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CLASSE DIRIGENTE E LOTTA POLITICA

La marcia su Roma, pur incruenta e carica di teatralità - Misuri la definisce un «sicuro, innocuo, gratuito e prestigioso pellegrinaggio»1 -, rappresenta un deciso momento di cesura. L’ottobre del 1922 marca la conquista fascista del potere e segna lo spartiacque temporale di quella che, non senza enfasi, viene definita una

rivoluzione. Malgrado l’evidente esaltazione retorica, l’evento porta con sé molte

aspettative e viene identificato con un’idea di totale rivolgimento, con il progetto di una nuova società e, soprattutto, come sottolinea Lupo2, con la prospettiva di una

nuova politica.

Alla fine del 1922, cogliendo la rottura storica in atto, L’Assalto titola significativamente, a cavaliere fra la constatazione e l’auspicio: «L’Italia vecchia è morta e non risorgerà»3. Nei fatti, la discontinuità rispetto al regime liberale non sarà

completa, ma una simile espressione, oltre a contenere espliciti richiami alla polemica antipassatista tipica del “futurfascismo” perugino4, esprime le speranze e le attese allora particolarmente diffuse nelle fila fasciste. Emblematico, in proposito, quanto ricorda Tullio Cianetti: «Nella marcia su Roma più che il grande evento storico la giovinezza vide il ricorrere di quella grande legge naturale che impone l’innesto di nuova vita sui tronchi gloriosi, ma invecchiati, di un albero perenne»5. E il 1923, l’anno «dinamico della ripresa del Paese», si apre proprio con questo anelito di cambiamento.

1 A. Misuri, Ad bestias!, op. cit., p. 78.

2 S. Lupo, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, Donzelli, Roma, 2000, p. 3. 3 Cfr. L’Assalto, 19 dicembre 1922.

4 Sulla violenta polemica antipassatista intrapresa dai futuristi umbri - e in particolar modo da Gerardo

Dottori e Alberto Presenzini Mattoli -, tra il primo decennio del Novecento e l’avvento del fascismo, si veda F. Bracco e E. Irace, La memoria e l’immagine. Aspetti della cultura umbra tra Otto e

Novecento, in R. Covino e G. Gallo (a cura di), L’Umbria, op. cit., p. 649.

Amministratori locali e quadri dirigenti del Pnf

La prima occasione per concretizzare la “metamorfosi” fascista - il «soffio di giovinezza e di volontà operosa», per dirla ancora con Cianetti6, ovvero il «grande slancio di nuova volontà» secondo Agostino Iraci 7 - è data dalle elezioni amministrative. In Umbria, la tanto attesa ricostituzione dei consessi comunali e provinciali, caduti sotto i colpi dello squadrismo, si tiene il 21 e il 28 gennaio 1923. La consultazione elettorale certifica la forza del fascismo umbro, capace di portare a termine, in appena quattro anni, «un completo capovolgimento del quadro politico». Il risultato che rende l’Umbria «totalmente fascista»8 è conseguito attraverso una propaganda incalzante, non priva di violenze e costrizioni. Quattro giorni prima delle votazioni, L’Assalto, presentando i candidati al consiglio provinciale e al consiglio comunale di Perugia, definisce l’astensione - rappresentandola, secondo un linguaggio tutto combattentistico, come «diserzione dalle urne» - un «delitto di lesa Patria». Ma al di là dell’“invito” al voto, è estremamente significativa, nonché particolarmente utile nell’interpretazione dell’alto dato relativo all’affluenza regionale (64%), la mobilitazione squadrista attivata in funzione delle elezioni da Diamanti, console comandante della Legione umbra. Malgrado il previsto scioglimento di tutti gli squadrismi, atteso entro il 1° febbraio per dar luogo alla costituzione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn)9, i fascisti umbri vengono dunque richiamati «alle dipendenze dei propri comandi militari per tutelare lo svolgimento delle operazioni elettorali»10.

