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Una chiave di lettura dello spirito di Don Bosco

Prima di iniziare l’abbozzo della nostra sintesi, ci sembra utile (se non necessario) trattare, anche se sommariamente, della fisionomia spirituale di Don Bosco. Come ogni opera riflette qualcosa del suo autore, così è logico che la pedagogia spirituale di Don Bosco, rifletta qualcosa del suo modo di concepire e di vivere la santità. Una riflessione sulla sua singolare figura di santo ci può offrire perciò una preziosa chiave di lettura per interpretare il suo metodo per educare i giovani alla santità.

Abbiamo affermato più volte che Don Bosco non è un teorico, ma è un uomo aderentissimo al reale, al concreto; anzi abbiam detto che c’è il rischio di sottolineare tale aspetto in modo così unilaterale da farne l’unico valore assoluto. Se rifiutiamo tali conseguenze, rico­

nosciamo però che questo atteggiamento è in lui così intimamente radi­

cato da diventare una caratteristica di fondo della sua spiritualità. La dico caratteristica di fondo, perché la riscontro in tutti gli aspetti della sua figura e della sua opera, quasi la costante che meglio lo distingue da altri santi. Volendola in qualche modo definire, in mancanza di termini migliori, dirò che la spiritualità di Don Bosco è quella di essere una singolare spiritualità d’incarnazione.

Mi spiego. Ciò che per prima cosa avverte chi considera sia la figura di Don Bosco presa nel suo insieme, sia l’opera da lui fondata che, almeno agli inizi, quasi si identifica con la sua persona, è l’impres­

sione di una sintesi armoniosa tra divino e umano, e ciò non in modo comune, ma del tutto singolare. Difatti se tale armoniosa sintesi è in genere il risultato di qualsiasi santità autentica, soprattutto di quella proposta come tale dalla Chiesa, in Don Bosco, più che in altri Santi, l’umano e il terrestre non è stato, in certo senso, riassorbito, sovrastato dal divino, ma ha conservato, pur nella intima unione con esso, tutta la sua consistenza, tutta la sua verità, la sua (anche se relativa) auto­

nomia. E ciò in piena armonia col divino, senza apparenti tensioni, contrasti, lacerazioni.

Meglio ancora di questa generica affermazione di principio, penso che una breve analisi di alcuni aspetti della figura di Don Bosco possa farci comprendere questa caratteristica della sua spiritualità.

24 Introduzione

a) Lumi dall’alto ed esperienza umana

Anzitutto Don Bosco è l’uomo del soprannaturale. La sua vita ne è così in tessuta, che, come afferma Pio XI, « il soprannaturale era divenuto naturale, e lo straordinario quasi ordinario ».1

A cominciare dal sogno dei nove-dieci anni tutta la sua vita è costellata di illustrazioni dall’alto che lo confortano nelle diffi coltà, che ne guidano passo passo il cammino in modo tale che, molte volte, secondo una sua testimonianza,2 avrebbe potuto minutamente descrivere in antecedenza ciò che in seguito gli sarebbe accaduto.

Tali illustrazioni celesti furono così abbondanti che, in tutta umiltà, ai suoi direttori riuniti per la conferenza annuale il 2 febbraio 1876 poteva affermare: « Le altre Congregazioni ed Ordini religiosi ebbero nei loro inizii qualche ispirazione, qualche visione, qualche fatto sopran­

naturale, che diede la spinta alla fondazione e ne assicurò lo stabilimento;

ma per lo più la cosa si fermò ad uno o a pochi di questi fatti. Invece qui tra noi la cosa procede ben diversamente. Si può dire che non vi sia cosa che non sia stata conosciuta prima. Non diede passo la Congre­

gazione, senza che qualche fatto soprannaturale non lo consigliasse; non mutamento o perfezionamento o ingrandimento che non sia stato pre­

ceduto da un ordine del Signore ».3

Questo fatto però non gli ha minimamente impedito di essere, in pari tempo e, forse, in maggior misura, il santo dell’esperienza umana di cui rimane sempre docile discepolo. Persino i suoi sogni e le sue visioni le sottopone al suo vaglio demistificante. Ne resta estremamente scettico fin quando non ne ha sperimentato personalmente più volte la veridicità;4 ed anche in seguito non vi annetterà importanza che in ciò che in essi vede tornare ad edificazione delle anime.5

