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La concezione morale di Do stoev skij

21. Cfr supra, p 102.

Do stoev skij e la rivoluzione russa

153 raccapezzi dove finisce il loro estremismo di sinistra e la loro rivoluzionarietà e inizi l’estremismo di destra e la reazione. Essi sono sempre nemici della cultura, nemici del diritto, distruggono sempre la libertà dell’individuo. Sono loro ad affermare che la Russia è superiore alla civiltà e che nessuna legge non è mai stata scritta per lei. Sono loro a essere pronti a distruggere la Russia in nome del messianismo russo. Do- stoev skij aveva un debole per Šatov, provò sempre in se stesso le tentazioni di Šatov. Ma con la forza della sua intuizione artistica rese la figura di Šatov ripugnante e negativa.

Al centro dell’ossessione demoniaca rivoluzionaria sta la figura di Petr Verchovenskij. È lui il demone principale della rivoluzione russa. Nella figura di Petr Verchovenskij Do stoev- skij mise a nudo lo strato più profondo dell’ossessione demo- niaca rivoluzionaria, nella realtà nascosto e invisibile. Petr Verchovenskij può avere anche un aspetto più dignitoso. Ma Do stoev skij gli strappò via il velo e mise a nudo la sua anima. Allora l’immagine dello spirito demoniaco rivoluzionario si presentò in tutta la sua indecenza. Egli è tutto scosso dall’os- sessione demoniaca, trascinando tutti nel frenetico vortice turbinoso. Ovunque egli è al centro, dietro a tutti e per tutti. È il demone che si insinua in tutti e possiede tutti. Ma egli stesso è posseduto. Petr Verchovenskij è prima di tutto un uomo completamente svuotato, non ha più alcun contenuto. I demoni hanno preso definitivamente possesso di lui e ne hanno fatto il loro strumento obbediente. Egli ha cessato di essere immagine e somiglianza di Dio, in lui è già perduto il volto umano. L’ossessione per una falsa idea ha reso Petr Verchovenskij un idiota morale. È ossessionato dall’idea della trasformazione dell’universo, della rivoluzione universale, si è arreso alla menzogna seduttrice, ha permesso ai demoni di impadronirsi della sua anima e ha perso la differenza elemen- tare tra bene e male, ha perso il centro spirituale. Nel per- sonaggio di Petr Verchovenskij incontriamo una personalità già disgregata, in cui non si può più palpare nulla di ontolo- gico. Egli è tutto menzogna e inganno e tutti trae in inganno e getta nel regno della menzogna. Il male è falsificazione dell’essere, pseudo-essere, non essere. Do stoev skij ha mostra- to come un’idea falsa, che afferra completamente un uomo e lo porta all’ossessione demoniaca, conduca al non essere, alla dissoluzione della personalità. Do stoev skij fu un grande maestro nello scoprire le conseguenze ontologiche delle idee

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Ber djaev false, quando esse si impadroniscono completamente di un uomo. Ma qual è l’idea che si è impadronita completamente

di Petr Verchovenskij e ha condotto la sua personalità alla dissoluzione, lo ha trasformato in un bugiardo e seminatore di menzogna? È sempre la stessa idea fondamentale del ni- chilismo russo, del socialismo russo, del massimalismo russo, la medesima passione infernale per il livellamento universale, la medesima ribellione contro Dio in nome della felicità uni- versale degli uomini, sempre la stessa sostituzione del regno di Cristo con il regno dell’Anticristo. Di Verchovenskij inde- moniati ce ne sono molti nella rivoluzione russa, ovunque cercano di attirare nel vorticoso movimento demoniaco, im- pregnano il popolo russo di menzogna e lo trascinano verso il non essere. Non sempre si riconoscono questi Verchovenskij, non tutti sanno penetrare nel profondo, oltre i veli esteriori.

È più facile distinguere i Chlestakov della rivoluzione22, che i

Verchovenskij, ma anche quelli non tutti li distinguono e la folla li esalta e li corona di gloria.