6 Ibidem, p. 102.

7 A. Iraci, Arpinati l’oppositore di Mussolini, Bulzoni, Roma, 1970, p. 49.

8 F. Bracco, Il primo dopoguerra in Umbria e l’origine del fascismo, in S. Magliani e R. Ugolini (a

cura di), Il modello umbro, op. cit., p. 260.

9 La creazione di una forza armata strutturata su disciplina militare, in grado di contenere uno

squadrismo sempre tendente all’anarchia e all’irrequietezza, viene decisa da Mussolini per porre un freno all’“illegalismo” molto diffuso nella base fascista. Molte squadre, tuttavia, di fatto non si sciolsero mai e «nel complesso la creazione della Milizia fu un rimedio peggiorativo rispetto all’illegalismo, se era davvero questo il male che esso pretendeva di curare» (S. Lupo, Il fascismo. La

politica in un regime totalitario, op. cit., p. 124).

10 Cfr. L’Assalto, 17 gennaio 1923. E’ utile sottolineare che il ricorso all’azione squadrista, ancora

alcuni mesi dopo la marcia su Roma, rientra nel generale clima di insofferenza con cui i fascisti umbri accolgono la “normalizzazione”. Il fenomeno assume peraltro una certa consistenza, tanto che De Bono deve intervenire chiedendo la sospensione delle persecuzioni contro i maggiori esponenti locali del Psi. Di fronte a tale richiesta i fascisti umbri, e quelli perugini in particolare, replicano di non poter garantire l’incolumità dei propri avversari. Avviene così che, nella maggior parte dei casi, data la criticità della situazione, i socialisti e i comunisti più in vista sono costretti a lasciare l’Umbria.

Se il formale intento legalitario delle squadre d’azione è chiaramente prodromo di coercizioni in serie, pur tuttavia la «strepitosa» vittoria elettorale fascista11 non si fonda solo sulle minacce e sulla violenza. In effetti, giovandosi ancora dello sgomento profondo e durevole verificatosi in larghi strati dell’opinione pubblica regionale per gli sconvolgimenti politici e sociali del dopoguerra, il fascismo si propone come «restitutore dell’ordine»12 e della pace sociale, ovvero come «santo movimento di reazione» 13 e come garante del prestigio della religiosità 14,

guadagnandosi così molte simpatie. Questa condizione, unita al progressivo disfacimento delle opposizioni15, crea i presupposti per un’affermazione elettorale oltremisura: in Umbria, a differenza che in altre regioni, le liste fasciste - di maggioranza e di opposizione - sono le uniche ad essere presentate.

Salvo che in rari casi, i fascisti umbri danno una ragguardevole prova di forza, scegliendo di non concludere alcun apparentamento ufficiale né con i liberali né con i cattolici. Agli esponenti dei “partiti dell’ordine” - compresi dunque anche nazionalisti e repubblicani - viene tuttavia concesso l’inserimento nelle liste del Pnf. È la scelta che trasforma una vittoria annunciata nel controllo totale del fascismo umbro sulla politica regionale: l’assorbimento del tradizionale ceto politico moderato nelle liste fasciste - fenomeno peraltro molto precoce rispetto ad altre aree - contribuisce sensibilmente al ribaltamento dei risultati amministrativi del 1920. La vigilia e il giorno stesso delle elezioni sono caratterizzate da abbondanti nevicate in gran parte della regione, ma neppure le avversità climatiche placano lo zelo squadrista. I fascisti, mobilitati fin «dalle 6 del mattino, iniziarono subito la loro

11 Cfr. L’Assalto, 8 febbraio 1923.

12 Così, in un discorso tenuto a Roma il 1° dicembre 1924, si esprime lo stesso Mussolini riferendosi

all’«appoggio» e alla «fiducia» ottenute dal fascismo a seguito del “biennio rosso” (ASP, Gabinetto

della Prefettura, b. 211, fascicolo 1).

