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uN PrEtE DI Nuova gENErazIoNE

E

doardo Sighele, dopo essere stato curato di San Si-

sto per più di quarant’anni, scrisse con mano mal-

ferma le proprie dimissioni il primo ottobre 18881.

Il 3 ottobre2 registri e documenti spettanti alla chiesa di

Caldonazzo furono consegnati al parroco di Calceranica don Enrico Angeli (1843-1908), presenti il curato uscente, il cooperatore parrocchiale don Emanuele Conci (1855- 1909), i fabbricieri Emanuele Murara e Giovanni Curzel e il capocomune Clemente Chiesa «rappresentante il dirit-

to di patronato». Il 6 ottobre3 l’Ordinariato nominò vica-

rio curaziale lo stesso don Emanuele Conci, originario di Nogaré, che nei quattro anni precedenti era stato coope- ratore a Borgo e che per il ventennio seguente sarebbe stato il curatore d’anime del paese.

Il Conci è ricordato per la sua intensa attività in campo sociale: fu il promotore dell’Asilo infantile (1895), della Fa- miglia Cooperativa (1899), della Cassa Rurale (1899), del forno essiccatoio per la seta, dell’oratorio.

1 ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, f. 59. Della malattia del curato di Cal-

donazzo si parla in un documento del 28 aprile 1888 (AP Calceranica XI/IX, ff. 482-483); l’Ordinariato annunciò le imminenti dimissioni del curato il 13 settembre dello stesso anno (ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, f. 60). Sighele morì ottantenne il 3 luglio 1890.

2 ADT, Ex Curazie 12, f. 52.

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RERum noVARum

Queste iniziative permisero alla popolazione caldo- nazzese di affrontare le conseguenze della crisi economi- ca di fine Ottocento e favorirono la crescita di un tessuto comunitario fatto non solo di simboli e parole d’ordine, ma anche di concreti legami di carattere economico e sociale4.

Era un prete di una nuova generazione: uno di quelli che leggendo gli scritti di Raiffeisen e Kolping avevano scelto di prendere sul serio le nuove povertà, di quelli che videro la nascita della «dottrina sociale della Chiesa»

(la Rerum Novarum è del 1891)5. Agire in quel modo vo-

leva dire anche combattere sul suo stesso terreno quel «socialismo» che nel suo essere ateo e materialista tanto faceva paura alla Chiesa, ma che era anche capace di su- scitare speranze nei diseredati e negli oppressi (l’organiz-

zazione socialista in Trentino nacque nel 1894)6. Mandato

evangelico ed esigenza di fare concorrenza politica con- vergevano allora nell’impegno per fondare cooperative e casse rurali e spingevano il clero a preoccuparsi di ben altro rispetto a quanto si era visto fino allora. «Consape- voli dell’ufficialità della loro dimensione pubblica e civile, i preti in cura d’anime erano spesso uomini d’azione, abili a destreggiarsi tra il complesso intrico della burocrazia asburgica e perciò, talvolta, poco inclini agli aspetti pasto-

rali della loro missione»7. Il curato, dopo aver contribuito

nei decenni precedenti a suscitare o mantenere l’orgoglio identitario, aiutava ora la popolazione a proiettarsi al di fuori di quel piccolo mondo fatto di riti, gerarchie, con- trollo sociale e povertà che intravediamo nella documen- tazione ottocentesca.

4 Per una sintesi sul ruolo del clero nello sviluppo del movimento

cooperativo in Trentino si veda A. Leonardi, La cooperazione, pp. 788- 796.

5 S. Vareschi, Il movimento cattolico, pp. 817-820; I. Rogger, Storia

della Chiesa di Trento, pp. 168-170.

6 M. Garbari, Aspetti politico-istituzionali, p. 119; W. Micheli, Il socia-

lismo nella storia del Trentino, pp. 23-78.

179 StIpEndIo

uNa CoNgrua Da Curato INDIPENDENtE

Emanuele Conci, però, si interessò anche alle questioni riguardanti la sua vita materiale: lo fece chiedendo subito al governo che gli venisse riconosciuta una «congrua» (uno stipendio) da «curato indipendente». Tale congrua era su- periore a quella che fino a quel momento il curato di Cal- donazzo aveva ricevuto: si trattava quindi di fare in modo, dopo quasi trent’anni, che lo Stato asburgico riconoscesse l’avvenuta costituzione della curazia indipendente e agis-

se di conseguenza8. La richiesta, che per intuibili motivi

non fu immediatamente soddisfatta, ebbe un singolare ef- fetto: la consueta procedura di sostituzione del curato si interruppe e il Conci rimase per più di sei anni semplice- mente un «vicario curaziale» per nomina vescovile.

Dopo aver visto una prima volta respinta la sua domanda

(3 novembre 1891)9, il Conci raccolse un dossier per soste-

nere la propria posizione. In esso si trova una dichiarazio-

ne dell’Ordinariato, datata 5 dicembre 189210, che descrive

la situazione, mostrandoci come i legami con Calceranica fossero ormai solo un ricordo; si affermava infatti che, sulla base del decreto vescovile dell’11 febbraio 1860, il curato

«ha diritto di celebrare nella curazia di Caldonazzo la cura d’anime indipendente, e che di fatto la esercita; che ha diritto di benedire i matrimoni alla stessa guisa di un vero parroco; che tiene sotto la propria responsabilità i registri dei nati e battezzati, dei matrimoni e dei morti […] come pure ch’egli in generale per parte ecclesiastica ha diritto di esercitare indipendentemente dal parroco di Calcera- nica tutte le funzioni che sono in uso attualmente o che verranno in seguito praticate nelle parrocchie di questa diocesi Tridentina».