Per tutto il resto, per cui non ha ispirazioni dall’alto, lo è anche di più. E’ un uomo estremamente cauto, prudente, pienamente aderente alla realtà, al concreto, specie quando sa di prendere decisioni un po’

rivoluzionarie, profondamente innovatrici della mentalità o della prassi

1 Discorso del 19 marzo 1929 per l’approvazione dei miracoli per la beatificazione di Don Bosco: MB 19,101.

2 MB 12,69-70; cfr. anche MB 2,300; 3,247; 17,305.

3 MB 12,69.

4 Cfr. MB 2,407; 5,376.

5 Cfr. la sua dichiarazione in proposito nel testamento spirituale: MB 17,261.

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comune, anche se non è mai stato schiavo dell’opinione dominante ed ha sempre cercato di mantenere in sé e nei suoi una invidiabile libertà di spirito.6

Le decisioni le matura lentamente, dopo essersi consigliato con persone prudenti,7 facendo tesoro dell’esperienza propria e altrui. Quando è moralmente certo che il suo progetto è secondo la volontà di Dio si decide ad agire e niente e nessuno lo può distogliere dal tendere verso la mèta.8

E tuttavia, pur tenendo l’occhio fisso al compimento di ciò che ha scorto essere gradito al Signore, ha l’occhio altrettanto attento alla via che deve percorrere per poterlo realizzare: procede per tappe, gradual­

mente, per abbozzi successivi: se gli si parano innanzi difficoltà cerca cautamente di aggirarle, evitando sempre l’urto frontale; se non trova modo di superarle, è così paziente da saper attendere senza disar­

mare mai.9

Il suo modo di procedere negli affari è assai simile al suo modo di camminare: « un po’ dondolante, a guisa di quell’amico del contadino, il bue, di cui sembra riportarne la mitezza di carattere e la forza e la costanza nel tiro, eguale sino alla mèta del campo, senza curarsi né di radici opponentisi sotterra, né di qualunque altro inciampo all’aperto ».10

b) Fede nella Provvidenza ed uso di tutte le risorse umane

Don Bosco è l’uomo della Provvidenza. Il « nulla ti turbi », che lui inculcava ai suoi figli e che si rifletteva nella sua imperturbabile serenità anche nei momenti più burrascosi della sua vita, dava la misura

6 Cfr. MB 1,339.

7 « Don Bosco, prima di abbracciare un partito, era solito prefiggersi in primo luogo la gloria di Dio e la salute dell’anima... pregava... domandava consiglio a persona dotta e pia. Fatto moralmente certo che il suo disegno era di gradimento del Signore, si risolveva a compierlo. Questa fu sua pratica costante per tutta la vita»: MB 2,39; cfr. anche MB 6,585.

8 « Le contraddizioni non lo smuovevano dai suoi propositi: fu questo il carattere di tutta la sua vita. Dopo aver presa una risoluzione, e maturata a lungo, o consigliata dai suoi superiori o da altri personaggi prudenti, non si arrestava fino a che non l’avesse condotta a compimento. Tuttavia ogni sua iniziativa non procedeva mai da movente umano»: MB 2,406; cfr. anche MB 1,225; 2,449.

9 Cfr. MB 7,457.

10 MB 6,2.

26 Introduzione

della sua incrollabile fiducia in Dio. E Dio non ha mai deluso tale fiducia intervenendo lungo tutto il corso della sua vita anche con strepitosi miracoli.

Eppure Don Bosco sa che Dio da lui, diversamente che da altri santi,11 vuole che s’affatichi, che s’arrabatti, come meglio può e sa, con tutti i mezzi umani. Egli è pienamente convinto che « l’assistenza anche miracolosa di Dio non manca mai », ma solo « quando è necessaria » ; 12 è convinto che bisogna confidare « illimitatamente nella divina Provvi­

denza », ma è pure convinto che la « Provvidenza vuol essere aiutata da immensi sforzi nostri ».13

Queste affermazioni ci aprono uno spiraglio sulla sua « vita di lavoro colossale che dava l’impressione dell’oppressione anche solo a vederlo » 14 e ci danno la chiave del suo « far dal canto proprio tutto il possibile come se Dio non avesse a far nulla » e del suo « rimettersi a Dio come se nulla si facesse dal canto proprio ».15 L ’indole del con­

tadino piemontese, la sua volontà d’acciaio, la sua abilità nel conquistarsi il cuore degli uomini16 c’entrano sì, ma molto relativamente.