13 G. Bastianini, Collaudo di coscienze, in L’Assalto, 18 gennaio 1923. A. Caligiana - dichiarata

“sovversiva” nel 1940 -, riferendosi al “biennio rosso”, ricorda che a Magione non erano pochi coloro che non smettevano «di ringraziare Iddio di aver fatto terminare quelle tribolazioni» (Vi racconto, op. cit., p. 48).

14 Il 5 aprile 1923, L’Assalto, paventando il rischio per l’Europa di «diventare bolscevica, con i suoi

liberi amori, colla socializzazione delle fabbriche e con tutto il resto», sottolinea i meriti della «imberbe camicia nera» nell’aver contribuito a «purificare l’atmosfera ammorbata da tanti miasmi». Quindi aggiunge: «Il Fascio Littorio, come la Croce, comparve circonfuso di luce e redense l’Italia. Come sulla Croce, vi lessero i veggenti: “in hoc signo vinces”».

15 Al momento delle elezioni amministrative, l’unica forza politica non fascista ancora attiva a livello

regionale è il Ppi, forte di circa 5.000 iscritti. I repubblicani, invece, sono ridotti a circa 800 militanti, mentre i comunisti hanno appena 83 iscritti. Costretti all’inazione i socialisti, le cui organizzazioni sono già state smantellate o rese del tutto inefficienti. Da rilevare, inoltre, la conferma del ruolo trainante esercitato dal capoluogo rispetto al resto del fascismo umbro: da un rapporto prefettizio risulta che su 323 «turbatori dell’ordine pubblico», ovvero gli antifascisti individuati in tutta l’Umbria, solo 17 risiedono nel centro cittadino di Perugia (cfr. G. Gubitosi, Forze e vicende politiche tra il 1922

giornata di fatica sfidando le intemperie come statue di bronzo sui camion che portavano gli elettori, su le numerose automobili e a piedi riuniti in squadre di vigilanza unitamente ai carabinieri». L’affluenza, malgrado anche gli ottanta centimetri di neve caduti nel marscianese, nell’eugubino e nel gualdese, è notevole in tutta l’Umbria fino a raggiungere, in alcune località del perugino, picchi parossistici. A Deruta vota il 90% degli elettori inscritti nelle liste, mentre nella frazione di Ponte Felcino il dato ascende addirittura al 99%. Nei commenti postelettorali viene dato grande risalto all’impegno profuso per garantire la partecipazione al voto: «I camions e le vetture circolanti su tutte le strade da mane a sera compirono senza nessun incidente un servizio che ha del miracoloso e che ricorda il lavoro compiuto in talune zone del fronte dagli automobilisti dell’esercito. La neve non riuscì a raffreddare il caldo entusiasmo dei fascisti»16. In una competizione quasi senza avversari, l’alta

affluenza serve chiaramente a legittimare l’affermazione “plebiscitaria” del Pnf: 43 comuni vengono conquistati dai soli fascisti, 4 dai fascisti con i liberali17 e uno dai fascisti con i combattenti. Notevoli rappresentanze fasciste, con rilevanti presenze nelle giunte, si registrano in altri 19 comuni, mentre 6 amministrazioni sono rette da commissari prefettizi e 2 vengono conquistate dai liberali. Otto, invece, i comuni non interessati dalla tornata elettorale del gennaio 192318.

L’Umbria si rivela dunque «cuore pulsante del movimento reazionario»19 ed è proprio in questo sanfedismo fascista - evidentemente inteso in un’accezione positiva - che si riconoscono, per lo meno in linea di tendenza, vecchie e nuove élites. Il tradizionale ceto politico locale, rinunciando a posizioni autonomistiche o di fronda, s’accorda col fascismo in senso utilitaristico: pace sociale a fronte del sostegno politico.