Do stoev skij previde che la rivoluzione in Russia sarebbe stata triste, orribile e cupa, che non ci sarebbe stata una rina- scita popolare. Sapeva che in essa il galeotto Fed’ka avrebbe avuto un ruolo non piccolo, e che avrebbe vinto l’ideologia di Šigalev. Petr Verchovenskij già da tempo aveva scoperto il valore del galeotto Fed’ka per la causa della rivoluzione russa. Tutta l’ideologia trionfante della rivoluzione russa è proprio l’ideologia di Šigalev. È raccapricciante leggere ai giorni nostri le parole di Verchovenskij: «in fondo la nostra dottrina è la negazione dell’onore, e […] con l’aperto diritto al disonore si può, più facilmente che con ogni altra cosa, trascinare dietro di sé un russo». E la risposta di Stavrogin: «Il diritto al disonore! Ma tutti correranno da noi, non ne

rimarrà nemmeno uno nell’altro campo!»23. La rivoluzione

russa ha proclamato il «diritto al disonore» e tutti le sono cor- si dietro. Ed ecco parole non meno importanti: «il socialismo

si diffonde da noi prevalentemente per la sentimentalità»24.

Disonore e sentimentalismo sono i principi fondamentali del socialismo russo. Questi principi, individuati da Do stoev skij, trionfano anche nella rivoluzione. Petr Verchovenskij vide 22. I. A. Chlestakov è il protagonista del dramma di Gogol´ L’ispettore generale (Revizor). 23. F. M. Do stoev skij, Besy, cit., t. 10, p. 300 [trad. it. I demoni, cit., p. 442].

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155 quale ruolo avrebbero giocato nella rivoluzione i «mariuoli puri; be’, questi, magari, sono buona gente, qualche volta sono molto utili; ma fanno perder molto tempo, occorre una

vigilanza senza soste»25. Più oltre P. Verchovenskij riflette sui

fattori della rivoluzione russa: «la forza principale, il cemento che lega tutto, è il vergognarsi di avere una propria opinione. Questa sì che è una forza! Ma chi è che ha lavorato, chi è stato quel “carino” che si è dato tanto da fare perché non un’idea propria rimanesse in testa a nessuno? La considerano una

vergogna»26. Era un’intuizione molto profonda sulla Russia

rivoluzionaria. Nel pensiero rivoluzionario russo c’è sempre stata la «vergogna per la propria opinione». Questa vergo- gna da noi è stata ammirata come coscienza collettiva, una coscienza superiore a quella individuale. Nella rivoluzione russa si è spento definitivamente ogni pensiero individuale, il pensiero è divenuto perfettamente impersonale, di massa. Leggete i giornali rivoluzionari, ascoltate i discorsi rivoluzio- nari, e avrete conferma delle parole di Petr Verchovenskij. Qualcuno si è dato da fare perché «non un’idea propria rima- nesse in testa a nessuno». Il messianismo rivoluzionario russo offre le proprie idee e opinioni all’Occidente borghese. In Russia tutto deve essere collettivo, di massa, impersonale. Il messianismo rivoluzionario russo è la concezione di Šigalev. La concezione di Šigalev muove e guida la rivoluzione russa.

Šigalev «sembrava aspettare la fine del mondo, e non un giorno o l’altro, secondo profezie che avrebbero potuto anche non avverarsi, ma fissato per un giorno con assoluta precisione; così, per esempio, il dopodomani alle dieci e ven-

ticinque in punto»27. Tutti i rivoluzionari massimalisti russi

pensano come pensava Šigalev, tutti aspettano la distruzio- ne del vecchio mondo dopodomani mattina. E quel nuovo mondo che nascerà sulle rovine del vecchio, è il mondo della concezione di Šigalev. «Partendo da un’assoluta libertà, – di- ce Šigalev, – io concludo a un assoluto dispotismo. Aggiun- gerò, però, che, all’infuori della mia soluzione della formula

sociale, non ce ne può esser nessun’altra»28. Tutti gli Šigalev

25. Ibidem.

26. Ivi, pp. 298-299 [trad. it. cit., p. 440]. 27. Ivi, pp. 109-110 [trad. it. cit., p. 163]. 28. Ivi, p. 311 [trad. it. cit., p. 459].

