Marco Sanna, in un articolo su Il Manifesto del 1988, asseriva "essere frocio non è una particella impazzita, è una politica totale: se si nega una parte di noi, la sessualità, vuol dire che la società ne rifiuta molte altre e, infatti è così" (Porpora Marcasciano, Aut, marzo 2004, n.56: 28)
Ancora una volta, andrò a cercare il significato e il processo di costruzione del soggetto LGBT che il Mieli ha promosso nel corso della sua esistenza. Questo capitolo sarà dedicato all'analisi del giornale che il Circolo ha pubblicato dal 1994 al 2011, Aut. Il caso di questa rivista, che arrivò a una tiratura media di 6000 copie, che veniva diffusa gratuitamente specialmente sul territorio romano, ma che arrivava a essere distribuita in alcune librerie specializzate, nelle associazioni e nei circoli in Italia e all'estero, fornisce uno sguardo privilegiato sulla politica dell'associazione, sulle tecnologie mediatiche utilizzate dal movimento e sulle narrazioni di appartenenza a determinate soggettività sessuali. Le pagine del giornale sono permeate di aspirazioni differenti e a volte contrastanti tra loro, per esempio da un lato il desiderio di rappresentanza della comunità omosessuale prima e LGBT poi e dall’altro la riscontrabile l'aspirazione a essere inclusi nel discorso politico nazionale. Il mio scopo è mostrare come anche attraverso le pagine di Aut sia stato promosso il discorso di costruzione soggettiva della comunità gay e lesbica italiana e come questo discorso sia influente nella definizione dell'attivismo presente dell'Associazione che, come si è già visto, si orienta verso una crescente professionalizzazione del mestiere dell'attivista, verso l'assunzione di un modello di attivismo "occidentale" preferibile rispetto ad altri e verso un sempre più marcato affidarsi alle istituzioni e al mercato nella realizzazione delle attività associative. Mi riferisco alla costruzione identitaria della comunità "gay e lesbica" italiana perché, nonostante il circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli sia stata la prima associazione italiana a fiutare la necessità e le tendenze straniere a parlare alla comunità LGBT, nel panorama romano e italiano soprattutto alla fine degli anni '90
mancava la cosiddetta "massa critica" a cui rivolgersi, ovvero quella tanto agognata comunità che fosse visibilmente e orgogliosamente bisessuale o trans*.
Alcuni fattori mostrano il cambiamento verso un modello nuovo di fare attivismo: l'enfasi sull'arretratezza della politica e della società italiana e la conseguente enfasi sul progresso raggiunto dagli altri paesi dell'Unione Europea e dai paesi dell'alleanza atlantica, la graduale apertura verso le imprese e lo sviluppo di una visione commerciale dell'associazione e la crescente simbiosi con le istituzioni. Del discorso prodotto da Aut mostrerò come il Roma Pride sia rappresentato come momento catalizzatore di questi fattori e come questo evento abbia poi praticamente comportato un radicale cambiamento nella produzione stessa del discorso.
Italia, anni '90
Inoltre, per capire meglio in che contesto si inserisce la comparsa di un giornale come Aut è utile riassumere in breve in quale condizione si trovava l'insieme delle forze associative che componevano quell'entità eterogenea e un po' nebulosa che fino a quel momento (mi riferisco all'anno in cui nacque Aut, il 1994) veniva chiamato movimento gay. Giovanni Dall'Orto, strenuo sostenitore dell'esistenza di una identità omosessuale, sviluppa una difesa di questo concetto che arriva ad assumere toni universalistici specialmente in alcuni suoi testi contro le teorie di critica queer, però offre sulle pagine di Babilonia un modello piuttosto appropriato per capire in quale fase del movimento compaia per la prima volta Aut. La prima fase va dalla storica contestazione al convegno di sessuologia dell'aprile del 1972 fino allo scioglimento del FUORI! nel 1981. Secondo Dall'Orto, la crisi della prima fase del movimento omosessuale deriva inevitabilmente dal suo successo, in altre parole una volta raggiunto l'obiettivo della prima fase, ovvero rendere esistente l'omosessualità e mostrarla spezzando la censura esistente su tutti i mass-‐media, la funzione di quel movimento venne meno. Contemporaneamente, nel 1981 nasceva informalmente Arcigay, che inaugurò una nuova fase del movimento, quella che Dall'Orto definisce "presenzialista", nella quale il movimento si prefiggeva ulteriori obiettivi: l'inaugurazione di un rapporto stabile con le istituzioni e i partiti (in questo senso l'epidemia di AIDS fu un drammatico pretesto), la visibilità pubblica del movimento stesso nelle sue espressioni associative sui mass-‐media e il radicamento di
