantaggioso.

2.4

Cattolicesimo e scuola pubblica

La libertà di educazione è un principio costituzionale fin dalla Costitu- zione del 1948 (art. 9). Nel tempo numerosi testi legislativi hanno regola- to tale materia, che si fonda su un settore educativo privato e libero, che affianca il grande servizio dell’istruzione nazionale, istituito da Napoleo- ne nel 1806 e che esercita una posizione di monopolio quasi assoluto. Nel

2015 erano 2.211.592 (escludendo dal computo le università) gli studenti residenti in Francia che frequentavano istituti educativi cattolici, il cui numero era di 9.772, cioè oltre 1000 in più rispetto a quelli che si con- tavano nel 2009 (8.641); in totale, tra scuole e collegi, questi istituti co- stituiscono oltre il 13% delle strutture educative di istruzione primaria e secondaria, rappresentando la quasi totalità (oltre il 95%) del settore privato. Questa distinzione netta tra l’istruzione statale e quella catto- lica costituisce una delle più significative eredità lasciate dalla “guerra tra le due France”, in seno alla quale la questione educativa fu di centra- le importanza. Pertanto, durate la Terza Repubblica, tra il 1881 e il 1886, una serie di leggi hanno determinato il carattere della scuola primaria in quanto libera, laica e obbligatoria (Béraud, Pelletier, Portier, 2012). Le stesse leggi che stabiliscono ancora oggi lo status giuridico delle scuole non statali. Tuttavia anche in questo caso la “fase di partenaria- to” ha portato al raggiungimento e alla creazione di un equilibrio e di una pacifica coesistenza tra l’insegnamento statale e quello cattolico. Tale nuova situazione ha trovato la sua espressione con la legge Debré del 1959, che stabilisce la stipula di un contratto tra lo Stato e le scuo- le non statali, vincolando queste ultime al rispetto del principio della

laïcité, che contraddistingue il servizio pubblico. I termini di tale con-

venzione sono che il governo si impegna a pagare direttamente i salari del personale docente e si fa carico degli adempimenti fiscali e sociali del datore di lavoro, chiedendo in cambio l’accettazione incondiziona- ta delle norme stabilite dal sistema educativo nazionale, in particolare per quanto riguarda i programmi, il reclutamento degli insegnanti e il rispetto per la libertà di coscienza degli studenti. Inoltre, recentemente, le scuole cattoliche hanno ottenuto il permesso di non imporre ai loro studenti il divieto di ostentare simboli religiosi all’interno dell’edificio scolastico, nel rispetto della legge 15 marzo 2004, n. 228 sui simboli re- ligiosi negli edifici scolastici.

Per quanto riguarda l’insegnamento religioso nella scuola statale, in Francia esso semplicemente non esiste. Le uniche eccezioni sono le scuole e le università dei tre dipartimenti dell’Haut-Rhin, Bas-Rhin e Moselle, le quali, come si è detto (cfr. par. 2.2) non applicano le leggi e il regime della stretta separazione. Il rapporto Debray (2002) ha recen- temente riproposto la questione dell’istruzione religiosa nelle scuole laiche, intesa come un fattore culturale e non di culto. Questo docu- mento ha portato a sottolineare la necessità di tener conto del fattore religioso nei programmi educativi, non come una materia a sé stante,

ma all’interno delle discipline esistenti (in particolare francese, storia, e filosofia). Tuttavia, per ora, non ci sono state conseguenze materiali e cambiamenti concreti in questo senso.

2.5 Chiesa e welfare

La Chiesa cattolica francese è stata indubbiamente la principale erogatri- ce di servizi socio-assistenziali nell’Ancien régime. Tuttavia dopo la legge

sulla stretta separazione tra Stato e Chiesa del 1905, in Francia gli spazi di un riconoscimento pubblico dell’intervento della Chiesa nel welfare e nei servizi si sono ridotti a tal punto da essere praticamente inesistenti. Qualche traccia del radicamento passato delle istituzioni cattoliche nel welfare si rileva ancora nel sistema sanitario. Storicamente le associazioni cattoliche francesi hanno contribuito, soprattutto tra le donne, alla for- mazione e alla diffusione delle professioni mediche e paramediche, fino al xx secolo allorquando lo Stato nazionale gradualmente è riuscito a su- bentrare. Tuttavia negli ultimi decenni vi è stato un ridimensionamento del ruolo religioso nelle erogazioni di servizi medici e assistenziali. Gran parte degli ospedali cattolici sono stati acquisiti da privati a partire da- gli anni Ottanta del Novecento; le organizzazioni professionali di ispira- zione cattolica sorte nei primi decenni del secolo scorso sono diventate inefficaci e la maggior parte di esse è scomparsa. Nondimeno esiste an- cora una rete di istituzioni sanitarie cattoliche: la diocesi di Parigi, per esempio, conta dieci strutture sanitarie, due ospedali infantili, cinque ge- neralisti, un ospizio, una clinica di chirurgia e, infine, una struttura per i disabili (Béraud, Pelletier, Portier, 2012). A livello nazionale l’impegno del mondo cattolico sul piano sociale e socio-assistenziale è relativamente contenuto e in ulteriore contrazione; in particolare in Francia, nel 2015, esso si articola in forza di 53 ospedali (59 nel 2012), 40 ambulatori (47 nel 2012), 399 case per gli anziani (450 nel 2012), 81 orfanotrofi (73 nel 2012), 13 asili (20 nel 2012) (Annuarium Statisticum Ecclesiae 2012 e 2015): nu-