La sua fiducia nell’azione, nell’organizzazione non nasce dal basso, ma dalla sua prospettiva di fede. Come il nemico delle anime conti­

nuamente lavora nel mondo per la loro perdizione,17 così, per Don Bosco, Dio non è un Dio inerte e inoperoso.18 E’ invece un Dio costan­

temente all’opera, che lavora efficacemente e vittoriosamente per la redenzione del mondo: e questo è il fondamento del suo impenitente ottimismo, della sua incrollabile fiducia, ed anche della sua audacia temeraria quando è sicuro di fare qualcosa che è per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. E’ un Dio però che, nell’economia della redenzione, vuole associare l’uomo alla sua opera di salvezza, ne presup­

11 Pensiamo, ad esempio, al Cottolengo, contemporaneo di Don Bosco nella stessa città di Torino: cfr. MB 1,234-235.

12 MB 15,502.

13 MB 11,55.

14 Discorso di Pio XI del 3 dicembre 1933 per l’approvazione dei miracoli per la canonizzazione di Don Bosco: MB 19,250.

15 MB 2,474.

16 MB 1,431.

17 Cfr. MB 13,801.

18 Gv. 5,17.

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pone la collaborazione e, d’ordinario, non la supplisce: e questo è il motivo di fondo dello zelo ardente di Don Bosco, che non s’arresta davanti a nessun ostacolo, che non risparmia energie e mezzi, che si serve di tutto e di tutti per collaborare, per amor di Dio, alla salvezza delle anime.

In base a queste convinzioni vediamo Don Bosco, nonostante la sua estrema ripugnanza19 dato « il suo naturale focoso e altero »,20 bussare alle porte di tutti, usare tutti i mezzi per raggranellare denaro:

penso che nessun altro santo, nella storia della Chiesa, l’abbia fatto in egual misura.

Lo vediamo pure lanciarsi con coraggio, senza badare a spese, alla utilizzazione degli strumenti che la scienza e la tecnica metteva man mano a servizio dell’uomo, specialmente nel campo dei mezzi della comunicazione sociale. Convinto che il vero e il bene per diffondersi devono essere conosciuti,21 si prodiga per la diffusione della buona stampa. E’ soprattutto in questo settore che, al futuro Papa Pio XI, Don Bosco dichiara che « quando si tratti di qualche cosa che riguarda la grande causa del bene, Don Bosco vuole essere sempre all’avanguardia del progresso ».22

Lo vediamo, infine, con piena libertà di spirito, quando si tratta

« della gloria di Dio e del bene delle anime », porre in opera tutti i mezzi leciti suggeriti dalla saggezza e dalla prudenza umana, pur di raggiungere il suo scopo; e ciò, direi quasi, fino al limite della spregiu­

dicatezza, disposto « a levarsi il cappello al diavolo, purché lo lasciasse passare ».23 Di fatto non si trattava per niente di diavoli, ma di fratelli che l’arroventato clima politico aveva gettato al di qua e al di là delle barricate del clericalismo e dell’anticlericalismo.24

Don Bosco non si lascia imprigionare da nessun steccato,25 convinto di aver bisogno di tutti per la realizzazione della sua missione per i giovani. Cerca prudentemente di prevenire i colpi, di non dare occasioni

19 Cfr. MB 2,255.

20 MB 4,8.

21 MB 13,126 ed anche MB 12,305.

22 Discorso di Pio XI del 3 giugno 1929: MB 19,157.

23 MB 13,405.

24 Cfr. P. Ste l l a, Don Bosco, II, pp. 73-97.

25 Cfr. P. Ste l l a, Don Bosco, II, pp. 90-95.

28 Introduzione

e pretesti perché gli siano inferti, di cedere umilmente fin là dove la resistenza gli sembri doverosa. Senza cedere minimamente sulla linea di principio, senza permettere ambigue interpretazioni sul suo compor­

tamento,26 Don Bosco cerca di evitare lo scontro frontale con chi non la pensa come lui, ritenendolo inutile, controproducente. Con un dialogo, ad un tempo, tanto improntato a cortesia, dolcezza e carità, quanto estraneo ad ogni menzogna, doppiezza, raggiro, adulazione, cerca un terreno d’incontro. Quando poi se li è fatti amici, quando ne ha conquistato il cuore e li ha resi, loro malgrado, ministri dei disegni del Signore, li ricambia annunciando loro la Parola che salva: e da lui essi l’accettano con riconoscenza perché viene da qualcuno che si è dimo­

strato loro amico.27

c) Fedeltà alle esigenze di Dio e comprensione della debolezza dell’uomo Don Bosco è l’uomo di Dio, il Santo, con tutto ciò che questa espressione racchiude non solo di radicale opposizione al peccato, ma anche di positiva tensione verso l’assoluto di Dio. E tuttavia nel suo agire in questo mondo Don Bosco, aderente al concreto com’è, è estre­

mamente possibilista. Sa che non sempre il bene si può far bene, come vorrebbe il Cafasso, ma basta « farlo così alla buona in mezzo a tante miserie ».28 Non è un perfezionista, non esita a iniziare le sue opere tra lacune e carenze d’ogni genere, convinto, come soleva dire, che « cam­

minando l’asino si aggiusta il basto », e che le sue « opere nascono nel disordine, per rientrare nell’ordine ».