Per il consiglio provinciale vengono eletti: Giuseppe Bastianini, Alceste Cruciani, Amedeo Fani, Giovanni Buitoni, Guido Pighetti, Alberto Tei, Guido Manganelli e il presidente dell’Anc Verecondo Paoletti per i due mandamenti di Perugia; Lorenzo Crescenzi e Amedeo Baldetti (Castiglion del Lago); Angelo Falchi, Paolo Bufalini e Gino Patrizi (Città di Castello); Lamberto Marchetti, Giovanni Clementi e Attilio Fagioli (Gubbio); Felice Felicioni e Giulio Palladino (Magione); Mario Ciuffelli,

16 Come si svolsero le votazioni, in L’Assalto, 23 gennaio 1923.

17 È il caso, ad esempio, di Città di Castello, dove però i popolari precisano di non avere intenti

d’opposizione, «ma d’integrazione delle forze nazionali raggruppate intorno al partito fascista» (A. Tacchini, Il fascismo a Città di Castello, op. cit., p. 28).

18 R. Covino, Dall’Umbria verde all’Umbria rossa, in R. Covino e G. Gallo (a cura di), L’Umbria, op.

cit., pp. 571-572.

Pietro Paparini e Luigi Cialini (Todi); Pietro Carlani e Gualtiero Guardabassi (Umbertide), Agostino Iraci e Giovanni Fiordiponti (Foligno); Pietro Graziani (Assisi); Romolo Raschi (Spello); Claudio Faina, Federico Cialfi e Vittorio Ravizza (Orvieto); Pietro Giorgi (Città della Pieve); Ferruccio Ferretti, Domenico Spinelli ed Emilio Buttinelli (Spoleto); Dante Ricciarelli (Bevagna); Augusto De Santis (Cascia); Alfredo Farabi (Gualdo Tadino); Americo Camilli (Montefalco); Mario Colizzi (Norcia); Carlo Galassi, Canzio Moriconi, Mariano Cittadini, Giovanni Santini, Pietro Faustini e Giovanni Franconi (Terni); Stefano Assettati e Giovanni Trasatti (Amelia), Ottorino Cerquiglini (Trevi), Arduino Colantoni, Annibale Martinelli De Marco, Bernardo Solidati Tiburzi (Rieti); Valentino Orsolini Cencelli (Magliano Sabino); Giacinto Bullio (Nocera Umbra); Manlio Grispini, Giovanni Cicconetti (Poggio Mirteto); Luigi Nicchiarelli (Ficulle); Leandro Ricci (Orvinio); Umberto Bournens (Roccasinibalda); Luigi Pacieri (Fara Sabina); Publio Cimpincio (Narni)20. Dei sessanta membri, come sottolinea il consigliere anziano in occasione della seduta d’insediamento, soltanto un sesto risulta confermato rispetto alle precedenti votazioni21. Bastianini, primo artefice del «trionfo» fascista22, oltre ad essere il più votato è il capofila di un nutrito gruppo di «giovanissimi».

Nei centri più importanti, alle elezioni provinciali si sovrappongono i rinnovi delle amministrazioni municipali. Il risultato del Pnf è ovunque ragguardevole. A Perugia, dove l’apporto alle liste fasciste di liberali, nazionalisti e democratico-sociali è rilevante, i votanti sono 14.868 su 21.848 elettori potenziali (68%). A sindaco del capoluogo, in sostituzione del commissario Luigi Farina23, viene eletto Oscar Uccelli, il fascista con più suffragi. Nella nuova giunta municipale, insediatasi l’11 febbraio e

20 Com’è formato il Consiglio provinciale, in L’Assalto, 24 febbraio 1923.

21 Si tratta dei consiglieri Assettati, Cencelli (altrove anche Cancelli), Faina, Fani, Grispini, Paparini,

Santini, Spinelli e Tei, oltre al consigliere anziano Farabi (cfr. Il discorso dell’Avv. Farabi, in

L’Assalto, 26 febbraio 1923).