una rete territoriale di locali gay57. Secondo Dall'Orto, che scriveva proprio nell'anno di nascita di Aut, si prospettava una fase di costruzione e di radicamento dell'identità gay e lesbica, che al Mieli verrà interpretata altrimenti: l’associazione fu infatti la prima in Italia ad avere questa intuizione, come GLBT (all'epoca nell'acronimo si metteva ancora la G davanti alla L). Dall'Orto fa notare una cosa importantissima, ovvero che all'alba di questa nuova fase del movimento omosessuale italiano, parliamo del 1995 e quindi del periodo immediatamente successivo al primo Gay Pride italiano, esistesse una forma di dissociazione tra base e vertice, che potrebbe essere ben rappresentata dall'inquietudine che ho poi riscontrato durante la mia frequentazione del Mieli. In altre parole Dall'Orto parla della necessità, che molto spesso si traduceva nell'impossibilità, di far combaciare le istanze delle associazioni con l'ipotetica comunità che avrebbe dovuto godere dei diritti per cui si lottava. Nel 1995 questa distanza era ancora più accentuata, avrebbero potuto tranquillamente esserci diritti come il matrimonio o l'adozione, ma se non ci fossero state persone disposte a dichiararsi frocie per rivendicare e usufruire di questi diritti la lotta avrebbe perso totalmente senso, quindi, citando sempre Dall'Orto: "Per questo a me pare che la nuova fase che si configura (la terza, per il movimento gay italiano) premierà quei gruppi capaci di "produrre" più persone "dichiarate" e dotate di una chiara identità gay, mentre condannerà quelli che si ostinano a trovare pretesti ("è ghettizzante", "siamo solo persone"…) contro la visibilità e l'identità gay"58.
Anche Giovanni Rossi Barilli, autore della prima monografia storica sul movimento gay, spiega che secondo lui le difficoltà incontrate per consolidare una memoria tra gli omosessuali sono dovute al fatto che l'identità gay era ancora molto incerta, indefinita, considerata sempre nuova, senza passato (Barilli, 1999). Lui individua nel contesto culturale come causa di questa situazione il fatto che l'identità omosessuale fino a quel momento non era mai stata considerata depositaria di alcuna storia.
Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, paradossalmente, ha contribuito a sancire questo passaggio della politica di movimento da una politica di liberazione, e quindi proprio come diceva Mario Mieli "siamo tutti transessuali", a una politica identitaria. Dico "paradossalmente" perché questa politica assume caratteri tanto più contraddittori quanto più, per compiere questo passo, ci si ispiri al teorico precursore in
57 Babilonia, giugno 1995, n.134, pg. 17. 58 Babilonia, giugno 1995, n.134, pg. 17.
Italia della critica anti-‐identitaria e anti-‐mercificante della sessualità. Questa interpretazione trova, per esempio, riscontro nelle parole di Rossana Praitano che, in un'intervista per Babilonia59, in occasione della sua elezione a presidente del Circolo, dice: "Il Mieli è un'associazione di volontariato senza scopo di lucro nata nel 1983 per affermare e tutelare i diritti civili delle persone glbtq, diffondere una cultura della liberazione sessuale, dare visibilità all'identità gay e lesbica, diffondere e produrre cultura omosessuale e realizzare forme di socializzazione per gay e lesbiche".
Parlare di fasi storiche del movimento omosessuale italiano fornisce uno schema interpretativo utile per intraprendere l'analisi testuale, ma ovviamente gli scatti tra un momento storico e l'altro non vanno pensati come un cambiamento totale. I fenomeni sociali affondano le proprie radici in determinati periodi e non cambiano radicalmente in conseguenza a mutazioni culturali più ampie, Emile Durkheim, riferendosi alle pratiche, alle istituzioni e alle regole morali, diceva che "...tra quello che è e quello che è stato c'è una stretta solidarietà. Senza dubbio si saranno trasformate, ma le trasformazioni a loro volta dipendono da quale che fosse il punto di partenza" (Durkheim, 1896-‐1897: 65). Aspetti che potrebbero dirsi dominanti nella concettualizzazione dell'identità omosessuale secondo la concezione occidentale rimangono presenti nonostante si avverta una linea di rinnovamento (l'importanza del coming out, la concezione romantica dell'amore, l'importanza della liberazione sessuale, il contributo delle strategie politiche out and proud che danno origine alla celebrazione del Gay Pride e così via).