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Ber djaev rivoluzionari parlano e agiscono così. Petr Verchovenskij for-mula così l’essenza della concezione di Šigalev a Stavrogin:

livellare le montagne è un’idea bella e non ridicola. […] Non occorre l’istruzione, basta con la scienza! Anche senza la scienza abbiamo materiale per mille anni, ma bisogna adattarsi all’obbedienza. […] La sete di istruzione è già una sete aristocratica. Non appena sorge la famiglia o l’amore, ecco già anche il desiderio di proprietà. Noi faremo morire il desiderio; diffonderemo le sbornie, i pettegolezzi, le denun- ce; spargeremo una corruzione inaudita, spegneremo ogni genio nelle fasce. Tutto allo stesso denominatore, l’egua- glianza perfetta. […] È indispensabile solo l’indispensabile, ecco il motto del globo d’ora innanzi. Ma occorrono pure convulsioni; a questo penseremo noi, dirigenti. Gli schiavi devono avere dei dirigenti. Piena obbedienza, completa as- senza di personalità, ma una volta ogni trent’anni Šigalev scatena anche una convulsione, e tutti cominciano a un tratto a divorarsi l’un l’altro, però solo fino a un certo pun- to, unicamente per evitar la noia. La noia è una sensazione aristocratica29.

In queste parole, sorprendenti per la loro forza profetica, Do- stoev skij per bocca di P. Verchovenskij riconduce tutto al cor- so di idee del Grande Inquisitore. Questo dimostra che nella

Leggenda del Grande Inquisitore Do stoev skij aveva in mente il

socialismo in misura significativa. Do stoev skij scopre tutto il carattere illusorio della democrazia nella rivoluzione. Non esiste nessuna democrazia, governa una minoranza tiranni- ca. Ma questa tirannia, inaudita nella storia del mondo, sarà fondata sul livellamento forzato universale. La concezione di Šigalev è anche passione furiosa per l’uguaglianza, portata sino alla fine, sino all’estremo, sino al non essere. Un’illimita- ta fantasticheria sociale porta alla distruzione dell’essere con tutte le sue ricchezze, nei fanatici esso si rigenera nel male. La fantasticheria sociale non è affatto una cosa innocente. E Do stoev skij lo capiva. La fantasticheria rivoluzionaria-sociali- sta russa è appunto la concezione di Šigalev. In nome dell’u- guaglianza questa fantasticheria vorrebbe distruggere Dio e il mondo di Dio. In quella tirannia e in quel livellamento assoluto, di cui si è coronato «lo sviluppo e l’approfondimen- to» della rivoluzione russa, si realizzano i sogni e le fantasie 29. Ivi, p. 323 [trad. it. cit., pp. 475-476].

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157 dorate dell’in tel li gen cija rivoluzionaria russa. Erano i sogni e le fantasie sul regno della concezione di Šigalev. A molti sem- brava più bello di quanto non sia risultato nella realtà. Molti socialisti russi ingenui e di animo semplice, che sognavano la rivoluzione sociale, sono turbati dalle grida di trionfo:

Ciascuno appartiene a tutti, e tutti appartengono a cia- scuno. Tutti sono schiavi, e nella schiavitù sono eguali. […] Per prima cosa si abbassa il livello dell’istruzione, delle scien- ze e degli ingegni. L’alto livello delle scienze e degli ingegni è accessibile solo a chi abbia doti superiori: non occorrono persone con doti superiori!30

Do stoev skij fu più perspicace dei maestri riconosciuti dell’in-

tel li gen cija russa, sapeva che il rivoluzionarismo russo, il socia-

lismo russo nell’ora del suo trionfo doveva finire con queste urla da Šigalev.

Do stoev skij previde il trionfo delle idee non solo di Šigalev, ma anche di Smerdjakov. Sapeva che in Russia si sa- rebbe sollevato il lacché e nell’ora del grande pericolo per la nostra patria avrebbe detto: «Odio tutta la Russia […]. Non solo non vorrei essere un ussaro […], ma vorrei anzi la soppressione di tutti i soldati». Alla domanda: «E se vengono i nemici, chi ci difenderà?», il lacché ribelle rispose: «Nel ’12 ci fu la grande invasione dell’imperatore francese Napoleone I […], e sarebbe stato un gran bene se i francesi ci avessero sottomessi: una nazione intelligente ne avrebbe assoggettata una molto stupida e se la sarebbe annessa. Le cose oggi an-

