Il requisito della determinatezza o determinabilità dei beneficiari.
VI. I profili attuativi dei negozi di destinazione: la gestione, le modifiche e la circolazione.
3. La circolazione del bene destinato.
Anche in relazione ai profili circolatori del cespite destinato successivi alla stipula dell’atto occorre distinguere in relazione all’oggetto del vincolo.
Qualora la destinazione patrimoniale atipica si risolva nel divieto di alienazione della res vincolata ogni successiva vicenda traslativa del bene − sostanziandosi in un’inosservanza del modulo pattizio − avrebbe una connotazione negativa e rientrerebbe pertanto nella patologia dell’istituto.
Peraltro, poiché gli atti di destinazione sono soggetti a quella particolare forma di pubblicità costitutiva rappresentata dalla trascrizione, il vincolo de quo sarebbe opponibile erga omnes. Di conseguenza ogni atto dispositivo successivo alla stipula dell’atto ex art. 2645-ter c.c. che contenga un divieto di alienazione sarebbe inefficace nei confronti dell’originario avente causa175.
Tale assunto offre l’occasione per un’ulteriore precisazione. Sembrerebbe infatti da rifiutarsi l’impostazione secondo cui l’introduzione nel nostro ordinamento dell’ art. 2645-ter c.c. avrebbe comportato l’implicita abrogazione dell’art. 1379 c.c. relativo al divieto di alienazione176. Siffatta norma prevede che il vincolo di non alienare abbia efficacia esclusivamente inter partes e sia valido soltanto allorché sia contenuto entro convenienti limiti di tempo e risponda ad un apprezzabile interesse di una delle parti. Orbene ad onta di una certa eventuale analogia effettuale con l’istituto di cui all’ art. 2645-ter c.c. (in cui il vincolo destinatorio potrebbe talvolta assumere il contenuto del divieto di alienazione), si tratta di una figura profondamente diversa e non sovrapponibile agli atti di destinazione, perché si sostanzia in una mera pattuizione obbligatoria, come tale non trascrivibile e non suscettibile di determinare un fenomeno di segregazione patrimoniale. Pertanto l’introduzione dell’ art. 2645-ter c.c. sembrerebbe aver aggiunto e non eliminato uno strumento dell’autonomia privata, che ora può scegliere se calare il divieto di
175 In argomento QUADRI, La nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., p. 1742.
176 Per approfondimenti si permetta di rinviare a RISPOLI-TALLINI, voce Alienazione (Divieto di), in
Enc. Giur. Sole24ore, Milano, 2008, I, p. 264 ss. Cfr. altresì NOCERA, Vincoli di destinazione fra divieto di alienazione ex art. 1379 c.c. e buona fede in executivis, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2009,
5, p. 429 ss.; MANDELLI, Il divieto di alienazione e la sua attuale portata, in Giust. Civ., 2002, 3, p. 117 ss.
alienazione in una pattuizione a carattere obbligatorio che ove disattesa legittimi unicamente al risarcimento del danno oppure se inscriverlo in una più ampia vicenda procedimentale multifasica – di separazione e segregazione patrimoniale – che offra una tutela a carattere reale ma comporti altresì gli oneri della forma solenne e della contestuale trascrizione. Asserire che l’introduzione dell’ art. 2645-ter c.c. abbia comportato l’abrogazione implicita dell’art. 1379 c.c. non sembrerebbe pertanto molto diverso dal sostenere che l’introduzione dell’istituto del fondo patrimoniale abbia abrogato la disciplina della comunione o separazione legale dei beni fra i coniugi o che quella dei patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui agli artt. 2447-bis ss. c.c. abbia cancellato le norme relative alla responsabilità patrimoniale della s.p.a.
Allorché invece il contenuto del vincolo di destinazione sia differente dal mero divieto di alienazione (ad es. la destinazione delle rendite derivanti dalla locazione di un immobile ad una specifica finalità benefica) sembrerebbe ipotizzabile una fisiologica circolazione del cespite – successiva alla stipula dell’atto ex art. 2645-
ter c.c. – nel rispetto del limite impresso alla res dal disponente. Ciò anche ove non si
ammetta che le destinazione patrimoniali atipiche costituiscano un diritto reale sui
generis o atipico. Ed infatti l’ordinamento tutela attraverso lo strumento
dell’opponibilità a terzi conseguente alla trascrizione anche quelle situazioni giuridiche soggettive che consistono in un vincolo su di un bene ancorché non sussumibili entro il paradigma normativo dei diritti reali. Si pensi ad es. alle locazioni ultranovennali oppure all’anticresi.