Il Mieli, il suo giornale e la stampa gay
Ho basato il lavoro sull'analisi testuale di 1040 pagine di giornale selezionate dai 130 numeri di Aut che, secondo la mia conoscenza e in base al materiale che ho potuto consultare nel Centro di Documentazione Marco Sanna, rappresentano la totalità del materiale esistente. Aut nacque nel 1994 come bollettino informativo del Circolo Mario Mieli, ma ben presto si impose come rivista generalista che proponeva "un punto di vista rainbow sulla realtà", "un'ottica a 360° sull'attualità e sul costume, con un'attenzione
particolare a tutto ciò che non trova spazio nella stampa ufficiale" (WebArchive.org)60. Nell'ultima presentazione del periodico presente sul sito web del Mieli prima della chiusura nel 2011 si dice che Aut è una fonte "d'informazione e controinformazione", una descrizione che in sé racchiude un intento ambivalente, tuttavia piuttosto logico se si considera che, alla luce della memoria degli attivisti e dell'operato politico, il Mieli ha sempre cercato di mantenere una posizione di congiunzione tra le varie anime del "movimento". Questa linea viene ribadita qualche battuta più avanti con un'affermazione quasi ossimorica: "[Aut] vuole fare politica con un approccio apartitico e libero da vincoli politici". Ecco allora come Gabriele Bonincontro, direttore di Aut, nell'editoriale del numero di agosto/settembre 2006 riassume la missione e la natura del periodico, chiarendone anche le relazioni con il Circolo:
Aut è un mensile edito e autoprodotto dal Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, cioè è un magazine che nasce e si sviluppa in un'associazione politica e di volontariato. Il nostro senso di appartenenza all'associazione è molto forte: in quest'ottica il rapporto tra il giornale e il Circolo va bene oltre la normale dialettica editore/direttore, editore/giornale. È un'osmosi molto profonda: l'editore in questo caso non ha bisogno di "imporre" la sua linea, perché Aut e il Mario Mieli non possono che avere un sentire comune. La forza di un giornale della comunità e per la comunità, pensato e realizzato da un'associazione, risiede proprio in questi tre fattori: coerenza, indipendenza (politica e -‐ perché no -‐ economica), dedizione dei volontari. Coerenza a principi e valori che ci portano anche a decisioni sicuramente poco convenienti: non possiamo accettare (non vogliamo accettare), ad esempio, pubblicità che vadano chiaramente in contrasto con le posizioni espresse dal Circolo. Ma proprio il fatto che il Circolo Mario Mieli sia un'associazione che si autofinanzia per tutte le sue attività, compreso Aut, (faccio riferimento ovviamente a Muccassassina) è garanzia di indipendenza economica (un po' aleatoria certo, dipendendo le entrate dell'associazione da chi decide di entrare in discoteca e paga un biglietto) e soprattutto politica: siamo, in questo senso, assolutamente liberi. (Aut, n.83: 23)
Vengono messi in luce i fattori che hanno permesso ad Aut di andare alle stampe per 17 anni e soprattutto che ne hanno permesso la distribuzione gratuita per tutto quel tempo, l'impegno dei volontari e il poter contare sull'aiuto finanziario proveniente dagli introiti di Muccassassina.
