• Non ci sono risultati.

Cause della bolla speculativa

5. Bolla Speculativa (2015)

5.1. Cause della bolla speculativa

A causa della crisi 2008, abbiamo già detto, il governo cinese per evitare la recessione è intervenuto in maniera piuttosto pesante, inondando l’economia di denaro. Furono portati avanti numerosissimi investimenti, per un valore del 10% del Pil, grazie all’enorme disponibilità di riserve possedute dalla Cina.76

Da un lato, il boom di investimenti contrastò sicuramente la disoccupazione che si stava diffondendo, e permise a milioni di lavoratori di non perdere il proprio lavoro. Ma dall’altro lato, ha generato una bolla nel mercato immobiliare. Fino al 2013 l’urbanizzazione ha fatto si che gli investimenti nel settore immobiliare aumentassero notevolmente di anno in anno. La popolazione cinese cercava di valorizzare i propri risparmi in vista della vecchiaia, puntando su investimenti in

75

Fonte: Il Sole 24 ore (2015). 76

85

immobili o su titoli di debito degli enti pubblici garantiti proprio dalle proprietà immobiliari77. I prezzi delle case aumentavano e la popolazione cinese continuava a investire sulle abitazioni con la sicurezza che i prezzi sarebbero continuati ad aumentare. Ma quando ci si ritrovò con milioni di case vuote, perché i prezzi erano aumentati troppo e i cittadini non potevano più permettersi di comprare una casa, ecco che i cittadini cambiano tipologia di investimenti. Come si vede in Figura 5.6, gli investimenti in abitazioni residenziali diminuiscono notevolmente: si passa da una variazione positiva del 34% nel 2010 rispetto all’anno precedente, ad un aumento di circa il 20% nel 2013 rispetto al 2012, fino ad un valore vicino allo zero nel 2015 rispetto al 2014. Così la popolazione, spinta dalla contrazione del mercato immobiliare, si riversa in borsa.

Figura 5.6: Investimenti immobiliari (percentuale rispetto all’anno precedente).

Fonte: Wall Street Journal:

http://www.wsj.com/articles/beyond-property-chinese-developers-look-to-diversify-1450164600

La bolla speculativa scoppiata nel 2015 è stata gonfiata da un numero molto alto di piccoli investitori inesperti (se ne contano almeno 90 milioni78) che sono

77

Lubello (2015). 78

86

appunto entrati in Borsa, in un mercato che continuava a salire, e questo ha alimentato ancora di più la salita. Questi investitori retail (operai, impiegati, contadini, artigiani) cercavano solo di valorizzare i loro risparmi, e la miglior alternativa erano le azioni, perché in quel periodo il governo di Pechino facilitava gli investimenti in Borsa, per rilanciare un’economia che stava rallentando.

Mentre lo Shanghai Index Composite e il CSI 300 crescevano, questi piccoli azionisti, travolti da un’euforia contagiosa, si sono buttati in Borsa, investendo i loro risparmi, e dando origine ad una bolla finanziaria.

Non è altro che quello che viene definito Ciclo di Dow: i seguaci di Dow, grazie alle sue teorie, definiscono il tipico comportamento degli investitori in Borsa. Ci sono 2 tipi di investitori: le “mani forti” (coloro che sono professionisti del mercato finanziario) e le “mani deboli” (i non professionisti, coloro che investono e disinvestono in base a comportamenti di massa). Il Ciclo di Dow è un ciclo teorico, non ha valenza temporale; per cui non da informazioni sulla temporalità, ma solo su come si forma.

In Figura 5.7 abbiamo una rappresentazione del trend primario del ciclo di Dow (il tratto più spesso) e del trend secondario e terziario (i tratti più sottili).

Figura 5.7: Il Ciclo di Dow e le sue 3 fasi.

87

Se per esempio consideriamo che un’azione ha un valore di 100, e in una fase ribassista il prezzo dell’azione è inferiore a 100, le mani forti compreranno tale azione nella consapevolezza che la fase ribassista sia giunta al termine, e la comprano dalle mani deboli, che, essendo in una fase ribassista credono che il prezzo continuerà a scendere, senza possibilità di ottenere futuri guadagni. Questa è la fase di accumulazione, come si vede in Figura 5.7: le mani forti accumulano titoli e le mani deboli vendono per paura che il titolo continuerà a perdere valore.

Il prezzo dell’azione però inizia a salire perché la domanda del titolo da parte delle mani forti aumenta sempre di più e si diffonde l’idea che un nuovo mercato al rialzo ha inizio: siamo nella fase intermedia in cui si diffonde l’ottimismo; ma quando ormai l’ottimismo è alle stelle e si verifica una rapidissima crescita delle quotazioni, entrano sul mercato anche le mani deboli che però finiscono per comprare quando il prezzo dell’azione è vicina al suo massimo, incoraggiati dall’euforia del boom borsistico in atto. Quando le mani forti comprendono che il mercato al rialzo sta per terminare iniziano a vendere, dando inizio alla fase di distribuzione, che crea una diminuzione dei prezzi, si diffonde il panico e tutti cercano di vendere.

Questo è quello che è accaduto in Cina: in una fase di euforia, tra giugno 2014 e giugno 2015, la Borsa di Shanghai ha guadagnato il 150%; ma i grandi investitori, dopo aver incassato enormi guadagni, si sono tirati indietro, e hanno cominciato a vendere. Il 12 giugno 2015 il sistema inizia a crollare, ed è esploso il panico: anche i piccoli risparmiatori hanno iniziato a vendere, a mano a mano i prezzi si abbassavano, e la Borsa è crollata. In sole tre settimane si sono persi più di 3000 miliardi di dollari.79

Il problema è stato proprio che questi investitori “non informati” facevano ricorso al marginal lending, cioè al prestito per investire al di là delle proprie possibilità: chiedevano un prestito non per comprare l’automobile o la casa, ma per investire in Borsa. Poiché il governo cinese non garantisce adeguati livelli di

79

88

Welfare (sanità e pensioni), appena hanno potuto, i soggetti più poveri si sono riversati in Borsa per ottenere guadagni.

Da maggio 2014 a maggio 2015 il totale del margin credit è passato da 400 miliardi a 2100 miliardi di Reminbi.80 Questi piccoli risparmiatori si sono riversati nel mercato spinti dalla politica di governo messa in atto: mantenere tassi d’interesse relativamente bassi per stimolare la domanda interna attraverso l’effetto ricchezza. Le banche e i broker che hanno concesso i prestiti a questi piccoli azionisti, hanno ottenuto in cambio, come garanzia, il pacchetto di azioni su cui il cliente ha investito. Quando poi è iniziato il calo dei valori azionari, ovviamente le banche e i broker hanno richiesto il rimborso del prestito per paura di non vederlo rimborsato. Questa vendita d’emergenza delle azioni, anche a hanno amplificato il crollo del mercato.

La conseguenza più immediata del crollo è ricaduta quindi sui piccoli risparmiatori, che hanno dovuto vendere a prezzi inferiori rispetto al valore delle loro azioni, e i soldi che hanno perso non hanno più alimentato i consumi, e quindi si sono prodotti danni alle aziende.

Documenti correlati