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1.2 Energia elettrica da fonti non rinnovabili

1.2.4 Cattura e stoccaggio di anidride carbonica

La cattura e stoccaggio di anidride carbonica (CCS, Carbon dioxide Capture and Storage) sembra essere un compromesso ragionevole per continuare ad utilizzare i combustibili fossili pur limitando l’emissione in atmosfera della CO2. La

separazione e la cattura del gas può essere effettuata sia prima che dopo la combustione direttamente dal punto di emissione oppure dall’aria; a seconda delle condizioni dipende la scelta del tipo di cattura che attualmente può essere effettuate nei seguenti modi:

- absorbimento chimico e fisico: l’absorbimento fisico si basa sulla legge di Henry ed è effettuato per concentrazioni elevate operando ad alta pressione e alta temperatura; l’absorbimento chimico è preferibile per concentrazioni basse di CO2 e si basa su reazioni acido-base che prevedono l’uso di alcanolammine, di

ammoniaca o di carbonato di potassio caldo;

- adsorbimento chimico e fisico; la separazione selettiva può essere effettuata con l’adsorbimento del gas su un solido ad elevata area superficiale come le zeoliti; la cinetica e l’efficienza dell’assorbimento sono governate da diversi fattori quali la geometria e la dimensione dei pori adsorbenti, l’area superficiale l’affinità del gas adsorbito per il materiale adsorbente e le condizioni operative; tali metodi sono piuttosto costosi e preferibilmente impiegati quando altre all’abbattimento di CO2 è prevista anche la produzione di idrogeno;

con l’evaporazione e la successiva condensazione e normalmente si effettua su vapori contenenti il 90% di CO2; per concentrazioni inferiori necessita di basse

temperature di refrigerazione (< 0°C) e la solidificazione avviene al di sotto del punto triplo della CO2 (- 57°C); i costi per la refrigerazione sono piuttosto elevati

e si ammortizzano solo per impianti di elevate dimensioni inoltre richiede miscele di gas privi di sostanze con temperature di congelamento superiori a quelle della CO2. e perciò l’acqua, SOx e NOx devono essere rimossi prima della distillazione;

- membrane per la separazione dei gas: possono essere di diversi tipi e si basano su diversi meccanismi di interazione tra il gas e la membrana; solo alcuni tipi si sono dimostrate efficienti per la separazione della CO2 (polimeriche, al

palladio, zeoliti) ma spesso le altre sostanze presenti nei vapori inficiano il funzionamento delle membrane stesse; vi è l’ipotesi dell’utilizzo in sequenza di membrane diverse ma prima di poterle impiegare serve ancora un notevole sforzo in ricerca e sviluppo;

- mineralizzazione/biomineralizzazione e vegetazione: la possibilità di mineralizzare la CO2 con metodi chimici o biochimici appare allettante

soprattutto dal punto di vista ambientale ma, mentre la conoscenza di base dei meccanismi nella formazione dei carbonati e dei bicarbonati è ben nota, lo studio degli impianti è ancora a livello di laboratorio e in questo ambito è necessario un forte investimento in ricerca e sviluppo.

Le tecnologie per la cattura della CO2 sono già commercialmente disponibili per

impianti ad emissioni elevate come le centrali elettriche ed è possibile ridurre le emissioni dell’80-90%. La cattura e la compressione della CO2 richiedono molta

energia e prevedono un incremento del consumo di combustibile pari al 10-40% che, assieme ai costi di installazione e mantenimento, si riflette in un aumento del costo dell’energia elettrica variabile dal 30 al 60%. Le tecniche di stoccaggio invece non sono ancora state sperimentate e a fine 2006 non esiste nessun impianto al mondo con un completo sistema CCS. Attualmente solo gli Stati Uniti hanno approvato la costruzione di un impianto e in Scozia si sta studiando la possibilità di costruzione di una centrale elettrica provvista di un sistema CCS. Per elevati quantitativi il trasporto della CO2 potrebbero essere effettuato con

tubazioni dedicate anche per lunghe distanze, il problema dello stoccaggio appare non ancora risolto; le tecniche attualmente considerate per lo stoccaggio sono principalmente di tre tipi e riguardano lo stoccaggio negli oceani o nel sottosuolo

oppure la minerallizazione con formazione di calcare.

Per il sottosuolo si stanno valutando quattro possibilità (Fig. 1.12): stoccaggio in riserve esaurite di petrolio e gas; l’utilizzo delle tecniche già impiegate per l’estrazione di gas e petrolio dai giacimenti che prevedono l’iniezione di un gas per l’estrazione del combustibile grezzo e in questo caso i costi di iniezione della CO2 sarebbero ammortizzati dal costo del combustibile estratto; iniezione in strati

di carbone contenenti metano e anche in questo caso il costo sarebbe ammortizzato dall’estrazione del metano; l’intrappolamento in formazioni saline, grandi riserve di acqua sotterranea ad elevato contenuto salino ma che potrebbero essere utilizzate per il recupero di calore geotermico o per fabbisogni futuri umani e in questi casi le formazioni non sarebbero idonee allo stoccaggio di CO2.

Figura 1.12 – Schema delle possibilità di stoccaggio geologico della CO2 (Fonte:IPCC)

Lo stoccaggio negli oceani può invece essere potenzialmente realizzato con l’iniezione della CO2 a 1000 metri di profondità e successiva dissoluzione,

oppure l’iniezione oltre i 3000 metri di profondità dove la CO2, essendo più densa

dell’acqua, formerebbe un “lago” che andrebbe via via dissolvendosi nell’ambiente circostante mediante dissoluzione. L’impatto ambientale della dissoluzione di CO2 nell’oceano non è chiaro ed è attualmente in fase di studio.

1. Stoccaggio in riserve esaurite di petrolio e gas 2. Uso per l’estrazione da riserve di petrolio e gas 3. Stoccaggio in riserve saline (a) in mare (b) a terra 4. Uso per l’estrazione di metano da strati di carbone

Gas o petrolio Iniezione di CO2 CO2 stoccata

La mineralizzazione prevede l’intrappolamento della CO2 in minerali stabili; in

questo processo la CO2 reagisce con un ossido metallico per produrre carbonati.

Tale processo avviene normalmente in natura nella formazione di calcare superficiale ma in modo molto lento e l’incrementare la velocità di reazione richiede molta energia; si stima che per la mineralizzazione l’impianto richieda un incremento di energia del 60 – 180%[3,13-15].