22 G. Gubitosi, Perugia tra le due guerre, in R. Rossi (a cura di), Perugia. Storia illustrata delle città

dell’Umbria, op. cit., p. 807.

23 Curioso, e al tempo stesso significativo, il modo in cui la satira perugina immagina il passaggio

delle consegne tra vecchi e nuovi amministratori: in una vignetta divisa in due sezioni vengono rappresentati da una parte Oscar Uccelli, in stile napoleonico, al cospetto del palazzo dei Priori (“Austerlitz”), e dall’altra Farina, mestamente uscente dal municipio (“Waterloo”). A margine della scherzosa illustrazione un altrettanto ironico stornello dedicato all’ex commissario prefettizio: «Ei fu. Siccome un mobile, che un dì fu dei più belli, perché non più servibile si pone ai terratelli, così Farina sentesi or che partendo sta. Muto, pensando all’ultima ora di commissario, con un viso un po’ nostalgico, riprova un solitario che dica s’è probabile lo scettro ritrovar (…). Tutto ei provò; il poter del Comunal Consiglio, le casse vuote, i debiti, lo scettro, il triste esiglio » (cfr. C’Impanzi?, anno III, n. 3, 11 febbraio 1923).

chiamata a risolvere «problemi semisecolari»24, coesistono elementi di per sé antitetici: squadristi - anche di umili origini -, notabili ed esponenti della classe politica liberale. È una commistione che contribuisce sensibilmente a cementare il potere fascista locale. Mario Bonucci, ex combattente laureato in giurisprudenza, possidente, già liberale e poi membro della Disperatissima, nonché futuro segretario della federazione fascista di Perugia (marzo 1933-luglio 1934) e futuro consigliere nazionale (marzo-novembre1939 e marzo 1941-marzo 1942)25, diviene pro sindaco e

assessore all’istruzione pubblica. Giuseppe Tassinari, ex combattente tra gli alpini e amico di Bastianini, ma soprattutto docente universitario chiamato alla fine degli anni Trenta a ricoprire importanti incarichi governativi26, è nominato assessore alle finanze. Guglielmo Donnini, editore de L’Assalto e di lì a poco suocero di Bastianini, è assessore all’economato, mentre Francesco Guardabassi, noto massone, ex radicale, già promotore dell’Associazione democratico-sociale nel 1920 ed esponente di rilievo della politica perugina - seppure con ruoli poco vistosi - fino alla metà degli anni Trenta, tiene l’assessorato alle belle arti e alla cultura. Ruoli di prim’ordine anche per altri notabili di estrazione liberale, quali il direttore dell’ospedale psichiatrico Cesare Agostini27 (affari generali), l’avvocato Enrico Tei (polizia) e

24 L’auspicio è espresso in La grande vittoria fascista nelle elezioni. I nuovi amministratori, in Il

giornale d’Italia, 23 gennaio 1923.

25 Sull’esperienza squadrista di Bonucci si veda Perusia, anno V, n. 2, marzo-aprile 1933. Tra gli

incarichi ricoperti anche quello di seniore della Mvsn, di segretario amministrativo e poi politico del Fascio di Perugia (1933-35), di commissario straordinario e poi presidente della Federazione provinciale fascista degli agricoltori di Perugia (1931-33) e di vicepresidente del Consiglio provinciale dell’economia corporativa (cfr. M. Missori, Gerarchie e statuti del Pnf, Bonacci, Roma, 1986, p. 176).

