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La cessazione della qualifica di rifiuto

E’ importante non solo definire cos’è il rifiuto, ma anche quando il rifiuto perde tale status.

Una delle novità più rilevanti della direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) è infatti costituita dalla disciplina della “Cessazione della qualifica di rifiuto” (c.d. End-of-Waste, EoW) introdotta dall’art. 6.

Secondo l’art. 184 ter, TUA, un rifiuto cessa di essere tale se ricorrono i seguenti presupposti:

1) allorquando sia stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo;

2) allorquando soddisfi i criteri specifici, a condizione che la sostanza o l’oggetto in questione:

- siano comunemente utilizzati per scopi specifici; - abbiano un mercato o una domanda;

- soddisfino i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettino la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

- laddove vengano utilizzati, non abbiano impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Il comma 2 precisa che “L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni” ma la lettera della disposizione lascia intendere che tutti i presupposti indicati debbano essere presenti contemporaneamente.

L’ultimo comma dell’art. 184 ter conferma che la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

Come già detto, l’EoW, introdotto a livello europeo con l’art. 6 della Direttiva 2008/98/Ce, segna un importante passo in avanti, giacché inizia a porre fine al concetto antiquato (e consumista) del “tutto rifiuto” (che peraltro si pone in

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contrasto con l’art. 179, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006) e all’assenza di una regolamentazione normativa del meccanismo EoW, che ha pregiudicato a lungo la realizzazione del potenziale dell’EoW in termini sia economici che ambientali. La valenza ambientale dell’EoW è data dal fatto che esso rappresenta una misura concreta per realizzare, come vuole l’Europa, una società del riciclo e recupero, ossia un’economia circolare131.

Infatti, la messa in atto di un’economia a ciclo chiuso e lo sviluppo di una società del riciclo e recupero (“Kreislaufwirtschaft”), obiettivo dichiarato degli organi comunitari, presuppongono necessariamente l’istituzione di un meccanismo EoW. La concretizzazione di una società del recupero e riciclo sarà possibile solamente quando i materiali risultanti da processi di riciclaggio o di recupero di alta qualità potranno nuovamente essere introdotte sul mercato ed essere in grado di competere con le materie prime vergini.

Questo sarà possibile solo qualora sia accordato ai primi lo stesso status giuridico delle seconde, ossia quello di prodotto. Al contrario, fino a quando un oggetto o una sostanza conserveranno - nonostante siano il risultato di un riciclaggio o recupero di alta qualità - lo status giuridico di rifiuto, essi non potranno competere con le materie prime risultando, di conseguenza, fortemente discriminati.

Ciò, oltre ad essere da ostacolo alla creazione dell’auspicata società del recupero e del riciclo, continuerebbe a non diminuire il consumo di risorse naturali e materie prime.

Anche in termini di politica ambientale l’EoW rappresenta uno strumento importante. Attraverso l’EoW è possibile stabilire criteri ambientali di alto livello per migliorare le prestazioni ambientali dei prodotti riciclati al fine di incoraggiarne la produzione e aumentare la fiducia dei consumatori che ne saranno gli utilizzatori, facilitandone, al contempo, il commercio e la libera circolazione all’interno del Mercato Unico.

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Orbene, tanto premesso, in data 1° luglio 2016, il Ministero dell’Ambiente ha confermato che l’ordinamento italiano prevede la possibilità che un’autorizzazione ordinaria o un’AIA di un impianto di trattamento rifiuti possano definire i criteri al ricorrere dei quali un rifiuto, a valle di determinate operazioni di recupero, cessi di essere qualificato come tale.

In sintesi, nella propria nota, intitolata “Disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto - Applicazione dell’art. 184-ter del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”, il Ministero, oltre a fornire un generale inquadramento della normativa vigente in materia di cessazione della qualifica di rifiuto, chiarisce che l’art. 9-bis, lett. a), del D.L. 6 novembre 2008, n. 172 contempla la possibilità per le rispettive autorità competenti di definire l’EoW nell’ambito di provvedimenti autorizzatori da rilasciarsi per specifici impianti.

Viene così confermato che l’art. 9-bis, lett. a), citato, peraltro espressamente richiamato dall’art. 184-ter, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i., legittima l’adozione di specifici atti di autorizzazione idonei ad individuare l’EoW.

Il Ministero dell’Ambiente, fornendo un importantissimo (e lungamente atteso) contributo alla realizzazione dell’economia circolare, pone così termine ad una discussione che si è protratta per vari anni.

Tale discussione ha comportato uno stallo insostenibile per l’economia del riciclo italiana che, oltre a dover affrontare una situazione economica tutt’altro che rosea, ha dovuto altresì confrontarsi con alcune autorità competenti che, sulla scia di considerazioni giuridiche non solo non pertinenti, ma anche in contrasto con il diritto nazionale e comunitario, hanno negato la possibilità che un’autorizzazione ordinaria o un’AIA di un impianto di trattamento rifiuti possano definire i criteri EoW.

In altre parole, secondo l’interpretazione fornita da tali autorità, il materiale in uscita da un impianto di trattamento rifiuti, quand’anche, grazie alla tecnologia e i processi impiegati, fosse idoneo ad essere reinserito tal quale nel ciclo economico come autentico prodotto - e non più come rifiuto - sotto il profilo giuridico era pur sempre da ritenersi un rifiuto.

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La qualifica di rifiuto del materiale in uscita dall’impianto espone il gestore a evidenti difficoltà nel trovare utili sbocchi sul mercato a tale materiale in quanto un rifiuto difficilmente può competere con materie prime vergini.

Tale meccanismo rappresenta un vero e proprio ostacolo alla tanto acclamata economia circolare che, si spera, sia ora stato rimosso con la comunicazione diramata il 1° luglio 2016 dal Ministero dell’Ambiente a tutte le Regioni e Province autonome.

La comunicazione conferma la lettura per cui un’autorità competente possa, nell’ambito di un’autorizzazione ordinaria o di un’AIA per un impianto di trattamento rifiuti, definire i criteri al verificarsi dei quali un rifiuto, a valle di determinate operazioni di recupero, cessi di essere tale.

La nota del MATTM può porre la parola “fine” ad una lunga storia, salvo comportamenti di malafede (che si vocifera esistano ancora)132.