Aut si propone di trattare una vasta gamma di temi, dall'attualità alla politica, dall'intrattenimento ai fenomeni di costume, ma soprattutto è la voce del Circolo e, in quanto tale, sono soprattutto le attività promosse da quest'ultimo ad avere un'attenzione privilegiata sulle pagine del giornale. Viene concesso molto spazio alla celebrazione del Roma Pride e ai fatti correlati e ho già sottolineato infatti (v. Introduzione) come il Roma Pride, come tutte le LGBT Pride Parades, sia un fenomeno denso (Geertz, 1989) che racchiude molteplici rivendicazioni e in merito al quale si possono leggere numerose significazioni dell'identità sessuale, dei diritti civili, della trasgressione e della disobbedienza, del territorio, dell'ideologia, del mercato, dell'attivismo e della celebrazione (Enguix, 2014). Se si escludono brevi e superficiali menzioni e qualche ulteriore approfondimento negli anni memorabili del Roma Pride, la stampa nazionale non ha mai fornito una buona copertura informativa sull'evento. Riviste come Aut, Babilonia e Pride rappresentavano le uniche voci in grado di trattare il tema come argomento centrale. Attualmente l'eco della parata è maggiore sui mezzi di stampa direttamente legati ai movimenti e alle tecnologie digitali, vi sono in particolare alcune pagine web che sono particolarmente diffuse e consultate soprattutto grazie alla loro presenza sui social media, in particolare Facebook, mi riferisco a Gayburg, Gay.it, Prideonline, Il Grande Colibrì, ma mi occuperò della rete nei capitoli successivo. Su carta l'unico periodico che ancora viene pubblicato e distribuito gratuitamente nelle associazioni, circoli, saune e altri luoghi di aggregazione e incontro gay, è la rivista Pride. L'influenza dei media sull'atteggiamento delle persone e sulle loro soggettività è così importante che alcuni autori (Armstrong, 2002, in Enguix 2013) considerano gli organi di stampa LGBT come parte del movimento stesso, e questa affermazione è particolarmente calzante nel caso del Mieli e del suo giornale, presi in considerazione in questo capitolo.
Aut rappresenta una sorta di anomalia nel mondo dell'editoria gay, avendo nel corso della sua esistenza trascurato la pubblicità legata ai locali e al materiale pornografico. Un giornale come Babilonia, vero e proprio riferimento della stampa gay italiana, sancì l'inizio della propria crisi quando decise di impostare la propria strategia
di marketing aprendo alle medie e piccole industrie, rivolgendosi a un mercato più ampio e meno settoriale. All'estero riviste come The Advocate, Zero, Diva e Out avevano già intrapreso questo percorso con buoni risultati, ma per Babilonia si era rivelato un salto nel vuoto. Le imprese, salvo rare eccezioni, non avevano ancora il coraggio o forse la convenienza per investire soldi sulla stampa non eterosessuale. Il caso di Babilonia è altresì interessante perché, a differenza di Aut, spostò in maniera decisamente più marcata e repentina, a partire dal 2003, la linea politica della rivista su posizioni via via più moderate, fino ad assumere su alcuni temi un tono decisamente conservatore. Sempre nel 2003, per esempio, comparve sulle sue pagine un'inchiesta sui gay statunitensi che sostenevano il partito repubblicano in cui il presidente George Bush Jr veniva descritto come "gay friendly".
Aut non seguì lo stesso percorso, ma nel corso degli anni si può vedere in alcuni articoli e in certe posizioni prese dalla redazione come il registro del discorso diventi gradualmente più moderato, teso all'inclusione e non alla disobbedienza e soprattutto più inserito nel sistema istituzionale. Babilonia, a causa della nuova collocazione politica, vide via via scemare il numero dei lettori, i quali, insieme ad alcuni esponenti del movimento LGBT legati alla sinistra, non accolsero di buon grado il rinnovamento. L'epitaffio su quello che forse fu il giornale più letto dal pubblico gay, lo scrisse la nuova società editrice Ecentodieci nel 2006, scegliendo apertamente una posizione politica trasversale e una veste ancora più morigerata: "Intendiamo dialogare con quanti, a sinistra come a destra, desiderano mettersi in gioco sui diritti civili e non solo a parole", e ancora: "restiamo un giornale dichiaratamente gay che può stare sulla scrivania di un ufficio senza creare inutili imbarazzi"61. Se un giornale come Babilonia poteva permettersi una virata così esplicita, si deve anche al fatto che la stampa generalista borghese italiana nei 20 anni precedenti si era gradualmente aperta a modelli di vita gay, superando il pruriginoso voyeurismo e i pregiudizi preteschi che l'avevano connotata fino ad allora. Daniele Scalise, un giornalista che teneva una rubrica di cultura gay sul periodico L'Espresso, sulle pagine di Aut imputa questo graduale miglioramento alle battaglie di civilizzazione affrontate dal movimento. Nonostante ravvisasse ancora l’esistenza di "fastidiose inezie" come la confusione tra coming out e outing62, Scalise
