4 Il Calcestruzzo autocompattante
4.1 Cenni sul calcestruzzo autocompattante
Il calcestruzzo autocompattante si è sviluppato in Giappone agli inizi degli anni ’80 a se- guito di studi sulla reologia dei calcestruzzi ad alta resistenza e con l’obiettivo di realizzare un materiale dotato di una durabilità maggiore rispetto ai cls tradizionali.
La principale caratteristica dell’SCC è l’autocompattabilità, cioè la capacità di essere get- tato all’interno di una cassaforma della quale occuperà qualsiasi angolo, anche il più remoto e di difficile accessibilità, senza necessitare di alcuna vibrazione o compattazione, cioè senza aver bisogno di alcuna forza esterna se non quella rappresentata dal peso proprio.
Affinchè un calcestruzzo possa essere definito autocompattante, quindi, è necessario che esso possegga un’ elevata deformabilità allo stato fresco, cioè un’elevata capacità di modifica- re la sua forma sotto l’azione del proprio peso (e a maggior ragione di eventuali forze esterne) assumendo quella dello stampo entro cui viene introdotto.
Suddetta proprietà è strettamente legata alla capacità del materiale di raggiungere zone della cassaforma più o meno distanti dal punto in cui viene effettuato il getto in assenza di ostacoli rappresentati da restringimenti di sezione o di zone ad elevata congestione d’armatura. Nelle strutture in conglomerato cementizio armato ove, invece, è necessario che il materiale fluisca superando gli inevitabili ostacoli rappresentati dai ferri d’armatura, l’autocompattabilità è connessa sia con la deformabilità che con la mobilità in spazi ristret- ti. Quest’ultima rappresenta la capacità del conglomerato di scorrere in presenza di restringi- menti di sezione laddove è elevata la probabilità di un arresto del flusso del calcestruzzo (blo- cking) a causa dell’aumento del numero di collisioni dei granuli dell’aggregato grosso. Occor- rerà dunque un volume di pasta di cemento in eccesso rispetto a quello normalmente impiega- to nei calcestruzzi tradizionali: lo spessore di pasta attenuerà tali collisioni facilitando lo scor- rimento del calcestruzzo in prossimità di quelle sezioni congestionate (Barocci, 2002).
4. Getto di travi e cilindri Tuttavia, perché un calcestruzzo possa essere definito Self-Compacting è necessario che alla proprietà di autocompattabilità, di deformabilità allo stato fresco e di mobilità in spazi ri- stretti si associ un’ elevata resistenza alla segregazione. Questa proprietà identifica la capacità del conglomerato cementizio di conservare un’uniforme distribuzione degli ingredienti che lo compongono (cemento, aggiunte, aggregati, additivi ed acqua):
• durante la posa in opera (resistenza alla segregazione esterna);
• durante il periodo nel quale il materiale fluisce nello stampo e collide con le armature e
con le pareti del cassero (resistenza alla segregazione di flusso);
• a riempimento avvenuto del cassero evitando la sedimentazione degli aggregati grossi
sul fondo e la conseguente risalita d’acqua di bleeding in superficie (resistenza alla se- gregazione interna).
Dal punto di vista composizionale i calcestruzzi autocompattanti presentano caratteristiche diverse rispetto ai tradizionali conglomerati cementizi. Le principali differenze consistono:
• in un maggior volume del materiale con finezza inferiore a 150 μm (cemento, aggiunte
minerali, frazioni finissime degli aggregati lapidei);
• in un minor contenuto degli aggregati grossi la cui pezzatura massima solitamente non
supera i 25 mm;
• nell’importante utilizzo di additivi superfluidificanti che hanno la funzione di rendere più
fluido il calcestruzzo e ridurre notevolmente l’acqua d’impasto e additivi modificatori di viscosità che hanno la funzione di diminuire la segregazione dell’impasto.