Anche se nei suoi rapporti con Dio non ha mezze misure e se nel suo intimo è con se stesso tremendamente austero ed esigente, ha tuttavia sempre abilmente cercato di evitarne qualsiasi apparenza; e ciò sia in ordine alla sua missione di salvezza dei giovani (difatti non avrebbero abbracciato la via della santità, se non avessero percepito attraverso la sua testimonianza che essa è la via che conduce alla sorgente della gioia

26 E’ sintomatica al riguardo la dichiarazione di Don Bosco al Ministro Ricasoli:

« Eccellenza, sappia che Don Bosco è prete all’altare, prete in confessionale, prete in mezzo ai suoi giovani, e come è prete a Torino, così è prete a Firenze, prete nella casa del povero, prete nel palazzo del Re e dei Ministri! »: MB 8,534.

27 Cfr. MB 2,218-223 ed anche MB 1,431; 4,105ss.491-492; 6,539-540.

28 MB 4,584.

Una chiave di lettura dello spìrito di D. Bosco 29

e della vera libertà), sia in ordine al mondo in via di secolarizzazione in cui la Provvidenza l’ha destinato ad operare: difatti dice il biografo che « un aspetto di asceta e di penitente sarebbe stato ributtato dalla società che si andava allora formando e in mezzo alla quale egli doveva vivere ».29

Chi però, anche per poco, sa leggere al di là delle apparenze, si accorge che la sua vita è « un vero continuo martirio »,30 tanto poco si risparmia.

C’è al riguardo un singolare giudizio del Murialdo su Don Bosco che merita essere riportato per disteso: « Sulle prime — afferma il Murialdo — ravvisai in Don Bosco un sacerdote assai zelante, ma senza riscontrare in lui un santo. Cominciai a sospettarlo tale, e la mia stima andò via via crescendo, quando incominciarono a parlare in favore di lui le sue opere, che rivelavano un uomo non ordinario... D ’altra parte Don Bosco fu uno di quei servi di Dio i quali costituiscono la santità nel sacrificarsi per la salute delle anime e per la gloria di Dio, secondo il motto, che, se non erro, aveva familiare S. Giuseppe Calasanzio:

qui orat bene facit, qui iuvat melius facit. A me non constano di Don Bosco né prolungate orazioni, né penitenze straordinarie; ma mi consta il lavoro indefesso, incessante per lunga serie di anni in opere di gloria di Dio, con fatiche non interrotte, fra croci e contraddizioni d’ogni fatta, con una calma e tranquillità del tutto unica, e con un risultato per la gloria divina e il bene delle anime al tutto prodigioso. Ora — conclude il Murialdo — Dio non suole scegliere a speciale strumento della grande opera della santificazione delle anime uomini né malvagi, né mediocri in fatto di virtù ».31

Tutto ciò, però, si rivela solo a chi lo osserva da vicino, con attenzione, tanto lui lo sa nascondere con bonarietà, sa affrontare i più eroici sacrifici con elegante disinvoltura, senza apparente sforzo.

« Pochi uomini — dice Don Ceria — furono così straordinari sotto così ordinarie apparenze. Nelle cose grandi, come nelle piccole, sempre la medesima naturalezza, che di primo acchito non rivelava in lui nulla più di un buon prete ».32

29 MB 1,339.

30 Discorso di Pio XI del 3 dicembre 1933: MB 19,250.

31 MB 4,367-368.

32 E. Ceria, Don Bosco con Dio, p. 58.

30 Introduzione

E’ successo così per Don Bosco l’opposto di ciò che d’ordinario succede per i grandi di questo mondo: difatti i grandi sembran tali solo per chi non li conosce nella banalità della vita quotidiana, ma per chi li conosce da vicino perdon tutto il loro incanto, poiché più facilmente nell’intimità rivelano la fragilità e la meschinità dell’uomo che si nasconde dietro il grande personaggio.