8 Di questo parlano i documenti conservati in ADT, Ex Curazie 12,

ff. 44-50 (ottobre-novembre 1888), 32-36 (luglio-ottobre 1890), 25-27 (febbraio-dicembre 1892).

9 Se ne fa cenno anche in ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, f. 27. 10 AP Caldonazzo, 19A/4 e 29/4; minuta del certificato in ADT, Ex

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pEtIzIonE

Con il finire del 1891, in parallelo agli sforzi del Conci di farsi riconoscere a livello civile lo status che gli spettava (e la congrua corrispondente), cominciarono le spinte per stabilizzare la situazione dal punto di vista ecclesiale. Il 24 novembre 1891 il capocomune di Caldonazzo si recò a Levico per chiedere al decano di «bandire il concorso per far cessare il provvisorio stato di quella curazia»: nessuno si lamentava del Conci, ma bisognava superare lo stato di

provvisorietà11. Il Conci stesso, informato di quanto veni-

va chiesto, nel febbraio 189212 chiese però che il «concor-

so» non venisse ancora aperto, per non interferire con la vertenza pendente presso il ministero: scusandosi per il ritardo nella risposta (erano passati quasi tre mesi), scrisse di aver avuto l’influenza, «che qui domina signora mietendo un numero straordinario di vittime».

Quasi tre anni dopo, l’11 dicembre 189413, fu presen-

tata una supplica alla rappresentanza comunale, forte di ben 272 firme, con la quale si chiedeva che Emanuele Conci, «ottimo e zelante sacerdote», già cooperatore e in seguito vicario curaziale, «che fino ad oggi prestò l’opera sua sempre di bene in meglio su qualsiasi rapporto», di- venisse curato a tutti gli effetti: «ora che è anche sciolta la questione della congrua e che l’attuale posizione di que- sta cura d’anime è affatto anormale e dannosa, noi sot- tofirmati domandiamo […] affinché sia nominato senza concorrenze» (vale a dire senza bisogno di ulteriori «con-

corsi»). Il 30 dicembre 189414 il municipio caldonazzese

scrisse all’Ordinariato riferendo della petizione (le firme erano diventate 330, «costituenti una buona maggioranza dei capi di famiglia di questa popolazione») e appoggian- do la richiesta; il consiglio comunale si era infatti espres- so in tal senso con 20 voti favorevoli e uno contrario. In questo modo, per l’ultima volta, la comunità di Caldo- 11 ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, ff. 30-31 (lettere del decano all’Ordi-

nariato, 2 dicembre 1891 e 16 gennaio 1892).

12 ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, ff. 28-29. 13 ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, ff. 20-22. 14 ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, ff. 19-117.

181 dIStInzIonE

nazzo esercitava il diritto di scelta del proprio curatore d’anime.

Il nulla osta per la nomina del Conci da parte dell’«im- perial regia Luogotenenza pel Tirolo e Vorarlberg» venne il

18 gennaio 189515; si può pensare che esso costituisse an-

che l’implicita accettazione dello status di curato indipen-

dente, come era stato richiesto. Il 22 gennaio successivo16

il vescovo Eugenio Carlo Valussi poté dunque nominare curato il Conci, facendo espresso riferimento alla volon- tà della comunità e dei capifamiglia: «cum communitas et capita familiarum Caldonatii a nobis petierunt ut te in cu- ratum Caldonatii nominaremus, nos, precibus huiusmodi favorabiliter annuentes, praesentium tenore te Emmanue-

lem Conci in curatum Caldonatii nominamus»17.

Il saCrEstaNo tra ChIEsa E stato

A quegli anni risale anche una vertenza che rivela come il percorso di distinzione tra ambito civile e ambito reli- gioso stesse lentamente progredendo. Il 4 febbraio 1890 il Conci aveva infatti scritto all’Ordinariato per rendere noto che il comune aveva nominato il nuovo sacrestano, e chiedeva dunque il da farsi. A distanza di qualche mese (17 settembre 1890) l’Ordinariato scelse di rivolgersi al Ca- pitanato distrettuale di Borgo denunciando il municipio caldonazzese, che si sentiva in diritto di nominare il sacre- stano e far suonare le campane: comportamenti che erano stati consueti nei secoli precedenti, ma che la Chiesa della fine del XIX secolo cominciava a percepire come un’inde- bita intromissione18.

15 ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, f. 18. 16 ADT, Ex Curazie 12, fasc. 6, f. 17.

17 «Dato che la comunità e i capifamiglia di Caldonazzo ci hanno

chiesto di nominarti curato di Caldonazzo, noi, consentendo favorevol- mente a tali preghiere, con il tenore della presente [lettera] nominiamo te, Emanuele Conci, curato di Caldonazzo».

183 pERdItA

Capitolo X

La nascita della parrocchia