Dal punto di vista reologico il calcestruzzo può essere schematizzato come un sistema co- stituito da due fasi di cui una, la pasta, costituisce il fluido trasportatore; l’altra, invece, costi- tuita dagli aggregati lapidei, rappresenta la fase trasportata. Pertanto, la reale possibilità di confezionare un calcestruzzo autocompattante d'elevata fluidità è associata alle necessità di aumentare il volume di materiale finissimo che costituisce il fluido trasportatore a scapito del minor volume di aggregato, ed in particolare di quello grosso che, invece, deve essere traspor- tato.
La limitazione del volume di aggregato grosso si rende necessaria non solo per diminuire la fase del sistema che deve essere trasportata, ma soprattutto per ridurre il numero di colli- sioni tra i granuli dell’elemento lapideo responsabili del fenomeno di bloccaggio del calce- struzzo (blocking) in prossimità di restringimenti di sezione o di zone particolarmente conge- stionate dalle armature (Barocci, 2002).
METODI DI MISURA DELLE PROPRIETÀ REOLOGICHE
I metodi più diffusi per la misura delle proprietà reologiche dei Self-Compacting Concre- te sono (Barocci, 2002):
• Slump-Flow: per valutare la capacità di riempimento e resistenza alla segregazione; • V-Funnel: per valutare la capacità di scorrimento e resistenza alla segregazione; • U-Box: per valutare la capacità di scorrimento e attraversamento di ostacoli;
• L-Box: per valutare la capacità di scorrimento e attraversamento di ostacoli e armature; • J Aing: per valutare la capacità di scorrimento e attraversamento di ostacoli orizzontali;
SLUMP-FLOW (figura 4.1)
La misura dell’abbassamento al cono di Abrams (lo slump) rappresenta il metodo più dif- fuso, utilizzato nella quasi totalità dei cantieri, per valutare le proprietà reologiche dei tradi- zionali calcestruzzi la cui classe di consistenza varia da terra umida (S1 in accordo alla UNI 9858) a superfluida (S5). La misura dello slump, tuttavia, perde di significato per i calcestruz- zi autocompattanti in quanto l’abbassamento risulterebbe, per l’elevata fluidità dell’impasto, pari per tutti i conglomerati alla differenza tra l’altezza del cono (300 mm) ed il diametro massimo dell’aggregato (Dmex). Tenendo presente che i valori delle pezzature massime cor-
rentemente impiegate variano tra 16 e 32 mm, lo slump dei calcestruzzi autocompattanti risul- terebbe, indipendentemente dalle reali proprietà reologiche dell’impasto, sempre compreso tra 284 e 268 mm.
La misura delle proprietà reologiche dei calcestruzzi autocompattanti risulta, tuttavia, an- cora possibile utilizzando il cono di Abrams per misurare (prova dello slump-flow):
a) il diametro della focaccia di calcestruzzo ottenuta dopo il sollevamento del cono quando il flusso del conglomerato si è arrestato (df);
b) il tempo necessario alla focaccia di calcestruzzo per spandersi e per raggiungere il diame- tro di 500 mm (t500) e la posizione finale (tf).
La misura del diametro finale (df) può assumersi proporzionale al limite di scorrimento (f)
del conglomerato e, quindi, alla deformabilità dello stesso per effetto del peso proprio: mag- giore risulterà df e più elevata sarà la deformabilità del calcestruzzo allo stato fresco.
I tempi t500 e tf invece, a parità di df e quindi di deformabilità sono proporzionali alla vi-
scosità plastica del calcestruzzo: maggiore risulterà il valore di t500 e tf e più elevata sarà la vi-
scosità plastica del calcestruzzo.
I valori minimi di df e tf per conseguire una sufficiente autocompattabilità del materiale
sono:
4. Getto di travi e cilindri
In funzione delle normali condizioni operative di getto, può essere opportuno il supera- mento di tali limiti minimi per ottenere uno spandimento compreso tra 650 e 750 mm.