Per Don Bosco invece è stato tutto il contrario. Don Ceria, sulla scorta delle testimonianze raccolte durante i processi canonici, afferma che coloro che furono « addetti per lungo tempo alla sua persona » e che perciò « ebbero agio d’investigare direttamente il tenore dell’intima sua vita quotidiana, si sentivano compresi per lui d’una venerazione che rasentava il culto. La dimestichezza, lungi dallo sciogliere l’incanto dell’ignoto, riducendo a più modeste proporzioni la voce che correva celebratrice per le bocche della gente, serviva anzi a darle maggiore

33

consistenza ».

Al riguardo una testimonianza per tutte, quella di chi gli è stato vicino come nessun altro. Nel processo canonico Don Rua attesta:

« Ho vissuto al fianco di Don Bosco per 37 anni... mi faceva più impressione osservare Don Bosco nelle sue azioni, anche le più minute, che leggere o meditare qualsiasi libro devoto ».34

La disinvolta bonarietà, la naturalezza con cui compie i più costosi sacrifici in un lavoro incessante, l’inalterabile calma con cui affronta contrarietà d’ogni genere, però, non devono trarci in inganno: sono il risultato di una tremenda lotta con se stesso, il frutto della collaborazione alla grazia di Dio d’una volontà d’acciaio con cui ha saputo piegare non solo il suo corpo robusto alla disciplina del lavoro duro, ma anche, e so­

prattutto, il suo temperamento energico, focoso ed estremamente sensibile.

Don Giacomelli, suo compagno di seminario ed intimo amico, ci dà in proposito una significativa testimonianza: « Di natura sensibilissimo anche per le piccole cose, si capiva come senza virtù si sarebbe lasciato sopraffare dalla collera. Nessuno dei nostri compagni, ed erano molti, inclinava come lui a tal difetto. Tuttavia era evidente la grande e continua violenza che faceva per, contenersi ».35 Tale violenza, tale sforzo

33 Ivi, p. 89.

34 Ivi, p. 78.

35 MB 1,407.

Una chiave di lettura dello spirito di D. Bosco 31

per domare perfettamente la sua sensibilità non l’hanno più avvertita i suoi figli, ma essa fu tale da « rivoltargli il sangue » .36

Ora, come afferma Don Caviglia, « energia della volontà farebbe piuttosto pensare a rigidezze, a durezze, ad assenza di sentimento ».37 Altrettanto potrebbe pensare chi prendesse alla lettera le esortazioni di Don Bosco alla perfezione della vita cristiana e religiosa. Difatti, quando deve presentare ai suoi l’ideale di vita verso cui devono tendere, non usa perifrasi e mezze misure, ma condensa il suo pensiero in espressioni drastiche, taglienti. Per lui obbedire è « un lasciarsi tagliar la testa », è diventare « come un fazzoletto » nelle mani dei superiori.38 Quanto a povertà, per lui « tutto quello che eccede alimento e vestimenta... è superfluo e contrario alla vocazione religiosa ».39

Sbaglierebbe però grandemente chi assumesse tali espressioni iso­

landole dal contesto di paterna bontà e di umana comprensione che le ispirava. Difatti « Don Bosco è l’uomo dèlia bontà e del buon cuore.

Non soltanto il cuore grande, che pensa al genere umano, ma anche a quello del Gesù che si commuove per la turba che non ha pane e s’inte­

nerisce ad ogni sofferenza ed a ogni pianto ».40 Quest’affermazione di Don Caviglia riassume tutto un poema che si snoda lungo tutta la vita di Don Bosco: un poema di oblio di sé e di delicata e premurosa attenzione ad ogni dettaglio della vita di chi lo circonda per alleviarne le pene, le sofferenze, per dissiparne i timori, per incoraggiarne la bontà, per restituire la serenità, la gioia, l’allegria. Pio XI non esita ad affermare che quello di Don Bosco è un cuore « che ha conosciuto tutte le tenerezze

nerisce ad ogni sofferenza ed a ogni pianto ».40 Quest’affermazione di Don Caviglia riassume tutto un poema che si snoda lungo tutta la vita di Don Bosco: un poema di oblio di sé e di delicata e premurosa attenzione ad ogni dettaglio della vita di chi lo circonda per alleviarne le pene, le sofferenze, per dissiparne i timori, per incoraggiarne la bontà, per restituire la serenità, la gioia, l’allegria. Pio XI non esita ad affermare che quello di Don Bosco è un cuore « che ha conosciuto tutte le tenerezze

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