26 Dopo i primi passi mossi in Umbria - diviene anche componente del direttorio del Fascio di Perugia

- l’ascesa del giovane perugino (n. 1891, m. Salò, 1944) è notevole. Membro del Gran consiglio del fascismo a più riprese (1931-33 e 1939-42), console generale della Mvsn, commissario nazionale e poi presidente della Confederazione nazionale fascista degli agricoltori (1930-33) e membro del Consiglio nazionale delle corporazioni (1934-35), Tassinari è anche deputato dal 1929 al 1939 e consigliere nazionale dal 1939 al 1943 (poi aderisce alla Rsi). Ma l’incarico più importante che ricopre è quello di sottosegretario (gennaio 1935-ottobre1939) e poi ministro dell’Agricoltura e delle foreste (ottobre 1939-dicembre 1941): cfr. M. Missori, Gerarchie e statuti del Pnf, op. cit., p. 280. Secondo Bastianini, dopo il 25 luglio, i tedeschi avrebbero offerto a Tassinari («che naturalmente rifiuta») la possibilità di sostituire Mussolini chiedendogli di costituire «un Governo alla Quisling appoggiato dalle Divisioni SS» (G. Bastianini, Volevo fermare Mussolini, op. cit., p. 157).

27 Il giornale d’Italia del 23 gennaio 1923 lo descrive così: «forte intelletto; sottilissima sagacia

politica; spirito battagliero e tenace». Nato a Perugia nel 1864, Cesare Agostini diviene libero docente nel 1896. Presso l’Università del capoluogo umbro insegna medicina legale, antropologia e psichiatria forense, compiendo rilevanti studi sulle neuropsicopatie e sulla pellagra. Volontario decorato durante la Grande guerra, sostiene il fascismo sin dai suoi esordi, iscrivendosi al Pnf il 21 aprile 1922 (adesione poi retrodatata al 1919) e divenendo console medico della Mvsn. Nominato senatore nel giugno 1939, si spegne il 28 agosto 1942 (cfr. V. Cappelletti, ad vocem, in Dizionario biografico degli

italiani, vol. I, Roma, 1960, pp. 461-462; Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, Albo professionale. Medici, Perugia, 1941). La conduzione manicomiale dell’Agostini è oggetto di

analisi opposte e contraddittorie: mentre i commenti ufficiali ne lodano «l’oculata ed egregia direzione» (ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 92), accuse anonime parlano invece di sottrazioni

l’ingegnere Sisto Mastrodicasa28 (lavori pubblici), già all’opposizione, insieme a Misuri, durante l’amministrazione Franceschini. Completano il governo municipale Leone Centamori (fascista dal 1921, assessore ai lavori rurali), Alfredo Iraci29 (igiene), Ennio De Vecchis (stato civile), Dino Silio Assettati (consulenza legale) e lo squadrista Giorgio Tiberi (dazio consumo). Tra i “semplici” consiglieri, a conferma sia della configurazione disomogenea - «borghese e popolare» - dei fasci30 , che della compenetrazione tra elementi liberal-conservatori e nazional-fascisti, troviamo noti imprenditori come Alessandro Lilli, squadristi come Armando Rocchi e Francesco Milletti, nobili come il conte Pio Meniconi Bracceschi e uomini di lettere come il professor Antonio Giubbini.

Un po’ in tutta l’Umbria, ma particolarmente a Perugia, malgrado l’allontanamento di Misuri - prima fondamentale cerniera tra agrari e piccola borghesia urbana, tra gruppi liberal-moderati e fascisti -, la convergenza fra vecchie e nuove élites, dato di fatto fin dal 1921, acquista la consacrazione ufficiale con le elezioni amministrative del 1923. Il fascismo umbro, pur faticando a spogliarsi dell’habitus del movimento, diviene regime31 e, nel compiere questa trasformazione, accoglie di buon grado il compromesso con le classi dirigenti tradizionali. Queste ultime, dal canto loro, s’inseriscono con slancio nel nuovo contesto politico, andando ad ingrossare le fila del Pnf. Esemplare, in tal senso, il contegno della borghesia imprenditoriale, espresso dalle colonne della Rivista dell’economia umbra. Nel mensile, che dal 1921 sostituisce lo storico Bollettino della Camera di commercio provinciale, le speranze riposte nell’«afflato dell’anima fascista» sono esplicite32. Mussolini viene definito «il vittorioso», l’uomo che «dirige il timone del Governo» e al quale ci si può affidare «con piena tranquillità». Il sentimento principe nei confronti del fascismo è la

indebite e favoreggiamento di violenze su donne ricoverate (ASP, Gabinetto della Prefettura, b. 207, fascicolo 1).