drebbero diversamente»31. Il disfattismo in tempo di guerra

era proprio un fenomeno da Smerdjakov. E la concezione di Smerdjakov ha fatto sì che la «nazione intelligente» te- desca assoggetterà ora la «stupida» nazione russa. Il lacché Smerdjakov fu da noi uno dei primi internazionalisti, e tutto il nostro internazionalismo ha ricevuto un innesto smerdja- koviano. Smerdjakov intimò il diritto al disonore, e furono molti a corrergli dietro. Come è profondo in Do stoev skij che Smerdjakov sia la seconda metà di Ivan Karamazov, la sua immagine rovesciata. Ivan Karamazov e Smerdjakov sono i due fenomeni del nichilismo russo, due aspetti di un’unica sostanza. Ivan Karamazov è la manifestazione alta, filosofi- 30. Ivi, p. 322 [trad. it. cit., p. 475].

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Ber djaev ca, del nichilismo; Smerdjakov la sua manifestazione bassa, servile. Ivan Karamazov all’apice della vita intellettuale deve

generare Smerdjakov nei bassifondi della vita. Smerdjakov a sua volta realizza tutta la dialettica atea di Ivan Karamazov. Smerdjakov è la scorza interiore di Ivan. In ogni massa uma- na, nella massa popolare, ci sono più Smerdjakov che Ivan. E nella rivoluzione, in quanto movimento di masse, di quantità, ci sono più Smerdjakov che Ivan. Nella rivoluzione trionfa la dialettica atea di Ivan Karamazov, ma è Smerdjakov a rea- lizzarla. È lui a trarre nella pratica la conclusione che «tutto è permesso». Ivan compie il peccato nel pensiero, nello spi- rito, Smerdjakov lo compie di fatto, incarna l’idea di Ivan. Ivan compie il parricidio nel pensiero. Smerdjakov compie il parricidio fisicamente, di fatto. La rivoluzione atea compie sempre un parricidio, nega sempre la paternità, spezza sem- pre il legame del figlio col padre. E giustifica questo delitto col fatto che il padre era molto stupido e peccatore. Questo atteggiamento omicida nei confronti del padre è sempre il modo di Smerdjakov. Propria di Smerdjakov è anche l’estre- ma manifestazione dell’insolenza. Dopo aver compiuto di fatto quel che Ivan aveva compiuto nel pensiero, Smerdjakov chiede a Ivan: «prima dicevate sempre che tutto è permesso,

e ora perché siete così agitato anche voi?»32. Questa domanda

di Smerdjakov a Ivan si ripete anche nella rivoluzione russa. Gli Smerdjakov della rivoluzione, dopo aver realizzato di fat- to il principio di Ivan che «tutto è permesso», hanno moti- vo di chiedere agli Ivan della rivoluzione: «ora perché siete così agitati anche voi?». Do stoev skij previde che Smerdjakov avrebbe odiato Ivan, dopo aver imparato da lui l’ateismo e il nichilismo. E questo si scatena ai nostri giorni tra il «popolo» e l’«in tel li gen cija». Tutta la tragedia tra Ivan e Smerdjakov era un simbolo originale della tragedia che si manifesta nella rivoluzione russa. Il problema se tutto sia permesso per il trionfo del bene dell’umanità, si era posto già a Raskol´nikov. Lo starec Zosima dice:

Davvero hanno più fantasia e più voglia di sognare di noi! Pensano di ordinarsi secondo giustizia, ma una volta respinto Cristo finiranno con l’inondare il mondo di san- gue, perché sangue chiama sangue, e chi sguaina la spada

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perirà di spada. Se non fosse per la promessa di Cristo, si sterminerebbero davvero l’uno con l’altro fino agli ultimi due uomini sulla terra33.

Sono parole profetiche.

Gli uomini si uniranno, per prendere dalla vita tutto ciò che essa può dare, ma lo faranno unicamente ed esclu- sivamente per avere la gioia e la felicità in questo mondo. L’uomo si esalterà in un orgoglio divino, titanico, e allora apparirà l’uomo-dio. […] Ognuno saprà di essere morta- le per intero, senza possibilità di resurrezione, e accetterà la morte con tranquilla fierezza, come un dio. Nella sua fierezza egli capirà che non deve lamentarsi se la vita è un attimo e amerà il proprio fratello senza bisogno di nessuna ricompensa. L’amore riempirà solamente quell’attimo di vita, ma la consapevolezza della sua fugacità basterà da sola a ravvivarne tanto la fiamma, quanto, invece, tale fiamma si disperdeva prima nelle speranze di un amore ultraterreno e infinito34.