meri per certi versi ancora significativi, ma decisamente più contenuti di quelli riscontrati in altri grandi paesi europei in cui il cattolicesimo ha un forte radicamento storico e culturale. La più importante realtà privata di assistenza sociale francese è il Secours Catholique, la Caritas francese. Una realtà per molti versi in declino ma ancora importante e radicata sul territorio con 78 delegazioni diocesane, 4.228 gruppi locali, 984 dipen-

denti e circa 62.200 volontari che donano complessivamente una quan- tità di tempo il cui valore è stato stimato in 191 milioni di euro (al sala- rio minimo francese) (Caritas italiana, 2013). Si tratta di una realtà che agisce soprattutto sul territorio francese (il 74% dei fondi è allocato nel paese) e di cui beneficiano circa 1,5 milioni di francesi (più del 2% del- la popolazione), di cui circa 6.000 adolescenti. Le famiglie raggiunte da questo servizio sono circa 326.500, in buona parte destinatarie di servizi assistenziali, di supporto scolastico e di sostegno nella ricerca del lavoro.

2.6

L’industria culturale cattolica in Francia

Sorprendentemente in Francia, nonostante la crisi del radicamento della Chiesa e l’inesorabile secolarizzazione nel settore dei media, il cattolice- simo dimostra una vitalità unica in Europa. Il gruppo editoriale interna- zionale Bayard ha dichiarato, nel 2007, un fatturato di circa 431 milioni di euro ed è presente in 16 paesi attraverso la pubblicazione di oltre 150 riviste nel mondo. Fiore all’occhiello del gruppo e della stampa cattolica francese è il quotidiano “La Croix”, fondato nel 1876, che, con una tiratura giorna- liera di 105.000 copie nel 2008-09, è uno dei pochi quotidiani nazionali ad aver stabilizzato le sue vendite nonostante la crisi del settore. Al suo fianco “Le Pèlerin” rimane il quarto settimanale più letto in Francia.

Il gruppo Bayard è anche molto presente nel settore dei mensili, in particolare in quello giovanile, con testate come “Pomme d’api”, “J’aime lire”, “Phosphore”, “Astrapi”. Il mensile “Notre Temps” è la seconda rivi-

sta storica, con una tiratura di oltre 900.000 copie. Per quanto riguarda la stampa marcatamente religiosa il gruppo Bayard pubblica “Prions en Église” e “Croire aujourd’hui”, due periodici spirituali che toccano un largo pubblico, ma anche il magazine “Panorama” (60.000 copie) e il bimestrale “La Documentation catholique”. Accanto al gruppo editoria- le Bayard ne esistono altri come Ampère, fondato nel 1982 e diventato Groupe Média Participations nel 1985, un gruppo multimediale franco- belga con un fatturato di 302 milioni di euro nel 2007 e un controllo del 19% della stampa di settore. La stampa cattolica è presente anche attra- verso altre riviste generaliste come “Études”, dell’ordine dei gesuiti, fon- data nel 1856, che nel 2006 contava circa 11.000 abbonati; o ancora “Go- lias”, rivista espressione di un cattolicesimo critico e progressista, e “Ca- tholiques en France”, un mensile dell’episcopato.

Fuori da questo campo, strettamente confessionale, devono essere ancora considerati due gruppi editoriali in parte legati al mondo catto- lico. Il primo è Malesherbes: divenuto parte del gruppo di Publications de la Vie catholique, dopo la morte del suo fondatore è stato assorbito dal maggiore quotidiano nazionale, “Le Monde”. Le sue due principali testate cattoliche sono “Télérama” e “La Vie”: la prima, con una tiratura che nel 2006 superava le 641.000 copie, continua a svolgere un ruolo vi- tale nel tessuto della classe media francese; la seconda si presenta come un “settimanale cristiano di informazione” e nel 2007 ha raggiunto una tiratura di 154.000 copie. Infine, va ricordato Sipa Ouest-France, gruppo leader nella stampa regionale.

Il secondo è un gruppo radiofonico. Con la liberalizzazione del 1981 delle frequenze sono nate due emittenti radio di ispirazione cattolica: Radio Notre Dame a Parigi, e Radio Fourvière a Lione. Intorno a Radio Fourvière si è gradualmente federato un gruppo di emittenti che è arri- vato, nel 1996, a costituire il network Radios Chrétiennes Francophone (rcf), finanziato direttamente dalle diocesi e da oltre 80.000 donatori. Il gruppo rcf nel 2007 è arrivato a raggruppare 55 emittenti di ispirazione cattolica, raggiungendo un pubblico stimabile in circa 1 milione e mezzo di francesi e belgi. Sotto la guida del cardinale Lustiger, Radio Notre Da- me è rimasta lontana dalla rete e focalizzata su un programma più marca- tamente confessionale. Secondo un sondaggio Médiamétrie, l’emittente parigina aveva nel 2006 circa 126.000 ascoltatori al giorno.

Anche per quanto riguarda la televisione il cattolicesimo appare ben presente attraverso la trasmissione domenicale Le jour du Seigneur, in

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