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Centralità dei flussi informativi e delle conoscenze

dinamiche in atto non può prescindere da un

1. Centralità dei flussi informativi e delle conoscenze

Occorre innanzitutto mettere in evidenza un dato crucia- le: informazione e conoscenza costituiscono il centro di- namico dell’esistenza umana, perché connaturate all’evo- luzione della specie e della mente.

Nel libro Il caso e la necessità Jacques Monod (Monod, 2001) parla dell’esigenza umana innata di una spiegazio- ne totale dell’esistenza. Poiché la sua mancanza è “fon- te di profonda angoscia”, narrazioni mitiche e racconti

animistici hanno per millenni dato risposte assegnando all’uomo il posto “in un destino immanente”, fino a che nelle società moderne egli si è destato “dal suo sogno mil- lenario” per scoprire “finalmente di essere solo nell’im- mensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per puro caso”. Nasce così l’etica della conoscenza, ovvero la vita umana fondata sull’imperativo razionale di servire la conoscenza “con una scelta deliberata e cosciente”. Una riflessione sull’alta tecnologia inizia così, perché non si può comprendere l’evoluzione tecnologica senza ana- lizzare la sua caratteristica di esito complesso e imprevedi- bile della dinamica di un insieme di mutevoli di fattori, tra i quali soprattutto la mente umana, il cui compito “è pro- durre futuro” (Valery).

Donald (Donald, 2004) ha illustrato tre transizioni nell’e- voluzione umana: nella prima l’Homo erectus introduce un’innovazione-chiave, ovvero la capacità di mimare, di riprodurre eventi. Nella seconda l’homo sapiens inven- ta il linguaggio, espressione della capacità del tutto nuo- va di costruire e decodificare un racconto. Von Humbol- dt e Chomsky ci hanno poi mostrato come questa facol- tà consenta agli esseri umani di creare un universo infi- nito di elementi a partire da un numero finito di simboli. Nella terza transizione i fattori principali dell’architettura cognitiva divengono “dispositivi computazionali” quali la rappresentazione iconica e l’alfabeto, fisicamente esterni al cervello ma in effetti pienamente integrati nella men- te. Essi sono alla base di nuove strategie di immagazzina- mento ed elaborazione delle informazioni, nella ricerca e verifica dei risultati delle proprie azioni. La capacità di rappresentazione simbolica, il linguaggio, la propensione

all’analisi e a combinare in forme nuove gli elementi dati sono dunque i meccanismi propulsori alla base della ten- denza ad innovare, proprietà peculiare degli esseri uma- ni. L’ansia di conoscenza alimenta costantemente una di- namica cognitiva senza fine della mente, che nella lotta per l’esistenza elabora senza sosta strategie di ricerca per la soddisfazione di bisogni e svolge un’incessante attività diretta a risolvere problemi teorici e pratici. L’esito è ap- punto la tecnologia, che evolve di continuo, perché ha al- la base i pensieri umani, i quali

sono combinatori (parti semplici si combinano) e ricorsivi (le parti possono incastrarsi all’interno di altre parti). Con un limitato inventario di utensili mentali è possibile esplora- re impressionanti distese di sapere. (Pinker, 1997)

Ed è secondo queste modalità che sono escogitate, verifi- cate e diffuse le soluzioni tecnologiche ai problemi emer- genti. Diamond ha mostrato come dai primi riusciti ten- tativi di ‘addomesticamento’ di piante e animali circa 10.500 anni or sono (grano, piselli e olivo; pecore e capre, nel Vicino Oriente) è stato un susseguirsi di esplorazio- ni concettuali e pratiche. Migrazioni di genti e diffusione di idee sono andate di pari passo, mentre l’esistenza uma- na si arricchisce di nuovi scenari cognitivi e di conflitti di- sastrosi. Al centro è sempre l’evoluzione delle conoscen- ze, con una molteplicità di traiettorie all’interno di un tor- mentato sviluppo, orientato verso una crescente capaci- tà di elaborare flussi di informazione. Altro elemento fon- damentale è la mobilità dei confini conoscitivi, con una ‘frontiera’ in continuo spostamento: il sesamo, la melan- zana e i bovini asiatici erano “alta tecnologia” novemila anni or sono nella Valle dell’Indo; il cannocchiale di Ga-