Questo dice il diavolo a Ivan e in queste parole si rivela un’i- dea che ha tormentato Do stoev skij, l’idea che l’amore per gli uomini possa essere ateo e dell’Anticristo. Questo amo- re sta alla base del socialismo rivoluzionario. L’immagine di questo socialismo ateo, fondato sull’amore dell’Anticristo, si presenta a Versilov:

Mi raffiguro […] che la battaglia sia già finita e che la lotta sia placata. Alle maledizioni, alle manciate di fango e ai fischi è seguita la tregua, e gli uomini sono rimasti soli, come desideravano: la grande idea di prima li ha abbandonati. La grande fonte di energia che li aveva alimentati e scaldati sino allora, si allontanava, […] ma era già come se fosse l’ultimo giorno dell’umanità. E gli uomini a un tratto compresero di essere rimasti completamente soli e improvvisamente si sentirono desolatamente orfani. […] Gli uomini, diventati orfani, avrebbero subito cominciato a stringersi fra loro più strettamente e più amorevolmente; si sarebbero afferrati per le mani, comprendendo che ormai loro soli costitui- vano tutto l’uno per l’altro! Sarebbe scomparsa la grande idea dell’immortalità e si sarebbe dovuto sostituirla […]. Essi avrebbero incominciato ad amare la terra e la vita irresistibil-

33. Ivi, t. 14, p. 288 [trad. it. cit., p. 454]. 34. Ivi, t. 15, p. 83 [trad. it. cit., p. 899].

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mente e nella misura stessa in cui gradualmente prendevano coscienza della propria precarietà e finitezza, amando ormai di un amore particolare, non più quello di prima […]. Essi si sarebbero svegliati e si sarebbero affrettati a baciarsi l’un l’altro, affrettandosi ad amare, avendo coscienza che i giorni sono brevi, che era tutto quello che rimaneva loro. Avrebbe- ro lavorato l’uno per l’altro, e ciascuno avrebbe dato a tutti la propria sostanza e con questo solo sarebbe stato felice35.

In questa fantasia si rivela la metafisica e la psicologia del socialismo ateo. Do stoev skij dipinge il fenomeno dell’amore dell’Anticristo. Egli comprese come nessun altro che il fon- damento spirituale del socialismo è la negazione dell’immor- talità, che il pathos del socialismo è il desiderio di costruire il regno di Dio sulla terra senza Dio, di realizzare l’amore tra gli uomini senza Cristo, che è la fonte dell’amore. Così egli svela la menzogna religiosa dell’umanesimo nelle sue estreme manifestazioni. Il socialismo umanistico porta alla distruzione dell’uomo come immagine e somiglianza di Dio, è indirizzato contro la libertà dello spirito umano, non regge la prova della libertà. Do stoev skij con acume mai visto prima pose il problema religioso dell’uomo e lo confrontò con il problema del socialismo, dell’unione e dell’organizzazione terrena degli uomini. Questo gli si rivelò come l’incontro e la mescolanza di Cristo e dell’Anticristo nell’anima dell’uomo russo, del popolo russo. Il carattere apocalittico del popolo russo a sua volta rende questo incontro e questa mescolanza particolarmente tesa e tragica. Do stoev skij presentiva che se in Russia ci fosse stata la rivoluzione, sarebbe stata la rea- lizzazione della dialettica dell’Anticristo. Il socialismo russo sarebbe stato apocalittico, opposto al cristianesimo. Do stoev- skij vide più lontano e più profondamente di tutti. Ma egli stesso non era libero dalle illusioni populiste russe. Nel suo cristianesimo russo c’erano degli aspetti che diedero moti-

vo a K. Leont´ev di chiamare «roseo» tale cristianesimo36.

Questo cristianesimo roseo e il populismo roseo si espressero

35. Id., Podrostok, in Polnoe sobranie socˇinenij, t. 13, Leningrad, Nauka 1975, pp. 378-379

[trad. it. L’adolescente, in Id., L’adolescente. Memorie da una casa di morti, Sansoni, Firenze 1958, pp. 553-554].

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