Di conseguenza la natura del vincolo destinatorio diverso dal mero divieto di alienazione della res destinata potrebbe essere ricondotta entro lo schema del diritto personale di godimento, soprattutto in relazione ai profili circolatori del cespite vincolato177.
177 In argomento TESSERA, Differenze tra diritto d’uso e diritti personali di godimento sotto il
profilo contenutistico e della disciplina di circolazione, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2008, 11, p. 1272
In particolare – analogamente a quanto previsto in tema di locazioni ultranovennali o di anticresi178 – l’art. 2644 c.c., che prevede una volta eseguita la trascrizione l’inefficacia degli atti successivamente trascritti nei confronti del suo autore ancorché anteriori, potrebbe applicarsi anche all’art. 2645-ter c.c., in quanto le due norme presenterebbero una relazione di genere-specie179, come del resto si evince dal dato testuale per cui la funzione della trascrizione degli atti di destinazione sarebbe quella di “rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione” .
178 Cfr. LUMINOSO, Il rapporto di durata, in Riv. Dir. Civ., 2010, 4, p. 501 ss.; MASTROPAOLO,
L’anticresi come contratto costitutivo di garanzia consistente in poteri su cose immobili, in Id., 2004,
5, p. 707 ss. 179
Contra, per tutti, PICCIOTTO, Brevi note sull’art. 2645- ter c.c., cit., p. 1325, secondo cui agli atti
di destinazione non sarebbe applicabile «il disposto dell’art. 2644 c.c.» perché questo si riferirebbe solo «agli atti enunciati nel precedente art. 2643 c.c.». Siffatta impostazione non sembrerebbe tuttavia tener conto : a) del testo dell’ art. 2645- ter c.c. che espressamente stabilisce l’opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione; b) della circostanza che il legislatore del 1942 non era a conoscenza della novella relativa agli atti di destinazione allorché - nel testo dell’art. 2644 c.c. – si è riferito agli “atti
indicati nell’articolo precedente”. In giurisprudenza Cfr. Cass. S. U. 13 ottobre 2009 n. 21658, in Giust. civ., 2010, 2, p. 296, per cui «La costituzione del fondo patrimoniale di cui all'art. 167 c.c. è
soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni matrimoniali, ivi inclusa quella del comma 4, che ne condiziona l'opponibilità ai terzi all'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo per gli immobili, ai sensi dell'art. 2647 c.c., resta degradata a mera pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo. (Nella specie, le S.U. hanno confermato la sentenza di merito che - in presenza di un atto di costituzione del fondo patrimoniale trascritto nei pubblici registri immobiliari, ma annotato a margine dell'atto di matrimonio successivamente all'iscrizione di ipoteca sui beni del fondo medesimo - aveva ritenuto che l'esistenza del fondo non fosse opponibile al creditore ipotecario)»; Cass. 10 settembre 2009 n. 19550, in Guida
al diritto, 2010, 1, p. 55, secondo cui «A norma degli art. 1113, comma 3, e 2646, comma 2, c.c., la
trascrizione della domanda giudiziale di divisione, mentre non rende inefficace l'ipoteca iscritta successivamente, esime i comproprietari dall'onere di chiamare in giudizio; affinché lo scioglimento della comunione abbia effetto nei suoi confronti, il creditore di uno dei comunisti che abbia iscritto detta ipoteca posteriormente, a nulla rilevando, atteso l'effetto di prenotazione che si riconnette alla trascrizione della domanda giudiziale di divisione, che l'approvazione dell'attribuzione delle quote nel giudizio di divisione sia avvenuta successivamente a tale iscrizione»; Per Cass. 31 agosto 2009 n. 18892, in Mass. Giust. Civ., 2009, 7-8, p. 1206, «Per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo, che insieme con la nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari. (Nella specie, non riportando la nota di trascrizione della citazione di un giudizio di verificazione di una vendita immobiliare, il prezzo di vendita, nonostante nella citazione fosse trasfuso per intero il contratto, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata con la quale era stata ritenuta la inidoneità della trascrizione della citazione a far decorrere il termine di decadenza per l'esercizio dell'azione di riscatto da parte del locatario, ai sensi dell'art. 39 della legge n. 392 del 1978)».