61 Babilonia, settembre 2006, anno XXIII, p.3.
62 Sebbene simili, outing e coming out non sono sinonimi. Coming out indica comunemente il momento in cui
notaba come la televisione, per esempio, proponesse "interventi e modelli accettabili, raramente dominati da una curiosità scema e derisoria nei nostri confronti"(Aut, novembre 2002, n.43: 52). Scrivendo un editoriale su un giornale come Aut, facente riferimento a un'associazione come il Mieli e nel novembre del 2002 a neanche un anno dal trionfo del centro-‐destra alle elezioni, Scalise si preoccupava di notare come fosse stata "l'attività instancabile" degli attivisti a "costringere la società a porsi per la prima volta il problema reale di cosa fare dei concittadini omosessuali"(Aut, novembre 2002, n.43: 52). Stupisce il fatto che un giornalista come Daniele Scalise, abituato a scrivere su testate nazionali di grande diffusione, si smarcasse dal pessimismo congenito della retorica movimentista italiana, tuttavia la conclusione del suo pezzo svela il motivo di questa anomalia, mostrando inoltre come esistesse una tendenza reale di una parte della stampa gay ad avvicinarsi all'area liberale e laica del centro-‐destra italiano:
Quando nel giugno del 2000 cominciai su Panorama "Cose dell'altro mondo" si trattava della prima rubrica gay stabile su un periodico "maschile" ad altissima diffusione. L'esperimento durò un paio di mesi e una volta spento l'effetto del World Pride, il mal di pancia del giornale divenne troppo forte e la rubrica fu chiusa. L'unico disposto a offrirmi ospitalità incondizionata ("non hai limiti: puoi scrivere quello che ti pare contro chiunque o a favore di chiunque") è stato Giuliano Ferrara, direttore del Foglio. E proprio su questo giornale corsaro e bizzarro (con una testa filo-‐berlusconiana e un corpo redazionale in maggioranza di sinistra) che inizierò di nuovo il cammino con una rubrica settimanale che avrà il triplo dello spazio che avevo sull'Espresso e un titolo inequivocabile "Froci". Vediamo che succede. (Aut, novembre 2002, n.43: 52)
Curioso che fosse stata proprio una copertina dedicata a Giuliano Ferrara dal titolo "La Destra non fa più paura" (Babilonia, aprile 2001, n.198) a provocare il sostanziale allontanamento della redazione di Babilonia dai suoi lettori.
Sebbene non sia mai avvenuto per Aut un cambio di rotta così drastico, ci sono alcuni elementi del discorso che rendono visibili alcuni tratti della commercializzazione e dell'istituzionalizzazione del Circolo. Proprio perché, spesso, queste tracce sono
aderenti alla norma dominante alla famiglia, alle persone con cui lavora o ai suoi amici. Outing, invece, è la rivelazione dell’omosessualità di qualcuno da parte di qualcun altro per differenti ordini di motivi.
intrinseche al discorso, è bene ricordare che lo scopo dell'etnografia non è quello di riportare semplicemente le cose come sono state ascoltate, ma del processo etnografico fa parte anche l'interpretazione di taciti assunti che danno un senso alle pratiche agite.
Aut e l'analisi del testo
A questo punto occorre ricordare che l'analisi del testo giornalistico non vuole assolutamente fornire una descrizione rappresentativa dell'identità gay e LGBT romana o del Mieli. Sono assolutamente cosciente del fatto che Aut e i suoi articoli sono frutto del lavoro di pochi rispetto a tutte le persone che hanno partecipato alla vita associativa del Circolo nel corso della sua esistenza. Sicuramente chi scriveva su Aut spesso conviveva con l'ambivalenza di divulgare un testo giornalistico e allo stesso tempo far parte di un'associazione politica. L'analisi testuale dei media può però spesso sembrare come l'aggiunta di un punto di vista parziale che offre non più che una chiarificazione del contesto legato al lavoro di campo e in questo senso l'interdisciplinarietà, di cui sono pregni i queer studies, potrebbe essere vista semplicemente come una sovrapposizione di "contesti". Per questo motivo, nonostante il "campo" e Aut siano in stretta relazione tra loro, non intendo dimostrare che le logiche culturali che ho trovato nell'analisi del testo siano riscontrabili specularmente in altri contesti, per esempio nel quotidiano dei/delle soci/socie. Allo stesso tempo è difficile credere che nel testo stesso non si