lileo rappresentava la linea di confine cinque secoli fa; la caldaia a vapore e il telaio meccanico hanno costituito l’e- stremo avanzamento della prima rivoluzione industriale agli inizi dell’800, mentre l’elettricità, l’acciaio e la chimi- ca organica lo sono stati della seconda (alla fine del XIX secolo). Siamo così arrivati alla terza:

la peculiarità della rivoluzione tecnologica attuale consiste non nella centralità della conoscenza e dell’informazione, ma nell’applicazione della conoscenza e dell’informazione a dispositivi per la generazione della conoscenza e per l’ela- borazione/comunicazione dell’informazione, in un ciclo di feedback cumulativo tra innovazione e usi dell’innovazione. (Castells, 2008)

Siamo in sostanza di fronte al

passaggio da un mondo dominato dalle risorse fisiche ad uno dominato dalle conoscenze.

(Burton-Jones, 1999, p. 31)

Questo vero e proprio “trend to intangibility” può esse- re ritenuto alla base di ciò che è stata definito digital eco-

nomy (Kling, Lamb, 2000, p. 27).

Il nucleo propulsivo fondamentale è dunque costituito da quella che Bell (Bell, 1999, pp. 29-30) ha definito “tecno- logia intellettuale di produzione”: l’“invenzione dell’arte di inventare”, capacità esclusivamente umana, ha portato allo sviluppo della capacità di trasformare regole per la ri- soluzione di problemi in algoritmi incorporati in macchi- ne automatiche, cioè a programmi per elaboratori o set di istruzioni potenzialmente presenti ovunque. Il processo di diffusione della tecnologia intellettuale di produzione ha generato una dinamica self-reinforcing, fino ad assume- re ritmi accelerati tali da indurre analisti della dinamica

tecnologica come B. Arthur (Arthur, 2011) a delineare l’e- sistenza di una “second economy”:

it is vast, silent, connected, unseen, and autonomous (mea- ning that human beings may design it but are not directly involved in running it). It is remotely executing and global, always on, and endlessly configurable. It is concurrent — a great computer expression — which means that everything happens in parallel. It is self-configuring, meaning it con- stantly reconfigures itself on the fly, and increasingly it is al- so self-organizing, self-architecting, and self-healing. (Arthur, 2011, p. 3)

In tal modo le tecnologie dell’informazione stanno de- terminando una discontinuità profonda in tutti gli ambi- ti della dinamica socio-economica, data la loro intrinseca proprietà pervasiva, cioè la tendenza inarrestabile a mo- dellare (e a essere modellate da) esigenze umane in con- tinua trasformazione, proprio perché alimentate dall’in- cessante attività esplorativa dell’ignoto che è la conoscen- za dell’uomo.

Su queste basi negli ultimi decenni del secolo scorso e nei primi anni del XXI secolo si sono sviluppati tre processi, che consideriamo rilevanti per l’obiettivo del nostro con- tributo:

1. sviluppo e accelerazione dei flussi di informazione a scala globale;

2. emergere di spinte competitive sempre più forti, che in- ducono a scomporre i cicli produttivi di beni e servizi (unbundling), con la distribuzione delle fasi a livello in- ternazionale (Lombardi, Macchi, 2012, 2014); 3. trasformazione delle imprese da unità compatte e in-

tegrate in strutture tendenzialmente globalizzate, men- tre i territori e le agglomerazioni territoriali di picco-

le e medie imprese tendono a diventare “sotto-reti” di ‘hyperstructures’ (Bacci, Labory, Lombardi, 2009). I trend appena sintetizzati delineano uno scenario com- petitivo del tutto nuovo sia per le imprese, indipendente- mente dalla loro dimensione, che per le economie locali e nazionali nel loro insieme, dal momento che sorgono sfide innovative di natura e portata tali da richiedere pro- fondi cambiamenti dei cicli di produzione e dei prodot- ti, dei modelli di business, del modo di concepire la stessa impresa e i settori produttivi.