28 Nato a Perugia nel 1887, Mastrodicasa è fra i più precoci fiancheggiatori del fascismo perugino

anche se s’iscrive al Pnf solamente nel 1925. Negli anni Trenta tiene la carica di consultore municipale di Perugia (cfr. Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, Albo

professionale. Ingegneri, Perugia, 1941).

29 Nato a Perugia nel 1859, è uno dei membri “anziani” del consiglio comunale. Laureatosi a Roma

nel 1884, diviene maggiore medico. Sostiene il fascismo perugino fin dai suoi esordi, nel 1921 (Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, Albo professionale. Medici, Perugia, 1941).

30 Cfr. S. Lupo, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, op. cit., p. 93. G. Nenci parla di un

«impasto sociale» dei Fasci umbri simile a quello «descritto da esemplari anatomie del fenomeno toscano: servi e padroni, a cui per lo più fanno da collante giovanissimi, spesso in divisa, di estrazione piccolo borghese» (Proprietari e contadini nell’Umbria mezzadrile, in R. Covino e G. Gallo [a cura di], L’Umbria, op. cit., p. 235).

31 Sulla distinzione tra fascismo movimento e fascismo regime si veda R. De Felice, Intervista sul

fascismo, Laterza, Roma-Bari, 1999, in particolare pp. 27-31.

32 Significativi, in particolare, gli articoli apparsi, già nel gennaio 1923, a firma di Agostino Iraci e

gratitudine: industriali e possidenti attribuiscono al nuovo Governo il merito di aver riportato alle attività commerciali quella «benefica libertà» venuta a mancare nel dopoguerra a causa di «gente pervasa da un’insana avversione» verso i detentori del capitale 33. Il fascismo funge dunque da elemento attrattivo ed unificatore,

accogliendo anche “progressisti” e “modernizzatori” di diversa estrazione. Radicali come Aldo Netti34, socialisti riformisti come Domenico Arcangeli35 ed ex repubblicani come Francesco Buitoni accolgono di buon grado il nuovo governo e lo sostengono. Il diffuso favore verso il partito mussoliniano si concretizza anche in termini di iscrizioni, oltre che in consensi elettorali: tra l’ottobre del 1922 e l’inizio del 1923, le adesioni al Pnf umbro ascendono da 9.000 ad oltre 13.00036.

Dopo la convulsa fase postbellica, in tutta la regione s’innesca un processo di “normalizzazione” destinato a completarsi solo nel 1925-26. A Terni, dove - come a Perugia - i fascisti presentano una lista di maggioranza e una di minoranza, le consultazioni amministrative registrano l’elezione a sindaco del marchese Mariano Cittadini Cesi, “fascista della prima ora” e fondatore del Fascio ternano37. Tra gli

eletti anche il possidente Giovanni Santini e il monarchico Ercole Felice Montani, chiamati successivamente ad amministrare la città. Anche in questo caso, le speranze riposte nel nuovo consiglio comunale sono quelle di una «gestione fattiva e serena»,

33 Cfr. Rivista dell’economia umbra, aprile e maggio 1923.

34 Aldobrando Netti nasce a Stifone di Narni, il 1° gennaio 1869, da una famiglia modesta. Nel 1891

consegue la laurea in ingegneria al Politecnico di Milano. Nel 1892 costruisce la prima centrale idroelettrica di Narni, nel 1898 realizza quella di Orvieto. In seguito alla costituzione della Società Volsinia di elettricità (1911), si afferma in ambito nazionale. Nel 1915 inaugura la linea Nera Montoro-Chiusi, fornendo energia elettrica ad aziende umbre e toscane. La Camera di commercio

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